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Utenze telefoniche - Contestazioni delle bollette - Prova a carico del gestore: buon funzionamento del contatore

28/01/2003 Utenze telefoniche - Contestazioni delle bollette - Prova a carico del gestore: buon funzionamento del contatore - Prova a carico dell'utente: utilizzazione esterna della linea.

Utenze telefoniche - Contestazioni delle bollette - Prova a carico del gestore: buon  funzionamento del contatore - Prova a carico dell'utente: utilizzazione esterna della linea. (Corte di cassazione - Sentenza 28 gennaio 2003 n. 1236)

Svolgimento del processo

1. Con ordinanza (...) il tribunale di Napoli, in accoglimento del ricorso proposto (...) da Sergio Mxxxxxx, ordinò alla Telecom Italia s.p.a. la riattivazione dell'utenza telefonica di cui il Mxxxxxx era titolare, disattivata a seguito del mancato pagamento di due bollette del rispettivo importo di L. 2.002.000 e di L. 1.232.000, relative a traffico telefonico intercontinentale che il Mxxxxxx aveva sostenuto non essersi mai svolto dalla propria utenza. Con atto di citazione notificato il 14/9/1995 presso il procuratore costituitosi per la Telecom nella fase cautelare, il Mxxxxxx iniziò il giudizio di merito domandando l'accertamento negativo del debito e la condanna della Telecom al risarcimento. Il tribunale di Napoli (...) accolse la domanda e condannò la Telecom al risarcimento del danno, liquidandolo in L. 15.000.000.

2. Con sentenza (...) la corte d'appello di Napoli ha rigettato il motivo di gravame col quale la Telecom aveva dedotto la nullità della sentenza di primo grado per non essere stato l'atto di citazione notificato alla parte personalmente ma al procuratore costituito per la fase cautelare e, in parziale accoglimento dell'appello in punto di quantum debeatur, ha ridotto a L. 3.000.000 la somma da corrispondersi dalla società (...) a titolo di risarcimento del danno conseguito alla disattivazione dell'utenza.

3. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione la Telecom Italia s.p.a. affidandosi a due motivi, cui resiste con controricorso Sergio Mxxxxxx.

Motivi della decisione

1.1. Col primo motivo (...) la Telecom si duole che il giudice dell'appello abbia ritenuto, nel presupposto dell'inscindibilità fra la fase cautelare e quella di merito, che il giudizio fosse stato validamente instaurato con la notifica dell'atto introduttivo presso il procuratore costituito nella fase cautelare; e che, comunque, nella specie trasparisse inequivocabilmente la volontà della parte di estendere il mandato anche al successivo giudizio di cognizione. Sostiene che, invece, la corte di legittimità ha chiarito (è richiamata Cass. 7630/91) che il procedimento volto alla concessione della tutela cautelare d'urgenza ed il successivo procedimento di merito non costituiscono fasi distinte di un unico processo, sicché la notificazione dell'atto introduttivo non deve essere effettuata ai sensi dell'art. 170 c.p.c. presso il procuratore costituito nella fase cautelare, ma al convenuto nel suo domicilio reale; e, in punto di ampiezza del mandato, che dal testo della procura a margine della copia notificata del ricorso ex art. 700 risultava che il conferimento dei poteri al difensore era riferito al «giudizio di cui al presente atto».

1.2. La censura e infondata.

La corte d'appello ha ritenuto - con valutazione di fatto non censurata sotto il profilo del vizio di motivazione - che dal testo della procura risultasse inequivocabilmente la volontà della parte di estendere al successivo giudizio di cognizione il mandato al difensore. Mandato del resto riferito anche ad «ogni facoltà di legge, compresa quella di chiamare terzi in garanzia, spiegare domanda riconvenzianale e transigere la lite», alcune delle quali costituiscono attività esplicabili esclusivamente nel giudizio ordinario.

Ricorre dunque il caso in cui subisce una deroga il generale principio che l'autonomia del procedimento cautelare d'urgenza rispetto all'eventuale giudizio di merito comporta l'esigenza del conferimento di un'autonoma procura al difensore per il giudizio di cognizione. Deve, invero, riaffermarsi che se la procura rilasciata per la fase cautelare sia riferibile anche al giudizio di cognizione, la notifica dell'atto introduttivo del giudizio ordinario deve ritenersi validamente effettuata presso il procuratore costituito nel procedimento volto all'emissione di provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. (Cass. 2642/93 e 3646/96; e cfr. anche, per il caso di richiesta di sequestro, Cass. 3662/95).

2.1. Col secondo motivo è denunciata «violazione e falsa applicazione dell'art. 283 del Dpr 156/1973 in relazione agli artt. 12 e 13 del dm 484/1988 e in relazione all'art. 360, n. 3 e 5, cpc». Si duole la ricorrente:

a) che la corte di merito abbia impropriamente conferito rilevanza indiziaria nel senso della fondatezza degli assunti dell'utente alla proposta transattiva della Telecom;

b) che abbia considerato la contestazione dell'utente sufficiente ad infirmare la presunzione di esattezza dei conteggi degli scatti telefonici operati dalla società telefonica mediante i contatori di centrale (viene richiamata, nel senso della presunzione della idoneità dei contatori in questione ai fini di un'esatta contabilizzazione, Cass. 29 aprile 1997, n. 3686);

c) che abbia omesso di considerare nel concludere nel senso della «estraneità (del Mxxxxxx) al numero degli scatti telefonici conteggiati dalla Telecom», la diacronia tra fatti dedotti e fatti provati, posto che il Mxxxxxx aveva presentato il reclamo ed invitato la portiera dello stabile, la vicina di casa ed un amico assicuratore a constatare che egli «non» effettuava telefonate all'estero «dopo» aver appreso degli addebiti per le telefonate in uscita, che si riferivano al periodo da maggio ad agosto del 1993, mentre il controllo sugli apparecchi (che ne rivelò la regolarità di funzionamento) e le affermazioni dei testimoni riguardarono necessariamente un lasso di tempo successivo (dal novembre 1993 al marzo 1994);

d) che abbia fatto assurgere al rango di prova che «sinanche in assenza degli utenti... gli scatti non si interrompevano» la mera circostanza che il Mxxxxxx avesse presentato un esposto ai carabinieri, senza considerare che non era noto quale sorte l'esposto avesse avuto e che, se non confermati dai successivi accertamenti, i fatti esposti nelle denunzie rimangono mere asserzioni di parte.

2.2. Il controricorrente oppone che il richiamo di Cass. n. 3686/97 è inconferente e che non a caso la sentenza di primo grado aveva richiamato Cass., n. 8901/97, la quale aveva affermato che «con riferimento al contratto di abbonamento telefonico, la registrazione del contatore, posto all'esterno ed a distanza dall'apparecchio dell'utente, se costituisce normale misuratore del traffico telefonico riferibili all'utenza, non costituisce prova legale di per sé, ma forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate solo se colui contro il quale le risultanze sono indicate non ne disconosce la conformità ai fatti (art. 2712 c.c.), ancorché l'uso di tale mezzo di riproduzione meccanica sia consentito dal regolamento contrattuale».

2.3. La censura è fondata nei sensi di cui appresso.

Con sentenza 20/4/1997, n. 3686 (anteriore al d.m. 197/1997) questa corte, sulla scorta del rilievo che il sistema generalizzato delle tariffe a contatore nelle reti telefoniche è previsto ex lege, ha affermato che «l'abbonamento telefonico è un contratto d'adesione ad una specie negoziale regolata dalla legge, per cui il contatore centrale, imposto dallo schema normativo ed accettato con la conclusione del contratto d'utenza, costituisce un meccanismo probatorio assistito da una presunzione di idoneità all'esatta contabilizzazione del traffico, in ragione dei collaudi e dei controlli sullo stesso esercitati dalla pubblica amministrazione». Ha giudicato dunque corretta la conclusione del giudice del merito che, non essendo stato dall'utente contestato il regolare funzionamento delle apparecchiature (allora della Sip), «con la produzione in giudizio dell'estratto conto relativo all'utenza nel periodo e delle rilevazioni fotografiche mensili del contatore centrale, autenticate da notaio, la società telefonica avesse assolto al suo onere probatorio».

Con la successiva sentenza n. 8901/97, in fattispecie del tutto analoga a quella di cui al ricorso che si sta esaminando, la corte ha bensì affermato:

a) che la registrazione del contatore, «posto all'esterno e a distanza dell'apparecchio dell'utente, se è normale misuratore del traffico telefonico riferibile all'utenza, non costituisce prova legale di per sé, ma forma piena prova dei fatti e delle cose rappresentate, solo se colui contro il quale le risultanze sono indicate non ne disconosce la conformità ai fatti (art. 2712 c.c.), ancorché l'uso di tale mezzo di riproduzione meccanica sia consentito dal regolamento contrattuale»;

b) e che, dunque, «sono valutabili elementi che individuino o facciano presumere una non corrispondenza del traffico telefonico registrato con quello fruito dall'utente, essendo astrattamente ipotizzabili anormalità di funzionamento ed utilizzi illeciti della linea telefonica all'esterno della abitazione, e quindi fuori del controllo e dei conseguenti obblighi di custodia gravanti sull'utente»;

ma non ha mancato di chiarire anche:

c) che la presunzione di non conformità delle registrazioni di parte del traffico addebitato all'utente che eccepisca la incongruenza degli addebiti, al di fuori dei guasti del contatore, debba essere effettuata sulla scorta di elementi che consentano di escludere «difetti di custodia dell'impianto telefonico, e la non utilizzazione dello stesso da parte di soggetti che anche per motivi di lavoro, avessero accesso alla casa; e che consentano la presunzione di un utilizzo esterno della linea»;

d) che, in conclusione, «perché la presunzione non si trasformi in una valutazione tautologica, è assolutamente necessario che i fatti noti utilizzati per risalire al fatto ignoto non siano semplici giudizi valutativi e acritici assunti indebitamente come notorio, così come nel caso esaminato, in cui è stata considerata la condizione soggettiva di una persona ed i possibili comportamenti che ne conseguirebbero come fatto noto, atteso anche che rapporti familiari o affettivi possono frequentemente indurre ad uno smodato utilizzo temporale del telefono»;

e) che «se, infatti, il criterio di ragionevolezza che pare ispirare il giudice di merito nella valutazione della possibile erroneità delle registrazioni per causa non imputabile all'utente, e nella necessaria riconduzione a parametri normali per la tutela dell'utente in altro modo non tutelabile, può essere posto a base del convincimento del giudice di merito, esso deve peraltro fondarsi su elementi presuntivi dotati delle caratteristiche di univocità e convergenza che, come detto, non sussistono nella presunzione affermata tautologicamente».

Le riportate affermazioni, del tutto condivisibili e niente affatto contrastanti, sono sintetizzabili (anche alla luce dei rilievi sulla valenza probatoria dei meccanismi di conteggio di recente svolti da Cass. n. 3819/02) nelle seguenti enunciazioni: Benché, in linea con quanto stabilito dall'art. 2712 c.c., le risultanze dei contatori centrali della società telefonica facciano piena prova del traffico addebitato solo in difetto di contestazione da parte dell'utente, deve tuttavia presumersi il buon funzionamento dei contatori stessi.

Se il buon funzionamento sia contestato anche mediante richiesta di un accertamento tecnico sulla funzionalità dell'impianto di contabilizzazione, costituisce onere della società esercente il servizio di telefonia offrire la prova dell'affidabilità dei valori registrati da contatori funzionanti. Anche in tal caso l'utente è ammesso a provare che non gli sono addebitabili gli scatti risultanti dalla corretta lettura del contatore funzionante, mediante l'allegazione di circostanze che univocamente autorizzino la presunzione di un'utilizzazione esterna della linea nel periodo al quale gli addebiti si riferiscono. A tale fine non è tuttavia sufficiente che il traffico telefonico appaia straordinario rispetto ai livelli normali, ovvero che si sia svolto verso destinazioni inusuali, o in assenza dell'utente, ma è necessario che possa ragionevolmente escludersi anche che soggetti diversi dal titolare dell'utenza abbiano fatto un uso abnorme del telefono per ragioni ricollegabili ad un difetto di vigilanza, ovvero alla mancata adozione di possibili cautele da parte dell'intestatario.

2.4. A tali criteri la corte di merito non si è uniformata laddove, omettendo anche di chiarire se la funzionalità dei contatori fosse stata specificamente contestata ovvero se il Mxxxxxx si fosse limitato ad affermare di non aver effettuato le telefonate, ha apoditticamente affermato che l'utente aveva provato «attraverso i testimoni, attendibili, escussi in primo grado la propria estraneità al numero degli scatti conteggiati dalla Telecom» e che «sinanche in assenza dell'utente, provata anche questa pure attraverso un esposto ai CC., gli scatti non si interrompevano» (così, testualmente, la gravata sentenza a pagina 5).

È, invero, del tutto omessa l'indicazione delle circostanze alle quali la corte d'appello ha collegato la valutazione di estraneità dell'utente al traffico telefonico addebitatogli in relazione ai periodi cui esso si riferiva; è affatto incomprensibile come un esposto ai carabinieri, di contenuto peraltro non riferito, possa «provare» che il traffico non si interrompeva neppure in assenza dell'utente; è, per quanto sopra chiarito, comunque irrilevante che il titolare sia stato personalmente assente nel periodo che viene in considerazione, se non possa escludersi che altri abbia potuto effettuare le telefonate per aver avuto accesso all'apparecchio in un contesto nel quale l'intestatario dell'utenza non aveva adottato le possibili cautele volte ad evitare un uso improprio del telefono. Va, da ultimo, recisamente negato che una proposta transattiva possa considerarsi sintomatica della incertezza della parte che la formuli in ordine alla verità dei fatti posti a fondamento dei propri assunti ed essere addirittura utilizzata per infirmarne la veridicità, come invece ha erroneamente ritenuto la corte d'appello affermando che «anche in presenza di tali dati, probabilmente non sicura dell'attendibilità delle proprie risultanze tecniche, la Telecom azzardò una proposta transattiva al 50%, che il Mxxxxxx non intese accettare» (pagina 5 della sentenza).

3. Rigettato il primo motivo di ricorso ed accolto per quanto di ragione il secondo, la sentenza va dunque cassata con rinvio a diversa sezione della stessa corte d'appello che rivaluterà il merito alla luce degli enunciati criteri e che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie per quanto di ragione il secondo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia.

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it