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Mancata conferma nell’incarico di giudice di pace

10 Aprile 2010 - Risarcimento del danno - mancata conferma nell’incarico di giudice di pace - sussiste con ogni evidenza il nesso di causalità tra la interruzione dell'incarico ed il danno subito dall'interessato; appare, inoltre, chiaramente comprovata la colpa dell'Autorità amministrativa, la quale, non tenendo dovuto conto delle statuizioni giudiziali in proposito, non si è attenuta a rigorosi canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ed ha aggravato anzi, con palese negligenza, il danno ad essa addebitabile, avendo omesso di dare tempestiva esecuzione al giudicato formatosi sull'ordinanza cautelare del tribunale Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) decisione n. 01699 23/03/2010

Risarcimento del danno - mancata conferma nell’incarico di giudice di pace - sussiste con ogni evidenza il nesso di causalità tra la interruzione dell'incarico ed il danno subito dall'interessato; appare, inoltre, chiaramente comprovata la colpa dell'Autorità amministrativa, la quale, non tenendo dovuto conto delle statuizioni giudiziali in proposito, non si è attenuta a rigorosi canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ed ha aggravato anzi, con palese negligenza, il danno ad essa addebitabile, avendo omesso di dare tempestiva esecuzione al giudicato formatosi sull'ordinanza cautelare del tribunale Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) decisione n. 01699 23/03/2010

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) decisione n. 1699 del 23/03/2010
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 4653 del 2008, proposto da:
Del Vecchio Bruno, rappresentato e difeso dall'avv. Gian Luca Lemmo, con domicilio eletto presso Giovan Battista Santangelo in Roma, via Giovanni Battista De Rossi, n. 30;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituiti;

per la riforma

della sentenza del TAR LAZIO - ROMA - Sezione I n. 05064/2007, resa tra le parti, concernente MANCATA CONFERMA INCARICO DI GIUDICE DI PACE.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2010 il cons. Pier Luigi Lodi e udito per la parte ricorrente l’avv. Gian Luca Lemmo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Con atto notificato il 3 giugno 2008, depositato il successivo 9 giugno, il dott. Bruno Del Vecchio ha presentato appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio n. 5064/2007, che aveva respinto il ricorso proposto dal medesimo per la condanna del risarcimento del danno subito per la mancata conferma nell’incarico di giudice di pace, danno quantificato in euro 410.000,00 oltre interessi e rivalutazione.

2. - Il primo giudice aveva rilevato che la determinazione negativa sulla conferma dell’incarico era stata impugnata dall’interessato ed il T.A.R. Lazio, con sentenza n. 8184 del 2003, l’aveva annullata per violazione di legge ed eccesso di potere per mancanza dei presupposti e difetto di istruttoria; l’interesse sostanziale del ricorrente, quindi, sarebbe stato soddisfatto attraverso l’annullamento dell’atto negativo e la conseguente adozione dell’atto di nomina a far tempo dal 27 gennaio 2004, per cui non sussistevano i presupposti per la tutela ulteriore consistente nel risarcimento del danno.

3. - Nell’atto di appello l’interessato contesta tali statuizioni sottolineando in particolare che l’adempimento dell’Amministrazione è avvenuto dopo quattro anni dall’impugnazione del diniego di conferma e che si è verificato un colpevole ritardo dell’Amministrazione stessa in proposito, con conseguenti danni non solo patrimoniali, ma anche di carattere biologico, morale e di immagine.

4. - L’Amministrazione intimata non si è costituita.

5. - La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 9 marzo 2010.

6. - La Sezione ritiene che l'appello sia fondato nei sensi e nei limiti di seguito indicati.

6.1. - È opportuno ripercorrere i successivi passaggi che hanno contrassegnato la vicenda del ricorrente il quale, a seguito della mancata conferma all'incarico di giudice di pace, aveva proposto ricorso in data 3 maggio 2000 unitamente alla domanda incidentale di sospensiva che veniva accolta - essendosi ravvisato il fumus boni iuris in ordine al difetto di istruttoria e motivazione - con ordinanza del T.A.R. del Lazio n. 276 del 29 gennaio 2001; e tale ordinanza veniva successivamente confermata dal Consiglio di Stato.

In accoglimento della richiesta di esecuzione dell'anzidetta ordinanza, il T.A.R. con ordinanza n. 2634 del 22 maggio 2002 invitava l'Amministrazione a provvedere al riguardo, nominando anche, per l'ipotesi di inadempimento, un Commissario ad acta, nella persona del Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura.

Nonostante la ulteriore diffida dell'interessato in data 19 settembre 2002 l'Amministrazione, a quanto riferito dal medesimo, ha successivamente ribadito la mancata conferma alla carica di giudice di pace, sulla base delle stesse ragioni oggetto delle censure già dedotte; e tale ulteriore provvedimento è stato impugnato con motivi aggiunti in quanto elusivo delle precedenti statuizione del tribunale.

Intervenuto l’accoglimento dell'impugnativa in questione, con sentenza del T.A.R. del Lazio n. 8184 del 10 ottobre 2003, passata in giudicato, l'Amministrazione si determinava, infine, a provvedere alla conferma del ricorrente nell'incarico di giudice di pace con decreto del 27 gennaio 2004.

Lamentando, quindi, di aver subito enormi danni fisici, morali, di immagine e patrimoniali, in relazione al periodo di mancata conferma all'incarico, il ricorrente ha presentato ricorso per averne adeguato risarcimento, ma tale ricorso è stato respinto con la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 5064 del 1 giugno 2007, oggetto dell'appello ora in esame.

6.2. - Tutto ciò premesso, la Sezione è dell'avviso che l'appello sia da accogliere per la parte relativa al danno patrimoniale conseguente al periodo di tempo durante il quale il ricorrente non ha potuto prestare la propria attività di giudice di pace a causa della omessa conferma nell'incarico, riconosciuta illegittima dal giudice amministrativo.

Non appare, infatti, condivisibile l'assunto del primo giudice secondo cui l'interesse sostanziale per il quale il ricorrente ha proposto l'impugnativa sarebbe stato pienamente soddisfatto attraverso l'annullamento dell'atto negativo e la consequenziale adozione del provvedimento di nomina a far tempo dal 27 gennaio 2004.

Pur dovendosi convenire con quanto posto in evidenza nella relazione dell'ufficio studi e documentazione del CSM - acquisita agli atti il 5 febbraio 2010 - in ordine al fatto che l'indennità da corrispondere al giudice di pace non sia in alcun modo equiparabile a un trattamento retributivo, trattandosi dello svolgimento di un incarico per un rapporto di servizio onorario, sta di fatto che, anche se in tale prospettiva non è configurabile l’applicabilità del principio della “restitutio in integrum” previsto per i pubblici dipendenti, risulta comunque evidente che la tardiva attivazione dell'Amministrazione, a seguito delle pronunce giudiziali che avevano rilevato la illegittimità della mancata conferma, ha indubbiamente causato un pregiudizio economico per l'interessato il quale, avendo già ricoperto l'incarico con risultati positivi, faceva legittimo affidamento sulla prosecuzione dell'attività e dei relativi introiti.

Come già sottolineato per casi analoghi dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. in particolare: Sez. IV, 6 luglio 2009, n. 4325; Sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2735), una volta riconosciuta la risarcibilità del danno per lesione di interessi legittimi, anche nell'ipotesi diversa dalla interruzione di un rapporto di lavoro in corso, non può negarsi la risarcibilità del danno subito dall'amministrato in presenza di una lesione direttamente conseguente dall'atto illegittimo.

A ciò va aggiunto che pure il solo ritardo nell'emanazione di un atto viene riconosciuto elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto, con conseguente obbligo di risarcimento, nel caso di procedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell’amministrato, ove tale procedimento sia da concludere con un provvedimento favorevole per il destinatario, come appunto si è verificato nel caso di specie (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 15 settembre 2005, n. 7; v. anche, da ultimo: Cass. Civ. Sez. lavoro, 30 gennaio 2009, n. 2529).

6.3. - Osserva, quindi, il Collegio che sussiste con ogni evidenza il nesso di causalità tra la interruzione dell'incarico ed il danno subito dall'interessato; appare, inoltre, chiaramente comprovata la colpa dell'Autorità amministrativa, la quale, non tenendo dovuto conto delle statuizioni giudiziali in proposito, non si è attenuta a rigorosi canoni di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, ed ha aggravato anzi, con palese negligenza, il danno ad essa addebitabile, avendo omesso di dare tempestiva esecuzione al giudicato formatosi sull'ordinanza cautelare del tribunale.

6.4. - Per la determinazione del risarcimento patrimoniale il Collegio, in mancanza di elementi idonei a comprovarne il preciso ammontare, deve procedere in base ad una valutazione equitativa, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile.

Sembra pertanto logico tener conto della media degli importi liquidati ai colleghi operanti nello stesso Ufficio di giudice di pace del ricorrente, per tutto il periodo durante il quale il predetto non ha potuto prestare la propria attività. Tale somma, tuttavia, deve essere abbattuta del 50% in considerazione del fatto che l'interessato, nello stesso periodo, ha potuto svolgere altra attività lavorativa. Su tale cifra verranno computati gli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente decisione fino al soddisfo.

7. - Il Collegio ritiene, invece, che debbano essere confermate le statuizioni negative del primo giudice in ordine alle restanti pretese risarcitorie relative al danno biologico, al danno dell'immagine ed al danno morale, per la mancata dimostrazione del danno e del nesso causale tra l'evento lesivo e il pregiudizio lamentato, nonché per la mancata allegazione, riguardo al danno morale, della configurabilità di un comportamento penalmente rilevante.

8. - Stante l'accoglimento, sia pure parziale, dell'appello, le spese del doppio grado di giudizio vanno poste a carico dell’Amministrazione e sono liquidate nella misura complessiva di cinquemila euro.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:

- accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna l’Amministrazione della Giustizia al risarcimento del danno spettante al ricorrente nella misura e nei limiti indicati in motivazione;

- condanna l’Amministrazione della giustizia a rifondere in favore del ricorrente le spese di ambedue i gradi di giudizio che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:

Gaetano Trotta, Presidente
Pier Luigi Lodi, Consigliere, Estensore
Goffredo Zaccardi, Consigliere
Bruno Mollica, Consigliere
Vito Carella, Consigliere

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Il Segretario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/03/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione