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Prelazione agraria e riscatto di due terreni agricoli venduti ad un terzo – Rinuncia successiva alla prelazione – Corte di Cassazione, sez. III, sentenza n. 12894 del 13 maggio 2021

Rinuncia alla prelazione comunicata all’affittuario poiché invalida, in quanto contenente un prezzo unico relativamente sia ai terreni, sia ai fabbricati rurali (rispetto ai quali ultimi l’attore non era titolare di alcun diritto di prelazione) – Cass., sez. III, sentenza n. 12894 del 13 maggio 2021, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

 

Fatto. L’attore, quale affittuario coltivatore diretto, chiedeva al Tribunale di riconoscere  il suo diritto di riscatto agrario in relazione ad alcuni terreni agricoli, che il proprietario aveva venduto ad un terzo (con un atto riguardante un intero compendio comprensivo di fabbricati rurali). Aggiungeva, poi, che, essendo invalida la prelazione offerta (perché il prezzo indicato era unico per tutte le vendite, poiché comprensivo dell’intero compendio), riteneva di non poter esercitare il riscatto come richiesto nella comunicazione. Si costituivano in giudizio l’acquirente e una società alla quale il primo aveva conferito i beni acquistati, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale respingeva la domanda e la Corte d’Appello, adita dall’attore soccombente, respingeva il gravame, poiché l’affittuario non aveva pagato la somma indicata nella denuntiatio. Quest’ultimo, quindi, ricorreva per cassazione, assumendo che la proposta d’acquisto a lui indirizzata comprendeva anche due appartamenti di civile abitazione, per cui – a differenza da quanto affermato dalla Corte territoriale - la sua accettazione non poteva considerarsi come valido esercizio della prelazione (riguardando il suo diritto solo il fondo affittato), rilevato che nella proposta non erano neppure indicati i prezzi distinti per i beni ammessi in prelazione, per cui questa non poteva ritenersi una valida denuntiatio, Di conseguenza l’accettazione non costituiva un corretto esercizio della prelazione, ma soltanto una mera proposta contrattuale, talchè la successiva rinuncia non faceva venir meno il diritto di riscatto nei confronti della quale non c’era stata una valida proposta d’acquisto.

Decisione. La Suprema Corte accoglieva il ricorso, rinviando alla stessa Corte d’Appello in diversa composizione, per una pronuncia in sintonia con il principio seguente e, premesso che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che la denuntiatio inviata dal titolare del diritto di prelazione è atto finalizzato al solo interesse del coltivatore, al fine di consentirgli una corretta valutazione della convenienza di esercitare del diritto in questione, ha affermato il seguente principio: “qualora la denuntiatio riguardi sia il fondo in affitto, sia altri beni per i quali non sussiste il diritto di prelazione ed indichi, però, separatamente il prezzo dei cespiti, il titolare della prelazione può manifestare la volontà di acquistare solo il bene in affitto e non quello estraneo, rendendo così effettiva la prelazione solo per il primo: in tal caso si avrà una manifestazione idonea a determinare gli effetti del positivo esercizio, con quanto ne consegue, mentre se, come nel caso di specie, ove l’offerta non indichi i prezzi diversificati per i beni assoggettati a prelazione rispetto agli altri, l’eventuale accettazione non potrà ritenersi come valida manifestazione di volontà all’interno dell’esercizio del diritto di prelazione. Ciò consentirà all’affittuario la facoltà di esercitare il diritto succedaneo di riscatto, non essendo stato egli messo in condizioni di far valere validamente il suo diritto di prelazione”.