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Separazione - affido condiviso - diritti dei nonni e degli altri familiari

7 Dicembre 2009 - Separazione - affido condiviso - diritti dei nonni e degli altri familiari Separazione - affido condiviso - diritti dei nonni e degli altri familiari - i nonni anche se hanno diritto di vedere i nipoti non sono legittimati ad agire in giudizio per chiedere una revisione delle visite - la titolarita' da parte del minore del diritto alla conservazione delle relazioni affettive con i nuclei di provenienza genitoriale non e' sufficiente, in mancanza di una previsione normativa - come quella introdotta con la Legge n. 149 del 2001, che ha previsto che nei procedimenti in materia di adottabilita' ed in quelli di cui all'articolo 336 c.c., il minore sia presente in giudizio assistito da un difensore - a ritenere che altri soggetti diversi dai coniugi siano legittimati ad essere parti. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 16 ottobre 2009, n. 22081)

Separazione - affido condiviso - diritti dei nonni e degli altri familiari  - i nonni anche se hanno diritto di vedere i nipoti non sono legittimati ad agire in giudizio per chiedere una revisione delle visite - la titolarita' da parte del minore del diritto alla conservazione delle relazioni affettive con i nuclei di provenienza genitoriale non e' sufficiente, in mancanza di una previsione normativa - come quella introdotta con la Legge n. 149 del 2001, che ha previsto che nei procedimenti in materia di adottabilita' ed in quelli di cui all'articolo 336 c.c., il minore sia presente in giudizio assistito da un difensore - a ritenere che altri soggetti diversi dai coniugi siano legittimati ad essere parti. (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 16 ottobre 2009, n. 22081)

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 16 ottobre 2009, n. 22081

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel corso del processo di separazione personale tra i coniugi Ir. B.M.A. e B.C. pendente dinanzi al Tribunale di Perugia intervenivano in giudizio I.B. M.M. e D.M. T.C. , genitori del ricorrente e nonni dei due figli minori della coppia, deducendo che nonostante in sede presidenziale si fosse disposto l'affidamento condiviso la madre di detti minori impediva di fatto che essi mantenessero i rapporti con i nonni e con i cuginetti.

A seguito dell'eccezione di inammissibilita' dell'intervento sollevata dalla resistente B. il Tribunale in data 8 - 15 marzo 2007 emetteva sentenza parziale dichiarando inammissibile l'intervento stesso.

L'appello proposto dai soccombenti era accolto dalla Corte di Appello di Perugia con sentenza del 27 settembre - 13 novembre 2007, che negava l'esistenza di un diritto proprio dei nonni tale da legittimare un intervento autonomo o litisconsortile, ma affermava la sussistenza di un interesse giuridicamente protetto dei medesimi che consentiva un loro ruolo attivo nel giudizio nelle forme dell'intervento ad adiuvandum ai sensi dell'articolo 105 c.p.c., comma 2.

Avverso tale sentenza la B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi illustrati con memoria. I.B. M.M. e D.M. T.C. hanno resistito con controricorso. T.B. M. non ha svolto attivita' difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 105 c.p.c., comma 2, e dell'articolo 2697 c.c., la Be. censura la sentenza impugnata per aver ritenuto ammissibile l'intervento spiegato dai nonni paterni nel giudizio di separazione dei coniugi. Rileva al riguardo che l'intervento adesivo presuppone la dipendenza del rapporto fatto valere dall'interveniente dalla posizione sostanziale e processuale di una delle parti e l'esistenza di un interesse proprio del terzo e che non e' ravvisabile un interesse dei nonni dipendente da quello dell'uno o dell'altro genitore.

Con il secondo motivo, denunciando violazione dell'articolo 155 c.c., comma 1, e articolo 155 ter c.c., la ricorrente deduce che la sentenza impugnata non ha considerato che quest'ultima norma, cosi come l'articolo 710 c.p.c., attribuisce solo ai genitori il potere di chiedere la modifica delle condizioni della separazione e che tale disposizione non e' contraddetta dalla previsione contenuta nel comma 1, riformato dell'articolo 155 c.c., che attribuisce soltanto al minore, nel suo esclusivo interesse, il diritto di conservare rapporti significativi con i prossimi congiunti, mentre questi ultimi hanno solo un interesse a che le condizioni della separazione siano fissate in modo da consentire loro di avere rapporti significativi con la prole dei coniugi separandi.

I due motivi cosi' sintetizzati vanno esaminati congiuntamente, in quanto attengono alla medesima questione di diritto.

Il problema della ammissibilita' dell'intervento dei nonni o di altri familiari nel giudizio di separazione dei coniugi e' gia' stato affrontato e risolto negativamente da questa Suprema Corte nella sentenza n. 364 del 1996, nella quale si e' osservato che oggetto del giudizio di separazione e' l'accertamento delle condizioni per l'autorizzazione ai coniugi a cessare la convivenza e la determinazione degli effetti che da tale cessazione derivano nei rapporti personali e patrimoniali tra gli stessi coniugi e nei confronti dei figli: coerente con tale delimitazione dell'oggetto del giudizio e' l'attribuzione della legittimazione ad agire esclusivamente ai coniugi, ai sensi dell'articolo 150 c.c., e quindi la non ravvisabilita' di diritti relativi all'oggetto o dipendenti dal titolo dedotto nel processo che possano legittimare un intervento di terzi, ai sensi dell'articolo 105 c.c., comma 1, o di un interesse di terzi a sostenere le ragioni di una delle parti sul quale fondare un intervento ad adiuvandum ai sensi dell'articolo 105 c.p.c., comma 2.

Si e' aggiunto in detta decisione che il nostro ordinamento non garantisce in via immediata e diretta l'aspirazione dei nonni alla frequentazione dei nipoti, ma offre una tutela soltanto indiretta all'interesse dei parenti ad avere rapporti con i minori, mediante il riconoscimento della loro legittimazione a sollecitare il controllo giurisdizionale, ai sensi dell'articolo 336 c.c., sull'esercizio della potesta' dei genitori, i quali non possono senza un motivo plausibile impedire i rapporti dei figli con detti congiunti.

Si e' ancora osservato che la stessa tutela degli interessi dei figli minori nel processo di separazione, cosi' come in quello di divorzio, che pure costituisce la finalita' esclusiva dei provvedimenti che li riguardano, non impone il riconoscimento della loro qualita' di parti processuali, essendo rimessa al legislatore, secondo una valutazione ritenuta costituzionalmente corretta dal giudice delle leggi, la scelta degli strumenti di tutela.

Ed invero la Corte Costituzionale, nel dichiarare con la sentenza n. 185 del 1986 non fondata, in riferimento agli articoli 3, 24 e 30 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 5, in relazione alla Legge n. 898 del 1970, articolo 6, e dell'articolo 708 c.p.c., nella parte in cui non prevedono nelle cause di scioglimento del matrimonio la nomina di un curatore speciale al figlio minore delle parti, in ordine alla pronunzia sull'affidamento e ad ogni altro provvedimento che lo riguardi, ha chiarito che nelle leggi impugnate e nel sistema vigente gli interessi dei figli minori non rimangono senza tutela, ma sono garantiti da una serie di misure che il legislatore ha ritenuto idonee e sufficienti. In particolare, l'intervento obbligatorio in giudizio del pubblico ministero, tenuto ad aver cura degli interessi dei minori esercitando tutte le facolta' a lui consentite, gli amplissimi poteri istruttori del giudice, il potere del Collegio di pronunziare prescindendo dalle richieste delle parti, costituiscono strumenti di tutela degli interessi in discorso la cui adeguatezza resta riservata alla valutazione del legislatore.

Il giudice delle leggi ha altresi' osservato che la libera scelta del legislatore di non prevedere che il titolare di detti interessi assuma la qualita' di parte del processo con la nomina di un proprio rappresentante appare da un lato del tutto coerente con la natura e l'oggetto dei giudizi di divorzio (cosi' come di quelli di separazione), che non attengono ne si riflettono sullo stato dei figli, dall'altro lato non irrazionale, nel raffronto con le diverse ipotesi relative ai giudizi che attengono allo status del minore, in cui e' prevista la nomina di un rappresentante del medesimo, e tenuto anche conto che l'attribuzione al minore della qualita' di parte del processo varrebbe ad istituzionalizzare il conflitto tra genitori e figli all'interno di quello gia' esistente tra i genitori.

Come e' noto, la Legge 8 febbraio 2006, n. 64, ha riconosciuto e valorizzato il ruolo degli ascendenti e degli altri parenti di ciascun ramo genitoriale, affermando all'articolo 155 c.c., comma 1, il diritto del figlio minore di conservare, nel regime di separazione personale (o di divorzio) dei genitori, rapporti significativi con i medesimi. E' al riguardo opportuno ricordare che la rilevanza ed il valore affettivo ed educativo del vincolo che lega i nonni ai nipoti erano stati da tempo riconosciuti nella giurisprudenza di questa Suprema Corte, che aveva avuto occasione di affermare che l'interruzione dei rapporti fondati su tale legame familiare puo' trovare giustificazione soltanto in presenza di gravi e comprovate ragioni (v., tra le altre, Cass. 1998 n. 9606).

La disciplina introdotta dalla novella richiamata non vale tuttavia ad incidere sulla natura e sull'oggetto dei giudizi di separazione e di divorzio e sulle posizioni e sui diritti delle parti in essi coinvolti.

Va rilevato al riguardo che lo stesso articolo 155 c.c., comma 2, riformato demanda al giudice l'adozione dei provvedimenti relativi alla prole, par realizzare la finalita' indicata dal comma 1, assumendo come esclusivo parametro di riferimento l'interesse morale e materiale della prole. Come e' evidente, l'affermazione del diritto del minore a conservare rapporti significativi con i nonni e gli altri congiunti affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nella articolazione dei provvedimenti da adottare, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto ad una crescita serena ed equilibrata, ma tale elemento attiene pur sempre all'oggetto e all'essenza dell'apprezzamento demandato allo stesso giudice, da svolgere - come gia' ricordato - sulla base non solo delle deduzioni delle parti, ma anche dell'apporto fornito dal pubblico ministero e degli altri elementi acquisiti di ufficio.

L'avere il legislatore del 2006 sancito la titolarita' da parte del minore del diritto alla conservazione delle relazioni affettive con i nuclei di provenienza genitoriale non e' dunque sufficiente, in mancanza di una previsione normativa - come quella introdotta con la Legge n. 149 del 2001, che ha previsto che nei procedimenti in materia di adottabilita' ed in quelli di cui all'articolo 336 c.c., il minore sia presente in giudizio assistito da un difensore - a ritenere che altri soggetti diversi dai coniugi siano legittimati ad essere parti.

Del tutto coerentemente l'articolo 155 ter c.c., introdotto dalla legge di riforma, attribuisce ai soli genitori il diritto di chiedere in ogni tempo la revisione delle disposizioni concernenti l'affidamento dei figli, l'attribuzione dell'esercizio della potesta' su di essi e delle eventuali disposizioni economiche che li riguardano, cosi' come l'articolo 709 ter c.p.c., fa riferimento, nel disciplinare la soluzione delle controversie in sede di separazione o di divorzio in ordine all'esercizio della potesta' genitoriale o delle modalita' dell'affidamento, alle controversie insorte tra i genitori, i quali pertanto restano gli unici soggetti cui e' affidata la legittimazione sostitutiva all'esercizio dei diritti dei minori.

In questa prospettiva vanno all'evidenza negate le condizioni richieste dalla legge per l'intervento ad adiuvandum coltivato dagli attuali resistenti, tenuto conto che, come e' noto, la legittimazione a detto intervento presuppone la titolarita' nel terzo di una situazione giuridica in relazione di connessione - da individuarsi in termini di pregiudizi alita dipendenza - con il rapporto dedotto in giudizio tale da esporto ai c.d. effetti riflessi del giudicato, e che non e' configurabile un interesse proprio all'attuazione di un diritto del minore, che nel giudizio non e' parte.

Il ricorso deve essere in conclusione accolto e la sentenza cassata e poiche' non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto puo' decidersi la causa nel merito, rigettando l'appello proposto dai nonni dei minori.

La natura della causa giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell'intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'appello. Compensa le spese dell'intero giudizio.

In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalita' ed i dati identificativi delle parti e dei minori, ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52