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Misure alternative alla detenzione – Detenzione domiciliare

Misure alternative alla detenzione – Detenzione domiciliare ex art. 47 ter L.354/1975 – Rapina aggravata ex art. 628 comma 3 c.p. – Esclusione dalla concessione del beneficio – Rinvio all’elenco di cui art. 4 bis L. cit. (c.d. reati ostativi) – Sospetti di illegittimità costituzionale irrilevanti nel caso in esame – Cassazione penale, sez. I, sentenza n. 16378 del 15/04/2019 (ud. 10/12/2018) Commento a cura dell’Avv. Marco Grilli

Fatto. Il Tribunale di Sorveglianza di Milano dichiarava inammissibile la richiesta di detenzione domiciliare avanzata da G.A., in relazione alla pena residua di 3 anni e 6 mesi inflitta per il reato di rapina aggravata e, contestualmente, rigettava l’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, ritenendo che quest’ultima misura non garantisse adeguatamente la funzione risocializzante del detenuto.

Ricorre per Cassazione il difensore lamentando violazione ed erronea applicazione degli artt. 4 bis e 47 ter, L.354/1975 (c.d. Ordinamento Penitenziario), asserendo che l’interpretazione offerta degli articoli sopra riportati non tenesse in considerazione come i benefici penitenziari possono essere concessi anche per i reati richiamati dal comma 1 ter dell’art. 4 bis O.P., purché non emergano collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.

Il reato di cui all’art. 628 comma 3 c.p., infatti, rientra nel novero dei delitti non “assolutamente” ostativi, al contrario di quelli di cui al comma 1 del predetto articolo 4 bis.

In tale ottica, il Tribunale di Sorveglianza, avrebbe dovuto vagliare la sussistenza di eventuali collegamenti con la criminalità organizzata ed, al limite, pervenire ad una dichiarazione di rigetto, non certo di inammissibilità della domanda.

Decisione. Il ricorso è inammissibile.

Contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente, la Suprema Corte condivide le conclusioni a cui era giunto il Tribunale di Sorveglianza di Milano con la declaratoria di inammissibilità della richiesta di detenzione domiciliare.

La Cassazione richiama l’interpretazione affermatasi nel diritto vivente del rinvio che l’art. 47 ter comma 1 bis O.P. compie con riferimento all’art. 4 bis L. medesima.

Invero, la disposizione per prima citata stabilisce testualmente che il beneficio della detenzione domiciliare non si applica ai condannati per i delitti di cui all’art. 4 bis, senza altro aggiungere per differenziare le varie parti della disposizione che, effettivamente, prevedono un diverso trattamento in ragione del differente inquadramento del reato commesso.

L’interpretazione offerta dalla Suprema Corte, benché già costane nel tempo, è di non poco rilievo nella parte in cui ribadisce che il rinvio operato in generale all’art. 4 bis O.P. è un rinvio non al contenuto della disposizione ed alla conseguente disciplina in ordine all’accesso ai benefici penitenziari, ma unicamente al “catalogo” dei reati in essa contenuti che, complessivamente, vanno considerati esclusi dall’applicazione della detenzione domiciliare, senza che possa ovviarsi alla situazione impediente verificando l'eventuale sussistenza delle condizioni che consentono il superamento del divieto di benefici direttamente stabilito e regolato dallo stesso art. 4 bis.

La Corte conclude ritenendo che le informazioni attinenti la reale elevata pericolosità del detenuto, vagliate dal Tribunale di Sorveglianza con riferimento al rigetto della misura dell’affidamento in prova al servizio sociale, ed incontestate dal ricorrente, rendono irrilevante nel caso in esame un altro tema di assoluta importanza con riferimento alla natura del rinvio che disposizioni come l’art. 47 ter operano all’art. 4 bis.

Ritiene, infatti, il Supremo Collegio che interpretare il richiamo all’art. 4 bis O.P. come un mero riferimento al “catalogo” dei reati in esso contenuti (e senza le differenziazioni previste dalla relativa disciplina) evochi sospetti di legittimità costituzionale sotto il profilo della mancanza di graduazione della disciplina ostativa che ne deriva rispetto alle varie specie di delitti ricompresi nel catalogo. In ogni caso, come si è detto, nel caso in esame la questione di legittimità resta priva di rilevanza alla luce delle informazioni sulla effettiva pericolosità del ricorrente.

Per tutte le ragioni esposte il ricorso viene dichiarato inammissibile. Tuttavia, stante la peculiarità della questione relativa alla natura del rinvio tra le norme fin qui in discorso, la Corte ritiene di non individuare profili certi di colpa correlati all’inammissibilità dell’impugnazione, non prevedendo alcuna sanzione pecuniaria da corrispondere alla cassa delle ammende.