Condominio – opere su parti di proprietà individuale –- corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 28279 del 04 novembre 2019
Immobile di proprietà esclusiva – mutamento di destinazione d’uso – ammissibilità - condizioni - corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 28279 del 04 novembre 2019 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento
FATTO. Il condominio ed alcuni condomini agivano in giudizio dinanzi al Tribunale territorialmente competente per sentire condannare altri partecipanti alla riduzione in pristino dei locali in proprietà esclusiva, la cui destinazione era stata mutata da box in palestra, con conseguente condanna alla chiusura di porte e finestre da questi illegittimamente aperte. Il giudice di primo grado accoglieva la domanda, condannando i convenuti al pagamento, in favore degli attori, del risarcimento danni, all’eliminazione della palestra ed alla chiusura delle aperture realizzate nel seminterrato.
Su appello principale proposto dai soccombenti, la Corte di appello di Salerno riduceva drasticamente la somma dovuta a titolo di risarcimento e confermava il divieto di esercizio dell’attività di palestra nei locali in questione, rigettando l’appello incidentale proposto dagli attori ed avente ad oggetto la chiusura delle nuove aperture.
Avverso la decisione di secondo grado ricorrevano in Cassazione i condomini autori degli abusi lamentando: a) che il giudice di secondo grado aveva erroneamente applicato alla fattispecie l’art. 1122 c.c., con ampliamento del thema decidendum, poiché gli attori si erano limitati ad eccepire la mancanza di un titolo amministrativo; b) che parimenti errato era il richiamo della norma in questione, poiché contestualmente era stata riconosciuta la compatibilità del nuovo uso con la struttura condominiale e c) che il giudice non aveva colto nel segno, là dove aveva ritenuto sussistere, con il dichiarato divieto di esercitare l’attività di palestra, la violazione degli artt. 1102 e 1120 c.c. pur in assenza di un pregiudizio alle parti comuni. Respinto il primo motivo, la Corte Suprema accoglieva gli altri due rinviando ad altra sezione della Corte di appello.
DECISIONE. Quanto al primo motivo la Corte di Cassazione, ribadito che la qualificazione giuridica dell’azione rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito (Cass. 27 novembre 2018, n. 30607), ha evidenziato che oggetto del giudizio non era la mancanza di autorizzazione amministrativa all’esercizio di diversa attività, ma il nuovo uso dei locali che implicava una maggiore frequentazione degli stessi ed una sollecitazione delle strutture condominiali, rispetto alla quale era necessario verificare la compatibilità.
Per i restanti motivi, trattati congiuntamente, la Corte, richiamando il precedente orientamento giurisprudenziale (Cass. 27 ottobre 2011, n. 22428), ha affermato che se non sussistono i divieti sanciti dall’art. 1122 c.c. (pregiudizio alle parti comuni o alla stabilità, sicurezza e decoro architettonico), l’interdizione ad imprimere una differente destinazione della proprietà esclusiva deve essere ricavabile da esplicita norma del regolamento contrattuale, essendo necessario contemperare le differenti esigenze delle parti. Un principio di carattere generale applicabile al caso concreto viste le risultanze della CTU, che aveva accertato la compatibilità delle opere con la struttura condominiale e l’assenza di specifica norma regolamentare che imponesse il veto di destinare i locali in questione ad un uso differente da quello originario.