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Capitolo VI - Gli oneri accessori nella locazione

CAPITOLO VI - GLI ONERI ACCESSORI NELLA LOCAZIONE


6.0. Sommario:
1. Gli oneri accessori nella locazione abitativa dopo la riforma – 2. La ripartizione degli oneri tra le parti e la richiesta del locatore – 3. La prescrizione - 4. Pagamento degli oneri accessori e servizio insufficiente – 5. Partecipazione del conduttore alle assemblee condominiali - 6 Rapporti condominio-conduttori – 7. Edifici non in condominio ed assemblea dei conduttori


6.1. Gli oneri accessori nella locazione abitativa dopo la riforma


Nel secondo capitolo del nostro lavoro, in più punti e per diversi profili (si rinvia, in particolare, ai paragrafi 3, 6 e 12), è stata già esaminata la questione di come e per quali motivi il legislatore, con l’art. 14 della legge n. 431/1998, abbia ritenuto corretto intervenire su alcune disposizioni della legge n. 392/1978 abrogando, limitatamente alle locazioni ad uso abitativo, talune disposizioni più favorevoli al conduttore.
In particolare, a riguardo, è stato cancellato l’art. 79 che, nel previgente regime, aveva previsto la nullità di ogni accordo contrattuale più favorevole al locatore rispetto a quanto disposto dalle norme imperative in vigore all’epoca, consentendosi così una maggior autonomia negoziale delle parti. Per ovvii motivi, pertanto, non si ritiene di dover insistere sull’argomento, essendo stata la questione analizzata esaustivamente.
Va rilevato, peraltro, che, tra le norme abrogate dalla legge n. 392/1978, non è stato inserito l’art. 9 di detta legge. Questa scelta del legislatore aveva sollevato alcuni dubbi in merito alla correttezza di tale soluzione, perché ciò avrebbe consentito al locatore di regolare diversamente l’imputabilità degli oneri accessori a carico del conduttore, rendendo la posizione economica di questi potenzialmente più gravosa.
Con l’inizio degli anni duemila, giurisprudenza e dottrina si sono orientati definitivamente nel senso di riconoscere la piena derogabilità dell’art. 9 cit., ritenendo tale soluzione non in contrasto con quanto stabilito dall’art. 13, I e IV comma della legge n. 431/1998, che espressamente limita la nullità di accordi in deroga all’entità del canone di locazione.
Si ricorda che detta norma, in particolare, dispone la nullità di ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato (I comma); che, in ordine ai contratti tipo, è nulla ogni clausola volta ad attribuire al locatore un canone superiore a quello massimo definito, per immobili aventi le medesime caratteristiche e appartenenti alle medesime tipologie, dagli accordi definiti in sede locale (II comma) e che i contratti stipulati in base al comma 1 dell’art. 2 (ovvero i contratti non soggetti alla disciplina speciale) sono nulli gli accordi in contrasto con le disposizioni della presente legge, che prevedono qualsiasi obbligo del conduttore nonché qualsiasi clausola o altro vantaggio economico o normativo diretti ad attribuire al locatore un canone superiore a quello contrattualmente stabilito (IV comma).


6.2. La ripartizione degli oneri tra le parti e la richiesta del locatore


In via preliminare va osservato che in merito alla natura degli oneri accessori, posti dalla legge a carico del conduttore, la giurisprudenza ha affermato che trattasi di debito di valuta, “poiché ha ad oggetto, fin dall’origine, una somma di denaro, sicché, in difetto della prova del pregiudizio da parte del creditore, la rivalutazione monetaria non spetta automaticamente” ( in tal senso cfr. Cass. 31 ottobre 2014 n. 23157).
Come è noto, con l’entrata in vigore della legge sull’equo canone del 1978, per la prima volta è stata disciplinata, organicamente, la materia degli oneri accessori in generale, nonché, in particolare, la loro suddivisione tra le parti del contratto di locazione immobiliare, sia nell’ambito abitativo, che in quello ad uso diverso (come previsto dall’art. 41 della stessa normativa).
L’art. 9 della legge n. 392 cit. ha individuato esattamente quali siano le spese condominiali che possono (potevano, secondo la pregressa inderogabilità della norma) essere legittimamente poste a carico del conduttore, indicando per tali quelle relative al sevizio di pulizia, al funzionamento dell’ordinaria manutenzione dell’ascensore, alla fornitura dell’acqua e dell’energia elettrica, del riscaldamento e del condizionamento dell’aria, allo spurgo dei pozzi neri e delle latrine, al 90% del servizio di portierato ed alla fornitura degli altri servizi comuni.
Dal dato testuale della norma emergerebbe, quindi ed in linea di principio, il divieto di addebitare all’inquilino ogni altra spesa, come ad esempio, quelle straordinarie, quelle di amministrazione e di assicurazione dello stabile ecc. in generale sostenute nell’interesse principale della proprietà, con l’esclusione ovviamente delle piccole riparazioni, che restano a carico del conduttore.
E’ stato da più parti rilevato che, con l’entrata in vigore dei contratti a canone libero, le parti potrebbero accordarsi a che anche le spese di manutenzione straordinaria (che nell’istituto della locazione, disciplinato dal codice civile dall’art. 1576 c.c., sono a carico del proprietario in quanto non rientranti tra le opere di piccola manutenzione) fossero imputate al conduttore.
Si ritiene che la questione debba essere risolta caso per caso e, comunque, non possa prescindere dall’entità del canone di locazione pattuito, osservando che un accordo di questo tipo potrebbe avere una sua validità esclusivamente fino al momento in cui non venisse ad alterare il sinallagma contrattuale. Per meglio intenderci – come rilevato dalla Corte di Cassazione – la clausola in questione potrebbe essere valida se considerata in relazione ad un canone di affitto che sia notevolmente inferiore a quello di mercato (Cass. 03 settembre 2007 n. 18510).
In ogni caso sembra abbastanza evidente che eventuali accordi di questo tipo non potrebbero mai essere generalizzati richiedendo, al contrario, una predeterminazione dell’entità del contributo massimo assunto dal conduttore a proprio carico. Tutto ciò al fine di non generare una rilevante sproporzione tra le prestazioni dei contraenti ed in favore del locatore il quale, proprio per effetto delle opere straordinarie eseguite in ambito condominiale ed addossate al locatario verrebbe a godere di un ingiusto vantaggio, quale l’incremento di valore dell’immobile locato.
Sulla natura delle opere di manutenzione straordinaria, la Suprema Corte, premesso che in generale queste configurano interventi non prevedibili o normalmente necessari per il godimento del bene nell’ambito dell’ordinaria durata del rapporto locatizio, ha voluto opportunamente chiarire che “rientrano tra queste, in quanto presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione, anche le opere di manutenzione di notevole entità, poiché finalizzate non già alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente onerosa dell’intervento manutentivo” (così Cass. 10 dicembre 2013 n. 27540: in ipotesi di lavori di restauro delle facciate dello stabile, non rilevando nella fattispecie la qualificazione di intervento di manutenzione ordinaria operata dalla legislazione urbanistica).
Altro effetto della derogabilità dell’art. 9 in esame, in seguito all’abrogazione dell’art. 79 della legge n. 392/1978, è stato individuato nella possibilità delle parti di accordarsi liberamente in merito al pagamento degli oneri accessori prevedendo un pagamento forfettario degli stessi, da effettuarsi mensilmente ed unitamente al canone di locazione.
Secondo la giurisprudenza di legittimità riferita alla legislazione previgente, un tale patto era da considerarsi nullo, in quanto “era in contrasto con il disposto dell'ultimo comma dell'art. 9 l. n. 392 del 1978 che condiziona il debito del conduttore alla indicazione dell'ammontare di ciascuna spesa al fine di consentirne al medesimo il controllo ed evitare che il locatore consegua vantaggi che non gli competono, vietati dall'art. 79, primo comma, della legge succitata” (così Cass. 26 luglio 2005 n. 15630; conf. Trib. Genova ottobre 2012, in Arch. Locazioni 2013, 72).
Con la novella del 1998, invece, la giurisprudenza di merito ritiene che nei contratti a canone libero tale divieto non sussista più, con la conseguenza che i contratti di locazione possono contenere clausole che prevedano oneri accessori in misura predeterminata, invariabile e non legata alle effettive spese condominiali come risultano dai relativi bilanci. In questo senso, infatti, si è pronunciato il Tribunale di Firenze con sentenza dell’8 marzo 2007 (in Corriere merito, 2007,1263) ove ha affermato che “se in un contratto di locazione abitativa si pattuisce una clausola di forfetizzazione degli oneri accessori a carico del conduttore in aggiunta al canone propriamente detto, l’importo pattuito resta invariabile ed è indifferente alla effettiva entità e all’esistenza degli oneri, senza che possa configurarsi a carico del locatore il dovere di dimostrare e documentare l’entità e l’esistenza degli oneri medesimi e senza che possa ritenersi attribuita al conduttore la facoltà di dimostrare che le spese sono state inferiori al forfait, o non sono state effettuate”.
Rispetto a tale orientamento interpretativo, sicuramente condivisibile, va comunque precisato che al fine di evitare che una clausola di questo genere (sempre da approvare con doppia firma, poiché potenzialmente vessatorio) si possa tradurre in un mezzo per garantire al locatore un incremento del canone, è necessario che la somma prefissata a titolo di oneri accessori non sia eccessiva o, comunque, sproporzionata rispetto al canone di locazione.
Altra questione oggetto di nutrito dibattito, dottrinale e giurisprudenziale, concerne le spese di amministrazione, ovvero se siano tutte a carico del locatore, come implicitamente emergeva (prima della riforma) dall’elenco di cui all’art. 9 cit. oppure se una quota possa essere contrattualmente prevista in capo al conduttore, in considerazione del fatto che l’amministratore svolge alcuni servizi anche in favore dell’inquilino, come ad esempio quello di convocarlo all’assemblea del riscaldamento nella quale questi ha il diritto di voto. Anche in questo caso il discorso non cambia, potendo le parti disporre liberamente nella ripartizione di queste spese.
Il terzo comma dell’art. 9 prevede, poi, che il pagamento da parte del conduttore deve avvenire entro due mesi dalla richiesta e che questi, prima di effettuarlo, ha il diritto di ottenere l’indicazione specifica delle spese di cui ai commi precedenti con la menzione dei criteri di ripartizione, nonché di prendere visione dei documenti giustificativi delle spese sostenute.
La norma, pertanto, chiarisce definitivamente che il locatore ha solo il diritto, nei limiti appena indicati, ad un rimborso di parte delle spese condominiali sostenute.


6.3. La prescrizione


Il diritto del locatore al rimborso delle spese condominiali si prescrive nel termine breve di due anni, decorrenti dall’approvazione dei bilanci da parte dell’assemblea come emerge dalla giurisprudenza costante della Suprema Corte (cfr. in tema Cass. 12 aprile 2009, riportata a fine capitolo).
La Suprema Corte ha, altresì, affermato che, nell’ipotesi di unico proprietario e locatore delle singole unità immobiliari componenti l’edificio, la data di decorrenza della prescrizione biennale del suo diritto al rimborso degli oneri accessori dovuti dai conduttori, deve essere “individuata in relazione a quella di chiusura della gestione annuale dei servizi accessori, secondo la cadenza in cui questa in concreto si svolge nell’ambito del rapporto di locazione”. Ciò in quanto “l’unico proprietario ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per quell’immobile locato superino o meno gli acconti periodicamente percepiti alla chiusura della gestione annuale, senza che rilevi che, dopo la chiusura della gestione, sia stata venduta taluna unità abitativa” (così Cass. 26 febbraio 2015 n. 3947; conf. Cass. 9 marzo 2010 n. 5666; Cass. 7 febbraio 2000 n. 1338).


6.4. Pagamento degli oneri accessori e servizio insufficiente


Come detto nei paragrafi precedenti, il terzo comma dell’art. 9 cit. dispone che il pagamento degli oneri accessori da parte del conduttore – sul quale grava solo un onere di rimborso di quanto effettivamente dovuto – sia eseguito entro un bimestre dalla ricezione della richiesta, pur se nella prassi (comunque poco corretta e sconsigliabile), non essendovi, come si dirà meglio in seguito, alcun rapporto diretto tra condominio e conduttori, avviene di frequente che i conduttori versino direttamente quanto a loro carico all’amministratore del condominio.
In particolare il locatore deve allegare alla predetta richiesta i bilanci approvati dall’assemblea e le ripartizioni effettuate per ogni singola unità immobiliare, depurando dalla domanda di rimborso quanto di sua competenza o, comunque, quanto contrattualmente pattuito (spese straordinarie, 10% delle spese di portierato, spese di assicurazione e di amministrazione ecc.).
Da parte sua il conduttore, prima di effettuare il pagamento, ha il diritto di ottenere la specifica delle spese, con l’indicazione dei criteri di ripartizione, nonché di prendere visione dei documenti giustificativi degli esborsi sostenuti, ma il diritto in questione è limitato nel tempo, potendo essere esercitato solo entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali non potrà più contestare quanto domandato (sospendendo, riducendo o ritardando il pagamento), divenendo in tale ipotesi automaticamente moroso e, come tale passibile di sfratto (principio costante in giurisprudenza).
Peraltro il giudice di legittimità ha sempre affermato che il locatore, che agisca in giudizio per il rimborso degli oneri accessori, in caso di contestazione del conduttore convenuto (sull’erogazione effettiva delle spese ovvero sui criteri di ripartizione adottati), dovrà provare non solo l’invio della richiesta e l’avvenuta decorrenza del bimestre da essa per la costituzione in mora dell’inquilino ai fini della risoluzione del contratto, ma anche il titolo posto a base della sua richiesta.
Per contro il conduttore avrà l’onere di dedurre contestazioni specifiche ai conteggi prodotti, prendendo all’uopo visione dei documenti giustificativi, ovvero, se del caso ed ove possibile, ottenendone l’esibizione ex art. 210 c.p.c..
Peraltro, la giurisprudenza ha costantemente affermato che, in mancanza di richiesta del conduttore, non incombe sul locatore l’onere di indicazione specifica delle spese e dei criteri di ripartizione relativi, affermando che: “in tema di locazione di immobili urbani, qualora il conduttore, convenuto in giudizio per il mancato pagamento di oneri condominiali, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese di cui chiede il rimborso o ne abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., dare la prova dei fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell'aver indirizzato la richiesta prevista dall'art. 9 della legge n. 392 del 1978, necessaria per la costituzione in mora del conduttore e per la decorrenza del bimestre ai fini della risoluzione, ma comprendono anche l'esistenza, l'ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto” (Cass. 28 settembre 2010 n. 20348; conf. Cass. 1° aprile 2004 n. 6403).
Da un punto di vista pratico, va, comunque, osservato che sussistono ancora dubbi in merito al diritto del conduttore di esaminare tutti i documenti giustificativi delle spese condominiali effettuate, fermo restando che tale diritto si esaurisce, come accennato sopra, una volta trascorso il bimestre dalla richiesta del locatore.
In concreto, infatti, si può verificare (caso che, peraltro, è molto frequente) che il locatore trasmetta la sua pretesa di rimborso al conduttore molto tempo dopo l’approvazione assembleare dei consuntivi, talchè la consegna della documentazione divenga estremamente difficoltosa per l’amministratore, mentre appare, oltre che iniquo, anche molto singolare che il conduttore possa, dopo lungo tempo, pretendere l’esame di una copiosa documentazione, quando lo stesso condomino-locatore di norma ha diritto di esaminarla solo nei cinque giorni precedenti l’assemblea disposta per l’approvazione dei bilanci (e questo in base al principio dell’ordinamento per cui nessuno può trasferire a terzi un diritto maggiore di quello di sua competenza).
Peraltro non può non considerarsi che il condominio ha rapporti solo con il locatore (come si dirà in prosieguo), per cui quest’ultimo, per evitare inutili liti giudiziali, appena ricevuta la convocazione dell’assemblea relativa ai bilanci annuali da approvare, dovrà opportunamente invitare il conduttore, ove questi lo desideri, possibilmente munendolo di apposita delega, a recarsi presso l’amministratore per visionare in sua vece, la documentazione nei giorni e negli orari fissati all’uopo da questi.
Per finire, deve esaminarsi l’ipotesi di una contestazione da parte del conduttore, moroso o meno nel pagamento delle spese condominiali, nel caso di servizio non reso o insufficiente (es. di riscaldamento ovvero di portierato).
Sul punto la Suprema Corte ha affermato l’inapplicabilità del principio relativo alla legittimità del pagamento delle spese condominiali svincolato dal godimento effettivo, in quanto, essendo a carico del conduttore le spese per la fornitura del riscaldamento ex art. 9 cit., se la fornitura non esiste, manca la cosiddetta “sinallagmaticità” e non è, quindi dovuto alcun corrispettivo, anche se previsto in contratto, precisando, altresì, che, in tale ultimo caso nulla è dovuto e che la nullità della clausola anzidetta può rilevarsi anche d’ufficio” (Cass. 14 gennaio 2005 n. 680).
In precedenza, peraltro, la stessa Corte aveva affermato che, ove il servizio condominiale (nella specie di pulizia) venga prestato in modo inadeguato, il conduttore dell’appartamento locato sito nello stabile al quale il servizio si riferisce, può eccepire nei confronti del locatore la sua inadempienza e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagamento delle relative spese (così Cass. 17 novembre 1997 n. 11338).
Altrettanto, per quanto riguarda il servizio di portierato, ove svolto dall’incaricato in modo non conforme alle prescrizioni ed alla diligenza dovuta, il conduttore può eccepire al proprio locatore, che pretenda il versamento delle spese relative, la sua inadempienza relativamente al predetto servizio e chiedere giudizialmente di essere esonerato dalle spese stesse (così Cass. 2 luglio 1991 n. 7257).
Da ultimo, per quanto concerne l’ipotesi di un eventuale riconoscimento di debito da parte del conduttore è stato affermato (Cass. 13 marzo 2013 n. 6370) che “ha natura di riconoscimento di debito il telegramma inviato dal conduttore alla società locatrice per il pagamento delle quote condominiali arretrate, nonostante l’assenza di un riconoscimento esplicito del debito, a ciò rilevando, secondo i canoni di interpretazione di cui all’art. 1362 seg. c.c., che dal contenuto del telegramma poteva desumersi la volontà di adempiere all’obbligazione tenuto conto della richiesta del ricorrente di fissare un incontro per il pagamento delle quote condominiali arretrate, ciò a prescindere dalla pregressa fitta corrispondenza in senso contrario intercorsa in precedenza tra le parti (nella specie, la società locatrice aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento degli oneri condominiali nei confronti del conduttore, il quale aveva successivamente opposto il decreto ingiuntivo lamentando che il telegramma con il quale egli «sollecitava un incontro per il pagamento delle quote condominiali arretrate» aveva la finalità di beneficiare delle prerogative offerte dall’art. 9 l. n. 392/1978 (legge sull’equo canone) per ottenere l’indicazione specifica delle spese richiestegli).


6.5. Partecipazione del conduttore alle assemblee condominiali


L’art. 10 della legge n. 392/1978 (non abrogato dall’attuale normativa), al primo comma, disciplina la partecipazione del conduttore all’assemblea dei condomini, accordandogli il diritto di voto, in vece del proprietario, per le delibere relative alle spese ed alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria ed un semplice diritto di intervento nelle delibere relative alla modificazione dei servizi comuni.
La giurisprudenza, inoltre, ha ammesso in capo al conduttore il diritto di impugnare direttamente le delibere assembleari, purchè nei limiti delle materie a momenti indicate (riscaldamento e condizionamento d’aria), sulle quali – si ribadisce - la legge gli riconosce espressamente il diritto di voto ed escludendo tale riconoscimento negli altri casi.
La giurisprudenza ha, altresì, affermato in merito, seppure molto tempo fa (ma la questione è ormai assodata), che l’art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 il quale attribuisce al conduttore il diritto di votare in luogo del proprietario nelle assemblee condominiali aventi ad oggetto l'approvazione delle spese e delle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria e di intervenire senza diritto di voto sulle delibere relative alla modificazione di servizi comuni, riconosce implicitamente con il rinvio alle disposizioni del codice civile concernenti l'assemblea dei condomini, il diritto dell'inquilino di impugnare le deliberazioni viziate, sempreché abbiano ad oggetto le spese e le modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d'aria. Al di fuori delle situazioni richiamate, la norma in esame non attribuisce all'inquilino il potere generale di sostituirsi al proprietario nella gestione dei servizi condominiali, sicché deve escludersi la legittimazione del conduttore ad impugnare la deliberazione dell'assemblea condominiale di nomina dell'amministratore e di approvazione del regolamento di condominio e del bilancio preventivo (così Cass. 18 agosto 1993 n. 8755). Ed ancora, con decisione sempre valida del 1991 (Cass. n. 6843 del 17 giugno 1991), sempre in tema la Suprema Corte ha precisato che “il conduttore di una unità immobiliare di un edificio in condominio, ancorché abbia il diritto, a norma dell'art. 10 della legge n. 392 del 1978, di partecipare all'assemblea dei condomini, non è legittimato - in caso di mancata nomina dell'amministratore - a proporre il ricorso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'art. 1129, primo comma, cod. civ. diretto ad ottenere la nomina dell'amministratore, configurandosi una "negotiorum gestio" di carattere processuale non consentita (anche in materia di volontaria giurisdizione) dall'ordinamento, con conseguente inesistenza di un suo diritto al rimborso delle spese sostenute.
Per altro verso, i giudici di legittimità (come meglio si dirà nel prossimo paragrafo) hanno sempre riconosciuto che l’amministratore del condominio non può rivolgersi direttamente al conduttore stesso per il pagamento degli oneri condominiali, non avendo alcuna azione diretta nei suoi confronti, non ravvisandosi vincoli negoziali nella mera prassi o consuetudine (peraltro non corrette giuridicamente) dell’amministratore di rivolgersi in via prioritaria ai conduttori piuttosto che ai condomini locatori (giurisprudenza costante cfr. per tutte: Cass. 24 giugno 2008 n. 17201; conf. Cass. 13 settembre 2006 n. 19650 ed altre).
La giurisprudenza, peraltro, ha chiarito che ove il conduttore abbia partecipato o, comunque, sia stato regolarmente posto in grado di partecipare in luogo del condomino locatore alle assemblee relative alle spese di riscaldamento e di condizionamento d’aria “non può sottrarsi all’obbligo di rimborso al locatore, adducendo contestazioni in ordine al funzionamento di detti servizi, a meno che non provi che la mancanza o inadeguatezza del servizio derivi da difetti o guasti della parte dell’impianto di proprietà esclusiva del condomino-locatore” (ovvero quella a partire dalla diramazione dell’impianto ai locali di sua proprietà esclusiva, la cui riparazione sia posta dalla legge a carico del locatore stesso: così Cass. 22 aprile 1995 n. 4588).
Diverso è, invece, il discorso concernente il diritto del conduttore di partecipare alle assemblee condominiali che abbiano ad oggetto delibere di modificazione degli altri servizi condominiali e per le quali lo stesso non ha diritto di voto: in tale ipotesi, infatti, considerato che sull’inquilino gravano una serie di ulteriori spese condominiali/oneri accessori, in capo al locatore sussiste “ un obbligo d’informazione, il cui inadempimento legittima il rifiuto da parte del conduttore di rimborsare i maggiori oneri conseguenti a delibere adottate in sua assenza per mancata informazione, ma non incide sul sinallagma contrattuale, e non può quindi essere addotto dal conduttore quale motivo di risoluzione del contratto di locazione, né per sospendere l’adempimento delle proprie obbligazioni, ai sensi dell’art. 1460, 1º comma, c.c.; poiché, peraltro, la norma è volta a tutelare l’interesse del conduttore a non sopportare maggiori spese per la fornitura dei servizi comuni, il suo diritto d’intervento resta limitato alle sole assemblee in cui si discutano modificazioni dei predetti servizi da cui derivi una spesa o un aggravio di spesa che, in definitiva, andrà a gravare sul conduttore, e non anche alle assemblee con diverso oggetto oppure deliberanti su servizi comuni ma senza riflessi sull’onere delle spese” (Cass. 3 ottobre 2005 n. 19308).


6.6. Rapporti condominio-conduttori


Come a momenti accennato, unico legittimato passivo nei confronti del condominio per il pagamento delle spese condominiali è (e non può che essere), il condomino-locatore, cui l’amministratore è tenuto a rivolgersi giudizialmente nell’ipotesi di morosità, dovendo escludersi l’azione diretta del medesimo nei riguardi del conduttore, pur tenuto nei riguardi del suo locatore a rimborsarlo nei modi e nei termini già descritti di cui al combinato disposto degli artt. 9 e 10 legge n. 392/1978, che esplicano i loro effetti all’interno del rapporto contrattuale.
In tal senso è rilevante quanto affermato dalla Suprema Corte negli anni ’90 con una decisione (Cass. 13 gennaio 1995 n. 384 riportata nella giurisprudenza a fine capitolo) che non è stata seguita da altre sentenze in contrario.
In realtà, come sempre sottolineato dal giudice di legittimità, il legislatore, nel limitare la partecipazione del conduttore alle assemblee condominiali alle tassative ipotesi esaminate nel precedente paragrafo, - con o senza diritto di voto - ha voluto, con detta norma, configurare un caso di “sostituzione legale” del conduttore al condomino-locatore, essendo il primo il soggetto maggiormente interessato alle relative delibere, in quanto le spese di riscaldamento e di condizionamento d’aria sono poste dalla legge a suo carico esclusivo (cfr. in tal senso Cass. 22 aprile 1992 n. 4802, ove in base a tale principio viene escluso categoricamente che “le conseguenze della mancata comunicazione del conduttore per le assemblee per le quali è previsto il suo diritto di voto possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione”).
Quella prevista dall'art. 10 della legge 27 luglio 1978 n. 392 è un'assemblea condominiale allargata alla partecipazione, per determinate materie (spese e modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e condizionamento dell'aria), dei conduttori, i quali, su queste, deliberano in luogo dei condomini. Trattasi di un'ipotesi di sostituzione legale del conduttore al locatore, ispirata dal principio che, poiché le spese di riscaldamento gravano su di lui (art. 9 della legge n. 392 del 1978), il conduttore stesso è il soggetto maggiormente interessato alle relative deliberazioni.
Ne consegue che le predette disposizioni si riferiscono solo ai rapporti tra locatore e conduttore, mentre il condominio, essendo privo di un'azione diretta nei confronti del conduttore - tant'è che l'art. 5 della legge stessa prevede la risoluzione del contratto di locazione, a favore del solo locatore, se il conduttore non gli rifonde gli oneri accessori a suo carico - può rivolgersi solo ai condomini per il rimborso delle spese condominiali (Cass. 13 gennaio 1995 n. 384).
Ne deriva che per le delibere in questione sussiste l’obbligo di convocazione dell’inquilino a carico del solo locatore e non anche dell’amministratore del condominio, poiché in giurisprudenza è stato affermato che l’art. 10 della legge n. 392/1978 “non ha comportato modificazioni al disposto dell'art. 66 disp. attuaz. cod. civ., che disciplina la comunicazione dell'avviso di convocazione dell' assemblea dei condomini, con la conseguenza che tale avviso deve essere comunicato al proprietario e non anche al conduttore dell'appartamento, restando solo lo stesso proprietario tenuto ad informare il conduttore dell'avviso di convocazione ricevuto dall'amministratore, senza che le conseguenze della mancata convocazione del conduttore possano farsi ricadere sul condominio, che rimane estraneo al rapporto di locazione” (Cass. 22 aprile 1992 n. 4802).


6.7. Edifici non in condominio ed assemblea dei conduttori


Ai sensi del terzo comma dell’art. 10 legge n. 392/1978 cit. la normativa esaminata è applicabile anche agli edifici non in condominio, da intendersi per tali quelli appartenenti ad un unico proprietario. In tale ipotesi il legislatore ha previsto la cosiddetta assemblea dei conduttori, convocata all’uopo dallo stesso proprietario o almeno da tre conduttori (quarto comma).
La giurisprudenza, peraltro, ha chiarito che, quando il servizio di riscaldamento ovvero di condizionamento dell’aria sia stato prestato, il conduttore non può rifiutare il pagamento degli oneri relativi, neppure nell’ipotesi in cui sia mancata l’assemblea dei conduttori per deliberare sulle modalità di gestione del servizio medesimo.
In argomento, infatti, si ritiene che nel caso in esame non sia stato posto in capo all’unico proprietario/locatore alcun obbligo in tal senso, talché non costituendo l’omessa convocazione un inadempimento a carico del primo soggetto i conduttori non potrebbero neppure addurre tale omissione come valido motivo per sottrarsi al pagamento degli oneri. Tanto è vero che sul punto la giurisprudenza ha affermato che in detta ipotesi il conduttore non può invocare “il principio di cui all’art. 1460 c.c. – inadimplenti non est adimplendum – per esimersi dal concorrere alle spese del riscaldamento” (cfr. Cass. 3 agosto 1995 n. 8484).
Principio che era stato già enunciato in due precedenti decisioni della Suprema Corte e che, ancora oggi, conservano piena validità.


6.8 Giurisprudenza


Cass. 26 febbraio 2015 (ord.) n. 3947
“Nel caso di unico proprietario di tutte le unità immobiliari dell’edificio, la prescrizione biennale del diritto al rimborso degli oneri accessori (posti per legge o per contratto) a carico del conduttore, decorre dalla data di chiusura della gestione annuale dei servizi accessori, secondo la cadenza con cui questa in concreto si svolge nell’ambito del rapporto locatizio, in quanto l’unico proprietario ha la possibilità di elaborare il consuntivo e di accertare se le spese effettuate per quell’immobile locato superino o meno gli acconti periodicamente percepiti alla chiusura della gestione annuale, senza che rilevi che, dopo la chiusura di detta gestione, sia stata venduta taluna delle unità abitative”.


Cass.31 ottobre 2014 n. 23157
“In tema di locazione immobiliare, il debito per il pagamento degli oneri accessori costituisce un debito di valuta poiché ha ad oggetto, fin dall’origine una somma di denaro, talchè, in difetto della prova del maggior pregiudizio da parte del creditore, la rivalutazione monetaria non spetta automaticamente”.


Cass. 10 dicembre 2013 n. 27540
“Le spese di manutenzione straordinaria del bene locato sono quelle relative ad opere non prevedibili o normalmente necessarie per il godimento normale del bene nell’ambito della normale durata del rapporto locatizio e che presentano un costo sproporzionato rispetto al corrispettivo della locazione; ne consegue che rientrano in tale categoria anche le opere di manutenzione di rilevante entità, in quanto finalizzate non alla mera conservazione del bene, ma ad evitarne il degrado edilizio e caratterizzate dalla natura particolarmente oneroso dell’intervento manutentivo (fattispecie relativa a lavori di restauro delle facciate condominiali, i quali comportano sempre un intervento di manutenzione straordinaria, non rilevando che la legislazione urbanistica lo abbia o meno qualificato come intervento di manutenzione ordinaria)”.


Trib. Genova 5 ottobre 2012 (in Arch. Locazioni 2013, 72)
“Ai sensi dell’art. 13, IV comma della legge n. 431/1998, deve ritenersi nulla la clausola del contratto di locazione ad uso abitativo che preveda la forfetizzazione degli oneri accessori”. Decisione ormai superata dalla modifica dello stesso art. 13 e dall’abrogazione nelle locazioni abitative dell’art. 79 della legge n. 392/1978 da parte del legislatore.


Cass. 28 settembre 2010 n. 20348; conf. Cass. 1° aprile 2004 n. 6403)
“In tema di locazione di immobili urbani,, ove il conduttore convenuto in giudizio per il pagamento degli oneri accessori, contesti che il locatore abbia effettivamente sopportato le spese delle quali chiede il rimborso o non abbia effettuato una corretta ripartizione, incombe al locatore stesso, ai sensi dell’art. 2697 c.c., l’onere di provare i fatti costitutivi del proprio diritto, i quali non si esauriscono nell’aver indirizzato la richiesta di cui all’art. 9 della legge n. 392/1978,, necessaria per la costituzione in mora del conduttore o per la decadenza del bimestre per la risoluzione della locazione, ma debbono comprendere anche l’esistenza, l’ammontare e i criteri di ripartizione del rimborso richiesto”.


Cass. 12 aprile 2006 n. 8609 (conf. Cass. 10 febbraio 2003 n. 1953 e 29 gennaio 2003 n. 1292)
“Il credito del locatore per gli oneri accessori si prescrive in un biennio, come previsto dall’art. 6 della legge n. 841/1973, che introduce una deroga al disposto di cui all’art. 2948 n. 3 c.c. (ove la prescrizione è stabilita in un quinquennio)”


Cass. 30 maggio 1995 n. 6078
Dalla normativa sulle locazioni (art. 1575 c.c., 5, 9 e 10 l. 27 luglio 1978 n. 392) può desumersi che la gestione degli impianti e servizi concernenti gli immobili, in quanto attinente al godimento ed alla manutenzione del bene, appartiene di regola al locatore e che il conduttore può eccezionalmente incidere sulla gestione del solo servizio di riscaldamento e di condizionamento d’aria unicamente nell’ambito di assemblee di condomini, o, nel caso di unico proprietario dell’edificio, di inquilini; ne consegue che in ipotesi di unico proprietario ed unico inquilino dell’immobile, in mancanza di un’assemblea, non è possibile ipotizzare un diritto partecipativo del conduttore alla gestione del servizio di riscaldamento o condizionamento d’aria, la quale, proprio in virtù di detta mancanza, fa capo direttamente al proprietario-locatore (nella specie la Suprema Corte, ritenendo quelli enunciati i principî regolatori della materia dei rapporti tra locatore e conduttore e che, in assenza di un inadempimento imputabile non può sussistere un danno risarcibile, ha cassato la sentenza del giudice conciliatore il quale aveva condannato l’unico proprietario a risarcire il danno procurato all’unico conduttore dell’edificio, per avere il primo omesso di convocare il secondo ai fini delle deliberazioni relative alla gestione del servizio di riscaldamento).
Partecipazione del conduttore alle assemblee condominiali (art. 10 legge n. 392/1978)


Cass. 3 ottobre 2005 n. 19308
“Alle assemblee condominiali con ad oggetto delibere relative alla modifica dei servizi comuni diversi da quelli di riscaldamento e di condizionamento d’aria, pone a carico del locatore un obbligo di informazione, il cui inadempimento legittima il rifiuto del conduttore di rimborsare i maggiori oneri conseguenti a delibere adottate in sua assenza per mancata informazione, ma non incide sul sinallagma contrattuale e non può, quindi, essere addotto dal conduttore quale motivo di risoluzione del contratto di locazione, né sospendere l’adempimento delle proprie obbligazioni ex art. 1460, I comma c.c., in quanto volto a tutelare l’interesse del conduttore a non sopportare maggiori spese per la fornitura dei servizi comuni (il diritto d’intervento, comunque, è limitato alle sole assemblee ove si discuta sulla modifica dei predetti servizi da cui derivi una spesa o un aggravio di spesa che andrà a gravare sul conduttore e non anche alle assemblee con diverso oggetto oppure deliberanti su servizi comuni, ma senza riflessi sull’onere della spese)”.


Cass. 29 gennaio 2003 n. 1291 (conf. Cass. 7 febbraio 2000 n. 1338)
“Il termine di prescrizione del diritto del locatore al rimborso degli oneri accessori a carico del conduttore, mentre nel caso di edificio in condominio decorre dalla data dell’approvazione da parte dell’assemblea del bilancio annuale consuntivo, nell’ipotesi di locatore unico proprietario dell’edificio, decorre dalla data di chiusura della gestione annuale dei servizi accessori, secondo la cadenza con cui questa in concreto si svolge nell’ambito del rapporto di locazione”.


Cass. 17 novembre 1997 n. 11338
“Ove il servizio condominiale (nella specie di pulizia) venga prestato in modo inadeguato, il conduttore dell’appartamento locato cui il servizio si riferisce, può eccepire, nei confronti del locatore la sua inadempienza e chiedere giudizialmente di essere esonerato dal pagare le relative spese”.


Cass. 3 aprile 1990 n. 2762
“L’art. 10, l. 27 luglio 1978, n. 392 non ha previsto che i conduttori possano sostituirsi al locatore nella gestione dei servizi condominiali ed in particolare in quello di fornitura del riscaldamento, bensì ha introdotto un meccanismo volto a consentire la partecipazione dei conduttori stessi alle assemblee condominiali con riguardo alle decisioni dei proprietari locatori; pertanto, nel caso di edifici non in condominio, non esiste un obbligo del proprietario dell’edificio di convocare in assemblea i conduttori, potendo gli stessi, in mancanza della facoltativa iniziativa attribuita al proprietario, convocarsi su iniziativa di almeno tre di loro per far valere in confronto del proprietario i propri interessi in relazione al funzionamento del servizio; ne consegue che non è configurabile in capo al proprietario locatore né un inadempimento, né un obbligo di conseguente risarcimento dei danni in confronto dei conduttori per non averne convocato l’assemblea”.