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Fallimento - Concordato preventivo - Condizioni ammissione

8 Settembre 2012 Divieto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione - Apporto del terzo - Esenzione dal divieto - Condizioni - Neutralità patrimoniale - Necessità. Ai fini dell'ammissibilità della proposta di concordato preventivo, l'art. 160, secondo comma, legge fall. (nel testo sostituito dall'art. 2 del d.l. n. 35 del 2005, conv. in legge n. 80 del 2005) deve essere interpretato nel senso che l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società debitrice, non comportando né un incremento dell'attivo, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato o no postergato. Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 9373 del 08/06/2012

 Corte di Cassazione Sez. 1, Sentenza n. 9373 del 08/06/2012

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con decreto 15 luglio 2010, la Corte d'appello di Venezia respinse il reclamo dell'Agenzia delle entrate contro il decreto di omologazione del concordato preventivo della Tecnomil s.p.a., del Tribunale di Padova.
Il concordato aveva previsto, oltre al pagamento integrale dei creditori privilegiati ex art. 2751 bis c.c., e al pagamento al 30,55 % del credito privilegiato del Ministero dell'Istruzione, la destinazione dell'apporto del terzo, socio della Tecnomil, alla soddisfazione dei residui crediti, distinti in sei classi, con percentuali diverse. Le percentuali previste erano: del 46,08 per i crediti chirografari superiori a Euro 10.000,00; del 43 per i crediti chirografari inferiori a Euro 10.000,00; del 41 per gli istituti bancari; del 56 per i creditori privilegiati incapienti diversi dall'erario; dell'8 per i crediti privilegiati dell'erario e degli altri enti pubblici, vale a dire i crediti dell'Agenzia delle entrate e di Equitalia Polis s.p.a..
Esaminando i motivi del reclamo, la corte ritenne che la transazione fiscale sia facoltativa, e non costituisca requisito indefettibile per l'approvazione del concordato. Nella fattispecie, il patrimonio della debitrice era in grado di soddisfare, oltre alle spese di procedura, unicamente i crediti privilegiati di cui all'art. 2751 bis c.c., e parte del credito del Ministero dell'università, mentre gli altri crediti privilegiati -in base al generale principio della L. Fall., art. 160 - non potevano essere soddisfatti indipendentemente da ogni accordo con l'agenzia o con il concessionario della riscossione, e trovavano collocazione chirografaria solo per effetto dell'apporto patrimoniale del terzo, svincolato da ogni regola ricavabile dalla L. Fall., art. 160, che impone solo la formazione delle classi secondo posizione giuridica e interessi economici omogenei, punto non in contestazione.
3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre l'Agenzia delle entrate per due motivi, con atto notificato il 6 dicembre 2010. Resistono con separati controricorsi il Concordato e la Tecnomil. Equitalia Polis s.p.a. ha depositato controricorso con ricorso incidentale. A esso resistono con separati controricorsi il Concordato e la Tecnomil.
Il concordato ha depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. I due ricorsi, proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti a norma dell'art. 335 c.p.c..
5. Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione della L. Fall., artt. 160 e 182 ter, (testo vigente ratione temporis), per avere la corte del merito affermato che la transazione fiscale è solo facoltativa e che i crediti tributari sono suscettibili di falcidia in sede di approvazione della proposta di concordato preventivo.
Con il secondo motivo si denuncia la violazione delle medesime disposizioni, in forza delle quali il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione, la percentuale e i tempi di pagamento, e le eventuali garanzie non possono essere per i tributi privilegiati inferiori a quelli che hanno un privilegio inferiore o a quelli che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali, mentre quelli chirografari non possono avere trattamento differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari. Nella specie i crediti dell'erario collocati nella classe quinta ricevevano l'8%, mentre ai creditori chirografari delle prime tre classi era accordata una percentuale superiore. Il fatto che i crediti erariali falcidiati gravassero sul patrimonio Tecnomil e non del terzo apportatore di nuova finanza non spostava i termini della questione.
Le medesime due censure, prospettate però nell'ordine inverso, si rinvengono nel ricorso incidentale di Equitalia Polis s.p.a.. 6. In ordine al primo motivo del ricorso principale e al secondo motivo del ricorso incidentale questa corte ha già avuto modo di pronunciarsi, affermando il principio che può disporsi l'omologazione del concordato preventivo, contenente la falcidia di crediti tributari, anche se non sia stato preventivamente attivato il procedimento di cui alla L. Fall., art. 182 ter, comma 2, al fine del perfezionamento della transazione fiscale ivi disciplinata, poiché dalla mera facoltatività di tale istituto discende che l'eventuale voto contrario dell'Amministrazione finanziaria non impedisce l'approvazione della relativa proposta da parte della maggioranza dei creditori (Cass. 4 novembre 2011 n. 22931). A quel precedente, cui il collegio ritiene di doversi uniformare, è sufficiente rinviare, non rinvenendosi nei ricorsi argomenti che richiedano un nuovo esame della questione.
7. È stata contestata l'ammissibilità dei motivi secondo del ricorso principale e primo del ricorso incidentale, perché censurano solo una delle due rationes decidendi poste a fondamento della motivazione dell'impugnata sentenza sul punto, lasciando immune da censure l'altra, che l'attribuzione all'erario di una maggiore percentuale di soddisfazione non sarebbe consentita dal patrimonio della debitrice, osservando l'ordine dei privilegi. L'osservazione non è condivisibile. A parte il fatto che la richiamata osservazione del giudice del reclamo è utilizzata, nel testo del provvedimento, soltanto per corroborare l'erroneità della tesi che la transazione fiscale sarebbe presupposto necessario del concordato preventivo, è decisivo il rilievo che non sì tratta di un'autonoma ratio decidendi, ma soltanto di un argomento logico giuridico a sostegno della tesi - direttamente investita dai motivi di ricorso in esame - secondo la quale il rispetto dei privilegi troverebbe il suo limite nel patrimonio del debitore, e non opererebbe in relazione all'apporto finanziario del terzo.
8. È certo, infatti, che nella proposta di concordato, secondo quanto accertato dal giudice del reclamo, la formazione delle classi e la determinazione della percentuale di soddisfazione dei crediti inseriti nelle prime cinque classi, ivi compresi quelli assistiti da cause di prelazione, sono funzionali alla ripartizione dell'apporto proveniente dal terzo, e che, senza di questo, i creditori privilegiati, odierni ricorrenti, sarebbero rimasti del tutto incapienti per l'insufficienza dell'attivo nel patrimonio della società debitrice. Il quesito posto alla corte verte dunque sulla prospettata necessità di rispettare, anche con riguardo all'apporto di terzi, il dettato della L. Fall., art. 160, comma 2. Le censure dei ricorrenti sono per questa parte fondate, nei limiti appresso indicati. Va premesso che il tema sottoposto alla corte non riguarda il trattamento dei crediti derivanti da finanziamenti in qualsiasi forma effettuati da banche e intermediari finanziari nonché, come nella fattispecie di causa, da soci, ma la possibilità destinare detti finanziamenti al pagamento dei creditori secondo un piano che comporta l'alterazione della graduazione dei crediti muniti di prelazione.
Riguardo a questi crediti la L. Fall., art. 160, enuncia, per quel che qui interessa, due regole: a) è possibile prevedere che i creditori muniti di cause di prelazione non siano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lett. d) e b) il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione. La disposizione non tratta specificamente delle questioni poste dall'apporto finanziario di terzi, e non detta alcuna regola particolare circa il collocamento dei crediti prelatizi su tali apporti.
In particolare, la seconda regola, sopra riportata sub b), esprime con chiarezza la volontà del legislatore che la formazione delle classi non alteri in alcun modo l'ordine di graduazione dei crediti muniti di cause di prelazione, che ha il suo fondamento nella legge e non è disponibile dalle parti. Nè il testo della norma, ne' i principi generali consentono di ritenere che la maggioranza potrebbe sopprimere o ridurre i diritti di prelazioni spettanti ai creditori sol perché il terzo ha condizionato il suo apporto a un'alterazione dell'ordine delle cause di prelazione. L'argomento logico sistematico, per cui l'intangibilità dell'ordine delle cause di prelazione trova il suo limite nel patrimonio del debitore, e non vieta al terzo di condizionare il suo apporto finanziario alla soddisfazione preferenziale di crediti posposti, s'infrange contro la constatazione che la liquidità offerta, qualora transiti nel patrimonio del debitore, pone le premesse della soddisfazione dei crediti secondo l'ordine delle prelazioni, essendo a questi effetti irrilevante quale sia l'origine e la provenienza dei mezzi finanziari con i quali il debitore paga i suoi creditori.
Secondo i resistenti, l'art. 160 andrebbe letto in relazione con la L. Fall., art. 177, comma 3, che assimila i creditori prelatizi incapienti ai chirografari, e art. 180 comma 4, seconda parte, che, nell'ipotesi di cui al secondo periodo dell'art. 177, comma 1, (approvazione della maggioranza delle classi), consente al tribunale, se un creditore appartenente a una classe dissenziente contesti la convenienza della proposta, di omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa essere soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Ma nessuna delle norme richiamate è pertinente alla questione qui dibattuta.
I due argomenti sono affetti dal medesimo vizio, di ignorare la distinzione, che pure è assai chiara nell'impostazione della disciplina del concordato preventivo, tra presupposti di legittimità della proposta concordataria, e valutazione della convenienza della proposta. I primi sono indicati nell'art. 160, sono disciplinati dalla legge e inderogabili dalla volontà delle parti (debitore da un lato e massa dei creditori dall'altro), sono verificati d'ufficio dal tribunale, che in mancanza di essi dichiara la proposta inammissibile (art. 162) senza sottoporla all'approvazione della maggioranza dei creditori. La convenienza della proposta, invece, deve incontrare il favore della maggioranza dei creditori, e, se divisi in classi, della maggioranza delle classi che votano separatamente. La distinzione dei due piani, di legittimità della proposta concordataria, quale condizione della sua ammissibilità, e di convenienza della medesima, condizione della sua validità ed efficacia, corrisponde alla volontà del legislatore, che nella scansione delle fasi del procedimento ha previsto l'esame preliminare della sua ammissibilità e quello successivo dell'approvazione della maggioranza dei creditori. La mens legis è stata del resto esplicitamente confermata dalla sostituzione della parola "presupposti" a quella precedente "condizioni", nella rubrica dell'art. 160, disposta con il decreto correttivo (D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 12, comma 1). Entrambe le norme invocate dai resistenti riguardano la fase dell'approvazione della proposta concordataria, della quale è supposta la legittimità, da esaminare in relazione alla sussistenza dei presupposti indicati nell'art. 160; ne' l'ordine logico giuridico può essere sovvertito, interpretando i presupposti sulla base delle maggioranze che sarebbero richieste qualora essi ricorressero, tanto più quando un tale risultato dovrebbe essere raggiunto forzando la chiara formulazione della L. Fall., art. 160, comma 2. Resta l'argomento che il terzo finanziatore può intervenire con mezzi propri a pagare i debiti del fallito senza dover sottostare alle regole del concorso. Ma ciò è vero alla condizione che l'intervento non comporti alcuna variazione dello stato patrimoniale del debitore, ne' all'attivo - giacché in tal caso i creditori non potrebbero essere privati dei diritti che in base alla legge essi vantano sul patrimonio del debitore - e neppure al passivo, con la creazione di poste passive per il rimborso del finanziamento, sia pure postergato e con esclusione del voto.
Questo accertamento non è stato compiuto dal giudice di merito, che ha ritenuto sufficiente, per l'ammissibilità della proposta che alterava la graduazione dei crediti muniti di prelazione, il solo fatto che la nuova liquidità costituisse l'apporto di un terzo, in tal modo incorrendo nella denunciata violazione della L. Fall., art. 160, comma 2.
In accoglimento di questi motivi, l'impugnata sentenza deve essere cassata, con rinvio alla medesima corte territoriale che, nel riesaminare il reclamo, anche ai fini del regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, si atterrà al seguente principio di diritto:
ai fini dell'ammissibilità della proposta di concordato preventivo, la L. Fall., art. 160, comma 2, nel testo sostituito dal D.L. 14 marzo 2005, n. 35, art. 2 comma 1, lett. d), convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, deve essere interpretato nel senso che l'apporto del terzo si sottrae al divieto di alterazione della graduazione dei crediti privilegiati solo allorché risulti neutrale rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando ne' un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, ne' un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato postergato o no.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Accoglie il secondo motivo del ricorso principale e il primo motivo del ricorso incidentale, e rigetta nel resto i ricorsi.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Venezia in altra composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione, il 27 marzo 2012.Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2012
 

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