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Risarcimento danni -Responsabilita' dei gestori stradali

Risarcimento danni -Responsabilita' dei gestori stradali - Evento dannoso collegato a più azioni o omissioni - Mancata apposizione di guarrail di alla carreggiata esterna - Adeguata protezione (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 2 febbraio 2010, n. 2360)

Risarcimento danni - Responsabilita' dei gestori stradali - Evento dannoso collegato a più azioni o omissioni - Mancata apposizione di guarrail di alla carreggiata esterna - Adeguata protezione (Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 2 febbraio 2010, n. 2360)

Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 2 febbraio 2010, n. 2360

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La sentenza e' censurata per violazione e falsa applicazione dell'articolo 2051 c.c., per ogni tipo di vizio della motivazione e per "erronea interpretazione dei mezzi istruttori". Sostengono i ricorrenti che il fatto raro o eccezionale non vale ad integrare in se stesso il fortuito e che, nella specie, "se la sede stradale fosse stata delimitata dal guard-rail e se il pozzetto fosse stato protetto da mura laterali, se fosse stato coperto o, piu' semplicemente se il canale fosse stato libero, certamente lo sfortunato Na. non sarebbe morto, in autostrada, per annegamento"; ed aggiunge che, dopo il fatto, la societa' autostradale ha provveduto a recintare con un'adeguata protezione l'area, prima connotata dalla presenza di una semplice rete metallica, abbattuta dalla vettura che violentemente la aveva investita.

2.- Escluso che la vettura condotta dal Na. fosse venuta a collisione con altro veicolo ed attribuita l'uscita di strada a non accertate cause (come un colpo di sonno o un malore del conducente), la corte d'appello ha ritenuto che la vettura procedesse a velocita' non particolarmente moderata (pagina 8, terzultimo capoverso, della sentenza), ovvero eccessiva (pagina 9, seconda riga), concludendo - questa la ratio decidendi - che la responsabilita' del sinistro deve essere quindi attribuita allo stesso conducente, non potendosi ritenere che il convogliatore, cosa inerte, possa di per se' ritenersi pericoloso, ove considerato nella normale realta' circostante, nel cui contesto non determina, anche in caso di incidenti, alcun rischio di pregiudizio per i normali utenti dell'autostrada, da cui e' posto ad una certa distanza (pagina 9, primo capoverso).

Tanto in affermata applicazione del principio enunciato dalla contestualmente richiamata Cass., 4.11.2003, n. 16527 - secondo il quale il giudizio sulla pericolosita' delle cose inerti deve essere condotto alla stregua di un modello relazionale, in base al quale la cosa venga considerata nel suo normale interagire con il contesto dato, sicche' una cosa inerte in tanto puo' ritenersi pericolosa in quanto determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realta' circostante.

Di tale principio la corte d'appello ha fatto erronea applicazione ed il ricorso e' dunque fondato.

Va subito detto che, nel caso cui si riferisce il citato precedente, questa Corte aveva confermato la sentenza impugnata, la quale aveva escluso la responsabilita' di un Comune in relazione al danno riportato da una persona che, in condizioni di piena visibilita', nel risollevarsi dopo essersi chinata per raccogliere le chiavi, aveva urtato contro un ramo di un albero collocato sul ciglio di una strada.

Si ritenne in quell'occasione conforme a diritto l'affermazione del giudice del merito che il giudizio sulla pericolosita' della cose inerti non puo' prescindere da "un modello relazionale per cui la cosa venga vista nel suo normale interagire col contesto dato" e che una cosa inerte puo' definirsi pericolosa "quando determini un alto rischio di pregiudizio nel contesto di normale interazione con la realta' circostante".

E si aggiunse che "del resto, se si' prescindesse da tali parametri valutativi, dovrebbe paradossalmente ravvisarsi la responsabilita' del custode anche in caso di urto di un pedone contro il tronco di un albero (che egli non abbia per avventura scorto perche' voltatosi a salutare un amico, cosi' come la Mo. non scorse il ramo perche' chinatasi per raccogliere le chiavi) che non fosse stato adeguatamente protetto con una struttura avvolgente morbida. Ma cosi' come non e' pericoloso il tronco perfettamente visibile, non e' pericoloso il ramo che sia altrettanto chiaramente visibile, per l'ovvia ragione che ne' l'uno ne' l'altro determinano un rischio di pregiudizio in contesti del tipo di quello considerato dal tribunale.

Se, nonostante cio', il contatto con la cosa provochi un danno per l'abnorme comportamento del danneggiato, difetta il presupposto per l'operare della presunzione di responsabilita' di cui all'articolo 2051 c.c., atteggiandosi in tal caso la cosa come mera occasione e non come causa del danno".

Nel caso che viene ora in considerazione, la realta' circostante il raccoglitore d'acqua (contro il quale la vettura dapprima urto' capovolgendosi e nel quale poi precipito') era un'autostrada. Dunque un'arteria per definizione destinata al traffico veloce in condizioni di sicurezza, sulla quale e' del tutto legittimo viaggiare ad una velocita' non particolarmente moderata, pur se nei limiti imposti (ora) dalla legge e (prima) dalle norme di comune prudenza in relazione alle situazioni contingenti.

Il primo vizio della sentenza - e si tratta di un errore in diritto prim'ancora che logico - e' di aver presupposto che su un'autostrada si debba, pur in assenza di specifiche ragioni che la impongano, tenere "una velocita' particolarmente moderata", invece prevista dal codice della strada solo per situazioni di particolare pericolosita'. E di avere, per questo, escluso la sussistenza di nesso causale tra cosa e danno per gli effetti di cui all'articolo 2051 c.c..

Il secondo concerne la motivazione, nella parte in cui s'e' apoditticamente escluso che il convogliatore, cosa inerte, possa di per se' ritenersi pericoloso, ove considerato nella normale realta' circostante, nel cui contesto non determina, anche in caso di incidenti, alcun rischio di pregiudizio per i normali utenti dell'autostrada, da cui e' posto ad una certa distanza.

Volta che ai normali utenti della strada e' consentito tenere in autostrada una velocita' relativamente elevata, e' del tutto inspiegato come possa essere stato considerato non pericoloso un manufatto di quel tipo, posto a circa otto metri di distanza laterale da una sede autostradale neppure delimitata da guard-rail. E cio', come la sentenza afferma, "anche in caso di incidenti", che pure annoverano eventualita' del tipo di quella occorsa, secondo la corte d'appello verosimilmente indotta da un colpo di sonno (era notte) o da un malore, che provoco' l'uscita di strada 400 metri prima dell'impatto. Sicche' la motivazione si rivela, sotto tale aspetto, anche intrinsecamente contraddittoria.

Alla fattispecie si attagliano piuttosto i principi esposti da Cass., n. 488 del 2003, con la quale si e' affermato che, qualora l'evento dannoso si ricolleghi a piu' azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell'articolo 41 c.p. - norma di carattere generale, applicabile nei giudizi civili di responsabilita' - in virtu' del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalita' fra dette cause e l'evento, essendo quest'ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti la esclusiva efficienza causale di una di esse. In particolare, in riferimento al caso in cui una delle cause consiste in una omissione, la positiva valutazione sull'esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l'azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l'evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, e non puo' esserne esclusa l'efficienza soltanto perche' sia incerto il suo grado di incidenza causale (nella specie, concernente un incidente stradale occorso su di un'autostrada a seguito del violento impatto di un autoveicolo contro lo spigolo di una galleria privo di barriera protettiva, in conseguenza del quale si era verificato il decesso di uno dei passeggeri del veicolo, mentre il conducente ed un altro passeggero avevano riportato lesioni, la Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilita' della societa' concessionaria dell'autostrada sull'assunto che la circostanza che era rimasta ignota la velocita' e la traiettoria dell'autovettura non avrebbero permesso di ritenere che la presenza della barriera protettiva avrebbe evitato l'evento dannoso, ovvero ne avrebbe attenuato le conseguenze).

Principi ribaditi, con specifico riguardo ad incidenti verificatisi in autostrada e/o per difetto di barriere protettive, da, ex multis, Cass., nn. 6516/04, 18094/05, 3651/06, 17377/07, 11903/08.

3.- La sentenza va conclusivamente cassata perche' il giudice del rinvio, che si designa nella stessa corte d'appello in diversa composizione, rivaluti il fatto alla stregua degli enunciati principi.

Il giudice del rinvio regolera' anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE

accoglie il ricorso, cassa e rinvia, anche per le spese, alla corte d'appello di Roma in diversa composizione.