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15.3. L’alloggio di servizio

15 IL SERVIZIO DI PORTIERATO

15.3. L’alloggio di servizio

Il portiere e i familiari conviventi hanno diritto all’alloggio gratuito, il cui godimento rappresenta parte della normale retribuzione ed è collegato al contratto di lavoro.

Secondo il dettato dell’art. 19 del CCNL l’appartamento di servizio deve essere di due o tre ambienti (se all’atto dell’assunzione la famiglia del custode sia composta di quattro persone conviventi), mentre la sua destinazione ad eventuali altre attività lavorative estranee al servizio in parola, sia da parte del portiere che dei familiari conviventi, sarà possibile solo a condizione che non si tratti di attività artigianali o comportanti afflusso di pubblico o che, in ogni caso, arrechino disturbo ai condomini (art.26).

Ai sensi dell’art. 1117, n. 2, c.c. la portineria (guardiola) e l’alloggio del portiere sono oggetto di proprietà comune se il contrario non risulta dal titolo.

È opinione prevalente che la presunzione di comproprietà stabilita dal citato art. 1117 sussista quando, per le obiettive caratteristiche strutturali, l’immobile sia destinato al servizio o al godimento collettivo del condominio. Mentre, se i locali nei quali si svolgono i servizi comuni appartengono ad un singolo condomino, essendo comune il servizio e le relative installazioni, si può ritenere che su di essi gravi una servitù a vantaggio degli altri condomini.

Nel caso di licenziamento del portiere, ove il condominio rientri in possesso dell’appartamento da questi usufruito nulla vieta che i già menzionati vani siano dati in locazione per un uso differente. A ciò, tuttavia, non può procedere autonomamente l’amministratore, il quale può agire solo sulla base di una precisa deliberazione dell’assemblea.

Poiché il licenziamento del portiere non corrisponde alla soppressione del servizio, cui conseguirebbe la cessazione di fatto della naturale destinazione dell’appartamento ad alloggio dello stesso, si può ritenere che il mutamento di destinazione d’uso dei locali utilizzati per la portineria rientri integralmente nella fattispecie disciplinata dall’art. 1117-ter, con la conseguenza che la delibera sarà valida se approvata con la maggioranza dei quattro quinti dei partecipanti al condominio pari ai quattro quinti dei valori millesimali. E’ stato affermato che «allorché l'alloggio del portiere non sia più destinato ad uso condominiale, si applica ad esso la disciplina della comunione in generale, con la conseguenza che i partecipanti a siffatta comunione devono contribuire alle spese necessarie per la conservazione ed il godimento del bene, ivi comprese quelle occorrenti - come nella specie - per la riparazione del lastrico solare che funge da copertura, ex art. 1126 c.c., in proporzione al solo valore millesimale dell'unità sita nella colonna sottostante al lastrico» (Cass., ord., n. 35957/2021).

È assai comune l’ipotesi in cui, in conseguenza dell’eliminazione del servizio di portierato vero e proprio il condominio conceda in godimento l’ex alloggio del portiere ad un pulitore.

In questo caso è necessario distinguere tra due differenti situazioni a seconda che:

1)        l’uso dell’appartamento costituisca il parziale corrispettivo del servizio reso al condominio-locatore. In tal caso, cessato il rapporto di lavoro verrà meno, automaticamente, anche l’utilizzo dell’immobile, con la conseguenza che il pulitore diverrà occupante senza titolo, potendo essere allontanato dall’ appartamento senza poter usufruire delle proroghe e delle facilitazioni collegate ai tipici rapporti di locazione;

2)        i condomini potrebbero sottoscrivere due contratti del tutto autonomi: uno di lavoro ed uno di locazione. In detta ipotesi il contratto di affitto rivestirà i caratteri della tipica locazione ad uso abitativo e, come tale, sarà soggetto alla legge n. 392/1978 come modificata dalla legge n. 431/1998.

Dopo la soppressione del servizio e in assenza di precise determinazioni dell’assemblea, l’amministratore ha il diritto di detenere le chiavi dell’alloggio al fine di assicurarne l’uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità (Cass. n. 5076/1983).

Da ultimo, secondo la giurisprudenza «ai sensi degli artt. 1130 e 1131 c. c. all'amministratore del condominio spetta per legge la disciplina della gestione ed uso delle cose comuni e della prestazione dei servizi e così dell’esercizio del servizio comune di portierato ed il potere di risolvere il rapporto di lavoro fra il portiere ed il condominio. Di conseguenza l'amministratore può, anche senza deliberazione della assemblea dei condomini, agire per il rilascio dell'alloggio detenuto senza titolo dal portiere licenziato (cui l'alloggio stesso era stato concesso ad integrazione della retribuzione), dipendendo tale rilascio dalla risoluzione di un rapporto obbligatorio assunto per la gestione del servizio comune ed essendo il recupero di detto alloggio essenziale per l'ulteriore espletamento dello stesso servizio» (Cass. n. 4780/1985). In questo caso «la domanda con cui l'amministratore del condominio, a seguito del licenziamento del portiere, chieda il rilascio dell'alloggio al predetto concesso in (parziale) corrispettivo del servizio prestato appartiene alla Competenza del giudice del lavoro, senza che possa comportare esclusione l'eccezione, sollevata dall'ex dipendente, dell'instaurazione di un rapporto di comodato successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro, attenendo tale eccezione al merito della domanda».

MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO a cura di Adriana Nicoletti - Avvocato del Foro di Roma - Foroeuropeo – Rivista Giuridica online - Reg. n. 98/2014 Tribunale di Roma - Registro speciale Ordine Giornalisti del Lazio - Direttore Avv. Domenico Condello