Appalto –Lavori condominiali - appalto – vizi e difetti dell’opera – corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 10342 del 01 giugno 2020 - commento
Lavori condominiali - appalto – vizi e difetti dell’opera – applicabilità di norme- corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 10342 del 01 giugno 2020 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento
FATTO. Un condominio citava in giudizio la ditta appaltatrice per sentirla dichiarare responsabile – ai sensi dell’art. 1669 c.c. e di una clausola del contratto di appalto – per i difetti ed i vizi attinenti ai lavori di rifacimento degli intonaci dei prospetti del fabbricato condominiale. La domanda consisteva nella condanna della stessa all’eliminazione dei difetti dell’opera, ovvero al risarcimento dei danni subiti.
Il Tribunale accoglieva la domanda indicando un termine per l’adempimento, oppure al pagamento di una determinata somma nel caso in cui il termine non fosse stato rispettato. Avverso la sentenza l’impresa proponeva appello, lamentando che il primo giudice avesse applicato l’art. 1669 c.c. in luogo dell’art. 1667 c.c., riproponendo eccezione di decadenza e prescrizione nei confronti del condominio. La Corte rigettava l’appello.
Avverso tale decisione il soccombente ricorreva in Cassazione, che dichiarava il ricorso inammissibile.
DECISIONE. Con un primo motivo l’impresa contestava che le opere di rifacimento dell’intonaco configurassero opere strutturali e, come tali, rientranti nell’ambito dell’art. 1669 c.c., con la conseguenza che l’azione doveva ritenersi prescritta per essere stata proposta oltre il termine di cinque anni dalla consegna del cantiere. Inoltre i vizi, oggetto del giudizio – a detta del ricorrente – erano riconducibili alle precarie condizioni statiche dell’edificio.
Il giudice di legittimità, nel dichiarare l’inammissibilità del motivo, evidenziava che la Corte di appello aveva affermato che nel momento in cui l’appaltatore aveva riconosciuto i vizi dell’opera aveva assunto un’autonoma obbligazione di garanzia nei confronti del committente, distinta da quella originaria soggetta al termine decennale di prescrizione. Tanto più che nello stesso ricorso nessuna contestazione era stata mossa a tale prospettazione.
Per altro verso la Corte Suprema aveva affermato che il giudice del gravame si era attenuta all’orientamento costante della giurisprudenza, secondo il quale il riconoscimento dei vizi da parte dell’appaltatore, senza novare l’originaria obbligazione in capo allo stesso, «ha l'effetto di svincolare il diritto alla garanzia del committente dai termini di decadenza e prescrizione di cui all'art. 1667 c.c., costituendo fonte di un'autonoma obbligazione di facere che si affianca a quella preesistente legale di garanzia; tale nuova obbligazione, però, poiché non estingue quella originaria, può concernere i soli difetti contestati dal committente, non potendosi estendere ad ogni problematica che sia sorta successivamente con riferimento all'oggetto dell'appalto» (Cass. 07 giugno 2018, n. 14815; Cass. 04 gennaio 2018, n. 62).
Inammissibili gli ulteriori motivi del ricorso per mancanza di specificità (quanto ai vizi asseritamente imputabili alle condizioni statiche dell’edificio) o per genericità (quanto alla responsabilità del direttore dei lavori, chiamato in causa nel giudizio di primo grado).
Va da ultimo osservato che per l’art. 1669 c.c. (rovina e difetto di cose immobili) i gravi difetti, che fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura (Cass. 15 settembre 2009, n. 19868). E sul punto la giurisprudenza ha composto un contrasto giurisprudenziale avente ad oggetto i rapporti tra gli artt. 1667 c.c. e 1669 c.c., affermando che «in tema di contratto d'appalto, sono gravi difetti dell'opera, rilevanti ai fini dell'art. 1669 c.c., anche quelli che riguardino elementi secondari e accessori (come impermeabilizzazioni, rivestimenti, infissi ecc.), purché tali da compromettere la funzionalità globale e la normale utilizzazione del bene, secondo la destinazione propria di quest'ultimo» (Cass. Sez. Un., 27 marzo 2017, n. 7756).