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Reciproca domanda delle parti di risoluzione per inadempimento di due contratti di locazione e di uno di comodato, collegati tra loro, pur se stipulati con soggetti diversi – Corte di Cassazione, sez.III, ordinanza n. 6658 del 9 Marzo 2020  

Conversione del rito in primo e secondo grado – Inammissibilità dell’appello incidentale per mancata notifica dell’appello incidentale - Corte di Cassazione, sez. III, ordinanza n. 6658 del 9 marzo 2020. A cura del dott. Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.

Fatto.  Le parti in causa avevano stipulato due contratti di locazione ed uno di comodato collegati tra di loro, proponendo entrambi domanda di risoluzione contrattuale dei tre negozi per inadempimento della controparte.

La causa venne introdotta con citazione ed il Tribunale, dopo aver disposto il mutamento del rito, rigettava la domanda principale e dichiarava improponibile quella riconvenzionale per difetto di procura.

Il giudice d’appello, poi, respingeva sia l’appello principale, sia quello incidentale proposti dalle parti.

L’appellante incidentale ha impugnato quest’ultima sentenza con ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo attinente la pronuncia d’inammissibilità affermata dai giudici del merito.

Decisione. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rimettendo le parti ad altro giudice d’appello e premettendo, in particolare, che la Corte territoriale aveva ritenuto inammissibile l’appello incidentale, in quanto non promosso con il rito lavoro-locatizio, ma solo con comparsa di risposta non notificata alla controparte, osservando che  la causa era stata decisa con il rito locatizio e che l’appello, quindi, doveva svolgersi con lo stesso rito.

Il giudice di legittimità ha, quindi affermato la fondatezza del motivo, osservando che “l’art. 4 della legge n. 150/2011 non ha abrogato gli artt. 426 e 427 c.p.c., che regolano il mutamento del rito, i suoi presupposti ed i suoi effetti, trattandosi di norma che mira esclusivamente a  razionalizzare i procedimenti speciali assoggettati a riti diversi , riconducendoli sotto uno schema comune. Ne consegue che, nella controversia de qua,  non s’applica l’art. 436 c.p.c., dettato nell’ipotesi tipica in cui l’appello sia introdotto con ricorso, ma non in quello in cui erroneamente l’appello sia stato proposto con citazione, poiché tale atto obbliga l’appellato a seguire il rito imposto dall’appellante” e rilevando, in ogni caso, che “l’atto non può considerarsi nullo, avendo comunque raggiunto il suo scopo, come previsto dall’art. 156 c.p.c., in quanto l’appello incidentale è stato conosciuto nei termini di legge dall’appellante principale e un’apposita notifica di tale atto non avrebbe apportato alcun ulteriore effetto alla conoscenza del suo contenuto, già avuta con il deposito (conoscenza, quindi, che non ha inciso sul diritto di difesa dell’appellante principale proprio in ragione del deposito, attraverso comparsa di costituzione, anteriore all’udienza di trattazione)”.