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Condotta antisindacale  Violazione obblighi informazione

Lavoro - Condotta antisindacale  Violazione obblighi informazione

Lavoro - Condotta antisindacale  Violazione obblighi informazione (Corte di Cassazione, Sentenza n. 7347 del 17 aprile 2004)

Corte di Cassazione, Sentenza n. 7347 del 17 aprile 2004

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 28 Stat. lav., depositato il 18 gennaio 3991, l'organizzazione sindacale (omissis) di Siracusa, in persona del segretario provinciali pro tempore, adiva il Pretore del Lavoro di Siracusa chiedendo che fosse dichiarato antisindacale il comportamento del (omissis), consistente nella violazione della normativa contrattuale (art. 74 ccnl) e legale sui limiti e sul divieto di lavoro straordinario, nonché sui relativi obblighi di comunicazione al Sindacato, oltre che nella richiesta di lavoro straordinario ai dipendenti. Chiedeva di conseguenza ordinarsi al (omissis) la cessazione di tale comportamento ed il rispetto della normativa contrattuale, inibendo all'azienda di credito di avvalersi di prestazioni di lavoro straordinario al di fuori dei limiti previsti dal contratto collettivo e senza il rigoroso rispetta degli obblighi di informativa a favore delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, sanciti nel richiamato contratto collettivo nazionale di lavoro.

La banca convenuta si costituiva ritualmente in giudizio e sosteneva l'inammissibilità e in subordine (infondatezza delle domande avversarie, tanto in fatto quanto in diritto, chiedendone il rigetto. Rilevava, in particolare, che né per la mera mancanza o per l'incompletezza dell'informazione nei loro confronti, né per il mancato rispetto del tetto massimo dello straordinario le rappresentanze sindacali erano abilitate a ricorrere al procedimento di cui all'art. 28 Stat. lav..

Il Pretore adito ordinava l'esibizione di documentazione "a campione (nella specie il cal. giornale di fondo che riporta le operazioni bancarie registrate successivamente all'interruzione del collegamento con il centro elaborazione dati di Palermo) a dimostrazione dello sconfinamento dal limite orario e sentiva come testi gli informatori sindacali.

Infine con decreto del 6.2.91 il Pretore dichiarava l'antisindacalità della condotta del (omissis) e per effetto ordinava: a) di contenere l'orario di lavoro straordinario effettuato dai propri dipendenti, entro i limiti di cui alla vigente contrattazione collettiva, di cento ore annue, e due ore giornaliere per ciascun dipendente; b) di 19877/2002 r.g.n. 3 ud 9 gennaio 2004 trasmettere alle organizzazioni ricorrenti le dovute comunicazioni mensili relative al numero complessivo di ore di lavoro straordinario svolto dai dipendenti nell'ambito di ciascun ufficio, servizio o dipendenza.

Il (omissis) proponeva opposizione evidenziando, tra l'altro, che l'azione ex art. 28 cit. era diretta a garantire davanti al giudice del lavoro esclusivamente i diritti fondamentali dei sindacati, come tali, e non quelli contrattuali dei lavoratori.

Il Pretore rigettava l'opposizione confermando il decreto opposto.

Avverso la sentenza del Pretore di Siracusa, depositata in data 7 luglio 1997, il (omissis) ha proposto tempestivo appello. All'udienza del 20.11.2000, dopo la discussione delle parti, il Tribunale del lavoro di Siracusa, con sentenza n. 163/2000 depositata il 22 novembre 2000, non notificata, ha riformato la sentenza di primo grado, rigettando tutte le domande formulate dall'organizzazione sindacale, originaria ricorrente. Avverso tale sentenza la (omissis) di Siracusa ha proposto ricorso per cassazione con atto notificato notificato in data 21.11.2001, ricorso articolato in tre motivi.

Ha resistito il Banco intimato con controricorso.

Entrambe le parti hanno presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso è articolato in tre motivi.

Con il primo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione degli artt. 137, 138, 170, 324, 325, 327, 434 e 435 c.c. per aver il tribunale erroneamente ritenuto validamente instaurato il giudizio d'appello anche in presenza di una nullità della notifica del ricorso della banca appellante in ragione della consegna di copie in numero inferiore rispetto alle parti cui l'atto era destinato. Con il secondo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione dell'art. 28 Stat. lav. nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui quest'ultima ha escluso la sussistenza di una condotta antisindacale della banca in una situazione in cui risultavano lesi sia il diritto dei dipendenti all'osservanza del prescritto limite di lavoro straordinario, sia il diritto delle organizzazioni sindacali di ottenere dal datore di lavoro la prescritta informazione relativa al lavoro straordinario svolto.

Con il terzo motivo il sindacato ricorrente denuncia la violazione dell'art. 1363 c.c. nonché ancora vizio di motivazione della sentenza impugnata per non aver correttamente interpretato l'art. 74 c.c.n.l. del settore che disciplinava il monte , ore di lavoro straordinario.

Il primo motivo del ricorso è infondato.

In generale deve ribadirsi dopo l'intervento in materia delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 10 ottobre 1997, n. 9859) che, poiché la notificazione dell'atto di impugnazione a più parti presso un unico procuratore, eseguita mediante consegna di una sola copia o di un numero inferiore di copie rispetto alle parti cui fatto è destinato, non è inesistente, ma nulla, il relativo vizio può essere sanato con efficacia ex tunc, o con la costituzione in giudizio di tutte le parti cui l'impugnazione è diretta, o con la rinnovazione della notificazione da eseguire in un termine perentorio assegnato dal giudice, con la consegna di un numero di copie pari a quello dei destinatari, tenuto conto di quella o di quelle già consegnate.

In particolare, con riferimento al rito del lavoro, Cass., sez. lav., 17 ottobre 1998, n. 10295, ha poi affermato che nelle controversie soggette al rito del lavoro, la proposizione dell'appello si perfeziona, ai sensi dell'art. 435 c.p.c., con il deposito, nei termini previsti dalla legge, del ricorso nella cancelleria del giudice ad quem, che impedisce ogni decadenza dell'impugnazione, con la conseguenza che ogni eventuale vizio o inesistenza giuridica o di fatto della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza di discussione non si comunica all'impugnazione (ormai perfezionatasi), ma impone al giudice che rilevi il vizio di indicarlo all'appellante ex art. 421 c.p.c. e di assegnare allo stesso, previa fissazione di un'altra udienza di discussione, un termine necessariamente perentorio per provvedere a notificare il ricorso, unitamente al decreto presidenziale di fissazione della nuova udienza; in mancanza di tale notifica il giudice deve ordinare la cancellazione della causa dal ruolo ed il processo si estingue (ex art. 291 c.p.c.) con conseguente passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

Nella specie il ricorso in appello è stato depositato in data 7 luglio 1998 e quindi tempestivamente in quanto a distanza di un anno esatto dal deposito della sentenza di primo grado (del 7 luglio 1997); sicché correttamente la pronuncia impugnata ha affermato che l'impugnativa risulta tempestivamente proposta ed il vizio della notifica del ricorso costituito dalla consegna di copie in numero inferiore rispetto alle parti cui l'atto era destinato è stato sanato, con effetti ex tunc, dalla costituzione in giudizio delle parti cui l'impugnazione era diretta.

Il secondo e terzo motivo che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi sono parzialmente fondati.

1. Va premesso in generale che come già affermato da questa Corte (Cass. 10 luglio 2002 n.10031) la violazione, da parte del datore di lavoro di diritti individuali del lavoratore derivanti dalla legge, o anche direttamente dalla Costituzione (come il diritto alla retribuzione o alle ferie) non concreta condotta antisindacale, essendo questa caratterizzata dalla idoneità del comportamento del datore di lavoro a compromettere il diritto di sciopero o a ledere la libertà o l'attività sindacali, ossia interessi collettivi di cui il sindacato è portatore.

Non può però escludersi che la violazione di una situazione soggettiva individuale, che vede innanzi tutto il lavoratore in una posizione pretensiva nei confronti del datore di lavoro, si qualifichi anche come condotta antisindacale perché diretta a reprimere o solo limitare fattività sindacale. In tal caso in giurisprudenza si è ritenuto che occorra che all'elemento oggettivo della violazione della situazione protetta che implica la concreta idoneità lesiva della condotta (cfr. Cass., sez. lav., 7 agosto 1998, n. 7779, secondo cui l'accertamento del giudice del merito circa l'idoneità di una determinata condotta del datore di lavoro a ostacolare o reprimere l'attività sindacale del lavoratore si risolve in un giudizio di fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo della congruità della motivazione) si accompagni anche (elemento soggettivo dell'intento del datore di lavoro di raggiungere questo effetto indiretto. In particolare Cass., sez. lav., 7 marzo 2001, n. 3298 (ed in precedenza in senso conforme v. anche Cass., sez. lav., 19 luglio 1995, n. 7833), ha affermato che la legittimazione attiva dell'associazione sindacale a stare in giudizio a norma dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori si fonda sull'esistenza di una condotta antisindacale del datore di lavoro, caratterizzata da una componente oggettiva di contenuto non predeterminato, e da un elemento soggettivo, che assume essenziale rilievo e postula l'intenzione del datore di lavoro di frustrare la libertà e l'attività sindacale, pur non ponendosi il comportamento del datore stesso in diretto contrasto con specifiche norme imperative destinate a tutelare l'esercizio della libertà e delle attività sindacali, ma integrando, per converso, in via immediata, la violazione di disposizioni della parte normativa di un contratto collettivo destinate ad operare direttamente sul piano dei rapporti tra datore di lavoro e lavoratori.

2. Se invece è lesa direttamente una prerogativa sindacale di natura collettiva quindi e non già individuale non occorre alcuno specifico intento lesivo. Ha infatti da ultimo affermato Cass. 5 febbraio 2003 n. 1684 che per ritenersi integrati gli estremi della condotta antisindacale di cui all'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, è sufficiente che il comportamento del datore di lavoro leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell'illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali). Questa pronuncia peraltro ha escluso la necessità di un'indagine sull'intento lesivo del datore di lavoro anche nel caso (che però non rileva nella specie) di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicché ciò che il giudice deve accertare è l'obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l'effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero.

3. Una tipica prerogativa sindacale di natura collettiva, quindi è quella avente ad oggetto i diritti di informazione del sindacato.

E' vero che in passato Cass. 27 maggio 1982 n. 3263, ha affermate che il patto del contratto collettivo nazionale di lavoro (nella specie: art. 8 c.c.n.l. 1 maggio 1976 per gli addetti all'industria metalmeccanica privata), il quale, fissati i limiti massimi per il lavoro straordinario di ciascun dipendente (in termini giornalieri, settimanali od annuali), preveda l'obbligo del datore di lavoro di informare preventivamente di detto straordinario la rappresentanza sindacale aziendale, è idoneo a costituire, direttamente in favore di tale rappresentanza sindacale, il diritto di ottenere le indicate informazioni, e, conseguentemente, 1a legittimazione ad agire a tutela del diritto medesimo, in caso di inadempienza del datore di lavoro; ma la relativa controversia esula da quelle contemplate dall'art. 28 dello Statuto dei lavoratori riguardante la diversa ipotesi della repressione di comportamenti del datore di lavoro impeditivi o limitativi della libertà. e dell'attività sindacale, ma rientra nell'ambito delle cause individuali di lavoro trattandosi di pretesa che, pur se .fatta valere da soggetto diverso dalle parti del rapporto di lavoro, si ricollega alla particolare disciplina del rapporto stesso ed inerisce alla sua concreta attuazione.

Però più recentemente questa Corte (Cass., sez. lav., 7 marzo 2001, n. 3298, cit.) ha ritenuto lesivo di prerogative sindacali riconosciute dalla contrattazione collettiva per gli addetti all'industria metalmeccanica privata e, conseguentemente, ha ritenuto legittima la costituzione in giudizio del sindacato ex art. 28 citato la mancata comunicazione alle r.s.u. della decisione dell'imprenditore di far ricorso al lavoro straordinario, con specificazione del numero dei lavoratori interessati, del nome degli stessi, di quelli che avevano superato le quote esenti e di altre informazioni pertinenti, nonché il rifiuto opposto dall'impresa alla richiesta di prendere visione, da parte delle dette r.s.u., del registro infortuni. Cfr. Cass., sez. lav., 7 agosto 1998, n. 7779, cit., che ha ritenuto integrati gli estremi della condotta antisindacale in un caso in cui un dirigente della polizia di stato aveva disposto i turni di lavoro straordinario senza alcuna previa consultazione delle organizzazioni sindacali, così come espressamente prescritto da un accordo sindacale.

Ancor più recentemente Cass. 11 novembre 2003 n.16976 ha ritenuto che costituisce comportamento lesivo del diritto sindacale di informativa preventiva spettante al sindacato di polizia il mancato rispetto, da parte dell'ente datore di lavoro, dell'obbligo informativo a cadenza trimestrale desumibile, oltre che dal d.lgs. 12.5.1995, n. 195, e dall'art. 25, lett. d), del d.P.R. 31.7.1995, n. 395, dall'Accordo Nazionale quadro del 12.6.1997, il cui mancato rispetto è atto a limitare l'esercizio dell'attività sindacale concernente la programmazione dello straordinario, del riposo compensativo e dei turni di reperibilità.

Analogamente Cass. 6 giugno 2003 n.9130 ha affermato in riferimento alla fattispecie dell'atto d'azienda che la violazione (obbligo di informazione del sindacato ed il mancato svolgimento della procedura imposta dall'art. 47, legge n. 428 del 1990, configurano un comportamento che viola l'interesse del destinatario delle informazioni, ossia il sindacato, e che, sussistendone i presupposti, costituisce condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 legge n. 300 del 1970, pur senza incidere sulla validità dei negozio traslativo.

4. Nella specie la condotta sindacale è stata allegata dal sindacato ricorrente sotto un duplice profilo: quello della lesione di un diritto riconosciuto individualmente ai lavoratori e quello della lesione di una prerogativa di natura collettiva perché riconosciuta direttamente in capo al sindacato. Ed infatti il sindacato ricorrente ex art. 28 cit. ha dedotto la violazione della normativa contrattuale collettiva (e segnatamente dell'art. 74 del contratto collettivo di categoria all'epoca vigente) sia per quanto riguarda il monte ore individuale di lavoro straordinario, sia in riferimento all'allegata violazione dell'obbligo di informativa sindacale.

Ed allora occorre distinguere.

La sentenza impugnata da una parte ha correttamente escluso mancando (o comunque non risultando) alcun intento del datore di lavoro di frustrare la libertà e l'attività sindacale che nella specie fosse ravvisabile una condotta antisindacale nella violazione del monte ore di lavoro straordinario perché osserva il tribunale "è esclusiva prerogativa del singolo dipendente la pretesa al rispetto del tetto contrattuale previsto"; in tale parte quindi il tribunale ha innanzi tutto riformato la pronuncia di primo grado. L'impugnata sentenza si è quindi mossa lungo il binario tracciato dalla giurisprudenza di questa Corte (sopra cit, sub 3.1.) che esclude in linea di massima la configurabilità di un comportamento antisindacale in caso di lesione di prerogative individuali, salvo che non sussista appunto l'intento del datore di lavoro di frustrare la libertà e l'attività sindacale.

La medesima sentenza non ha però fatto altrettanto corretta applicazione dei principi giurisprudenziale in materia con riferimento alla seconda prospettazione in fatto del sindacato ricorrente: l'allegata violazione degli obblighi di informativa sindacale. Il tribunale ha riconosciuto che la citata normativa contrattuale prevedeva tali obblighi di informativa (avente ad oggetto i dati relativi alle ore di lavoro straordinario effettuato dal personale dipendente); obblighi la cui violazione sotto il profilo dell'inesatto adempimento era stata verificata dal giudice di primo grado (e di ciò più non si controverte). Ma il tribunale pur nel contesto della violazione di una specifica prerogativa sindacale, che secondo la giurisprudenza di questa Corte (sopra cit. sub 3.2.) non richiede alcun elemento soggettivo ha non di meno escluso la configurabilità della condotta antisindacale sulla base di due considerazioni, entrambe giustamente censurate dal sindacato ricorrente.

Infatti il tribunale ha considerato la sedes materiae della disposizione contrattuale di riferimento, non inserita nella parte dedicata alle relazioni sindacali; circostanza questa in sé irrilevante perché inidonea a degradare la prerogativa in questione da collettiva in individuale. D'altra parte è pacifico tra le parti che non fosse il singolo lavoratore ma solo il sindacato abilitato a chiedere alla banca le dovute informazioni sul numero delle ore di lavoro straordinario effettuato dal personale dipendente.

L'altra considerazione riguarda il carattere "successivo" delle informazioni dovute: ossia il sindacato aveva diritto ad essere informato non già in via preventiva (ex ante) del numero complessivo delle ore di lavoro straordinario del personale che la banca intendeva chiedere, ma in via successiva (ex post) in ordine al lavoro straordinario effettivamente prestato. Ma anche questa considerazione svolta dalla sentenza impugnata è priva di rilievo perché il sindacato non ha rivendicato alcun diritto ad una comunicazione preventiva, ma solo il diritto all'informazione successiva (quella appunto sancita dal contratto collettivo). E' poi di tutta evidenza (ex se) (idoneità di questa informazione ad orientare l'attività sindacale del sindacato ricorrente, il anale ad es. in tanto avrebbe potuto determinarsi a promuovere un'azione di contrasto della (ipotizzata) sistematica violazione del monte ore da parte della banca in quanto fosse stato in possesso del dato conoscitivo dell'ammontare delle ore di lavoro straordinario effettuate in concreto in azienda.

In questa parte la sentenza impugnata è quindi viziata sia per violazione di legge (perché non fa applicazione dei principi di diritto esposti sopra sub 3.2.), sia per vizio di motivazione perché contraddittoriamente valorizza le due circostanze di fatto appena esaminate, che invece sono prive di rilievo.

In conclusione il ricorso deve essere parzialmente accolto quanto al secondo ed al terzo motivo, rigettato il primo. Conseguentemente la pronuncia impugnata deve essere cassata in relazione ad i motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d'appello di Catania che si atterrà ai principi di diritto sopra richiamati sub 3.1. e 3.2., così sintetizzabili: ove la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, nel fissare i limiti massimi per il lavoro straordinario di ciascun dipendente, preveda anche (obbligo del datore di lavoro di informare il sindacato in ordine al numero di ore di lavoro straordinario svolto dai dipendenti, l'inottemperanza del datore di lavoro a quest'obbligo di informativa è idonea ex se oggettivamente a costituire condotta antisindacale ed a legittimare, in presenza degli altri presupposti di legge, il ricorso dei sindacato al procedimento di repressione contemplato dall'art. 28 dello Statuto dei lavoratori (legge n.300 del 1970).

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo ed il terzo motivo del ricorso, rigettato il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Catania.