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Responsabilita' professionale del medico - Responsabilita' per omissione - Sussistenza del nesso di causalita'

2 Maggio 2010 - Responsabilita' professionale del medico - Responsabilita' per omissione - Sussistenza del nesso di causalita' - 589 c.p. - "nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalita' tra omissione ed evento non puo' ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita' statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita' logica, sicche' esso e' configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilita' razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita' lesiva" (Corte di Cassazione Sezione 4 Penale Sentenza del 16 marzo 2010, n. 10452)

Responsabilita' professionale del medico - Responsabilita' per omissione - Sussistenza del nesso di causalita' - 589 c.p. -   "nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalita' tra omissione ed evento non puo' ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita' statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita' logica, sicche' esso e' configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilita' razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita' lesiva" (Corte di Cassazione Sezione 4 Penale Sentenza del 16 marzo 2010, n. 10452)


Corte di Cassazione Sezione 4 Penale Sentenza del 16 marzo 2010, n. 10452

FATTO E DIRITTO

1. Con sentenza del 16/3/2007 il Tribunale di Milano condannava *** per il delitto di cui all'articolo 589 c.p. per avere cagionato, per colpa, la morte della paziente *** (di anni 68). Veniva addebitato all'imputata, nella qualita' di specialista in medicina generale e da anni medico curante della vittima, che, a fronte di dolori addominali, gonfiore al fegato e scariche di feci, lamentati fin dal ***, non aveva disposto alcun idoneo accertamento diagnostico, pur in presenza della predetta sintomatologia e di riferimenti anamnestico-familiari tumorali, prescrivendo solamente una dieta, dopo avere effettuato un'esplorazione rettale con esito negativo. A seguito di cio' si era maturato un ritardo nell'accertamento della patologia tumorale della Ra. , diagnosticata solo nel *** da uno specialista gastroenterologo a cui la paziente si era rivolta. Tale ritardo, aveva reso possibile il determinarsi dell'evento morte ed in ogni caso una sensibile accelerazione della progressione della malattia che aveva anticipato il decesso (avvenuto in ***).

All'imputata veniva irrogata la pena di mesi 6 di reclusione (sostituiti con la liberta' vigilata), concesse le attenuanti generiche, la pena sospesa e la non menzione. Veniva inoltre condannata al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da liquidarsi in separato giudizio civile, con una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 70.000=.

Avvero la sentenza proponeva appello l'imputata. Nelle more del giudizio di impugnazione la parte civile revocava la costituzione in ragione dell'ottenuto risarcimento. Con sentenza del 29/1/2008 la Corte di Appello di Milano, nel confermare la condanna, sostituiva la liberta' vigilata con la pena di euro 6.840= di multa.

2. Contro la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputata, lamentando:

2.1. la violazione della legge processuale. Invero il GIP aveva disposto in data 3/6/2003 l'espletamento di una perizia tecnica. In sede di udienza preliminare del

28/10/2003 il GUP aveva dichiarato la nullita' della perizia per omesso avviso alla difesa dell'indagata dell'inizio delle operazioni. Contestualmente era stato dato nuovo incarico ai medesimi periti, cio' in violazione dell'articolo 221 c.p.p., u.c., laddove e' previsto che "quando la perizia e' dichiarata nulla, il giudice cura, ove possibile, che il nuovo incarico sia conferito ad altro perito".

Nonostante la reiterazione dell'eccezione di nullita' della nuova perizia, per violazione del predetto articolo 221 c.p.p., correlata all'articolo 178 c.p.p., lettera c), sia il GUP che il Tribunale e la Corte di appello avevano rigettato la doglianza, con motivazioni peraltro ripetitive.

2.2. la violazione di legge quanto alla ritenuta condotta colposa. Invero nel *** la ricorrente era venuta a conoscenza di problemi di diarrea e pertanto si era limitata a consigliare una dieta (oltre che ad effettuare una ispezione del retto); successivamente nessuna altra patologia intestinale era stata lamentata, ma nel corso di altri incontri, sia professionali che amicali, le erano stati riferiti altri problemi fisici che non avevano attinenza con la patologia che poi avrebbe portato alla morte la paziente. Solo nel *** la Ra. aveva lamentato nuovamente problemi addominali, in ragione dei quali la Ma. aveva disposto l'esecuzione di un esame strumentale approfondito. Pertanto correttamente, a fronte dei blandi sintomi inizialmente presenti, si era limitata a prescrivere una mera dieta, senza approfondire la patologia.

2.3. la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al riconoscimento della sussistenza del nesso causale tra la omessa diagnosi e l'evento. Infatti dall'istruttoria non era emersa con certezza la stadiazione del tumore tra il ***; inoltre se anche il tumore fosse stato presente nel ***, era verosimile vi fossero gia' delle metastasi, sicche' una precoce diagnosi non avrebbe avuto alcuna incidenza sul decorso della malattia ed il suo esito finale. Pertanto il giudice di merito aveva riconosciuto la sussistenza del legame eziologico sulla base di presupposti indeterminati, quali l'epoca di insorgenza della malattia e la presunzione di una possibilita' di sopravvivenza, non basata su leggi scientifiche certe.

Inoltre se nel *** la paziente non aveva rispettato l'indicazione dell'esame diagnostico prescrittole (clisma opaco), non si vede perche' avrebbe dovuto sottoporsi in epoca precedente ad esami maggiormente invasivi (la colonscopia od ecografia), pertanto il presunto comportamento alternativo lecito non avrebbe verosimilmente determinato alcun esito diverso del decorso della malattia.

2.4. La violazione di legge, laddove la Corte di merito, dopo avere convertito la liberta' vigilata in multa, non aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, essendo irrilevante che tale istanza non fosse stata formulata dalla difesa nelle conclusioni.

3. Il ricorso e' infondato, ma la sentenza deve essere annullata per sopravvenuta prescrizione del reato.

3.1. In ordina alla doglianza relativa alla nullita' della perizia, per essere stato l'incarico affidato agli stessi periti che avevano redatto il primo elaborato, dichiarato nullo per difetto di contraddittorio determinato dall'omesso avviso delle operazioni peritali al difensore dell'imputato, va ricordato che in un caso analogo questa Corte di legittimita' ha escluso la ricorrenza di ipotesi di nullita'. In particolare e' stato affermato che "dichiarata la nullita' di una perizia per omesso avviso alle parti dell'inizio delle operazioni, e' legittima la rinnovata nomina degli stessi periti, specie ove non risulti possibile trovare altri periti per la medesima indagine" (Cass. 3, 10058/2000, Fumarola). Peraltro, la disposizione che suggerisce, in caso di declaratoria di nullita' della perizia, di affidare un nuovo incarico ad un diverso perito (articolo 221 c.p.p., comma 1), non e' assistita, in caso di violazione, da alcuna sanzione di nullita' che pertanto non puo' essere dichiarata in ragione del principio di tassativita' delle cause di invalidita'. Quanto ad eventuali esigenze di garanzia dell'imparzialita' del perito, lo strumento utilizzabile a tal fine, ricorrendone i casi, e' quello della ricusazione, che non risulta pero' esser stato utilizzato.

3.2. In ordine al profilo dell'affermazione della penale responsabilita' dell'imputata, nel confermare la sentenza di condanna, la Corte territoriale ha osservato che:

- la paziente aveva lamentato al medico di fiducia i persistenti dolori addominali, accompagnati da altri preoccupanti sintomi, fin dal ***;

- la dott.ssa Ma. , peraltro legata alla vittima anche da consuetudini familiari e di vacanza, aveva omesso di disporre accertamenti diagnostici, pur essendo a conoscenza che il padre, uno zio paterno e una nipote di discendenza paterna della Ra. erano deceduti per tumore al colon e quindi sottovalutando l'anamnesi familiare; si era pertanto limitata ad un'esplorazione rettale ed a prescrivere un regime di dieta;

- solo nel *** aveva disposto un clisma opaco (non la colonscopia od ecografia richiesta dal marito della vittima), prima di andare in ferie a ***;

- nel ***, la paziente aveva cambiato medico e recatasi da uno specialista, espletata una colonscopia, era stata diagnosticata una neoplasia;

- il perito di ufficio aveva rilevato la negligenza dell'imputata nel non avere disposto con sollecitudine gli accertamenti diagnostici, a fronte di un quadro sintomatologico preoccupante, riducendo la possibilita' di guarigione o quantomeno di un'ulteriore sopravvivenza di alcuni anni.

La Corte territoriale, in sostanza, ha ritenuto che l'errore iniziale diagnostico abbia determinato un conseguente errore terapeutico e quindi, la impossibilita' di procedere a ad un tempestivo intervento chirurgico che avrebbe evitato l'evento, o quantomeno avrebbe prolungato sensibilmente la sopravvivenza della paziente.

Sul punto il giudice di merito ha richiamato la nota giurisprudenza elaborata in tema di nesso causale, laddove e' stato affermato che "nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalita' tra omissione ed evento non puo' ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilita' statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilita' logica, sicche' esso e' configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di credibilita' razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensita' lesiva" (Cass. S.U., 30328/02, Franzese; conf, Cass. 5, 494/08, Mini).

Nel caso di specie la Corte, richiamando gli esiti della istruttoria dibattimentale e della perizia, ha osservato come una diagnosi tempestiva (all'epoca della visita del ***), cioe' un anno prima della diagnosi del tumore effettuata da altro sanitario, tenuto conto dello stato di sviluppo minore della malattia, avrebbe con alto grado di probabilita' statistica e logica quanto meno ritardato di anni il decesso. La circostanza evidenziata dalla difesa e cioe' che, se la Ma. avesse disposto accertamenti diagnostici piu' approfonditi, verosimilmente la Ra. non li avrebbe fatti, e' una valutazione meramente ipotetica, inidonea quindi ad interferire con il ragionamento causale svolto dalla Corte di merito, ancorato invece a circostanze positivamente accertate.

Le considerazioni svolte dalla difesa sul punto, mirano in sostanza ad una diversa lettura nel merito della vicenda, inammissibile in sede di legittimita', a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che non palesa manifeste illogicita'.

3.3. In ordine al profilo della colpa, anche in tal caso la motivazione della sentenza impugnata non soffre di carenze o di illogicita'.

Ha evidenziato il giudice di merito che la patologia tumorale era probabilmente rilevabile al momento della esplorazione rettale del ***, tenuto conto delle dimensioni del tumore riscontrate l'anno dopo. Da cio' ne ha desunto che l'esplorazione non era stata effettuata con la dovuta diligenza.

In ogni caso, se anche il tumore non fosse ancora rilevabile all'atto dell'ispezione rettale, perche' posizionato lontano dall'ano, in ogni caso la sintomatologia della Ra. (reiterati dolori addominali; paziente colitica), l'eta' a rischio, l'anamnesi familiare (tumori al colon patiti da piu' familiari), avrebbero dovuto indurre la dott. Ma. a svolgere accertamenti diagnostici piu' approfonditi, invece di consigliare come terapia un piu' attento regime alimentare.

Ne ha dedotto la Corte di merito che, a fronte della possibilita' di diagnosticare la malattia fin dal ***, la condotta omissiva della Ma. , peraltro protratta nel tempo tanto da accompagnare la prescrizione del clisma opaco del ***, con la diagnosi di "tenesmo rettale, alterazione dell'alvero" senza alcun sospetto oncologico, costituiva una grave negligenza medica, idonea a configurare l'elemento soggettivo del delitto contestato.

Anche su tale punto, pertanto, bisogna ribadire che le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimita', a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimita', non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicita', che soli, potrebbero qui avere rilievo.

3.4. Infine, in ordine alla censura relativa alla violazione di legge, per non avere la Corte di merito, dopo avere convertito la liberta' vigilata in multa, revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena, va ricordato che questa Corte di legittimita' ha statuito che "e' illegittima, in assenza di richiesta dell'imputato, la revoca di ufficio da parte del giudice di appello del beneficio della sospensione condizionale della pena, concesso dal primo giudice in sede di condanna a pena detentiva sostituita con la corrispondente pena pecuniaria sulla base dell'erroneo convincimento del "favor rei", in quanto tale statuizione viola il divieto di "reformatio in peius" (Cass. 3, 6313/2007, Pagano).

Pertanto anche tale motivo di censura e' infondato.

3.5. Nonostante la infondatezza del ricorso (non manifesta, soprattutto con riferimento alle doglianze di natura processuale), la sentenza deve essere annullata per sopravvenuta prescrizione del delitto, in assenza di utili periodi di sospensione. Invero tenuto conto della data del commesso reato (il ***), la sua prescrizione e' maturata il 24/l/2009, a cui vanno aggiunti mesi 5 e giorni 15 di sospensione (rinvio di udienze per astensione degli Avvocati dal 27/6/06 al 12/2/2006), che determinano il termine finale al 8/6/2009.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata senza rinvio, perche' il reato e' estinto per prescrizione.