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Occupazione d'urgenza di immobili di sua proprieta' Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 30 settembre 2002, n. 5003

occupazione d'urgenza di immobili di sua proprieta', compresi nel piano regolatore

occupazione d'urgenza di immobili di sua proprietà, compresi nel piano regolatore

Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 30 settembre 2002, n. 5003

FATTO

Domenico Marini, con ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, impugnava il provvedimento del responsabile del Servizio della provincia di Frosinone n. 1 del 19 maggio 1999, recante occupazione d'urgenza di immobili di sua proprietà, compresi nel piano regolatore del Consorzio ASI di Frosinone ed occorrenti per l'ampliamento della struttura industriale della Tecnolchi, nonché l'avviso di immissione in possesso.

Il ricorso era affidato alle seguenti censure:

1) Violazione dell'art. 3 della legge 3 gennaio 1978, n. 1, per inosservanza del termine di venti giorni previsto dall'ultimo comma del citato articolo.

2) Violazione dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per omessa comunicazione dell'avvio del procedimento.

3) Violazione degli artt. 832 e seguenti del codice civile e degli artt. 3 e 24 della costituzione, per omessa comunicazione dell'avviso di immissione in possesso in relazione a mappali di sua esclusive proprietà.

Il ricorrente contestualmente chiedeva la condanna del Consorzio ASI alla restituzione del bene e al risarcimento del danno ai sensi dell'art. 35, comma 1 del D. Lgs. n. 80 del 1998.

La società Tecnolchi si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso.

Con successivo ricorso, il Marini impugnava il decreto n. 2 in data 15 marzo 2000, con il quale, previo annullamento del precedente decreto, era disposta nuovamente l'occupazione d'urgenza degli immobili in questione, e il relativo avviso di immissione in possesso.

Con questo secondo gravame, il deducente, oltre a rinnovare la censura di violazione dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, e la richiesta di restituzione del bene e di risarcimento del danno, lamentava eccesso di potere per travisamento dei presupposti in relazione al contenuto dell'ordinanza di sospensiva emessa dal TAR nel primo ricorso.

Anche in questo secondo ricorso si costituiva in giudizio la società Tecnolchi, contestando la fondatezza delle censure sollevate dal Marini.

Il TAR con la sentenza in epigrafe, previa riunione dei due ricorsi, dichiarava improcedibile per sopravvenuta mancanza d'interesse il primo ed accoglieva il secondo per la riconosciuta fondatezza della censura di violazione dell'art. 7 della citata legge n. 241 del 1990.

Avverso la sentenza ha proposto appello il Consorzio ASI, chiedendone l'integrale riforma.

Il Marini si è costituito in questo grado del giudizio, replicando alle argomentazioni del Consorzio e chiedendo il rigetto dell'appello.

A sostegno delle censure sollevate dal Consorzio appellante si è costituita la Tecnolchi.

L'appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 16 aprile 2002.

DIRITTO

1. Il ricorso in appello è fondato e va, pertanto, accolto.

1.1. Il TAR ha ritenuto necessario la previa comunicazione dell'avvio del procedimento, facendo applicazione dei principi enunciati dall'Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato con decisione 15 settembre 1999, n. 14 a proposito della dichiarazione di pubblica utilità implicita nell'approvazione del progetto dell'opera.

Nel caso di specie, la "implicita" pubblica utilità dell'intervento, derivando direttamente dalla legge (art. 4 D. Lgs. capo provvisorio dello Stato n. 1598 del 1947), imponeva, prima di adottare il provvedimento di occupazione d'urgenza, di comunicare l'avvio del procedimento, a nulla rilevando che il Marini fosse già informato della procedura per effetto della notifica del precedente decreto di occupazione, poi annullato.

Il nuovo decreto, difatti, sarebbe frutto di nuova e autonoma procedura di occupazione d'urgenza, sostitutiva di quella già posta in essere illegittimamente dall'amministrazione, per cui questa non poteva esimersi dall'osservare le garanzie partecipative apprestate dalla legge in favore del destinatario finale del provvedimento.

Né l'omissione della previa comunicazione poteva essere giustificata dalla circostanza che l'intervento, per la cui esecuzione era stata disposta l'occupazione d'urgenza, è espressamente previsto nel Piano regolatore delle aree del Consorzio ASI. Ad avviso del primo giudice, ove la dichiarazione di pubblica utilità implicita sia riconducibile, come nel caso in esame, all'approvazione del piano regolatore consortile, nell'ambito del quale non si è attuato il giusto procedimento, l'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, deve trovare applicazione in sede di procedimento di occupazione d'urgenza.

1.2. Le considerazioni del primo giudice non possono essere condivise.

La partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo prevista dagli artt. 7 e ss. della legge 7 agosto 1990, n. 241 costituisce un principio generale dell'ordinamento giuridico (CdS, Sez. V, 22 maggio 2001 n. 2823) per cui ogni disposizione che limiti od escluda tale diritto va interpretata in modo rigoroso, al fine di evitare di vanificare od eludere il principio stesso.

Nel procedimento amministrativo si bilanciano esigenze di legalità ed esigenze di efficienza e spesso il loro equilibrio è oggetto di sindacato giurisdizionale, teso a verificare, da una parte la sussistenza dell'obbligo di legge ed il suo puntuale rispetto da parte della p.a., dall'altra l'esistenza di ragioni che consentano di non ritenere viziante, sul piano della legittimità del provvedimento finale, l'omessa comunicazione di avvio, con prevalenza, nel caso concreto, di considerazioni teleologiche e finalistiche relative al raggiungimento effettivo e sostanziale dello scopo della norma tesa ad assicurare la partecipazione.

Ciò comporta che le norme sulla partecipazione del privato al procedimento amministrativo non vanno applicate meccanicamente e formalmente, nel senso che occorra annullare ogni procedimento in cui sia mancata la fase partecipativa, dovendosi piuttosto interpretare nel senso che la comunicazione è superflua - con prevalenza dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa - quando l'interessato sia venuto comunque a conoscenza di vicende che conducono comunque all'apertura di un procedimento con effetti lesivi nei suoi confronti (in tal senso, CdS, Sez. VI, 8 aprile 2002, n. 1922; Sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823; Sez. IV, 18 maggio 1998, n. 836).

In materia di comunicazione di avvio prevalgono, quindi, canoni interpretativi di tipo sostanzialistico e teleologico, non formalistico.

Può dirsi quindi scontato l'orientamento costante della giurisprudenza amministrativa in favore di un'interpretazione evolutiva dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990.

1.3. Così ricostruita la vicenda in termini generali e venendo a quella che forma oggetto della presente controversia, giova subito precisare che, contrariamente a quanto sembra ritenere il primo giudice, la dichiarazione di pubblica utilità ed indifferibilità ed urgenza dei lavori deriva non dall'approvazione "implicita" del progetto né dall'approvazione del piano regolatore delle aree, ma più esattamente dalla legge, in particolare dalla legge regionale del Lazio 29 maggio 1997, n. 13. L'art. 7 della citata legge, esplicitamente riferito ai piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale, stabilisce, al suo ultimo comma, che "le opere e gli interventi previsti nei piani in funzione della localizzazione di iniziative produttive e dell'attrezzatura del territorio consortile, sono considerate di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti".

Sotto altro profilo e tenendo conto degli indirizzi formulati dalla giurisprudenza dominante, una delle ipotesi in cui l'assenza formale della preventiva comunicazione non determina l'illegittimità dell'atto finale adottato dall'amministrazione - e quindi è pacifica l'inapplicabilità dell'obbligo di comunicazione di avvio del procedimento - si verifica quando il soggetto interessato ha comunque ottenuto conoscenza del procedimento, in tempo utile per realizzare l'eventuale partecipazione all'iter istruttorio.

Poiché l'obbligo di comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo ex art. 7 legge 7 agosto 1990 n. 241 è strumentale ad esigenze di conoscenza effettiva e, conseguentemente, di partecipazione all'azione amministrativa da parte del cittadino nella cui sfera giuridica l'atto conclusivo è destinato ad incidere - in modo che egli sia in grado d'influire sul contenuto del provvedimento - l'omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest'ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, sì da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione (C. Stato, Sez. V, 22 maggio 2001, n. 2823; 24 novembre 1997, n. 1365).

Alla luce di questa linea interpretativa, che la sezione condivide pienamente, si può affermare che la comunicazione del provvedimento dovrebbe diventare superflua quando: l'adozione del provvedimento finale è doverosa (oltre che vincolata) per l'amministrazione; i presupposti fattuali dell'atto risultano assolutamente incontestati dalle parti; il quadro normativo di riferimento non presenta margini di incertezza sufficientemente apprezzabili; l'eventuale annullamento del provvedimento finale, per accertata violazione dell'obbligo formale di comunicazione non priverebbe l'amministrazione del potere (o addirittura del dovere) di adottare un nuovo provvedimento di identico contenuto (anche in relazione alla decorrenza dei suoi effetti giuridici).

Condizioni queste che ricorrono tutte nel caso in esame, ove si consideri che l'intervento riguarda l'ampliamento di uno stabilimento industriale, già realizzato e funzionante all'interno del piano regolatore consortile, che il ricorrente Marini ha partecipato a riunioni tenutesi presso la sede del Consorzio, nelle quali si discuteva della cessione bonaria delle aree di sua proprietà già assegnate alla Tecnolchi per l'ampliamento del proprio stabilimento industriale, che in precedenza gli era stato notificato il decreto di occupazione d'urgenza poi annullato.

Tale essendo la situazione di fatto e tenuto conto dei presupposti giuridici, sembra al Collegio che nella specie non vi fosse obbligo di preventiva comunicazione dell'avvio del procedimento di occupazione d'urgenza.

Pertanto, in accoglimento dell'appello, la sentenza va annullata e, per l'effetto, va respinto il ricorso di primo grado.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare tra le parti le spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), pronunciando sull'appello in epigrafe specificato, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.