relazione ministeriale al d.m 55/2014
RELAZIONE ILLUSTRATIVA
Premessa
Il presente decreto ministeriale dà attuazione alla previsione di cui all'art. 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012 n. 247 (“Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense”) in forza della quale “i parametri indicati nel decreto emanato dal Ministro della giustizia, su proposta del CNF, ogni due anni, si applicano....”.
La legge ricordata, pertanto, coerentemente con la previgente norma primaria (art. 9 DL 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012 n. 27) che ha disposto l'abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate e il rinvio a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante per la determinazione del compenso ai professionisti (da parte di un organo giurisdizionale), dà per acquisito il riferimento ai parametri per la determinazione dei compensi agli avvocati, e disciplina le modalità di adozione del decreto che indica tali parametri, prevedendo che il predetto debba essere emanato dal Ministro della Giustizia “su proposta del CNF” (Consiglio Nazionale Forense: di seguito sempre “CNF”).
Ne consegue che il DM 140/2012, che prevedeva specifiche indicazioni di parametri per la determinazione dei compensi anche agli avvocati, dal momento della entrata in vigore della legge ricordata, non è più applicabile a questi ultimi.
La legge citata, tuttavia, mentre da un lato rimane coerente con il sistema introdotto dall'art. 9 DL 1/2012, laddove subordina il ricorso ai parametri alla mancanza di accordo tra le parti (che è, e deve rimanere, il criterio principale di determinazione del compenso al professionista, una volta venuto meno il sistema tariffario), dall'altro se ne discosta sensibilmente laddove il ricorso ai parametri non è più limitato ai casi di liquidazione del compenso da parte di un organo giurisdizionale, ma è previsto anche in altri casi: quando il compenso non è stato determinato in forma scritta; in ogni caso di mancanza di accordo; nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell'interesse di terzi; per prestazioni officiose previste dalla legge. Il parametro, quindi, non è più destinato solo a soggetti qualificati, ma è “indirizzato anche al soggetto fruitore della prestazione e dei servizi legali” (relazione illustrativa alla proposta CNF).
La proposta del CNF
In data 24 maggio 2013 è pervenuta a questo Dicastero la proposta del CNF: proposta messa a punto – si legge nella relazione che la accompagna – dopo aver sentito gli organi e le associazioni indicate dalla legge (senza intervento dei componenti esterni come previsto dalla legge 247/2012) e tenuto conto delle osservazioni da questi formulate.
Si apprende dalla relazione citata, che obiettivo primario della proposta è quello di superare una delle maggiori criticità poste in evidenza dal previgente sistema di determinazione dei parametri: la imprevedibilità dei costi del servizio legale. A tale aspetto critico, si è cercato di dare una soluzione (si legge) operando “ una valutazione della quantità media di attività necessaria per una definizione di un procedimento e successivamente stabilendo in relazione a questa un compenso equo”: il risultato vuole essere “un sistema a costi prevedibili, proporzionati alla tipologia di giudizio e relativamente bassi ma comunque remunerativi”.
L'elaborato consegnato al Ministero si compone di una prima parte che comprende un articolato contenente la normativa per l'applicazione dei parametri e di una seconda nella quale sono riportate le tabelle, differenziate per tipologia di attività, contenenti valori/costi delle singole fasi nelle quali la attività si articola.
La parte normativa si distingue in relazione alle materie: giudiziale civile-amministrativa-tributaria; giudiziale penale; un ulteriore capo riguarda l'attività stragiudiziale nel suo complesso.
Il valore della causa è suddiviso in scaglioni progressivi, secondo quanto previsto per il contributo unificato. Per ogni scaglione è indicato, in corrispondenza di ciascuna fase della attività difensiva, il costo medio rispetto al quale sono previsti aumenti e/o riduzioni. Non vi è inderogabilità del minimo, ancorché sia individuata una soglia al di sotto della quale “non sarebbe opportuno andare” al fine di assicurare il rispetto dei principi costituzionali di proporzionalità della retribuzione e di dignità del lavoratore.
Recependo lo schema del DM 140/2012, anche la proposta di cui si tratta prevede una determinazione del compenso “svincolata da criteri quantitativi connessi al numero di atti difensivi redatti ovvero di udienze cui il difensore ha partecipato”, così da stimolare la celerità del giudizio.
Infine, come già ricordato, il paramento non è più destinato solo a soggetti qualificati, ma anche al soggetto fruitore della prestazione e dei servizi legali: di qui la necessità (imposta dall’art. 13 comma 7 della legge 247/2012) di porre il destinatario nelle condizioni di poter fare agevolmente una valutazione economica costi/benefici della azione legale che intende intraprendere. (Ancorché, sul punto, non si possa non rilevare che l'articolato proposto dal CNF – che si è comunque ritenuto di recepire anche sotto questo aspetto – in molte norme faccia riferimento al “giudice” e utilizzi il verbo “liquidare”, con ciò denunciando che il destinatario privilegiato del regolamento è ritenuto essere l'organo giurisdizionale ).
Lo schema di decreto
a) premessa
Il presente decreto ministeriale è stato redatto mantenendo inalterato l'impianto dello schema di cui alla sopra ricordata proposta proveniente dal CNF e confermandone in larga parte il contenuto.
Le modifiche apportate si sono rese necessarie ai fini di armonizzazione del presente decreto a quello (DM 140/2012) che riguarda i compensi di tutti gli altri professionisti (nel rispetto, ovviamente, laddove esistente, di una diversa previsione da parte di norma primaria, come, ad esempio, nel caso della individuazione dei destinatari).
Le modifiche apportate, peraltro, tengono, altresì, conto, delle doglianze sollevate dagli avvocati con riferimento a specifiche norme del DM 140/2012 che li riguardano: doglianze che il Ministro ha recepito e trasfuso in uno schema di decreto correttivo sul quale il Consiglio di Stato ha espresso il parere nella adunanza del 20 dicembre 2012 e il cui iter si è interrotto in seguito alla approvazione della legge 31 dicembre 2012 n. 247. Trattandosi di interventi conseguenti ad una interlocuzione con le associazioni forensi e da queste sostanzialmente “approvate”, nell'apportare le modifiche di armonizzazione di cui si è detto si è ritenuto ragionevole (e corretto) fare riferimento, laddove possibile, ai predetti.
b) Articolato
Nella parte normativa, quella cioè contenente le disposizioni per l'applicazione dei parametri, la ripartizione per materia che si legge nella proposta del CNF è stata mantenuta tenendo però conto delle osservazioni formulate sul punto dal Consiglio di Stato nel parere espresso nella adunanza del 24 ottobre 2013: vi sono quindi due Capi, uno per le controversie relative alla attività giudiziale in generale (la specificazione “civile-amministrativa-tributaria” è stata espunta, come suggerito dal Consiglio di Stato, in quanto non tiene conto di ulteriori sedi giudiziali esistenti in Italia e all’estero) e uno per le controversie in materia giudiziale penale; un Capo autonomo è invece dedicato alla attività stragiudiziale nel suo complesso.
Diversamente da quanto proposto nello schema di decreto trasmesso dal CNF, i tre Capi di cui si è ora detto sono preceduti da un Capo (il Capo I) avente ad oggetto le “Disposizioni generali”.
Il raggruppamento in un unico Capo delle norme che trovano applicazione in tutte le controversie, a prescindere dalla materia di cui si occupano, risulta più razionale ed evita inutili ripetizioni che, lungi dal rendere il testo più fruibile (come invece ritiene il CNF), corrono invece il rischio di renderlo ridondante.
Tale intervento ha comportato una riduzione del numero complessivo degli articoli (da 39 a 29): ciò, tuttavia, non ha inciso sul contenuto “sostanziale” del testo che è rimasto inalterato.
Con specifico riferimento al capo secondo, avente ad oggetto disposizioni concernenti l'attività giudiziaria, si segnala l'espunzione, nella individuazione delle fasi in cui si articola l'attività difensiva giudiziale, di quella “post decisione” come fase autonoma non risultando individuabili specifiche attività che già non rientrino nella fase decisionale o in quelle proprie della fase di studio e introduttiva del procedimento esecutivo. In ogni caso, si è ritenuto di prevedere espressamente che il giudice, nel liquidare la fase decisionale debba tenere conto anche delle (eventuali) attività compiute dall'avvocato che non rientrano nella fase esecutiva.
Si è, viceversa, ritenuto di introdurre (art. 4) disposizioni volte, da un lato, a incentivare la soluzione transattiva o la conciliazione giudiziale della controversia, dall'altra, a “sanzionare” il ricorso alla giurisdizione effettuato nella consapevolezza della infondatezza delle ragioni tutelate.
Il ricorso al “sistema di riduzione del compenso o alla previsione di una sorta di premialità per la rapida soluzione processuale” è stato deliberatamente omesso dal CNF nella sua proposta, sul presupposto che, alla rapida definizione dei giudizi, sia adeguato stimolo la determinazione del compenso per fasi, svincolato dalla durata di ciascuna fase: deve, viceversa, ritenersi che il descritto criterio di determinazione del compenso sia certamente adeguato allo scopo, ma non sufficiente e, soprattutto, non idoneo a riconoscere il valore aggiunto che deve essere attribuito a chi è capace di raggiungere una definizione transattiva o conciliativa della controversia.
Dalle fasi in cui si articola la “materia penale” di cui al capo terzo, è stata espunta la previsione proposta dal CNF di un “compenso accessorio” nei casi di udienza fuori dal circondario, di attività istruttoria in secondo grado o quando le udienze sono più di una. Si tratta, palesemente, di attività che sono o comprese in altre fasi o già adeguatamente considerate sotto altri profili (rimborso spese, trasferta). Inoltre, la previsione di un compenso accessorio per le udienze in numero superiore a uno, così come la (separata e ulteriore) previsione di un raddoppio automatico nel caso di udienze, non di mero rinvio, in numero superiore a una, ha connotati tariffari più che parametrici (il numero delle udienze è già compreso nei parametri generali di cui al comma 1 dell'art. 12), oltre a porsi in aperto contrasto con quanto si legge nella stessa relazione che accompagna la proposta del CNF a proposito della (sopra ricordata) determinazione di parametri rapportati alla fase e svincolati dalla sua durata.
Alcune modifiche si sono rese necessarie per adattare l'articolato alle variazioni apportate alle tabelle (ad esempio per quanto riguarda l'attività stragiudiziale). Là dove necessario, è stato poi introdotto un inciso o un avverbio (“di regola”, “orientativamente”) al fine di sottolineare la non vincolatività dei parametri (sicché il compenso potrà anche essere determinato in un importo che si colloca al di sotto di quella soglia ove “non sarebbe opportuno andare”).
Rispetto alla proposta del CNF sono stati apportati dei ritocchi (migliorativi sotto il profilo della determinazione dei compensi) nelle percentuali di oscillazione in rapporto al valore medio; per contro, è stata soppressa la previsione di progressivi raddoppi del compenso in presenza di cause di particolare complessità: previsione superflua tenuto conto della non vincolatività dei parametri sia nel minimo sia nel massimo.
c) Tabelle
Sono parte integrante del decreto.
Per la loro elaborazione è stato recepito l'impianto proposto dal CNF (che corrisponde, quanto al criterio generale, a quello adottato nel redigere le Tabelle allegate al DM 140/2012).
Le Tabelle di cui al Capo II si distinguono per tipologia di giudizio (una per ogni tipo di giudizio); ogni Tabella espone il valore della controversia suddiviso in scaglioni (normalmente sei: da € 0,01 a 520.000,000 secondo la modulazione prevista per il contributo unico; in pochi casi – che si indicheranno – alcuni scaglioni sono stati raggruppati) e le fasi, come descritte nell'articolato. Per ogni scaglione è indicato il compenso/costo medio della corrispondente fase, mentre le oscillazioni suggerite sono previste nell'articolato.
La Tabella relativa ai giudizi penali (Capo III), è stata redatta (così come proposto dal CNF) riportando nelle colonne gli organi giudicanti o specifiche tipologie di giudizio/attività (scelta giustificata dalla specificità della materia); quella di cui al capo IV (attività stragiudiziale) contiene solo la suddivisione del valore in scaglioni, tenuto conto della natura della attività di cui si tratta (incompatibile con la individuazione di specifiche fasi).
Rispetto a quelle proposte dal CNF, le Tabelle del presente decreto presentano alcuni interventi modificavi, dovuti sia alla già ricordata esigenza di armonizzazione, sia alla rilevata necessità di contenimento quanto al profilo della quantificazione del parametro numerico.
Nello specifico, in primo luogo si segnala la riduzione del loro numero.
Benché nella relazione accompagnatoria si legga che “si è proceduto ad una sorta di accorpamento analogico”, in realtà il dettaglio con il quale sono state predisposte dette Tabelle non può essere accettato, essendo del tutto incompatibile con un sistema che è governato dal principio della abolizione totale delle tariffe e che deve, quindi, rifuggire da ogni tentativo di riproporle sia pure in forma “mascherata”.
Si è pertanto preceduto ad alcuni accorpamenti “analogici”: la tabella 10 (Procedimenti di istruzione preventiva in corso di causa) è stata accorpata a quella n. 9 (Procedimenti di istruzione) non ravvisandosi alcuna ragione per dettagliare in senso ulteriormente tariffario la griglia; la tabella 12 (Reclamo al Collegio) è stata soppressa non risultando giustificata la sua esistenza in presenza di quella n. 11 - Procedimenti cautelari - in cui il reclamo è chiaramente incluso; la procedura esecutiva presso terzi, per consegna e rilascio, in forma specifica (tabelle 19, 21, 22) sono accorpate in un'unica tabella, trattandosi di esecuzioni dalle forme comunemente semplificate, così come era stato accettato dalle associazioni forensi nella interlocuzione che vi è stata in occasione della redazione del correttivo di cui si è sopra scritto; in analogia con il citato correttivo, nella tabella da ultimo citata, le fasi sono ridotte a due (anziché tre) e i valori proposti sono stati ridotti dal 10% al 40%, sempre in linea con il correttivo discusso e accettato dalle associazioni forensi. E' stata soppressa la tabella 25 (Istanze di ammissione al passivo fallimentare) essendo sufficiente l'analogia con la voce fallimentare; per la medesima ragione, è stata soppressa la tabella n. 26 (Reclami nell'ambito della procedura fallimentare), mentre la soppressione della tabella 27 (Impugnazioni avverso lo stato passivo) trova ragione nella constatazione che si tratta di comuni cause di cognizione.
Le Tabelle nn. 34, 35, 36, 37, 38 sono state soppresse avendo ad oggetto attività comunque riconducibili a quella stragiudiziale di cui alla Tabella 33 (sicché il proliferare di Tabelle sulla medesima attività comporta una ingiustificata moltiplicazione dei compensi), mentre la soppressione della Tabella 40 (Collegio arbitrale) trae fondamento dalla considerazione che vi è già una Tabella (la n. 39) che determina il compenso nel caso di arbitro unico, sicché non si comprende per quale ragione debba prevedersene un'altra per il caso di collegio arbitrale, nella quale, per di più, incomprensibilmente, gli importi sono irragionevolmente più elevati: potranno, infatti, essere applicati quelli di cui alla Tabella 39, salvo gli opportuni incrementi per la eventuale complessità dell'affare.
In alcuni (limitati) casi si è ritenuto opportuno accorpare i primi due scaglioni così da averne uno solo di più ragionevole concreta riferibilità (da 0,1 euro a 5.200,00 euro). Ciò è stato fatto nelle Tabelle n. 6-Precetto; n. 7-Procedimenti di volontaria giurisdizione, n. 8-Procedimenti monitori, n. 9-Procedimenti di istruzione preventiva.
In altri casi, si è proceduto ad un accorpamento delle fasi in analogia a quanto introdotto nel già ricordato correttivo accettato dalle associazioni forensi. Per la precisione, ciò è stato fatto nella Tabella 8 – Procedimento monitorio, in cui è stata indicata una sola fase; nella Tabella 18 – Procedure esecutive mobiliari , in cui le fasi sono state ridotte a due; nella Tabella 19-Procedure esecutive presso terzi, per consegna e rilascio, in forma specifica, in cui le fasi sono state ridotte a due.
Nella tabella 20-Procedure esecutive mobiliari, la fase tre “conclusiva” è stata soppressa in quanto mera duplicazione di attività riconducibili alle fasi precedenti.
Alle già segnalate (e argomentate) espunzioni [del “compenso per prestazioni post decisione” (ove previsto) e del “compenso accessorio” nei giudizi penali] va aggiunta la soppressione, nella intitolazione della Tabella n. 23 – Iscrizione ipotecaria giudiziale/affari tavolari – dell'aggettivo “giudiziale”. La Tabella, infatti, non può che riguardare il compenso della sola attività di iscrizione di ipoteca volontaria, posto che la iscrizione di quella del provvedimento conclusivo del giudizio è attività già compresa nella fase decisoria, come espressamente indicato all'art. 4 comma 1 lettera d) (che recepisce puntualmente quanto proposto dal CNF: non può, pertanto, essere recepita la richiesta avanzata, sul punto, dal CNF nelle osservazioni di data 25 novembre 2013).
Un più incisivo intervento modificativo, rispetto alla proposta del CNF, è stato effettuato sugli importi dal predetto indicati come compenso/costo medio della singola fase, con la sola esclusione di quelli di cui alla tabella n. 17 – Giudizi penali, i cui parametri numerici, più bassi rispetto a quelli previsti dal DM 140/2012, erano stati accettati dalle Camere penali: la Tabella 17, pertanto, sotto questo profilo, è recepita così come proposta dal CNF.
Quanto ai parametri numerici indicati nelle altre Tabelle si è rilevato (quasi sempre) un incremento particolarmente significativo rispetto agli attuali (DM 140/2012).
Premesso che, come si legge nella relazione illustrativa che accompagna la proposta del CNF, l'utilizzo del “parametro numerico fisso” ha già superato il vaglio del Consiglio di Stato (come da parere reso in data 5 luglio 2012 sul DM 140/2012), il CNF, nella ricordata relazione, spiega che “il compenso è determinato partendo dalle precedenti tariffe aggiornate sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo, in particolare della componente delle professioni liberali, senza comunque che il risultato fosse pienamente corrispondente all'incremento” e di aver, quindi, proceduto... “a determinare numericamente e quantitativamente un compenso 'equo' per ogni singola fase”.
Ciò premesso, non si può trascurare che, proprio nel parere reso dal Consiglio di Stato il 5 luglio 2012, su quello che poi è divenuto il DM 140/2012 - parere che lo stesso CNF richiama nella sua relazione alla proposta - si legge che “tale adeguamento non deve necessariamente essere pienamente corrispondente all'incremento ISTAT per le professioni liberali” e ciò il Consiglio di Stato scriveva con specifico riferimento all'adeguamento ISTAT che era stato fatto rispetto alle tariffe forensi del 2004. (Nella occasione il Consiglio di Stato riconosceva che vi era stato un incremento complessivo del 24,1% “in coerenza con la proposta del CNF”).
La proposta attuale registra, rispetto ai paramenti numerici attuali (quelli cioè del DM 140/2012), un incremento minimo del 50% e, più spesso - se non quasi sempre - un raddoppio o addirittura una triplicazione dell'importo.
Un tale incremento pare, invero, ingiustificato, sia sul piano tecnico, alla luce dei rilievi che il Consiglio di Stato aveva formulato con riferimento a importi ben più contenuti, sia sul piano “politico”, alla luce della delicata congiuntura economica che sta attraversando il Paese per le inevitabili ricadute su altri settori e, quindi, sul tasso di inflazione, avuto riguardo alla importanza e rilevanza sociale della categoria che si considera.
Si è pertanto ritenuto di dover modificare gli importi proposti e ciò si è fatto individuando, per ogni fascia e corrispondente scaglione, la media tra gli importi attuali (ove previsti, ovviamente) e quelli proposti e intervenendo, quindi, sull'importo “medio” con una riduzione del 25%.
L'utilizzo di tale criterio ha comportato la individuazione di un compenso medio certamente ridotto rispetto a quello proposto, ma incrementato almeno del 50% rispetto a quello attuale (spesso anche di più).
Laddove non è stato possibile utilizzare tale criterio (per l'esistenza di un numero di Tabelle superiore a quello del DM 140/2012) gli importi sono stati individuati secondo un criterio di coerenza e armonizzazione con i precedenti. (Nella tabella 25-Procedimenti per la dichiarazione di fallimento, ad esempio, si è effettuata una riduzione del 40% rispetto a quanto proposto dal CNF, in ragionevole allineamento con i valori degli altri procedimenti, tenuto altresì conto che si tratta di procedimenti per i quali non è neppure necessaria l'assistenza tecnica).
In alcuni casi, invece, si è tenuto conto (anche) dell'accordo raggiunto con le associazioni forensi in vista del correttivo di cui già si è detto; ciò è avvenuto per la Tabella 6-Atto di precetto (riduzione del 40% in ragione di quanto era stato indicato nel correttivo a seguito della interlocuzione con le associazioni forensi specificatamente sentite nel novembre 2012) e per la Tabella n. 19-Procedure esecutive presso terzi, per consegna e rilascio, in forma specifica (riduzione dal 10% al 40% per le ragioni appena esposte).
Tuttavia, nonostante il sopra descritto contenimento degli importi, rispetto a quanto proposto dal CNF, la relazione tecnica dell'Ufficio Bilancio dell'intestato Ministero (prot. GAB 30.9.2013 29147 U) ha rilevato (e argomentato attraverso la elaborazione dei dati offerti) che la proposta in esame comporta - specie nella materia penale ove non risulta più prevista la riduzione del 50 per cento di cui al DM 140/2012 per le prestazioni in favore si soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato -, “un rilevante aggravio di oneri connessi alla liquidazione dei compensi degli avvocati del patrocinio penale, che darebbe luogo a pesanti ripercussioni sull'ordinaria attività processuale e formazione di ulteriori debiti, in mancanza di adeguate integrazioni di risorse sul capitolo 1360”.
Preso atto di quanto emerso, quindi, seguendo il suggerimento formulato dal predetto Ufficio Bilancio, si è proceduto ad una ulteriore riduzione del 10% di tutti i parametri numerici (con alcuni modesti arrotondamenti)
In tutti i casi, comunque, come già rilevato, i parametri numerici indicati nella Tabelle hanno un valore significativamente incrementato rispetto a quello delle Tabelle del DM 140/2012.
Pareri: Consiglio di Stato; Commissioni parlamentari; CNF
Come già sopra ricordato, la sezione normativa del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere nella adunanza del 24 ottobre 2013.
Le competenti Commissioni permanenti di Camera e Senato hanno espresso il proprio parere (favorevole) rispettivamente in data 27 e 26 febbraio 2014.
Le osservazioni con le quali il Consiglio di Stato ha accompagnato il parere favorevole formulato, riguardano aspetti meramente formali (che questa Amministrazione ha accolto) oltre ad un rilevo di merito relativo alla determinazione del compenso spettante agli avvocati che assistono soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato nel settore penale.
La questione (sebbene con indicazioni di segno opposto: il Consiglio di Stato suggeriva un ulteriore ridimensionamento del parametro) è stata posta come “osservazione” anche dalla Commissione Giustizia del Senato e come “condizione” da quella della Camera. Anche il CNF nel parere di data 25 novembre 2013 ha illustrato la criticità della disposizione.
Ritiene questa Amministrazione che la questione debba, in realtà, ritenersi superata in seguito alla entrata in vigore della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (Legge di Stabilità 2014) che ha disciplinato, con norma primaria (art. 1, comma 606), la determinazione del compenso per gli avvocati che assistono, nel settore penale, soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato. E’ stato, pertanto, espunto, dall’art. 12 comma 2, l’inciso relativo alla determinazione del compenso nella fattispecie in esame.
La Commissione Giustizia alla Camera pone, altresì, quale “condizione” anche quella della reintroduzione, nelle Tabelle, della fase post decisoria. Ritiene questa Amministrazione che la richiesta (indicata come “osservazione” anche dalla Commissione Giustizia del Senato) non possa essere accolta così come formulata, come introduzione, cioè, di una fase autonoma, trattandosi di una fase di cui non non è individuabile un contenuto specifico suo proprio. Peraltro, per completezza si è ritenuto comunque opportuno precisare che il giudice, nel liquidare la fase decisoria, dovrà tenere conto anche di quelle attività post decisorie che non rientrano in altre fasi, in particolare nella fase di cui alla successiva lettera e).
Quanto alle altre “condizioni” poste dalla Commissione Giustizia alla Camera, si osserva che il giudice ha sempre l’obbligo di motivare le sue decisioni, sicché non è necessario specificarlo. In taluni casi - art. 4, comma 9 - ciò invece è stato fatto in considerazione della peculiarità della fattispecie, tale da richiamare l’attenzione sulla necessità di una motivazione particolarmente puntuale: in questo modo, inoltre, si è andati incontro ad una specifica istanza del CNF sul punto. (La medesima questione è stata posta come “osservazione” anche dalla Commissione Giustizia del Senato). L’individuazione, nell’ambito degli scaglioni, di un “compenso minimo non inferiore ad una determinata somma” è del tutto incompatibile con il concetto di “parametro” e si pone in un’ottica “tariffaria” con la quale non ci si può più confrontare. (Tra l’altro, è appena il caso di ricordare che divieto di inderogabilità del minimo è stato già soppresso nel 2006 con il così detto decreto Bersani in ossequio alla normativa europea in materia di concorrenza). La previsione della diminuzione dei compensi per ciascun arbitro in caso di collegio arbitrale non ha bisogno di essere stabilita con specifica norma, avuto riguardo alla natura non vincolante e meramente orientativa dei parametri; parimenti, la espunzione all’art. 26 dell’inciso relativo alla “durata dell’incarico” non trova giustificazione laddove si consideri che, quello della durata, è uno dei parametri indicati dalla disposizione per modulare la determinazione del compenso, mentre l’inciso “di regola” ricorda la natura meramente orientativa e non vincolante dei parametri stessi.
Passando alle “osservazioni” che accompagnano il parere favorevole della Commissione Giustizia alla Camera, questa Amministrazione ha accolto la richiesta – formulata dal CNF e indicata tra le “osservazioni” anche dalla Commissione Giustizia al Senato – di fissare nel 15 per cento la determinazione del rimborso per le spese forfettarie. Anche qui, peraltro, l’inciso “di regola” vale a ricordare la natura orientativa e non vincolante della prescrizione. Quanto, invece, alla introduzione di una Tabella di compensi per le cause di famiglia e per i giudizi minorili, si rileva che tale istanza non si rinviene nella proposta del CNF.
Come sopra ricordato, la Commissione Giustizia del Senato ha formulato parere favorevole allo schema di decreto in esame con alcune “osservazioni”.
Oltre a quelle delle quali si è già scritto (in quanto sollevate anche dagli altri interlocutori), si rileva, quanto all’invito a non ridurre eccessivamente i compensi per le cause di minor valore, o di prevedere un ulteriore scaglione per determinate cause (quelle sottoposte ad arbitrato, nel caso di specie), che si tratta di osservazioni che risentono della “cultura tariffaria”, e non tengono in adeguata considerazione che nella fattispecie in esame si versa, invece, in materia di parametri che, per loro natura, come più volte ribadito, sono meramente orientativi e mai vincolanti.
Frutto di un evidente fraintendimento, invece, deve ritenersi l’osservazione secondo la quale suscita perplessità il riferimento, nella Tabella n. 20, ad un compenso “con riferimento alle procedure fallimentari inferiori a 1.100 euro, dal momento che la declaratoria fallimentare non può essere pronunciata per un ammontare di debiti di valore inferiore ai 30.000 euro: è, infatti, evidente che la Tabella di cui si tratta - “Procedimenti per dichiarazione di fallimento” - riguarda le istanze di fallimento che, pacificamente, possono avere ad oggetto crediti di qualsiasi importo (anche inferiore a 1.100 euro), mentre il limite di 30.000 euro riguarda l’ammontare minimo complessivo dei debiti in capo ad un soggetto per essere fallibile. Da ultimo, il riferimento (art. 4 comma 3) alla facoltà dei coniugi di farsi assistere da un solo difensore nelle separazioni consensuali o nei divorzi ad istanza congiunta, si limita a prendere in considerazione un accadimento assai frequente e non incide minimamente (né si comprende come potrebbe farlo) sulla decisione dei coniugi di farsi, invece, assistere ciascuno da un proprio avvocato. (Non consta che il CNF abbia formulato rilievi sul punto)
Sono stati, infine, recepiti i rilievi formali segnalati dal CNF.
Esame dei singoli articoli
Il decreto ministeriale in esame si compone di 29 articoli, suddivisi in cinque Capi.
Il Capo I titola “Disposizioni generali” e comprende tre articoli.
Art. 1 (Ambito applicativo)
Il primo comma sottolinea il carattere residuale dei parametri disciplinati dal regolamento in esame, precisando che ad essi si fa ricorso solo in difetto di accordo tra le parti, inclusi i casi di liquidazione giudiziale anche officiosa, di prestazione dell'interesse di terzi o di liquidazione prevista dalla legge. Diversamente da quanto prevede il DM 140/2012, quindi, destinatario del presente regolamento non è più solo l'organo giurisdizionale che liquida il compenso, ma può essere qualsiasi soggetto si trovi in una delle condizioni specificate dalla norma.
La disposizione non ripropone l'inciso proposto dal CNF secondo il quale in ogni caso “il compenso dovuto all'avvocato dovrà essere concordato in misura adeguata all'importanza dell'opera”, trattandosi di criterio che riguarda gli accordi negoziali tra cliente e avvocato ed è, quindi, del tutto estraneo al presente regolamento che disciplina il ricorso ai parametri proprio nel caso in cui non vi sia tale accordo.
Art.2 (Compensi e spese)
Il primo comma (qui collocato su suggerimento del Consiglio di Stato) ribadisce il principio di proporzionalità della determinazione del compenso alla importanza dell'opera.
Il secondo comma prevede che oltre al compenso per la prestazione professionale resa e al rimborso delle spese documentate, sia dovuto all'avvocato anche un rimborso forfetario per “spese generali”. Accogliendo, sul punto, la “condizione” espressa dalla Commissione giustizia della Camera, nonché la richiesta del CNF (la Commissione Giustizia al Senato ha formulato sul punto una “osservazione” analoga), tale rimborso è quantificato nella misura percentuale del 15 per cento del compenso: la disposizione dà attuazione all'art. 13 comma 10 della legge 247/2012 che rimette proprio al presente DM la determinazione della misura massima del rimborso delle spese forfetarie.
La previsione di tale rimborso - che mira a ristorare il professionista di quelle voci di spesa (ad esempio quelle relative alla gestione dello studio) che sono effettive ma non documentabili - era stata introdotta anche nello schema di DM correttivo di cui si è scritto in premessa (ove però era indicata una percentuale oscillante tra il 10 e il 20 per cento). L'utilizzo del singolare “compenso”, anziché del plurale “compensi” (che si legge nella proposta del CNF), sul quale calcolare la percentuale, vuole fugare ogni dubbio interpretativo sul fatto che le spese forfettarie sono calcolate sul compenso totale e non con riferimento ad ogni singola fase. L’inserimento dell’inciso “di regola” ricorda la natura meramente orientativa della prescrizione.
Art. 3 (Applicazione analogica)
La disposizione si limita a precisare che ove vi dovessero essere fattispecie non considerate, il compenso sarà determinato avendo riguardo a quanto disciplinato per fattispecie analoghe che sono invece previste.
Il Capo II riguarda le “Disposizioni concernenti l'attività giudiziale”. Si compone di otto articoli.
Art. 4 Parametri generali per la determinazione dei compensi.
La norma stabilisce i criteri per la determinazione del compenso. Si articola in dieci commi. Il comma 1 è quello che più specificatamente indica i parametri ai quali commisurare il compenso (natura, durata, complessità, valore dell'affare ecc): in considerazione di tali parametri, il valore medio della prestazione, come indicato nelle Tabelle allegate, potrà essere aumentato fino all'80 per cento o diminuito fino al 50 per cento. Con specifico riferimento alla fase istruttoria, trattandosi della fase che, forse più di ogni altra, definisce lo spessore della controversia e la caratterizza, è previsto un aumento fino al doppio o una riduzione fino al 70 per cento. Si precisa nella norma che aumenti o diminuzioni possono avvenire “di regola”: non obbligatoriamente quindi; nessuna vincolatività, pertanto, può essere individuata nella disposizione. Ne consegue che non è stata recepita la proposta del CNF di prevedere il raddoppio o il quadruplicarsi del compenso per casi di particolare o straordinaria importanza: la natura meramente orientativa e non vincolante del parametro mal si concilia con una dettagliata previsione di aumenti o riduzioni in casi specifici.
Il secondo comma disciplina il caso in cui l'avvocato difenda più clienti prevedendo un compenso unico che può (“di regola”) essere aumentato nella misura del venti per cento fino a dieci soggetti; del cinque per ogni soggetto oltre ai primi dieci, fino al massimo di venti. Presupposto è che gli assistiti abbiano la medesima posizione processuale. Se la pluralità di soggetti sorge per effetto della riunione di due o più cause, il criterio ora riportato si applica dal momento della riunione e nel caso in cui l'avvocato assista un solo soggetto, contro più soggetti.
Il comma 3 si occupa specificatamente dell’ipotesi in cui l'avvocato assista entrambi i coniugi in sede di separazione consensuale o di divorzio ad istanza congiunta (si richiama il commento, riportato nel paragrafo che precede, sulla osservazione della Commissione Giustizia al Senato su questa disposizione), mentre il comma 4 introduce la previsione di una riduzione del compenso spettante per la assistenza ad un solo soggetto, riduzione che può arrivare fino al 30 per cento, nel caso in cui vi sia identica posizione processuale e non vi siano specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto da affrontare.
Il comma 5 declina le fasi del giudizio rispetto a ciascuna delle quali (e con riferimento agli scaglioni di valore) è indicato il compenso medio della prestazione.
Le fasi individuate sono: studio della controversia, introduttiva del giudizio, istruttoria, decisionale. A queste si aggiungono le fasi proprie del procedimento esecutivo: quella di studio e introduttiva e quella istruttoria e di trattazione (si è illustrato in premessa che, per questa tipologia di provvedimento, si è proceduto ad un accorpamento delle fasi, rispetto alla proposta del CNF, in analogia a quanto era stato inserito nel correttivo in seguito alla interlocuzione con le associazioni forensi).
Per ciascuna fase sono indicati gli atti che più la caratterizzano: si tratta, peraltro, di elencazione meramente esemplificativa.
Già si è esposta, in premessa, la ragione della espunzione, rispetto alla proposta del CNF, della ulteriore fase del “compenso per prestazioni post decisione”, come fase autonoma e si è illustrata la introdotta precisazione circa l'obbligo per il giudice, in fase di liquidazione, di tenere conto di tutte le attività post decisorie che già non siano considerate in altre fasi, in particolare quella esecutiva di cui alla successiva lettera e).
I commi da 6 a 9 introducono una sorta di incentivo che si potrebbe definire “deflattivo” essendo volto, da un lato, a “premiare” l'avvocato che raggiunge una transazione o una conciliazione giudiziale, dall'altro a “sanzionare” l'abuso del ricorso alla giurisdizione. Tali previsioni (che non compaiono nella proposta del CNF) lungi dall'avere finalità “punitive”, vogliono invece esaltare e valorizzare la professionalità dell'avvocato, riconoscendo il suo ruolo centrale ed essenziale nella corretta impostazione della controversia.
Sotto questo profilo, si richiama l'attenzione, in particolare, sul comma 5 che introduce la così detta “soccombenza qualificata”: la disposizione prevede un incremento del compenso a favore dell'avvocato vittorioso che nel corso del giudizio sia stato capace di far emergere la manifesta fondatezza della propria pretesa nei confronti della controparte (ovviamente costituita).
Quanto illustrato spiega e giustifica il mancato recepimento della proposta del CNF per il caso di conciliazione giudiziale o transazione, trattandosi di proposta che prevedendo, in tali casi, un sensibile abbattimento del compenso, si pone in un'ottica antitetica rispetto a quella deflattiva.
Tenuto conto delle argomentazioni esposte dal CNF, si è, tuttavia, ritenuto opportuno precisare che la riduzione del 50% nei casi di cui al comma 9 presuppone la sussistenza di gravi ed eccezionali ragioni che devono essere esplicitate dal giudice nella motivazione.
Non è stata, invece, recepita la disposizione di cui all'art. 5 comma 9 della proposta (che prevede che “l'eventuale remissione della causa in istruttoria farà sorgere il diritto a percepire il compenso delle attività svolte secondo i criteri sopra indicata”) trattandosi di previsione sovrabbondante di cui non si ravvisa la necessità.
Il comma 10 prevede la possibilità di elevare il compenso fino al triplo nel caso di “Class action “ in considerazione della particolare natura di tali cause.
Art. 5. Determinazione del valore della controversia
Ai fini della liquidazione del compenso, il valore della controversia è determinato a norma del codice di procedura civile avendo riguardo, nei giudizi per azioni surrogatorie e revocatorie, all’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione è diretta, nei giudizi di divisione, alla quota o ai supplementi di quota in contestazione, e nei giudizi per pagamento di somme, anche a titolo di danno, alla somma attribuita alla parte vincitrice e non alla somma domandata. In ogni caso si ha riguardo al valore effettivo della controversia, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, quando risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile o alla legislazione speciale.
Nella liquidazione dei compensi a carico del cliente, il valore della causa ha riguardo al valore corrispondente alla entità della domanda, ma se risulta manifestamente diverso da quello presunto, anche in relazione agli interessi perseguiti dalle parti, si ha riguardo al valore effettivo della controversia.
Nelle cause avanti gli organi di giustizia amministrativa, si distingue a seconda che si tratti di liquidazione a carico del cliente o del soccombente (ciò che palesemente evoca una liquidazione giudiziale), mentre in materia di contratti pubblici si precisa che l'interesse sostanziale perseguito dal cliente privato (che è il criterio di riferimento per la liquidazione nei confronti del cliente) è rapportato all'utile effettivo o ai profitti attesi dal soggetto aggiudicatario o da quello escluso.
Il comma 4 stabilisce che nei giudizi avanti la giustizia tributaria il valore della controversia è determinato in conformità all'importo delle tasse, imposte, contributi e accessori oggetto di contestazione (con il limite di un quinquennio in caso di oneri poliennali: limite fissato per evitare un eccessivo, non giustificato, aumento del valore della causa).
Infine, se il valore effettivo della controversia non risulta determinabile mediante i criteri enunciati, la predetta si considera di valore indeterminabile. La causa di valore indeterminato si considera, a questi fini, di regola, non inferiore a 26.000 euro e non superiore a 260.000 euro; se di particolare importanza, alla luce di parametri suggeriti dalla norma stessa, si considera, di regola e a questi fini, entro lo scaglione fino a 520.000,00 euro. La disposizione recepisce la proposta del CNF salvo ricordare (mediante l'inserimento dell'inciso “di regola”) che si tratta comunque di criterio orientativo e non vincolante.
Art. 6 Cause di valore superiore ad euro 520.000,00
La norma disciplina la determinazione dei compensi spettanti per cause di valore superiore a 520.000,00 euro. Il criterio adottato è il medesimo di cui alla proposta del CNF la cui corrispondente norma è interamente ripresa salvo l’inserimento dell'inciso “di regola” al fine di ribadire la natura non vincolante del parametro.
Art. 7. Giudizi non compiuti
La disposizione chiarisce che il compenso va determinato in rapporto alla prestazione effettivamente prestata: ne consegue che nella ipotesi giudizio iniziato, ma non concluso, l'avvocato avrà diritto di ricevere il compenso per l'attività svolta fino alla cessazione del rapporto professionale.
Art. 8 Pluralità di difensori e società professionale
La norma contempla l'ipotesi di pluralità di difensori, distinguendo la fattispecie di compenso dovuto dal cliente (ogni avvocato avrà diritto al compenso per la attività da lui effettivamente svolta), da quella di compenso della parte vittoriosa a carico del soccombente, prevedendo che quest'ultimo sarà gravato delle spese processuali come se vi fosse un solo difensore.
Il secondo comma regola il compenso per il domiciliatario (calcolato in misura percentuale rispetto a quello dovuto al dominus ed è ribadita la natura non vincolante della previsione mediante l'introduzione dell'inciso “di regola”), mentre il comma terzo stabilisce che, nel caso di incarico professionale conferito a una società di avvocati, si applica il compenso spettante a un solo professionista anche se la prestazione è stata svolta da più soci. Non è stato, invece, recepito l'inciso (di cui alla proposta CNF) “salvo espressa deroga pattuita con clausola approvata per iscritto dal cliente”, trattandosi di previsione negoziale che riguarda il rapporto tra l'avvocato e il suo cliente e, quindi, estranea al presente regolamento.
Art. 9 Praticanti avvocati abilitati al patrocinio
Recepisce integralmente la proposta del CNF che determina la misura del compenso spettante al praticante abilitato al patrocinio nella misura della metà rispetto a quello spettante all'avvocato.
Art. 10 Procedimenti arbitrali rituali ed irrituali
Il primo comma riguarda il compenso all'avvocato che assume la funzione di arbitro. Rispetto a quanto proposto dal CNF, la norma risente solo della eliminazione di una delle due Tabelle, come illustrato in premessa. Al plurale “Tabelle”, quindi, è sostituito il singolare “Tabella”.
Il secondo comma riguarda, invece, il caso dell'avvocato che difende un soggetto in un arbitrato: come proposto dal CNF, la norma rinvia alla Tabella relativa ai giudizi avanti il Tribunale.
Art. 11 Trasferte
Per la attività svolta al di fuori della sede in cui l'avvocato esercita la sua attività in via prevalente, la norma riconosce all'avvocato il diritto al rimborso delle spese e ad una indennità, rinviando per le modalità di determinazione all'art. 27 in materia stragiudiziale. Rispetto alla proposta del CNF non è stato recepito l'inciso “se non determinati in convenzione” per le più volte ricordate ragioni che il regolamento si applica proprio quando difetta un accordo tra professionista e cliente.
Il Capo III riguarda “Disposizioni concernenti l'attività penale”. Si compone di sei articoli.
Art. 12 Parametri generali per la determinazione dei parametri.
La norma indica i criteri parametrici per la determinazione del compenso nelle cause penali in modo del tutto analogo a quanto è stato fatto all'art. 5 per le cause di cui al capo II. Anche in questo caso è stata recepita la proposta del CFN sia pure con alcuni adeguamenti: la forbice di oscillazione del valore medio è indicata nell'80 per cento in aumento e nel 50 per cento in riduzione (nella proposta del CNF era il 70 per cento in aumento e il 30 per cento in riduzione); anche in questa norma l'inserimento dell'inciso “di regola” vuole ribadire che i parametri sono orientativi e non vincolanti.
Con specifico riferimento alle fasi, già si è ricordata (e argomentata) la espunzione di quella “compenso accessorio”, mentre, con specifico riferimento alla fase istruttoria e/o dibattimentale, è stato espunto il riferimento al numero delle udienze trattandosi di elemento chiaramente tariffario e in contrasto con quanto lo stesso CNF si propone: la determinazione di parametri rapportati alla fase e svincolati dalla sua durata.
L'inserimento, anche in questo caso, dell'inciso “di regola” vale a sottolineare che si tratta comunque di riferimenti parametrici.
Art. 13 Giudizi non compiuti
La norma è speculare a quella che disciplina la medesima fattispecie nella controversie di cui al Capo II, con i soli adattamenti resi opportuni dalla diversa natura dei procedimenti penali ivi considerati.
Art. 14 Incarico conferito a società di avvocati
Valgono le medesime osservazioni illustrate all'art.8 con riferimento all'incarico conferito a società di avvocati.
Art. 15 Trasferte
Come per l'articolo 11, anche questa norma si limita a rinviare all'art. 27
Art. 16 Parte civile
La norma stabilisce che non vi è sono diversi trattamenti, quanto alla determinazione del compenso, tra l'avvocato che assiste l'imputato o indagato, e l'avvocato che assiste la parte civile, inclusi responsabile civile, civilmente obbligato per l'ammenda: in tutti i casi si applicano i parametri di cui alle tabelle allegate. Diversamente da quanto proposto dal CNF, la previsione normativa in esame non è limitata alla sola attività giudiziale ma include anche quella stragiudiziale.
Art. 17 Praticanti avvocati abilitai al patrocinio.
La norma ripropone quanto previsto all'art. 9, per i praticanti di cui al Capo II.
Il Capo IV raccoglie le “Disposizioni concernenti l'attività stragiudiziale” e si compone di 10 articoli.
Art. 18 Compensi per attività stragiudiziale
La disposizione stabilisce che il compenso liquidato per prestazioni stragiudiziali è onnicomprensivo in relazione ad ogni attività inerente l'affare.
Non è stata, pertanto, recepita la proposta del CNF di tenere separate e distinte, sotto il profilo di cui si tratta, l'attività di assistenza stragiudiziale e quella di consulenza, trattandosi di ingiustificata duplicazione del compenso (di qui anche la, sopra ricordata, soppressione delle Tabelle e il mantenimento di una sola).
Art. 19 Parametri generali per la determinazione dei compensi
In analogia con quanto già previsto per le cause di cui al Capo II e al Capo III, la norma declina i parametri di cui il giudice tiene conto per effettuare “di regola” quegli aumenti o quelle riduzioni, rispetto al valore medio indicato nella Tabella, che consentono di determinare il compenso con specifico riferimento alla prestazione concretamente resa.
Art. 20 Prestazioni stragiudiziali svolte precedentemente o in concomitanza con attività giudiziali
La disposizione - che recepisce sul punto la proposta del CNF - prevede la autonoma determinazione del compenso (per il quale rinvia alla Tabella allegata) per l'attività stragiudiziale che, pur connessa a un giudizio, abbia però una sua autonoma rilevanza.
Art. 21 Determinazione del valore dell'affare
L’articolo detta i criteri per la determinazione del valore dell'affare, analogamente a quanto disposto all'art. 6 cui si rinvia.
Art. 22 Cause di valore superiore a 520.000,00 euro
Ripropone quanto previsto all'art. 7 cui si rinvia.
Art. 23 Pluralità di difensori e società professionali
Art. 24 Praticanti avvocati abilitati al patrocinio
Art. 25 Incarico non portato a termine
Le disposizioni citate riproducono il contenuto degli speculari articoli 8, 9, 7 .
Art. 26 Prestazioni con compenso a percentuale
La disposizione, che recepisce la proposta del CNF sul punto, detta i parametri cui far riferimento nel caso di prestazioni che non rientrano nel campo tipico della attività giudiziaria ma ne sono in qualche modo connesse.
La particolare tipologia della prestazione giustifica il ricorso a un compenso a percentuale, modulata secondo parametri indicati dalla norma stessa. L'introduzione dell'inciso “di regola” vuole, anche in questo caso, ricordare la natura meramente orientativa che deve comunque riconoscersi al parametro.
Art. 27 Trasferte
La norma – che si applica anche alle controversie di cui ai capi II e III, giusta rinvio di cui agli articoli 11 e 15 – prevede sia un rimborso spese, sia una indennità per l'avvocato che deve trasferirsi fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente. La norma è dettagliata quanto alle voci rimborsabili che, comunque, devono sempre essere documentate; l'importo, inoltre, può essere aumentato fino al 10 per cento per spese accessorie.
Il Capo V detta la disciplina transitoria e l'entrata in vigore del decreto.
Si compone di due articoli.
Art. 28 Disposizione temporale
La norma precisa che le disposizioni di cui al presente decreto si applicano alle liquidazioni successive alla entrata in vigore del medesimo.
I parametri di cui al decreto in esame, quindi, devono essere applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale interviene in un momento successivo alla entrata in vigore del decreto e si riferisce ad un compenso spettante al professionista che a quella data non ha ancora completato la propria prestazione professionale, ancorché tale prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora era in vigore la precedente normativa. (In questo senso: Cass. S.U.12 ottobre 2012 n. 17405).
Art. 29 Entrata in vigore
La disposizione indica la data di entrata in vigore del regolamento.
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Consiglio di Stato
Parere 18 gennaio 2013, n. 161
Numero 00161/2013 e data 18/01/2013
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato Sezione Consultiva per gli Atti Normativi Adunanza di Sezione del 20 dicembre 2012
NUMERO AFFARE 12463/2012
OGGETTO:
Ministero della giustizia.
Schema di decreto ministeriale concernente: “Regolamento recante modificazioni al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012 n. 1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.”.
LA SEZIONE
Vista la relazione con data 3 dicembre 2012 (trasmessa con nota n. 9259.U del 4 dicembre 2012), con la quale il Ministero della giustizia (Ufficio legislativo) ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull' affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore Consigliere Roberto Chieppa;
Premesso:
Riferisce l’Amministrazione che il presente decreto ministeriale introduce modifiche al decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140 concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
L’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, ha espressamente abrogato le tariffe professionali (comma 1) e ha stabilito, al comma 2, che «ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante».
In attuazione di tale disposizione legislativa, è stato adottato il decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140, previo parere di questa Sezione consultiva per gli atti normativi, espresso nella adunanza del 21 giugno 2012.
L’Amministrazione evidenzia che le modifiche contenute nello schema in esame mirano a superare alcune criticità emerse dal confronto con gli ordini professionali, con particolare riferimento all’ordine forense.
Lo schema di regolamento in esame si compone di tre articoli e due allegati: l’art. 1 contiene le modifiche al d.m. n. 140/2012; l’art. 2 richiama gli allegati che modificano le tabelle A e B del citato d.m., relative agli avvocati, e nell’art. 3 è inserita la clausola di entrata in vigore.
Considerato:
1. Lo schema di regolamento in esame contiene alcune modifiche al recente decreto del Ministro della giustizia 20 luglio 2012, n. 140 concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia, ai sensi dell'art. 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1 convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.
Le modifiche riguardano i parametri per la liquidazione dei compensi per gli avvocati e sono giustificate, nella relazione dell’Amministrazione, dall’esigenza di superare alcune criticità emerse nel confronto con gli ordini professionali e, in particolare, con l’ordine forense.
I parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate vigilate dal Ministero della giustizia sono stati introdotti di recente con il citato d.m. n. 140/2012, pubblicato nella G.U. 22 agosto 2012 n. 195.
Le ragioni di un nuovo intervento normativo a così breve distanza dall’entrata in vigore del d.m. non risultano del tutto chiare, anche perché nulla viene precisato con riferimento alle modalità con cui è avvenuto (o sta avvenendo) il confronto con gli ordini professionali, e in base a quali dati o elementi sono emerse le richiamate criticità.
Va ricordato che, superato ormai da tempo il regime tariffario, la determinazione di parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi dei professionisti costituisce solo un elemento di ausilio al giudice nella liquidazione, in alcun modo vincolante per la liquidazione stessa, come prevede espressamente l’art. 2, comma 7, del d.m. n. 140/2012.
Nel precedente parere n. 3126/2012, reso nella adunanza del 21 giugno 2012, questa Sezione aveva segnalato il pericolo che tali nuovi parametri si prestino a fungere da “tariffa mascherata”, formulando alcune osservazioni in relazione alla previsione di un compenso unitario, comprensivo delle spese; alla eliminazione di qualsiasi riferimento a diminuzioni minime del compenso e alla esigenza di contenere il quantum del valore medio di liquidazione.
Nell’adottare il d.m. 20 luglio 2012 n. 140 l’Amministrazione non ha recepito diverse osservazioni del Consiglio di Stato, senza che nelle premesse del decreto siano state indicate le ragioni del mancato recepimento.
Al riguardo, la Sezione, nel richiamare il proprio precedente parere, non può che limitarsi in questa sede ad esprimere il proprio avviso sulle sole modifiche proposte.
2. La prima modifica concerne il comma 2 dell'art. 1 del d.m. n. 140/2012 in materia di spese, attraverso la previsione che al compenso sia aggiunto un importo per “spese forfettarie”, intendendosi quelle spese, cioè, che il professionista inevitabilmente sopporta ma che, per la natura delle stesse, non può documentare o comunque provare precisamente (secondo la relazione, si tratta, tipicamente, delle spese relative alla gestione complessiva dello studio professionale).
Per tale voce è previsto un incremento del compenso liquidato in misura compresa tra il 10 e il 20 per cento e la modifica riguarda tutte le professioni, come risulta anche dalla sua collocazione sistematica.
Al riguardo, si deve ribadire quanto affermato nel precedente parere, in cui era stato segnalato che l’art. 9, comma 4, del d.l. n. 1/2012 fa riferimento, al penultimo periodo, alla misura del compenso che «va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi».
La fonte primaria fa, quindi, riferimento ad un concetto di compenso omnicomprensivo e, per tale ragione, era stato ritenuto preferibile modificare il comma 2 dell’art. 1 nel senso che il compenso è unitario e omnicomprensivo e comprende anche le spese, ferma restando la possibilità di indicarle in modo distinto come componente del compenso stesso.
Prendendo atto della decisione (non motivata) dell’Amministrazione di non recepire tale osservazione, si osserva che la criticità già segnalata si aggraverebbe con la proposta modifica, introducendo un livello di spese forfettarie in misura peraltro rilevante (di regola, tra il 10 e il 20 % del corrispettivo).
Tenuto conto del principio di omnicomprensività del compenso, stabilito dalla legge, non appare coerente con la richiamata norma primaria introdurre il rimborso delle spese forfettarie, che si aggiungono a quelle documentate, considerato anche che le spese relative alla gestione complessiva dello studio professionale, richiamate dall’Amministrazione nella relazione, devono ritenersi già incluse nel compenso e prese in considerazione ai fini della liquidazione dello stesso.
3. Due ulteriori modifiche riguardano l'attività stragiudiziale degli avvocati, per la quale viene previsto un compenso forfettizzato che, tenuto conto anche del tempo impiegato dal professionista per lo svolgimento della sua attività, viene quantificato, orientativamente, in una percentuale calcolata tra il 5 e il 20 per cento del valore dell'affare L’Amministrazione riferisce di aver voluto evitare di ricorrere al criterio del compenso orario, che non sarebbe risultato ancorabile a un parametro di riferimento sufficientemente certo in sede di vaglio giudiziale.
Pur condividendo la ratio della modifica, si segnala l’esigenza di non prevedere un minimo per il compenso, ma solo una misura massima, che peraltro appare elevata.
Viene, inoltre, aggiunta una disposizione, che prevede l'aumento del compenso fino ad un terzo in favore dell'avvocato che assiste una parte nel procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28.
Secondo l’Amministrazione, la disposizione mira ad incentivare in modo significativo il ricorso assistito alla procedura di mediazione e, quindi, in un'ottica deflattiva, a ridurre l'instaurazione di procedimenti davanti all'organo giurisdizionale, così ponendosi nel solco della già normata previsione di un aumento del compenso dell'avvocato in caso di conciliazione.
Tenuto conto della declaratoria di incostituzionalità dell’obbligatorietà della procedura di mediazione (Corte Cost., 6 dicembre 2012 n. 272), appare preferibile non far conseguire l’aumento del compenso solo in ragione dell’assistenza nel procedimento di mediazione, ma di farlo derivare dall’esito e dal contenuto dell’attività svolta in tale fase (specie, se si vuole incentivare la finalità deflativa dell’istituto).
Pertanto, in caso di assistenza stragiudiziale nel procedimento di mediazione di cui al decreto legislativo 4 marzo 2010 n. 28, il possibile aumento del compenso può essere previsto “tenuto conto dell’esito del procedimento e dell’attività svolta dall’avvocato al fine di favorire il buon esito del procedimento”.
In tal modo, si premia non l’assistenza ad una qualsiasi attività di mediazione, ma l’ausilio ad una mediazione coronata da buon esito, o comunque svolta dal professionista con proposte idonee a favorire il buon esito.
In tale ottica, potrebbe essere prevista pure una diminuzione del compenso, in caso di una assistenza nel procedimento di mediazione non rispondente a tali principi, anche con riguardo alla mancata accettazione di proposte, poi risultate coerenti con l’esito del giudizio (a tal fine è sufficiente inserire le parole “o diminuito” dopo “aumentato”).
4. La previsione di un aumento fino al doppio del compenso spettante all'avvocato che difende più persone con la medesima posizione processuale, è sostituita dalla introduzione di un incremento fino al triplo di tale compenso.
La Sezione ritiene di condividere le ragioni della modifica indicate dall’Amministrazione e consistenti nella finalità di evitare l'incentivazione dell’instaurazione di più giudizi aventi identici petita e causae petendi al solo fine di conseguire un maggior compenso sommando la liquidazione prevista per ciascun procedimento.
5. Parimenti condivisibile è la modifica dell'articolo 9 del d.m. n. 140/2012 (Cause per l'indennizzo da irragionevole durata del processo e patrocinio a spese dello Stato) con la soppressione della possibile riduzione a metà del compenso spettante all'avvocato che presta la sua assistenza a soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato nonché a soggetti a questi equiparati dal DPR n. 115/2002 nel procedimento penale.
Infatti, come evidenziato dal Ministero, l’esclusione della riduzione alla metà del compenso ripristina la differenza tra la difesa in ambito civile e quella ambito penale già introdotta dal DPR n. 115/2002 con norma primaria (dove i compensi per la difesa nel procedimento civile dei soggetti sopra citati sono ridotti alla metà) in un'ottica di recupero della funzione sociale dello Stato, che si fa carico per intero di delicate difese di soggetti con insufficienti mezzi economici.
6. Il nuovo comma 6 bis dell’art. 4 del d.m. disciplina la così detta “soccombenza qualificata”: la norma, che prevede un significativo aumento del compenso liquidato a carico della parte soccombente quando le difese della parte vittoriosa siano risultate manifestamente fondate, mira - secondo il Ministero - non solo, a scoraggiare pretestuose resistenze processuali, ma, soprattutto, a valorizzare, premiandola, l'abilità tecnica dell'avvocato che, attraverso le proprie difese, sia riuscito a far emergere che la prestazione del suo assistito era chiaramente e pienamente fondata nonostante le difese avversarie.
Secondo l’amministrazione si tratta, pertanto, di norma che non potrà trovare applicazione in un giudizio contumaciale, non risultando, anche costituzionalmente, corretto aggravare le conseguenze della “mera soccombenza”.
La Sezione condivide la ratio della modifica, ma non anche tale ultima affermazione in quanto le ragioni di una “soccombenza qualificata” possono sussistere anche se la parte soccombente non si è costituita; appare, quindi, preferibile eliminare la parola “costituito”.
7. Una ulteriore modifica concerne la soppressione del comma 9, dell’art. 1, del d.m. n. 140/2012, che richiamava l'applicazione dei criteri generali di cui all'art. 4, commi da 2 a 5, per la determinazione del compenso nelle controversie il cui valore supera euro 1.500.000.
A tale soppressione fa seguito la introduzione di due ulteriori scaglioni: uno da euro 1.500.001 a euro 5.000.000, l'altro oltre euro 5.000.000; è, inoltre, disposto un incremento – in misura oscillante tra il 30% e il 50%, in modo logicamente regressivo – dei valori parametrici previsti per il procedimento di ingiunzione e per il precetto. Tali modifiche sono esposte nelle nuove tabelle A e B che, a norma dell'art. 2 del presente decreto, integrano e modificano le tabelle Avvocati A e B del d.m. n. 140/2012.
Pur prendendo atto della circostanza che la modifica rende più obiettivi i parametri di liquidazione dei compensi nelle controversie il cui valore supera euro 1.500.000, si segnala l’esigenza di contenere nel quantum i parametri per i due nuovi scaglioni, anche in ragione delle esigenze di contenere la misura dei parametri di liquidazione, già segnalate nel precedente parere, e poste in relazione alla crisi finanziaria in atto nel Paese.
Non si ravvisano, infine, ragioni per aumentare i parametri numerici dei compensi per l’ingiunzione monitoria e per il precetto, giustificati dall’Amministrazione con l’esigenza di riferire anche a tali attività la componente di “studio” (sulla voce “studio” si rinvia a quanto illustrato di seguito in coerenza con la presente osservazione).
8. Per la attività giudiziale penale lo schema introduce una nuova fase che si aggiunge alle altre: quella della investigazione.
Altra modifica relativa alle fasi dell’attività forense è costituita dall’introduzione, nel settore civile, della voce “studio” per la fase esecutiva sia mobiliare sia immobiliare: la voce, inserita con riferimento ad ogni scaglione, contiene valori corrispondenti al 35-50 per cento degli importi previsti per la voce “procedimento”.
Con riferimento a tali due innovazioni si osserva che, nella relazione dell’amministrazione all’originario schema di regolamento, su cui si era espressa questa Sezione con il precedente parere, era stata valorizzata in modo particolare la semplificazione dei parametri di liquidazione rispetto alle abolite tariffe attraverso l’accorpamento delle voci di onorari, diritti, indennità, fondendole in funzione di una suddivisione in fasi dei procedimenti giudiziali, che traeva spunto dalla riforma tedesca del 2004 (Rechtsanwaltsvergütungsgesetz, RVG), che ha sostituito la legge federale sulla retribuzione degli avvocati del 1957.
Sono state così previste cinque fasi: di studio, introduttiva del procedimento o del processo, istruttoria, decisoria, esecutiva, in modo da “ricomprendere anche quest’ultima quale completamento per la realizzazione del bene della vita perseguito nel settore civile, amministrativo, comprensivo del contenzioso contabile, e tributario, e quale segmento terminale nel penale”.
La semplificazione dei parametri attraverso la suddivisione dell’attività in fasi, già condivisa dalla Sezione, comporta che l’attività dell’avvocato venga valutata nel suo svolgimento lineare, in funzione dei risultati raggiunti e con particolare attenzione al contenimento dei tempi dei giudizi.
In tale ottica, l’introduzione di una specifica “fase investigativa” per l’attività giudiziale penale si giustifica con l’esigenza di valorizzare un’attività particolarmente impegnativa e delicata, come quella investigativa appunto, che è stata introdotta al fine di porre su un piano paritario accusa e difesa nel giudizio penale.
Tale importante finalità depone a favore del considerare quella investigativa una fase autonoma.
Una analoga giustificazione non sussiste, invece, per la introduzione, nel settore civile, della voce “studio” per la fase esecutiva sia mobiliare sia immobiliare.
Se la fase esecutiva va intesa in modo da essere ricompresa quale completamento per la realizzazione del bene, come sostenuto dall’Amministrazione nella originaria relazione, non vi è alcuna ragione per inserire all’interno di tale fase una voce “studio”, che finirebbe per costituire una duplicazione della fase di studio, già prevista con dignità autonoma.
Si ritiene, pertanto, che debba essere espunta dal testo dello schema e delle allegate tabelle tale ultima modifica, e si ribadisce quanto osservato in precedenza circa la non necessità di alcun aumento dei parametri numerici dei compensi per l’ingiunzione monitoria e per il precetto.
9. Va, infine, valutata positivamente la soppressione della possibilità della riduzione alla metà del compenso dell'avvocato che assiste d'ufficio un minorenne.
La modifica consente di evitare che la difesa di soggetti deboli sia considerata di minore dignità, e non le sia attribuito quel riconoscimento che è dovuto per la delicatezza dell’incarico (laddove, invece, la previsione di una ridotta retribuzione potrebbe essere erroneamente ritenuta connessa a un minor impegno, con conseguente svilimento della attività difensiva).
P.Q.M.
Nelle considerazioni che precedono è il parere della Sezione.
L'ESTENSORE
Roberto Chieppa
IL PRESIDENTE
Luigi Cossu
IL SEGRETARIO
Massimo Meli
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