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Interdizionedi autorizzazioni, rilasci, concessioni ed erogazioni

Risarcimento danni - interdizione di autorizzazioni, rilasci, concessioni ed erogazioni - blocco informatico - illegittimità del provvedimento impugnato - danno non patrimoniale - il danno non patrimoniale deve essere limitato alla sola lesione dell’immagine imprenditoriale Tar Lazio decisione n. . 31996 del 30/08/2010

Risarcimento danni - interdizione di autorizzazioni, rilasci, concessioni ed erogazioni - blocco informatico - illegittimità del provvedimento impugnato - danno non patrimoniale - il danno non patrimoniale deve essere limitato alla sola lesione dell’immagine imprenditoriale Tar Lazio  decisione n. . 31996 del 30/08/2010

Tar LAzio  decisione n. . 31996 del 30/08/2010


per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del provvedimento dell’AGEA n. 8229/08 del 30.4.2008 di interdizione di autorizzazioni, rilasci, concessioni ed erogazioni - blocco informatico.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Agea- Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2010 il cons. Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il ricorso di cui in epigrafe, notificato in data 6.6.2008 e depositato in data 10.6.2008, il ricorrente ha impugnato il provvedimento interdittivo dell’AGEA n. 8229/08 del 30.4.2008, emesso ai sensi dell’art. 10, co. 2, del D.P.R. n. 252/1998, a seguito della ricezione della informativa interdittiva della Prefettura di Reggio Calabria di cui alla nota del 29.4.2008 relativa alla compagine sociale della società cooperativa CASO come desunta dal certificato della C.C. I.A.A..

Ne ha dedotto l’illegittimità per i seguenti motivi di censura ( come testualmente rubricati in ricorso):

1- Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 6 e 10 del D.P.R. n. 252/1998.

2- Eccesso di potere per travisamento dei fatti.

3- Illegittimità sotto altro profilo.

4- Difetto di legittimazione a procedere e carenza di interesse pubblico.

L’informativa prefettizia ed il carattere interdittivo della stessa sarebbero stati totalmente travisati da parte dell’Agea, atteso che il detto carattere interdittivo sarebbe limitato alla sola società CASO, facendo testualmente riferimento a “ taluni consiglieri della Cooperativa” che “ sono legati da vincoli di parentela con persone sottoposte a misure di prevenzione”.

E, in assenza di una valutazione specifica al riguardo da parte del Prefetto, non sarebbe consentito un potere surrogatorio da parte dell’amministrazione.

Peraltro vi sarebbe contrasto con la informativa prefettizia del 31.12.2007 di cui al prot. n. 69668, concernente nello specifico l’azienda del ricorrente, nella quale viene negata la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa, informativa da ritenersi ancora in corso di validità e totalmente ed illogicamente disattesa da parte dell’amministrazione procedente.

Inoltre i soci della cooperativa CASO ( che è peraltro cooperativa a mutualità prevalente) sarebbero oltre 2500.

L’Agea si è costituita in giudizio in data 11.7.2008, depositando memoria difensiva, con la quale ha dedotto la infondatezza nel merito del ricorso, insistendo per il suo rigetto.

Con l’ordinanza n. 3607/2008 del 14.7.2008 è stata accolta la istanza di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

La difesa del ricorrente ha depositato agli atti, in data 5.5.2010, documentazione ulteriore concernente la vicenda di cui trattasi e, in data 14.5.2010, memoria conclusiva con la quale ha insistito per l’accoglimento della proposta istanza risarcitoria.

Alla pubblica udienza del 24.5.2010 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti coma da separato verbale di causa.

DIRITTO

Dall’esame della documentazione depositata in atti è emerso che, successivamente alla notificazione a cura di parte ricorrente dell’ordinanza di questo Tribunale del 14.7.2008 di accoglimento della istanza di sospensione, l’Agea, con il provvedimento del 7.8.2008, in esecuzione della predetta ordinanza, ha disposto la sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato; quindi, successivamente, in data 17.10.2008, ha revocato in autotutela il detto provvedimento.

Con la memoria di cui da ultimo la difesa del ricorrente ha ribadito come la detta revoca non sia idonea a determinare la sopravvenuta carenza dell’interesse dello stesso alla decisione nel merito del ricorso in trattazione sia per gli effetti medio tempore prodottisi sia per la presentazione, contestualmente alla domanda di annullamento, della istanza di risarcimento dei danni conseguenti alla dedotta illegittimità del provvedimento impugnato, sulla quale ha argomentatamente insistito.

Preso atto dei provvedimenti dell’AGEA intervenuti nelle more della trattazione nel merito del ricorso, si deve dare atto che l’interesse alla declatoria di illegittimità del provvedimento impugnato da parte del ricorrente permane esclusivamente ai fini della contestuale richiesta di risarcimento dei danni conseguenti.

Al riguardo non può se non ritenersi la fondatezza nel merito delle censure articolate con il ricorso introduttivo.

Ed infatti l’informativa prefettizia del 29.4.08, con carattere interdittivo, ha evidenziato l’esistenza di vincoli di parentela tra alcuni consiglieri della CASO e persone ritenute appartenenti a consorterie mafiose e, a fronte di tale atto presupposto – che si rivolge solo nei confronti della CASO- , il provvedimento impugnato dell’Agea dispone l’interdizione dall’ottenimento di contratti, autorizzazioni ed in generale di benefici, non solo a carico della destinataria dell’informativa (CASO), ma anche dell’impresa individuale del ricorrente che è soggetto distinto dalla CASO.

Tuttavia la norma contenuta nell’art. 10 del d.p.r. n. 252/98, prevedendo che “Quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.”, non consente l’estensione di provvedimenti interdittivi a soggetti diversi (in veste di imprenditore individuale) da quelli per cui è emessa l’informativa interdittiva.

Considerato, pertanto, che l’informativa interdittiva è stata emessa solo a carico della CASO, il provvedimento impugnato è illegittimo in parte qua per la dedotta violazione di legge, atteso, altresì, che il ricorrente è in possesso di un certificato antimafia personale del 2007, agli atti del presente giudizio, dal quale non emerge la sussistenza di un pericolo di infiltrazione mafiosa ( cfr. negli esatti termini le sentenze emesse nei confronti degli altri soggetti di cui all’elenco allegato all’impugnato provvedimento interdittivo del T.A.R. Calabria, Sezione Staccata di Reggio Calabria nn. 97/2009, 70/2009 e 405/2008).

Tanto premesso in ordine alla dedotta illegittimità del provvedimento impugnato, relativamente alla istanza di risarcimento dei danni conseguenti valgono le considerazioni di cui di seguito.

Il provvedimento impugnato, adottato in data 30.4.2008, è stato portato alla conoscenza del ricorrente con la nota del 6.5.2008, notificata per mezzo del servizio postale in data 12.5.2008.

La sua esecutività è stata sospesa con l’ordinanza di questo Tribunale del 14.7.2008, cui è stata data esecuzione da parte dell’Agea in data 7.8.2008.

Il detto provvedimento interdittivo è stato, poi, revocato in autotutela da parte della stessa amministrazione in data 7.10.2008.

Ne consegue che il provvedimento impugnato ha esplicato i suoi effetti nel limitato arco temporale intercorrente tra il 12.5.2008 ed il 14.7.2008, ossia per un periodo di due mesi, o, al massimo, fino al 7.8.2008, e, pertanto, per un periodo comunque inferiore ai tre mesi.

È questo l’arco temporale da prendere a riferimento al fine di valutare i danni conseguenti alla sua illegittima adozione da parte dell’Agea.

La difesa del ricorrente ha, già con il ricorso introduttivo, dedotto la sussistenza di un danno economico, sotto il profilo del danno emergente e del lucro cessante, nonché di un danno non economico, in termini di danno esistenziale, con particolare riguardo al danno all’immagine imprenditoriale dello stesso ed infine di un danno morale in senso stretto.

Con la memoria di cui da ultimo, poi, è stata ulteriormente argomentata la relativa richiesta, con specificazione puntuale delle voci di danno richieste, la cui esistenza ed il cui ammontare sarebbero asseritamente comprovate dalla documentazione allegata in atti con l’ultimo deposito del 4.5.2010.

In particolare, quanto al danno non patrimoniale, la difesa del ricorrente si è incentrata sull’immagine imprenditoriale dello stesso nonché sul suo onore e decoro e sulla sua reputazione personale, diritti inviolabili della persona che troverebbero la propria matrice costituzionale negli artt. 2 e 3 della Costituzione, e sul conseguente perturbamento psicologico per le ripercussioni negative sul proprio stile di vita, tra le quali, in particolare, l’abbandono della carica di consigliere del C.d.A. della cooperativa CASO nonché il trasferimento del proprio domicilio e della propria residenza nel comune di Giulianova ( in provincia di Teramo) dal comune di Gioia Tauro.

I detti danni ammonterebbero, secondo una stima prudenziale a non meno di euro 250.000,00 complessivi.

Quanto ai danni patrimoniali, la difesa ha posto in rilievo il calo reddituale del volume di affari del ricorrente verificatosi negli ultimi tre anni nonché la sua capacità imprenditoriale al momento dell’adozione del provvedimento impugnato.

I detti danni ammonterebbero, secondo una stima prudenziale a non meno di euro 350.000,00 complessivi.

Giova premettere, in linea generale, quanto alla prova, che in materia di risarcimento del danno, vertendosi in tema di diritti soggettivi, trova piena applicazione il principio dell'onere della prova, e non invece l'onere del principio di prova che, almeno tendenzialmente, si applica in materia di interessi legittimi.

Il giudice può intervenire in via suppletiva, con la liquidazione equitativa del danno, solo quando non possa essere fornita la prova precisa del quantum del danno, ma resta fermo che l'an del danno va provato dall'interessato.

Né si può invocare la consulenza tecnica di ufficio, perché questa non è un mezzo di prova, ma strumento di valutazione delle prove già fornite dalle parti.

Pertanto il giudice non può disporre una c.t.u., pena la violazione del principio della parità delle parti, per accertare l'an del danno dedotto dal ricorrente.

Quanto alla prima voce di danno richiesta, ossia il danno esistenziale, si evidenzia che, secondo i principi comunemente noti in tema di danno risarcibile, alla diminuzione patrimoniale può aggiungersi, ove ne sussistano i presupposti, il pregiudizio subito dall'individuo, in termini di danno morale, biologico o esistenziale.

Ed “ È risarcibile - anche in via equitativa - l'ingiusta lesione di interessi inerenti alla persona, con riferimento ai diritti inviolabili, di cui all'art. 2 cost.. In particolare, deve ritenersi che l'imprenditore, privato della propria attività a seguito di un provvedimento illegittimo, non può non essere ritenuto leso sul piano dei diritti della persona costituzionalmente garantiti, con particolare riguardo agli artt. 4, 36 e 41 cost.; tale danno, di tipo esistenziale, si identifica con una compromissione dell'autostima, del benessere e della sfera relazionale del danneggiato, in termini suscettibili di apprezzamento presuntivo e di liquidazione in via equitativa; in assenza di qualsiasi principio di prova, invece, non possono ravvisarsi i presupposti del danno biologico in senso stretto (ovvero del danno all'integrità fisica e psichica riconducibile all'art. 32 cost.).” ( Consiglio di Stato, sez. VI, 08 settembre 2009, n. 5266).

Tale danno esistenziale, alla luce dell'attuale orientamento della Corte di Cassazione (S.U. 11 novembre 2008, n. 26972) non si configura come categoria autonoma di danno ma può rientrante, sussistendone i presupposti, nel più ampio genus del danno non patrimoniale ai fini della sua risarcibilità.

In ogni caso, ai fini del riconoscimento del diritto al risarcimento di tale danno è necessario l'accertamento di tutti i presupposti della responsabilità, alla stregua di una specifica allegazione sulla natura e sulle caratteristiche del pregiudizio subito (Consiglio di Stato, sez. VI, 16 marzo 2005, n. 1906).

Al riguardo, di recente, “ il Consiglio di Stato, sez. VI , 6 maggio 2008, n. 2015, ha confermato che "... il danno esistenziale - da intendere come pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) nel fare reddittuale del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all'espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno - va dimostrato in giudizio con tutti i mezzi consentiti dall'ordinamento (Cass. Civ. sez. lav. n. 6572/2006; n. 2621/2008; n. 2729/2008)".

In tale senso poi si sono espresse di recente le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (11 novembre 2008, n. 26972) le quali, quanto alla prova del danno, pur ammettendo che la stessa possa esser fornita anche per presunzioni semplici, hanno sottolineato l'onere del danneggiato di specificare gli elementi di fatto dai quali assumere l'esistenza e l'entità del danno.

Nel caso di specie il ricorrente, conseguentemente all’adozione dell’illegittimo provvedimento di cui trattasi, non è stato privato della propria attività imprenditoriale bensì gli è stata esclusivamente tolta la possibilità di beneficiare delle erogazioni pubbliche nonché di stipulare contratti con la pubblica amministrazione.

Egli ha comunque potuto continuare a svolgere la medesima attività professionale anche nel proseguo di tempo successivo; e la dedotta scelta di dimettersi da consigliere del C.d.A. della cooperativa CASO e di spostare la residenza propria e del proprio nucleo familiare dall’originario comune ad un diverso comune situato in altra regione è stata dallo stesso adottata in piena libertà.

Tuttavia si ritiene, proprio alla luce di quanto in precedenza esposto relativamente ai principi di cui da ultimo in materia di danno esistenziale, che non possa essere revocabile in dubbio l’influenza negativa che il provvedimento impugnato, atteso il suo specifico contenuto, abbia avuto sul piano dell’immagine imprenditoriale del ricorrente.

Per quanto attiene, invece, alle scelte fondamentali di vita, come dedotte in memoria e concernenti lo spostamento della residenza del proprio nucleo familiare, non è stato possibile rinvenire in atti elementi che consentano di ritenere fondata la dedotta circostanza.

Ed infatti il ricorrente ha richiamato specificatamente e testualmente, al riguardo, alla pag. 10 della memoria del 14.5.2010, i documenti di cui all’elenco del 4.5.2010 indicati con le lett. da j) ad n) che tuttavia consistono nei certificati camerali delle società delle quali lo stesso ricorrente è amministratore che hanno la propria sede legale del Comune di Giulianova.

Nulla altro risulta in atti ai fini di comprovare che si sia effettivamente realizzato il detto fondamentale mutamento nello stile di vita del ricorrente e della propria famiglia.

Ne consegue che il danno non patrimoniale deve essere limitato alla sola lesione dell’immagine imprenditoriale dello stesso per il quale, in difetto di indicazioni puntuali al riguardo, si ritiene adeguata, in via equitativa, la complessiva somma di euro 30.000,00, considerato l’intervallo temporale estremamente breve nel quale il provvedimento ha in concreto espletato i suoi effetti.

Per quanto attiene, poi, al danno patrimoniale, sempre premesso quanto sopra, il ricorrente ritiene che lo stesso sia quantificabile alla stregua del calo reddituale del volume degli affari verificatosi nel triennio successivo all’adozione del provvedimento impugnato e del giro dei pagamenti comunitari AGEA di cui lo stesso ha fruito nelle ultime 4 annualità.

Al riguardo si ritiene che l’unico effetto diretto e conseguente del provvedimento interdittivo impugnato sia stato quello della sospensione della erogazione dei contributi comunitari e regionali cui, nello specifico, anche il ricorrente fa riferimento puntuale in memoria con l’indicazione dei relativi importi; tuttavia, il provvedimento interdittivo ha cessato di produrre effetti al più in data 7.8.2008, a nemmeno tre mesi di distanza dalla sua adozione e notificazione alla parte interessata.

Non si ritiene che, pertanto, in difetto di specifica prova al riguardo, si siano verificati danni quantificabili come direttamente ed immediatamente conseguenti alla detta interdizione.

Manca, infatti, la benché minima indicazione relativa alle conseguenze sul piano economico direttamente imputabili al detto ritardato pagamento ( quali ad es. la revoca di un mutuo per il mancato versamento della rata od ancora la risoluzione di un contratto per mancato pagamento nei termini del corrispettivo).

Per quanto attiene, poi, alla perdita di chance, relativamente ai contratti che lo stesso avrebbe potuto stipulare ed impediti dal provvedimento interdittivo di cui trattasi, non è stato fornito alcun principio di prova al riguardo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sez. II ter, accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto annulla il provvedimento impugnato e condanna l'amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente della complessiva somma di euro 30.000,00 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale nonchè delle spese del giudizio che si liquidano in complessivi euro 2000,00 oltre IVA e CPA. .

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore

Giuseppe Chine', Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 30/08/2010