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Processo esecutivo promosso sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo

 Sospensione dell'esecuzione a seguito di opposizione

Processo esecutivo promosso sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo - Sospensione dell'esecuzione a seguito di opposizione (Cassazione sez. III civile, sentenza 29.04.2004 n. 8217)

Svolgimento del processo

In data 9 maggio 1995 la societa' D.F. s.a.s. di M.C., in virtu' di assegno bancario tratto a firma di L.D., intimava a costui precetto di pagamento della somma di lire 8.100.000 e successivamente in data 16 maggio 1995 procedeva a pignorare in suo danno una motobarca.

Con atto notificato il 15 maggio 1995 L.D. proponeva opposizione al precetto, assumendo che l'assegno bancario posto a base della minacciata esecuzione era nullo per l'inesistenza del nome del trattario e che, comunque, esso opponente non era il debitore cartolare, avendo egli tratto l'assegno nella sua qualita' di legale rappresentante della societa' Amerco s.r.l., sul conto corrente presso il Banco di Napoli di Lecce di cui era titolare la predetta societa'.

Con altro atto depositato il 28 giugno 1995 L.D., nella diversa qualita' di amministratore unico della societa' D. s.r.l., proponeva opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c., con la quale la societa' rivendicava alla societa' la proprieta' della motobarca pignorata.

A seguito dell'opposizione di terzo all'esecuzione, la societa' Darsena Fontanelle s.a.s. otteneva nei confronti della societa' D. s.r.l. decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo di pagamento della somma di lire 8.100.000, che reclamava quale corrispettivo dovutole per servizi resi all'imbarcazione pignorata, con l'autorizzazione di cui all'art. 642, comma 3, c.p.c..

All'ingiunzione si opponeva, ex art. 645 c.p.c. la societa' D. s.r.l., che contestava l'autorizzata dispensa dal termine ex art. 482 c.p.c. ed eccepiva la improponibilita' della domanda per ingiunzione, per l'omessa preventiva escussione della societa' Amerco s.r.l., nonche' l'estinzione del preteso credito per compensazione con quello vantato in proprio dal Di Napoli per la vendita di un'imbarcazione alla societa' Darsena s.a.s., credito ceduto alla medesima D. s.r.l..

La stessa D. s.r.l. spiegava, poi, opposizione all'esecuzione, introdotta in suo danno in virtu' del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo ad istanza della societa' Darsena s.a.s..

Tutte le cause, a seguito dell'astensione dell'adito pretore di Gallipoli, venivano riassunte innanzi al pretore di Lecce, che le decideva nel simultaneo processo delle cause riunite con sentenza n. 629 del 15 novembre 1997, la quale, in relazione alle varie domande, cosi' stabiliva:

a) dichiarava cessata la materia del contendere in ordine alla causa di opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c. proposta dalla societa' D. s.r.l. e, compensate per la meta' le spese del processo, condannava la societa' Darsena s.a.s., creditrice procedente, al pagamento dell'altra meta';

b) rigettava l'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dalla societa' D. s.r.l., che condannava alle spese;

c) rigettava l'opposizione ad ingiunzione e condannava in solido la societa' D. s.r.l. e L.D. alle spese;

d) dichiarava inammissibile l'opposizione di L.D., qualificata come opposizione di rito ex art. 617 c.p.c..

Sulle impugnazioni avverso la suddetta sentenza, proposte dal Di Napoli in proprio e quale legale rappresentante della societa' D. s.r.l., decideva il tribunale di Lecce con sentenza pubblicata il 21 ottobre 1999, la quale, dato atto della inammissibilita' della opposizione alla regolarita' del precetto intimato a L.D. in proprio, ne rigettava la opposizione all'esecuzione ex art. 615, comma 1, c.p.c. (domanda proposta con il medesimo atto introduttivo della opposizione agli atti esecutivi e non esaminata dal giudice di primo grado) non essendovi la prova che l'assegno assunto a base dell'intimato precetto fosse stato tratto per conto della societa' Amerco s.r.l. e non in proprio dal debitore intimato Di Napoli.

La sentenza di secondo grado, inoltre, rigettava l'impugnazione della statuizione sulle spese nell'opposizione di terzo all'esecuzione ad istanza della societa' D. s.r.l.; dichiarava infondata l'opposizione ex art. 615 c.p.c. proposta dalla stessa D. s.r.l. nel giudizio di espropriazione contro di essa introdotto in virtu' del decreto ingiuntivo; rilevava il vizio di ultrapetizione in ordine alla condanna alle spese anche del Di Napoli in proprio nel giudizio di opposizione a decreto monitorio proposto dalla societa' D. s.r.l. nei confronti della societa' Darsena s.a.s., ricorrente per ingiunzione; in ordine all'eccepita compensazione del credito, reclamato con ingiunzione dalla societa' Darsena s.a.s., riteneva che non risultava provata la vendita dell'imbarcazione da parte del Di Napoli alla societa' creditrice.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso congiunto Luigi Di Napoli in proprio e la societa' D. s.r.l., in persona del suo legale rappresentante L.D., che affidano le rispettive impugnazioni a sei mezzi di doglianza, cui resiste con controricorso la societa' D.F. s.a.s. di Maria Elisabetta Cezza.

Motivi della decisione

Con il primo motivo d'impugnazione - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 1 e 2 del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, in relazione all'art. 474 c.p.c., l'omessa e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia nonche' la nullita' della sentenza per contraddittorieta' tra parte motiva e parte dispositiva - si denuncia che sia il pretore che il tribunale avrebbero ignorato l'eccezione di nullita' del precetto impugnato con l'opposizione a motivo dell'inesistenza del nome del trattario, essendo non piu' esistente il "Banco di Napoli Istituto di diritto pubblico" e date le vistose correzioni del titolo azionato, che avrebbero dovuto fare ritenere il precetto medesimo improduttivo di effetti giuridici.

Si precisa anche che, avendo la societa' creditrice procedente riconosciuto che il Di Napoli non era debitore in proprio, ma solo quale rappresentante della societa' D. s.r.l., sussisterebbe insanabile contraddizione nella parte motiva della sentenza, che, mentre nel Di Napoli riconosce il legittimato passivo in relazione al credito azionato con il precetto, successivamente, negandone la condanna alle spese in relazione al giudizio di opposizione ad ingiunzione, esclude che allo stesso possa addebitarsi detta somma e riconosce il vizio di ultrapetizione.

Si aggiunge, infine, che altra contraddittorieta' della sentenza sarebbe da ravvisare nel fatto che la sentenza di secondo grado, che dichiara ammissibile l'opposizione al precetto del Di Napoli, qualificandola come opposizione agli atti esecutivi, stabilisce che detta opposizione e' inammissibile, in cio' contraddicendo la ammissibilita' della opposizione a precetto.

Il motivo di impugnazione (che si riferisce alla causa di opposizione, proposta da L.D. in proprio avverso la esecuzione minacciata in suo danno in base a precetto intimato in virtu' di assegno bancario di conto corrente tratto a firma dell'opponente) non puo' essere accolto per nessuno dei profili di censura esposti.

In proposito occorre evidenziare che con la citazione avverso il precetto, a lui intimato ad istanza della societa' Darsena s.r.l., L.D. aveva ad un tempo introdotto sia l'opposizione di rito agli atti esecutivi, con riguardo alla formalita' del titolo esecutivo, che l'opposizione di merito all'esecuzione, con riguardo al diritto della parte istante di procedere all'espropriazione forzata per l'insussistenza del diritto di credito della societa' nei confronti di esso intimato.

L'adito pretore aveva dichiarato inammissibile l'opposizione ex art. 617 c.p.c. e detta statuizione e' stata "confermata" dal tribunale, che ha ritenuto non censurabile la ratio decidendi del primo giudice relativa alla tardivita' dell'opposizione di forma siccome proposta oltre il termine perentorio dei cinque giorni.

La statuizione di inammissibilita' dell'opposizione ex art. 617 c.p.c., tuttavia, non doveva discendere dalla valutazione di conformita' a legge della pronuncia del primo giudice, ma doveva discendere dal fatto che contro la decisione relativa a detta opposizione il mezzo di impugnazione consentito non era quello esperito dell'appello.

Costituisce, infatti, principio del tutto pacifico che la sentenza del giudice dell'esecuzione in materia di opposizione agli atti esecutivi, definita non impugnabile dall'art. 618, comma 2, c.p.c., e' ricorribile solo per Cassazione in base all'art. 111 della Cost..

Conseguentemente, il giudice d'appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il proposto gravame, per cui la esatta decisione di inammissibilita' adottata dal tribunale costituisce pronuncia conforme a legge se sorretta da detta diversa ratio decidendi, che e' nei poteri di questo giudice di legittimita' sostituire all'altra indicata nella sentenza impugnata ( art. 384, comma 2, c.p.c.).

Non sussiste, percio', neppure la denunciata contraddittorieta' tra la pronuncia suddetta di inammissibilita' e la diversa statuizione in ordine alla ammissibilita' dell'opposizione all'esecuzione, trattandosi di domande distinte, ancorche' congiuntamente proposte con il medesimo atto introduttivo del giudizio, sicche' la rilevata inammissibilita' della domanda ex art. 617 c.p.c. non puo' proiettare i suoi effetti sulla diversa domanda ex art. 615, comma 1, c.p.c..

Per il resto, l'ammissibilita' dell'opposizione all'esecuzione non significa che essa debba, percio', essere accolta, poiche' occorre, a tal fine, che il giudice accerti anche l'insussistenza del diritto della parte istante di procedere all'esecuzione.

Sul punto il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciare, nella considerazione che la citazione contenesse solo la domanda diretta a fare accertare la irregolarita' formale del precetto.

Alla omissione ha offerto riparo il giudice d'appello, il quale ha esposto motivazione adeguata e non contraddittoria in ordine al diritto della societa' Darsena s.a.s. di agire in executivis nei confronti di L.D. in proprio.

Il tribunale, invero, ha precisato che non era stata fornita alcuna prova che l'assegno bancario fosse stato tratto dal Di Napoli non in proprio, ma nella diversa qualita' di legale rappresentante della societa' Amerco s.r.l. ed ha aggiunto che l'accertata qualita' di debitore cartolare dello stesso Di Napoli non si poneva in contrasto con il riconoscimento che obbligata alla prestazione patrimoniale per analoga somma a favore della societa' Darsena s.a.s. era anche la societa' D. s.r.l..

Non sussiste, pertanto, la dedotta contraddittorieta' tra le due sentenze, poiche' il credito nei confronti del Di Napoli in proprio trova il suo fatto genetico nella causa astratta dell'assegno bancario emesso in proprio dal debitore, mentre il credito nei confronti della societa' trae origine dalla diversa obbligazione avente ad oggetto il corrispettivo dovuto dal proprietario per le riparazioni che erano state effettuate alla sua imbarcazione.

Con il secondo mezzo di doglianza - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui all'art. 1268, comma 2, c.c., art. 1173, c.c. e segg., art. 1321 c.c. e segg., art. 1372 c.c. e segg., nonche' l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia - si denuncia che, pure essendo stata data la prova che l'assegno era stato tratto sul conto corrente bancario intestato alla societa' Amerco s.r.l., il giudice del merito, tuttavia, non aveva dichiarato la nullita' del decreto monitorio opposto dalla societa' D. s.r.l. per il fatto che la societa' ricorrente per ingiunzione non aveva prima proposto la sua istanza di pagamento nei confronti della stessa societa' Amerco s.r.l..

Si assume che sul punto il tribunale aveva omesso l'esame del gravame ritualmente proposto, disapplicando, in tal modo, la disciplina che regge le fonti delle obbligazioni, la solidarieta' tra coobbligati e la definizione giuridica di contratto.

Anche detta censura non ha pregio.

Il giudice del merito ha precisato che diverse erano le obbligazioni in base alle quali erano tenuti il Di Napoli e la societa' Dinauto s.r.l., per cui, esclusa la riferibilita' dell'assegno bancario alla societa' Amerco s.r.l., per quest'ultima e' stata esclusa ogni obbligazione a favore della societa' Darsena s.a.s. e, di conseguenza, ogni situazione di solidarieta' passiva con la medesima D. s.r.l..

In ogni caso, ove anche si fosse potuto ritenere sussistente la solidarieta' delle due societa' D. ed Amerco nell'obbligazione a favore della societa' Darsena s.a.s., da detta solidarieta' non derivava alcun onere per il creditore di preventiva escussione della societa' Amerco s.r.l..

Resta esclusa, pertanto, la denunciata violazione di legge, senza, peraltro, che possa profilarsi alcuna ipotesi di omessa pronuncia sul punto da parte del giudice del gravame, il quale ha espressamente evidenziato che le diverse causae obligandi comportavano l'esclusione di ogni ipotesi di solidarieta', cosi' implicitamente negano la sussistenza di un obbligo di preventiva escussione di altro debitore.

Con il terzo motivo d'impugnazione si lamenta la violazione e la falsa applicazione della norma di cui all'art. 91 c.p.c. per avere il giudice del merito compensato in ragione della meta' la spese processuali del giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione ex art. 619 c.p.c., nonostante la situazione di totale sostanziale soccombenza della societa' creditrice procedente Darsena s.r.l..

Il motivo e' inammissibile, data la indiscussa incensurabilita' dei giusti motivi che il giudice del merito assume a base della statuizione sulla totale o parziale compensazione delle spese nel processo.

Con il quarto mezzo di doglianza - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 474 e 642 c.p.c. nonche' la omessa e carente motivazione sul punto - si denuncia che il giudice dell'opposizione all'esecuzione avrebbe dovuto rilevare che la provvisoria esecutorieta' del decreto ingiuntivo posto a base del precetto era stata illegittimamente accordata e che, di conseguenza, era sopravvenuta la situazione di insussistenza del titolo esecutivo, che deve sorreggere tutto il corso del processo di espropriazione forzata.

La censura e' manifestamente infondata.

Per l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, disposta ai sensi dell'art. 642 c.p.c. (la quale, peraltro, puo' essere oggetto di sospensione e non di revoca) funzionalmente competente a emanare il relativo provvedimento, a mente dell'art. 649 c.p.c., e' il giudice istruttore della causa di opposizione all'ingiunzione (Cass., n. 6546/2002) e non anche il giudice dell'opposizione all'esecuzione introdotta in virtu' del titolo ex art. 474 c.p.c. costituito dalla ingiunzione provvisoriamente esecutiva.

Peraltro, ove anche fosse intervenuto provvedimento di sospensione ex art. 649 c.p.c., non per cio' si sarebbe determinata la situazione prospettata di sopravvenuta insussistenza del titolo esecutivo, poiche', siccome e' indirizzo costante di questo giudice di legittimita' (Cass. n. 11378/02; Cass. n. 261/99; Cass. n. 11342/92; Cass. n. 4866/91), nel caso di coesistenza del processo esecutivo promosso sulla base di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, del giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo e del giudizio d'opposizione all'esecuzione, nel momento in cui il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo ha sospeso la provvisoria esecuzione del decreto si concretizza l'ipotesi della sospensione dell'esecuzione disposta dal giudice dinanzi al quale e' impugnato il titolo esecutivo, a norma dell'art. 623, c.p.c., seconda ipotesi, con conseguente impedimento della prosecuzione del processo esecutivo, che non puo' essere riattivato fino a che, in dipendenza del giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo, il titolo non abbia riacquistato con il rigetto dell'opposizione la sua efficacia esecutiva a norma dell'art. 653 c.p.c..

Con il quinto motivo d'impugnazione - deducendo la nullita' della sentenza per contrasto tra parte motiva e parte dispositiva - si assume che il giudice d'appello, pur escludendo che nel giudizio di opposizione all'ingiunzione il giudice di primo grado potesse condannare alle spese L.D., non avrebbe poi stabilito anche che lo stesso Di Napoli non era tenuto al pagamento anche della somma di lire 8.100.000.

Alla censura il ricorrente Di Napoli non ha interesse, giacche' a suo carico, in base alla sentenza di rigetto dell'opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti della societa' D. s.r.l., non deriva alcuna pronuncia di condanna al pagamento della somma, reclamata dalla societa' Darsena s.a.s. nei soli confronti della stessa societa' D. s.r.l..

Invero, secondo quanto risulta evidente da tutto quello che innanzi e' stato esposto circa la diversita' dei titoli in virtu' dei quali la societa' creditrice procede esecutivamente in danno della societa' D. s.r.l. e di Luigi Di Napoli, costui e' debitore della somma portata dall'assegno a sua firma, mentre non e' obbligato anche in base all'ingiunzione, che e' stata richiesta, ottenuta e confermata solo nei confronti della societa' D. s.r.l..

Di conseguenza il giudice d'appello non doveva, nel giudizio d'opposizione a decreto ingiuntivo, pronunciare alcuna assoluzione del Di Napoli dall'obbligazione dedotta con il ricorso per ingiunzione, dato che, proprio in considerazione della sua assoluta estraneita' alla causa di opposizione ad ingiunzione, rilevava il vizio di ultrapetizione della sentenza di primo grado, che illegittimamente lo aveva condannato alle spese unitamente alla societa' opponente.

Con l'ultimo mezzo di doglianza - deducendo la violazione e la falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 116 e 356 c.p.c. nonche' l'illogicita' e la contraddittorieta' della motivazione in ordine alla valutazione della prova - si critica la decisione di secondo grado perche' il giudice del merito avrebbe dovuto ritenere provato, sia pure in base all'argomentazione presuntiva dell'uso che la societa' Darsena s.a.s. ne faceva, che l'imbarcazione era stata ad essa venduta dal Di Napoli e che il credito del prezzo era stato ceduto alla societa' D. s.r.l..

Si aggiunge, comunque, che lo stesso giudice d'appello non avrebbe dovuto ignorare l'istanza di riesame dei testi escussi in primo grado.

Il motivo e' inammissibile in ordine ad entrambe le censure prospettate.

Non e' sindacabile in sede di legittimita' l'apprezzamento della prova compiuto dal giudice del merito quando la valutazione compiuta e' sorretta da convincente e non illogica motivazione, siccome e' avvenuto nel caso di specie, in cui il tribunale ha spiegato adeguatamente perche' dalla prova orale esperita non poteva evincersi che fosse avvenuta la vendita del natante.

Allo stesso modo, l'esercizio del potere di disporre la rinnovazione dell'esame dei testimoni, previsto dall'art. 257 c.p.c. ed ammissibile anche nel corso del giudizio d'appello in virtu' del richiamo contenuto nell'art. 359 c.p.c., involge un giudizio di mera opportunita', che non puo' formare oggetto di censura in sede di legittimita' neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (Cass. n. 11436/2002; Cass. n. 13647/2000).

Il ricorso, proposto da L.D. in proprio e dalla societa' D. s.r.l. per il tramite del suo legale rappresentante, pertanto, e' rigettato ed il ricorrente, in proprio e nella qualita' di legale rappresentante della societa' stessa, e' condannato a pagare le spese del presente giudizio di Cassazione, liquidate nella misura di cui al seguente dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente L.D., in proprio e nella qualita' di legale rappresentante della societa' D. s.r.l., al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi euro 1.100 (millecento), di cui euro 1.000 (mille) per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi' deciso in Roma, il 5 dicembre 2003. Depositato in Cancelleria il 29 aprile 2004.

 

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