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1.1 Il quadro normativo - I periodi di vigenza

Il quadro normativo - I periodi di vigenza

Le modalità per la determinazione del compenso dovuto all’avvocato per l'attività professionale svolta continuano ad essere regolamentate dall'art. 2233 c.c., come modificato prima dalla c.d. legge Bersani (L. 248/2006), poi parzialmente, dall’art. 9 della legge 27/2012 di conversione del D.L. 1/2012 unitamente all’art. 13 previsto dalla legge 247/2012 (G.U. n. del 18/1/2013 - Nuovo ordinamento professionale forense).

E’ opportuno premettere però che il sistema per la determinazione e liquidazione del compenso all’avvocato deve essere collocato in cinque periodi poiché ogni periodo è regolamentato da differenti disposizioni legislative.

I periodi:
-dal 1933 fino al 2006 - vigenza della legge professionale del 1933 come successivamente modificata;
-dal 2006 fino al 2012 - applicazione della legge c.d Bersani (248/2006);
-dal 2012 fino al 2013 - abrogazione del sistema tariffario e nascita dei parametri;
-dal 2 Febbraio 2013 – entrata in vigore della L. 247/2012 - applicazione dell'art.13 e utilizzazione del d.m. 140/2012;
-dalla entrata in vigore del nuovo d.m. 55/2014 (3 Aprile 2014) inizia il quinto periodo.

L’art. 13, della legge 247/2013, che ha fissato le ultime disposizioni, entrate in vigore dal 2 Febbraio 2013, è oggi completamente attuato con la pubblicazione del D.M. con i nuovi parametri.

La conoscenza dei periodi temporali è importante poiché consente di individuare la relativa normativa vigente ed il conseguente sistema di parcellazione utilizzato.

E’ necessario ricordare che, fino alla entrata in vigore dei nuovi parametri, la normativa (art.13 l. 247/2012) ha specificatamente stabilito che, in assenza di un contratto tra l’avvocato ed il cliente, gli Organi giurisdizionali continueranno ad applicare, per la determinazione del compenso, i parametri previsti dal D.M. 140/2012.

L’art. 28 del nuovo decreto ministeriale stabilisce che le disposizioni (il regolamento ed i parametri) si applicano “alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore”.

La giurisprudenza ha affrontato molte volte il problema della vigenza della normativa con specifico riferimento alla parcellazione degli avvocati.

Da ultimo su questo argomento sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. 17406/2012) e anche la Corte Costituzionale con la sentenza 261/2013.

Secondo i Giudici di legittimità i nuovi parametri per la liquidazione delle spese legali giudiziali si devono “applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando ancora erano in vigore le tariffe professionali abrogate”.

Reputa il collegio che, per ragioni di ordine sistematico e dovendosi dare al citato art. 41 del decreto ministeriale un'interpretazione il più possibile coerente con i principi generali cui è ispirato l'ordinamento, la citata disposizione debba essere letta nel senso che i nuovi parametri siano da applicare ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta in epoca precedente, quando ancora erano in vigore le tariffe professionali abrogate.

Precisa ancora la suprema Corte con la sentenza 17405/2012 "Vero è che il D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 3 stabilisce che le abrogate tariffe continuano ad applicarsi, limitatamente alla liquidazione delle spese giudiziali, sino all'entrata in vigore del decreto ministeriale contemplato nel comma precedente; ma da ciò si può trarre argomento per sostenere che sono quelle tariffe - e non i parametri introdotti dal nuovo decreto - a dover trovare ancora applicazione qualora la prestazione professionale di cui si tratta si sia completamente esaurita sotto il vigore delle precedenti tariffe.

Non potrebbe invece condividersi l'opinione di chi, con riferimento a prestazioni professionali (iniziatesi prima, ma) ancora in corso quando detto decreto è entrato in vigore ed il giudice deve procedere alla liquidazione del compenso, pretendesse di segmentare le medesime prestazioni nei singoli atti compiuti in causa dal difensore, oppure di distinguere tra loro le diverse fasi di tali prestazioni, per applicare in modo frazionato in parte la precedente ed in parte la nuova regolazione. Osta ad una tale impostazione il rilievo secondo cui - come anche nella relazione accompagnatoria del più volte citato decreto ministeriale non si manca di sottolineare - il compenso evoca la nozione di un corrispettivo unitario, che ha riguardo all'opera professionale complessivamente prestata; e di ciò non si è mai in passato dubitato, quando si è trattato di liquidare onorari maturati all'esito di cause durante le quali si erano succedute nel tempo tariffe professionali diverse, giacché sempre in siffatti casi si è fatto riferimento alla tariffa vigente al momento in cui la prestazione professionale si è esaurita (cfr., ad esempio, Cass. n. 5426 del 2005, e Cass. n. 8160 del 2001).

L'attuale unificazione di diritti ed onorari nella nuova accezione omnicomprensiva di "compenso" non può non implicare l'adozione del medesimo principio alla liquidazione di quest'ultimo, tanto più che alcuni degli elementi dei quali l'art. 4 del decreto ministeriale impone di tener conto nella liquidazione (complessità delle questioni, pregio dell'opera, risultati conseguiti, ecc.) sarebbero difficilmente apprezzabili ove il compenso dovesse esser riferito a singoli atti o a singole fasi, anziché alla prestazione professionale nella sua interezza.

Nè varrebbe obiettare che detti elementi di valutazione attengono alla liquidazione del compenso dovuto al professionista dal proprio cliente, sembrando inevitabile che essi siano destinati a riflettersi anche sulla liquidazione giudiziale effettuata per determinare il quantum delle spese processuali di cui la parte vittoriosa può pretendere il rimborso nei confronti di quella soccombente". (Corte di Cassazione, Sez. U, Sentenza n. 17405 del 12/10/2012)

E’ pertanto evidente che il nuovo d.m 55/2014 si applica in tutte le liquidazioni avvenute dopo il 2 aprile 2014.

Questa disposizione sarà certamente oggetto di discussione giurisprudenziale poichè il termine liquidazione indicato nel citato art. 28 potrebbe essere riferito soltanto al provvedimento ufficiale emesso (sentenza, ordinanza …). La Cassazione infatti con la sentenza parla di “liquidazione giudiziale”.

 

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Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.



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- un credito d’imposta, nel limite di 600 euro a procedura (anziché i 500 euro attuali), per ciascuna delle parti al raggiungimento di un accordo di conciliazione;

- un credito d’imposta ulteriore, nel limite di 600 euro a procedura, a copertura delle spese dovute per l’assistenza legale obbligatoria nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;

- ulteriore credito d’imposta fino a 518 euro (corrispondente all’ammontare del contributo unificato per le cause civili di valore indeterminabile) a favore della parte che ha versato il contributo unificato per il giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione;

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