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Giudice di pace - Mediazione

Giudice di pace - Mediazione - Mediatore - incarico di conciliatore, previa iscrizione negli elenchi predisposti presso la C.C.I.A.A., non sia compatibile con le funzioni di giudice di pace sia in relazione ai procedimenti di conciliazione stragiudiziale disciplinati dal D.m. 222/2004, sia in relazione ai procedimenti di conciliazione stragiudiziale per i quali non si applica il suddetto decreto ministeriale, con riferimento all'intero territorio nazionale. (Consiglio Superiore della Magistratura Risposta a quesito del 6 ottobre 2010)

Giudice di pace - Mediazione - Mediatore - incarico di conciliatore, previa iscrizione negli elenchi predisposti presso la C.C.I.A.A., non sia compatibile con le funzioni di giudice di pace sia in relazione ai procedimenti di conciliazione stragiudiziale disciplinati dal D.m. 222/2004, sia in relazione ai procedimenti di conciliazione stragiudiziale per i quali non si applica il suddetto decreto ministeriale, con riferimento all'intero territorio nazionale. (Consiglio Superiore della Magistratura Risposta a quesito del 6 ottobre 2010)

Incompatibilità tra l'esercizio delle funzioni di giudice di pace e l'attività conciliativa.
(Risposta a quesito del 6 ottobre 2010)


Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta del 6 ottobre 2010, ha adottato la
seguente delibera:
"- letta la nota in data 21 aprile 2010 con la quale la dott.ssa …, giudice di pace nella sede di …,
chiede di conoscere se sussista incompatibilità tra l'esercizio delle funzioni di giudice di pace e
l'iscrizione nelle liste di organismi autorizzati alla conciliazione in genere e, in particolare, in quelle
presso la Camera di Commercio e in quella della Camera di Conciliazione della Consob,
rappresentando che l'eventuale attività conciliativa verrebbe svolta in qualità di avvocato;
- considerato che, con delibere dell'11 dicembre 2008 e 11 febbraio 2009, il Consiglio ha affermato
che l'incarico di conciliatore, previa iscrizione negli elenchi predisposti presso la C.C.I.A.A., non è
compatibile con le funzioni di giudice di pace;
- ribadito il principio secondo cui per i giudici di pace le specifiche cause di incompatibilità sono
tipizzate dalla legge n. 374 del 1991 e non sono loro applicabili l'art. 16 R.d. 12/1941 e le ulteriori
forme di incompatibilità previste dalle norme di Ordinamento giudiziario, anche in virtù del
principio sancito dall'art. 51, comma 1, Cost., in base al quale tutti i cittadini possono accedere agli
uffici pubblici “secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, sicché l'ampliamento delle cause di
incompatibilità, mediante l'applicazione di quelle previste per i magistrati professionali,
realizzerebbe un'illegittima introduzione di limiti all'accesso all'ufficio pubblico (o alla permanenza
in esso) non voluti dalla legge;
- considerato che bisogna prestare particolare attenzione alla previsione di cui all'art. 7 del decreto
ministeriale 23 luglio 2004, n. 222 contenente il “Regolamento recante la determinazione dei criteri
e delle modalità di iscrizione nonché di tenuta del registro degli organismi di conciliazione di cui
all'art. 38 del D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5”, il quale, al comma 3, prevede che “in ogni caso, i
giudici di pace, finché dura il loro mandato, non possono svolgere la conciliazione in forme e modi
diversi da quelli stabiliti dall'art. 322 del codice di procedura civile”, ponendo una regola di
carattere generale, che vieta ai giudici di pace di svolgere l'incarico di conciliatori durante tutto il
periodo del loro mandato proprio perché essi svolgono l'attività conciliativa prevista dall'art. 322
c.p.c.;
- rilevato che il Consiglio di Stato, nel rendere il parere di sua competenza sullo schema del
regolamento in oggetto, all'esito dell'adunanza svoltasi il 5 aprile 2004, ha affermato che
l'incompatibilità è “espressamente estesa all'attività conciliativa stragiudiziale del giudice di pace,
come regolata dall'articolo 322 del codice di procedura civile, allo scopo di evitare il
contemporaneo esercizio delle due funzioni conciliative”;
- individuata la ratio legis del divieto posto dall'art. 7 D.m. 222/2004 nell'escludere che il giudice di
pace, già istituzionalmente deputato ad espletare l'attività conciliativa stragiudiziale, possa rendere
il medesimo servizio partecipando ad uno degli organismi di conciliazione previsti dall'art. 38
D.Lgs. 5/2003, appannando la propria immagine di imparzialità ed indipendenza, perché al
magistrato onorario sarebbe consentito di svolgere la medesima attività in ambito “pubblico” e, al
contempo, in ambito “privato”, peraltro percependo specifici compensi, corrisposti dalle parti
secondo le tariffe stabilite per la conciliazione stragiudiziale;
- considerato che l'art. 7 D.m. 222/2004 trova applicazione, per la conciliazione stragiudiziale,
anche in materie diverse rispetto a quelle indicate dall'art. 1 D. Lgs. 5/2003 e cioè nelle controversie
tra utenti ed operatori di comunicazioni elettroniche, fino alla completa attuazione delle disposizioni
di cui all'articolo 141, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (delibera del 19
aprile 2007, n. 173/2007/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) e nelle
controversie in materia di affiliazione commerciale e di patto di famiglia e che non possono esservi
dubbi in ordine alla sussistenza della incompatibilità tra l'incarico di conciliatore e l'ufficio di
giudice di pace per tutte le materie in cui il procedimento di conciliazione stragiudiziale sia
disciplinato dal D.m. 222/2004;
- ritenuto che da tale conclusione possa desumersi anche l'incompatibilità assoluta del giudice di
pace ad esercitare l'incarico di conciliatore, senza che possa operarsi alcuna distinzione in relazione
alla materia oggetto della conciliazione stragiudiziale, poiché l'art. 322 c.p.c. non pone alcun limite
alla competenza del giudice di pace in tema di conciliazione stragiudiziale e l'incompatibilità
assoluta appare essere del tutto coerente in relazione alla funzione svolta dalla conciliazione
stragiudiziale - quale forma alternativa di risoluzione delle controversie - ed alla ratio del divieto -
salvaguardia della capacità di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio
acquisito, le funzioni di magistrato onorario, come previsto dall'art. 5, comma 3, L. 374/1991;
- ritenuto, in conclusione, che appare del tutto ragionevole discostarsi, mutando indirizzo, da quanto
deliberato in data 24 gennaio 2001, alla luce degli interventi normativi degli ultimi anni in tema di
conciliazione stragiudiziale, i quali hanno riconosciuto alle camere di commercio un ruolo primario
nell'erogazione di tale servizio (legge 14 novembre 1995, n. 481 recante “Norme per la
concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione
dei servizi di pubblica utilità”; legge 29 marzo 2001, n. 135 relativa alla “Riforma della legislazione
nazionale del turismo”; decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 relativo alla “Definizione dei
procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia
bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della L. 3 ottobre 2001, n. 366”; legge 6 maggio
2004, n. 129 dettante “Norme per la disciplina dell'affiliazione commerciale”; decreto legislativo 6
settembre 2005, n. 206 in tema di “Codice del consumo, a norma dell'art. 7 della L. 29 luglio 2003
n. 229”; legge 14 febbraio 2006, n. 55 avente ad oggetto “Modifiche al codice civile in tema di
patto di famiglia”; legge 22 febbraio 2006, n. 84 sulla “Disciplina dell'attività professionale di
tintolavanderia”) e hanno progressivamente allargato l'ambito applicativo della conciliazione, fino a
comprendere, secondo l'art. 2 del D. Lgs. 4 marzo 2010 (attuazione dell'articolo 60 della legge 18
giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e
commerciali) qualunque “controversia civile e commerciale vertente su diritti disponibili”;
- tutto ciò premesso, il Consiglio


delibera
di rispondere al quesito proposto dalla dott.ssa …, giudice di pace nella sede di …, nel senso che
deve ritenersi che l'incarico di conciliatore, previa iscrizione negli elenchi predisposti presso la
C.C.I.A.A., non sia compatibile con le funzioni di giudice di pace sia in relazione ai procedimenti di
conciliazione stragiudiziale disciplinati dal D.m. 222/2004, sia in relazione ai procedimenti di
conciliazione stragiudiziale per i quali non si applica il suddetto decreto ministeriale, con
riferimento all'intero territorio nazionale."

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it