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Rc auto - Azione di surroga ex articolo 18 della legge 990/69

19/12/2003 Risarcimento danni - Rc auto - Azione di surroga ex articolo 18 della legge 990/69

Risarcimento danni - Rc auto - Azione di surroga ex articolo 18 della legge 990/69 (Cassazione – Sezione terza civile – sentenza 16 ottobre-19 dicembre 2003, n. 19560)

Svolgimento del processo

Il giorno 14 settembre 1978 in Belvedere Marittimo, a seguito di un incidente stradale, decedeva Francesco Valente, il quale viaggiava a bordo di autovettura di proprietà di Ottavio Palermo, che la guidava.

All’esito di procedimento penale, nel quale era imputato del delitto di omicidio colposo, Ottavio Palermo, con sentenza irrevocabile, era condannato a risarcire i danni, da liquidare in separata sede, a favore della vedova Angela Di Giovanni e dei figli minori della vittima Massimo e Maria Valente.

Costoro, con citazione innanzi al Tribunale di Paola, convenivano in giudizio Ottavio Palermo e la società SAPA (Security and Property Assurance) spa, compagnia di assicurazione rca dell’autovettura, per ottenerne la condanna solidale alla liquidazione dei danni.

Nella contumacia del Palermo, si costituiva la società di assicurazione, che opponeva di nulla dovere per avere essa già versato l’intero massimale di polizza all’Inail, dal quale gli eredi superstiti della vittima avevano ottenuto la liquidazione di una rendita di lire 145.798.701.

Il Tribunale adito condannava i convenuti in solido a pagare la somma di lire 40.800.000 ed il solo Palermo a versare l’importo di lire 89.200.000 agli attori per solo danno morale, oltre gli interessi di legge dalla data dell’evento al saldo.

Sull’impugnazione principale della società Winterthur Assicurazioni spa (incorporante per fusione della SAPA spa) e su quella incidentale di Ottavio Palermo decideva la Corte d’appello di Catanzaro con sentenza pubblicata il 1° giugno 1999, la quale, in accoglimento del gravame principale, rigettava la domanda proposta dagli attori nei confronti della società di assicurazione; in parziale accoglimento dell’appello incidentale regolava in diversa misura gli interessi dovuti dal Palermo; dichiarava inammissibile la domanda di restituzione della società assicuratrice, nei cui confronti compensava per intero le spese processuali dei due gradi; condannava Ottavio Palermo a pagare le spese del grado in ragione di un terzo sia all’assicuratore che agli appellati.

Ai fini che ancora interessano, i giudici di secondo grado consideravano che, avendo la società di assicurazione della responsabilità civile versato all’Inail l’intero massimale di polizza, nei confronti della medesima gli attori non potevano avanzare alcuna pretesa ai sensi dell’articolo 18 della legge 990/69, essendosi esaurito il rapporto assicurativo rca.

Rilevavano, poi, che nessun effetto poteva derivare dalla sentenza della Corte costituzionale 319/89, sia perché la dichiarata incostituzionalità in parte qua dell’articolo 28, secondo e terzo comma, della citata legge 990/89 non poteva spiegare effetti retroattivi; sia perché, trattandosi di danno morale spettante ai congiunti iure proprio, esso era escluso dall’ambito applicativo derivante dalla nuova lettura costituzionale che bisognava dare della norma, riferibile soltanto al pregiudizio non patrimoniale sofferto in vita dal de cuius (quand’anche trasmigrato mortis causa nella sfera soggettiva degli eredi).

Ritenevano, infine, a prescindere dal fatto che per le rivendicazioni degli eredi della vittima il massimale di polizza non lasciava margini residui di utilizzabilità una volta soddisfatto il credito dell’Inail, che dell’eventuale violazione del “patto di gestione della lite” avrebbe potuto dolersi eventualmente il solo l’Inail, non anche gli appellati. Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso Angela Di Giovanni, Massimo Valente e Maria Valente, i quali affidano l’impugnazione a due mezzi di doglianza, che la società Winterthur contrasta con controricorso.

Non ha svolto difese l’intimato Ottavio Palermo.

Motivi della decisione

Con il primo motivo d’impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all’articolo 136, primo comma, della Costituzione in relazione agli articolo 28, secondo, terzo e quarto comma, della legge 990/69 (come modificato a seguito della sentenza 319/89 della Corte costituzionale), 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma,del Dpr 1124/85 (come modificati dalla sentenza 485/91 della Corte costituzionale)- i ricorrenti assumono che, essendo le predette sentenze della Corte costituzionale intervenute quando era ancora in corso il giudizio innanzi al Tribunale e non potendosi ritenere che all’epoca il rapporto fosse definito, l’Inail, a richiesta della società SAPA spa, avrebbe dovuto restituire la somma riscossa, affinché essa fosse poi posta a disposizione degli eredi del danneggiato.

Il motivo è fondato secondo quanto si indica di seguito.

La Corte costituzionale, con la sentenza 319/89, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, commi 2, 3. e 4 della legge 990/69, nella parte in cui la norma non esclude che gli enti gestori delle assicurazioni sociali, sostituendosi nel diritto del danneggiato verso l’assicuratore della responsabilità civile, possano esercitare l’azione surrogatoria con pregiudizio del diritto dell’assistito al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti.

Di conseguenza, in virtù della dichiarata incostituzionalità della norma in parte qua, l’ente gestore di assicurazione sociale può recuperare dall’assicuratore della responsabilità civile il capitale corrispondente alle prestazioni eseguite in favore dell’assistito, sempre che, per effetto dell’azione dell’ente, non venga ad essere pregiudicato il diritto dello stesso assicurato di ottenere dall’assicuratore della responsabilità civile l’integrale risarcimento di danni alla persona, diversi da quelli che risultino eliminati in virtù delle prestazioni erogate dall’ente.

Nel caso in esame l’assicuratore della responsabilità civile, prima della pubblicazione della suddetta della Corte costituzionale, quando era ancora in corso il processo penale conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna del responsabile del sinistro, ha versato direttamente all’Inail l’importo pari al massimale di polizza.

In base alla suddetta circostanza il giudice di secondo grado ha ritenuto che l’assicuratore rca avesse compiutamente assolto il suo obbligo contrattuale ai sensi dell’articolo 28, 3° comma, della legge 990/69, per cui ogni pretesa ulteriore di ristoro, esperibile sicuramente nei confronti del responsabile del danno, doveva, invece, reputarsi arbitraria ed ingiustificata nei suoi confronti.

In tal modo l’impugnata sentenza proponeva la tesi secondo la quale la dichiarazione d’incostituzionalità della norma non poteva avere alcuna incidenza sul rapporto dedotto in giudizio, perché, con l’avvenuta corresponsione all’istituto di assicurazione sociale dell’intero massimale di polizza, quel rapporto, alla data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale, era oramai esaurito.

Osserva questa Corte che non è corretta la decisione del giudice del merito, secondo la quale sì tratterebbe, nella specie, di rapporto che, con l’avvenuto versamento all’Inail dell’intero massimale di polizza, avrebbe ormai esaurito tutti i suoi effetti.

Invero - premesso che la nozione di rapporto esaurito, come tale insensibile all’incidenza della sopravvenuta dichiarazione di illegittimità costituzionale, è ravvisabile solo quando, rispetto al rapporto dedotto in giudizio, è intervenuto un fatto (giudicato, prescrizione, decadenza e simili) che preclude o impedisce la pronuncia giudiziale sul merito (ex plurimis: Cassazione, 4867/97; 3242/94) - rileva questa Corte che alle ipotesi del tipo di questa all’esame non si addice la connotazione di rapporto esaurito o definito.

Sul tema, infatti, è stato già affermato, secondo la decisione di Cassazione, 605/98, che nella disciplina dettata dall’articolo 28 della legge 990/69 non v’è spazio per atti di natura dispositiva: l’effetto estintivo del diritto del danneggiato verso l’assicuratore si compie sulla base di un determinato complesso di atti, descritti dalla norma stessa, e non può essere fatto discendere da atti cui detto effetto non sia espressamente attribuito ed ai quali, come nel caso, il danneggiato sia rimasto estraneo, giacché il contratto produce effetti rispetto ai terzi solo nei casi previsti dalla legge.

La suddetta sentenza, infatti, ha chiarito che, secondo la norma del citato articolo 28, il rapporto assicurativo tra danneggiato e assicuratore della responsabilità civile ed il rapporto previdenziale tra danneggiato ed ente di assicurazione sociale si coordinano attraverso lo schema della surrogazione legale (articolo 1203 n. 5 Cc), nel concorso delle precise seguenti cadenze:

a) nel rapporto assicurativo l’assicuratore, che ha ricevuto affermativa risposta alla richiesta rivolta al danneggiato circa il suo diritto a prestazioni di natura previdenziale, è tenuto ad accantonare la somma prevedibilmente corrispondente alla prestazione spettante al danneggiato-assistito nel rapporto previdenziale ed a chiedere all’ente se intende avvalersi del diritto di surrogarsi al danneggiato mediante positiva dichiarazione da rendere nei successivi quarantacinque giorni;

b) nel rapporto previdenziale il diritto di surroga dell’ente, che ha corrisposto la prestazione, è ammesso nei limiti della prestazione erogata, entro i quali l’assicuratore della responsabilità civile può e deve solo pagare all’ente la somma indicata.

L’effetto estintivo, nel rapporto assicurativo, del diritto del danneggiato verso l’assicuratore, nei limiti della somma corrisposta dall’ente previdenziale, si ricollega al complesso dei suddetti atti, per cui secondo il suddetto indirizzo giuri sprudenziale, cui questo Collegio aderisce - sino a quando il diritto del danneggiato verso l’assicuratore non è prescritto o, in ordine ad esso, non si è formato un giudicato negativo, il giudice richiesto di pronunciare sull’esistenza del diritto non può attribuire l’effetto estintivo di tale diritto alla surrogazione esercitata dall’Inail, perché ciò significherebbe applicare la norma dichiarata costituzionalmente illegittima.

La impugnata sentenza, che ha diversamente statuito circa la nozione di rapporto esaurito, deve, pertanto, in accoglimento del primo motivo, essere annullata, avendo il giudice del merito disatteso il principio, già enunciato da questa Corte (Cassazione, 605/98) secondo cui la circostanza che l’Inail - prima della dichiarazione d’illegittimità costituzionale della norma dell’articolo 28, commi secondo, terzo, e quarto, della legge 990/69, conseguente alla sentenza della Corte costituzionale 319/89 - abbia dichiarato all’assicuratore di volersi surrogare nei diritti del danneggiato suo assistito, di per sé non è un fatto giuridico idoneo a determinare l’esaurimento del rapporto e, quindi, a funzionare come limite agli effetti della sentenza della Corte costituzionale, essendo a tal fine irrilevante anche che si sia intanto proceduto all’eventuale assegnazione all’Istituto di previdenza dell’intero massimale di polizza; con la conseguenza che, sino a quando il diritto del danneggiato verso l’assicuratore non è prescritto o, in ordine ad esso, non si è formato il giudicato negativo, il giudice, richiesto di pronunziare sull’esistenza del diritto, non può attribuire effetto estintivo di tale diritto alla surrogazione esercitata dall’Inail, in quanto ciò comporterebbe l’applicazione di una norma ormai espulsa dall’ordinamento.

Con il secondo mezzo di doglianza - deducendo la violazione e la falsa applicazione della norma di cui agli articolo 28, secondo, terzo e quarto comma, della legge 990/69 (come modificato a seguito della sentenza 319/89 della Corte costituzionale), 10, sesto e settimo comma, e 11, primo e secondo comma,del Dpr 1124/85 (come modificati dalla sentenza 485/91 della Corte costituzionale), la violazione e la falsa ed errata applicazione dei principi di diritto contenuti nelle predette sentenze della Corte costituzionale nonché l’omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia- i ricorrenti censurano la decisione di secondo grado sul punto relativo alla ritenuta applicabilità della norma di cui all’articolo 28 della legge 990/69, nella lettura derivante dalla dichiarata sua incostituzionalità, soltanto per il diritto del danneggiato e non anche per quello dei suoi eredi.

Assumono che la sentenza 319/89 della Corte costituzionale fa riferimento al “diritto dell’assistito” di ottenere i danni alla persona non altrimenti risarciti e che, se assistito era indubbiamente il de cuius, assistiti dovevano ritenersi anche la vedova ed i figli orfani, a cui favore l’Inail aveva erogato la rendita di legge, sicché ad essi andava riconosciuta la titolarità di un autonomo diritto al risarcimento del danno alla persona.

Rilevano che il loro dante causa non perse immediatamente la vita nel sinistro, ma morì dopo il suo trasporto in ospedale, a distanza di un’ora o poco più, per cui doveva senz’altro riconoscersi che il maturato suo diritto al risarcimento del danno non patrimoniale (biologico e morale) era stato trasmesso ad essi eredi ricorrenti, che avevano agito perciò, oltre che iure proprio, anche iure successionis.

Precisano, inoltre, che il giudice di merito avrebbe dovuto tener conto che anche agli eredi dell’infortunato la Corte costituzionale, secondo la sentenza 485/91, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale, senza che esso possa in alcun modo essere pregiudicato dall’ammontare delle indennità corrisposte dall’Inail.

Infine, fermo quanto innanzi dedotto, i ricorrenti aggiungono che, in relazione all’indennizzo iure proprio, poiché l’Inail aveva accettato la somma pari al massimale di polizza di lire 20.000.000, evidentemente ritenuta esaustiva della sua pretesa, l’importo eccedente per interessi e svalutazione (dovuto dall’assicuratore rca per il ritardo con il quale aveva pagato il solo massimale) il giudice del merito avrebbe dovuto attribuire ad essi ricorrenti a titolo di risarcimento del danno morale.

Il motivo è fondato per quanto concerne i due profili di censura concernenti sia la questione dell’attribuzione ai ricorrenti della qualifica di assistiti, che il giudice del merito ha negato facendone discendere la conseguenza che all’autonomo loro diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali alla persona era pregiudicato dall’azione di surroga dell’Inail; sia la questione della disciplina del credito personale per danni alla persona dell’infortunato, nel quale sono subentrati iure successionis gli eredi, credito per il quale il giudice del merito ha escluso l’applicabilità della norma di cui all’articolo 28 della legge 990/69 nella interpretazione costituzionale di cui alla sentenza 319/69 del giudice delle leggi.

In ordine alla negata qualità di assistiti dei soggetti, deve, infatti, osservarsi che la prestazione economica che la legge pone a carico dell’ente previdenziale, quando essa consiste in una rendita a favore dei superstiti in caso di morte del lavoratore assicurato, costituisce risarcimento del danno patrimoniale subito in dipendenza della morte del congiunto, del quale i beneficiari sono titolari in base ad un proprio diritto, spettante esattamente per la loro qualità di assistiti. Di conseguenza, allo stesso modo di quanto avviene per il diritto del lavoratore infortunato a non vedere pregiudicato il suo diritto al risarcimento dei danni alla persona per effetto dell’azione surrogatoria esercitata ai sensi dell’articolo 28 della legge 990/69 dall’ente previdenziale per il recupero delle prestazioni erogate a ristoro del danno patrimoniale (ex plurimis: Cassazione, 3944/95), anche per i superstiti, assegnatari di rendita in caso di decesso del lavoratore loro congiunto, deve valere analoga disciplina di rispetto del diritto al risarcimento dei danni alla persona non altrimenti risarciti.

In tal senso, del resto, sussiste espressa conferma anche del giudice costituzionale (Corte costituzionale, 485/91), che per gli aventi causa del lavoratore infortunato ha riconosciuto che il diritto al risarcimento del danno biologico, non collegato alla perdita o alla riduzione della capacità lavorativa generica. sussiste nei confronti delle persone civilmente responsabili per il reato, da cui l’infortunio è derivato, pure quando il danno risarcibile, complessivamente considerato, superi l’ammontare delle indennità corrisposte dall’Inail.

Circa l’affermata insensibilità alla disciplina di rispetto, introdotta a seguito della pronuncia di incostituzionalità dell’articolo 28 dalla sentenza della Corte costituzionale 319/89, del credito personale maturato a favore del lavoratore infortunata per i danni alla persona quando il relativo diritto sia pervenuto in successione ai suoi eredi, osserva questa Corte che detta disciplina deve valere anche quando, al fine di ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno alla persona maturato a favore del loro dante causa, agiscano, dopo la sua morte, gli eredi, dato che il previsto regime di allargata migliore tutela, che non deve subire ingiustificate restrizioni a seconda che a chiederne in giudizio l’accertamento sia l’originario titolare ovvero ì suoi eredi, è accordato in relazione alla oggettiva ragione genetica del credito e prescinde dalla persona che ne è l’attuale titolare.

L’esame del terzo profilo della complessiva critica esposta dal secondo mezzo d’impugnazione (con cui i ricorrenti denunciano che residuava, comunque, per il riconoscimento parziale dei loro diritti, il margine residuo dell’importo, non assegnato all’Inail, degli interessi e della rivalutazione da calcolare sul massimale di polizza) resta assorbito dalla pronuncia di accoglimento del primo motivo e degli altri suddetti profili del secondo mezzo di doglianza, non potendo più valere, sulla questione, la ratio decidendi di rigetto indicata nella sentenza impugnata, la quale, sulla domanda d’accertamento dell’obbligo ulteriore dell’assicuratore rca derivante dal ritardo nel pagamento del massimale di polizza, ha escluso la sussistenza dell’interesse dei ricorrenti sull’inesatto presupposto che ad essi non si dovesse applicare la disciplina conseguente alla pronuncia d’incostituzionalità in parte qua della norma dell’articolo 28 della citata legge.

Il ricorso, pertanto, per le ragioni innanzi esposte, deve essere accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro, che giudicherà in applicazione dei principi di diritto innanzi enunciati circa la nozione di rapporto giuridico non esaurito quanto all’esercizio dell’azione di surroga ex articolo 28 della legge 990/69 in pendenza del giudizio avente ad oggetto l’accertamento del diritto del danneggiato nei confronti dell’assicuratore rca; circa la qualità di assistiti, nel rapporto assicurativo previdenziale, dei familiari superstiti del lavoratore deceduto, assegnatari di rendita Inail; circa l’applicabilità della disciplina introdotta dalla indicata pronuncia di incostituzionalità della sentenza 319/89, al credito dell’infortunato per danni alla persona non altrimenti risarciti quando la relativa pretesa sia fatta valere dagli eredi, subentrati nella titolarità del credito medesimo.

In ordine alle spese del presente giudizio di cassazione sussistono giusti motivi per pronunciarne la totale compensazione.

PQM

La Corte accoglie il primo e, per quanto di ragione, il secondo motivo del ricorso, assorbite per il resto le altre censure; cassa in relazione la impugnata sentenza con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catanzaro; compensa per intero le spese del presente giudizio di cassazione.