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Tabelle millesimali

Condominio - Ta belle millesimali - Approvazione delle tabelle millesimali - Revirement delle sezioni unite: e’ sufficiente la maggioranza qualificata. Il commento alla ordinanza della Corte di Cassazione del 2 febbraio 2010 n. 2658 a cura dell'Avv. Mariangela Condello (articolo pubblicato in atti del XXX Congresso Nazionale Forense del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma)

Condominio Tabelle millesimali - Approvazione delle tabelle millesimali -  Revirement delle sezioni unite: e’ sufficiente la maggioranza qualificata. Il commento della ordinanza della Corte di Cassazione del 2 febbraio 2010 n. 2658 a cura dell'Avv. Mariangela Condello ( articolo pubblicato in atti del XXX Congresso Nazionale Forense del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma)

APPROVAZIONE DELLE TABELLE MILLESIMALI.
REVIREMENT DELLE SEZIONI UNITE: E’ SUFFICIENTE LA MAGGIORANZA QUALIFICATA.

Di Mariangela CONDELLO
Avvocato del Foro di Roma
Dottoranda di ricerca in Diritto Civile presso l’Università di Urbino “Carlo Bo”
V Segretario della XXXII Conferenza dei Giovani Avvocati

SOMMARIO. 1.Tabelle millesimali. L’ultima parola alle Sezioni Unite. – 2. L’orientamento giurisprudenziale tradizionale. – 3. Le argomentazioni al vaglio delle Sezioni Unite. I rilievi critici. – 4. L’orientamento giurisprudenziale più recente. Critiche. – 5. Conclusioni.

1. Tabelle millesimali. L’ultima parola alle Sezioni Unite.

“Le tabelle millesimali non devono essere approvate con il consenso unanime dei condomini, essendo sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art.1136 comma 2 c.c.” e cioè la maggioranza degli intervenuti in assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio condominiale.
Così statuisce la Suprema Corte a Sezioni Unite , risolvendo la questione di diritto sollevata dalla II Sezione con l’ordinanza 2 febbraio 2009, n. 2658, relativamente alla competenza dell'assemblea condominiale per la formazione e la modificazione del contenuto delle tabelle millesimali, che come noto indicano la misura della partecipazione del singolo condomino alle parti comuni del condominio, costituendo lo strumento attraverso il quale si stabiliscono le quote di partecipazione alle spese e i diritti di ogni condomino sulle parti comuni.
La cornice normativa in cui si inserisce la questione dibattuta è quella delineata dagli artt. 1118 c.c. e 68 e 69 disp.att.c.c., i quali rispettivamente prevedono che il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni “è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene, se il titolo non dispone altrimenti” e che “per gli effetti indicati negli artt.1123 (ripartizione delle spese), 1124 (manutenzione e ricostruzione delle scale), 1126 (manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai) e 1136 (costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni) c.c., il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini. I valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell’intero edificio, devono essere espressi in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio”. Inoltre, l’art.69 disp.att.c.c. regola la vicenda modificativa delle tabelle millesimali, regolando due distinte ipotesi: al n.1, la revisione, quando risulta che le tabelle siano conseguenza di un errore, al n.2, la modifica in senso stretto, che ciascun condomino può proporre nel caso in cui, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata”, risulti “notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano”.
Quanto alle modalità tramite cui si addiviene alla formazione delle tabelle millesimali, di regola esse sono predisposte dal costruttore ovvero dall’unico originario proprietario dell’intero fabbricato, che le trascrive nel regolamento di condominio, allegato ai singoli atti di compravendita, sottoscritti poi dagli acquirenti al momento del rogito. Si verifica, altresì, nella prassi l’ipotesi in cui le tabelle vengano redatte ed approvate in un momento successivo dai condomini: è proprio con riferimento a tale ipotesi fattuale, oltre che a quella modificativa di cui all’art.69 disp.att.c.c., che è si è posta la questione rimessa alle Sezioni Unite.

2. L’orientamento giurisprudenziale tradizionale.
Per lungo tempo, la Suprema Corte ha ritenuto che per l’approvazione o la revisione delle tabelle fosse necessario il consenso di tutti i condomini. Qualora poi tale consenso unanime mancasse, alla relativa formazione provvederebbe il giudice su istanza degli interessati, in contraddittorio tra di loro.
Non vi era invece univocità di vedute circa le conseguenze patologiche riconducibili alle deliberazioni adottate in materia dall’assemblea condominiale, sia a maggioranza sia ad unanimità dei soli condomini presenti. Invero, talvolta si è affermato che tale modus operandi configurerebbe un’ipotesi di nullità relativa delle relative delibere, che in quanto tali risulterebbero inefficaci nei confronti dei condomini assenti o dissenzienti, ma, per contro, pienamente produttive di effetti nei confronti dei condomini partecipanti e consenzienti . In ordine a siffatte affermazioni, le Sezioni Unite hanno osservato che esse presuppongono una distinzione tra nullità assoluta e nullità relativa di cui non vi è traccia nella legge e che sono affette da un’intima contraddizione, in quanto se è vero che l’assemblea non ha il potere di deliberare a maggioranza, non si comprende come, a seconda della maggioranza raggiunta, il vizio sarebbe di maggiore o minore gravità.
In altre occasioni, si è parlato di nullità assoluta determinante l’inefficacia della delibera anche nei confronti dei condomini consenzienti, qualora essa non sia stata assunta con la maggioranza degli intervenuti, rappresentativa anche solo della metà del valore dell'edificio. Sarebbe, invece, affetta da nullità relativa e perciò inefficace solo nei confronti degli assenti e dei dissenzienti, la delibera assunta con la maggioranza in questione .
Non sono mancate pronunce che hanno prospettato la semplice inefficacia della delibera de qua, condizionata però al raggiungimento, in un momento successivo, del consenso unanime concretizzatosi in virtù dell'applicazione di fatto delle tabelle da parte dei condomini assenti . Tale prospettazione offre lo spunto per considerare un altro profilo interessante cui è pervenuto l’orientamento giurisprudenziale tradizionale. Invero, è costante l'affermazione che l'originario mancato consenso di un condomino possa essere sanato in un momento successivo, mediante l'assunzione da parte dello stesso di comportamenti che inequivocabilmente mostrino l'intervenuta accettazione della delibera. La ragione di un simile riconoscimento può rinvenirsi nella constatazione che il consenso all'approvazione delle tabelle da parte del singolo condomino, non essendo vincolato ad alcun requisito di tipo formale, ben può manifestarsi per facta concludentia . In questo senso, si è ritenuto, per esempio, che la partecipazione con il voto favorevole alle reiterate delibere dell'assemblea per la ripartizione delle spese straordinarie, secondo un valore delle quote dei singoli condomini diverso da quello espresso nelle tabelle millesimali, ovvero l'acquiescenza concretizzatasi con l'applicazione fattuale delle stesse tabelle protratta nel tempo, integrino gli estremi di comportamenti rivelatori della volontà del condomino e della sua accettazione in ordine ad una parziale modifica dei valori millesimali .
Il ricorso all'espediente dei c.d. comportamenti concludenti sopra descritti, da cui poter trarre il consenso del condomino è, invece, categoricamente escluso nell'ipotesi in cui in assemblea egli abbia già espresso dissenso in merito all'approvazione delle tabelle: invero, in tal caso, in presenza di una sua esplicita e specifica volontà, non è lecito ricercarne una contraria, tacita o presunta, che dovrebbe prevalere sulla prima .
Sul punto la recentissima pronuncia a Sezioni Unite affermano che se è vero l’assunto posto dall’orientamento in considerazione a suo fondamento e cioè che la delibera di approvazione delle tabelle millesimali costituirebbe un negozio di accertamento del diritto di proprietà sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni, siffatto negozio dovrebbe risultare necessariamente per iscritto, escludendo pertanto la possibilità che il consenso dei condomini possa essere validamente manifestato per facta concludentia dal comportamento tenuto dagli stessi successivamente alla delibera cui non avessero preso parte.

3. Le argomentazioni al vaglio delle Sezioni Unite. I rilievi critici.
Tornando al tema principale concernente la competenza dell’assemblea condominiale in ordine alla approvazione delle tabelle millesimali, non può che concludersi che l’orientamento tradizionale ne escludeva l’ammissibilità. Le argomentazioni poste a fondamento di siffatto diniego sono state compiutamente ricostruite dai giudici di legittimità, sia nell’ambito dell’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite che della autorevole pronuncia che ne è scaturita, per essere contestualmente sottoposte a critiche serrate che ne hanno mostrato lacune, incongruenze e fallacie tali da non poterle ritenere convincenti.
Anzitutto, l’affermazione che l’unanimità dei consensi dipenderebbe dal fatto che la delibera di approvazione delle tabelle millesimali costituirebbe un negozio di accertamento del diritto di proprietà di ciascun condomino sulle singole unità immobiliari e sulle parti comuni dell'edificio. A ben vedere, la natura convenzionale delle tabelle postulerebbe l'efficacia vincolante del loro contenuto per tutti i condomini e da ciò sarebbe facile desumere la necessità che qualsiasi operazione sulle stesse avvenga con il loro consenso unanime. Stante siffatta peculiare portata delle tabelle si sarebbe avvertita la necessità di sottrarle alle logiche deliberative assembleari, spesso perverse e pericolose, sia che ivi si faccia ricorso alla regola ordinaria di cui all'art.1136 comma 2 c.c., sia che vi si deroghi ricorrendo a quella speciale dell'unanimità. In altre parole, se si parte dalla premessa che la tabella millesimale sia un negozio di accertamento del diritto di proprietà, non può che concludersi per l’intollerabilità che le attività di approvazione o di modifica vengano rimesse all'arbitrio delle assemblee condominiali e a tutte le circostanze fattuali che a queste fanno da contorno. In particolare, non si potrebbe pensare di poter approvare a maggioranza semplice o anche all'unanimità dei soli presenti, una qualsiasi operazione da effettuarsi su atti concernenti il diritto di proprietà di chi, magari, quel giorno in assemblea non prende parte in virtù di un qualsivoglia impedimento.
L’argomentazione in considerazione non convince i giudici chiamati a pronunciarsi sulla questione a Sezioni Unite. Anzitutto, in quanto si pone in contrasto con quanto ad altri fini sostenuto nella giurisprudenza di legittimità e cioè che la tabella serve solo ad esprimere, in precisi termini aritmetici, un preesistente rapporto di valore tra i diritti dei vari condomini, senza incidere in alcun modo su tali diritti . Pertanto, sottesa alla determinazione delle tabelle in questione altro non c'è che una mera esigenza di accertamento concreto dei valori delle unità immobiliari e delle cose comuni, finalizzato a tradurli in frazioni millesimali; per contro, non vi è implicato alcun profilo volontaristico delle parti. Invero, la deliberazione che approva le tabelle si pone semplicemente come parametro di quantificazione dell’obbligo contributivo del condomino, e non come strumento per la conformazione della realtà oggettiva alla volontà delle parti, carattere finalistico precipuo di un atto negoziale. L’atto di approvazione, piuttosto, fa capo ad una documentazione ricognitiva di tale realtà. “Il valore di una cosa è quello che è ed il suo accertamento non implica alcuna operazione volitiva” .
Inoltre, se si tiene presente che, secondo la lettera dell’art.68 disp.att.c.c., le tabelle servono esclusivamente ai fini della ripartizione delle spese e al computo dei quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea, non si comprende come la determinazione assembleare sul punto possa incidere sul diritto di proprietà del singolo condomino. Di talché, una determinazione che non rispecchi il valore effettivo di un piano risulterebbe pregiudizievole per il singolo condomino, nel senso che potrebbe costringerlo a pagare spese condominiali in misura non proporzionata al valore di proprietà esclusiva, ma di certo non andrebbe ad incidere sul suo diritto di proprietà. A tale situazione ben potrebbe porsi rimedio mediante la revisione della tabella prevista all’art.69 disp.att.c.c., quale strumento generale esperibile senza limiti di tempo nelle ipotesi di errori nella valutazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva.
Nondimeno, da un punto di vista pratico la tesi della natura negoziale dell’atto di approvazione delle tabelle presenta alcuni inconvenienti. Posta in generale l'efficacia vincolante dei contratti solo nei confronti dei contraenti e dei loro successori a titolo universale, considerare le tabelle millesimali di natura negoziale e vincolanti per i condomini in virtù del consenso dagli stessi prestato comporterebbe l'inefficacia della tabella stessa nei confronti di eventuali loro aventi causa a titolo particolare, con la conseguenza che ad ogni alienazione di unità immobiliare dovrebbe far seguito un nuovo atto di approvazione o nuovo giudizio avente ad oggetto la formazione della tabella.
Esclusa la natura negoziale delle tabelle ed escluso il fatto che esse accertino il diritto di proprietà dei singoli condomini, limitandosi invece ad accertare il valore delle unità immobiliari rispetto all'intero edificio, viene in rilievo un'ulteriore circostanza: l'allegazione delle tabelle al regolamento condominiale ex art.68 disp.att.c.c. Ciò assumerebbe una particolare rilevanza in quanto, tenuto conto che quest'ultimo viene approvato dall'assemblea a maggioranza, ai sensi dell'art.1138 c.c., e preso atto che in linea di principio, un atto allegato ad un altro, con il quale viene contestualmente formato, deve ritenersi sottoposto alla medesima disciplina, si potrebbe facilmente concludere nel senso che le tabelle vadono approvate con la stessa maggioranza richiesta per il regolamento condominiale.
Altra argomentazione da passare in rassegna, posta a fondamento dell'incompetenza assembleare in merito al contenuto delle tabelle millesimali, consiste nell'affermare che la determinazione dei valori della proprietà di ciascun condomino e la loro millesimazione sarebbero regolate direttamente dalla legge, ed in quanto tale escluse dal novero delle attività precipue dell'assemblea dei condomini. La Suprema Corte obietta sul punto quanto segue: a) non esiste alcuna disposizione normativa che regoli espressamente le concrete modalità di determinazione dei millesimi, bensì l'art.68 disp.att. c.c. si limita a stabilire che le tabelle devono essere espressione del valore di ogni piano o porzione di piano, escludendo l'incidenza di specifici fattori; b) se la determinazione dei valori delle unità immobiliari e la loro espressione in millesimi fossero davvero prescritte e regolate dalla legge, nel senso di escludere qualsivoglia margine di discrezionalità sul punto, non si comprenderebbe la ragione per cui le tabelle dovrebbero essere necessariamente approvate all'unanimità o determinate da un giudice nel contraddittorio di tutti i condomini, potendovi, invece, in teoria, provvedere direttamente l'amministratore, quale mero esecutore materiale di prescrizioni normative.
Quanto infine all’affermazione secondo cui le tabelle millesimali, essendo predisposte anche al fine del computo delle maggioranze nelle assemblee, avrebbero carattere pregiudiziale rispetto alla costituzione e alla validità delle delibere, onde escludere la possibilità che le stesse possano formarne oggetto, le Sezioni Unite ne denunciano la difformità rispetto ad una giurisprudenza consolidata, secondo cui le tabelle agevolano, ma non condizionano addirittura lo svolgimento delle assemblee ed in genere l'intera gestione del condominio . Ciò in quanto un criterio di identificazione delle quote di partecipazione condominiale, dato dal rapporto tra il valore delle proprietà singole ed il valore dell’intero edificio, preesiste alla formazione delle tabelle millesimali, consentendo di valutare se i quorum assembleari, costitutivi e deliberativi, sono stati raggiunti.

4. L’orientamento giurisprudenziale più recente. Critiche.
Recentemente, sulla questione esaminanda, si è affermato in giurisprudenza un orientamento che, seppur inconsapevolmente e timidamente, si distingue rispetto a quello tradizionale descritto finora. Non assume una posizione che può dirsi del tutto contraria rispetto a quella precedente: prende piuttosto spunto da questa, condividendone alcune conclusioni, ma poi cerca di mitigarne il rigore e, percependo anche gli spunti e le istanze della prassi, tenta di accogliere, seppur solo in certi casi, soluzioni più flessibili. In verità, all’orientamento tradizionale su descritto non se ne è mai contrapposto un altro contrario tale da provocare l’intervento delle Sezioni Unite in espletamento della tipica funzione nomofilattica. Piuttosto il loro autorevole intervento sulla questione si è reso necessario in ragione della crescente insoddisfazione e della poca adeguatezza della tesi propugnata dall’orientamento tradizionale, raccolte dai giudici di legittimità con l’ordinanza del 2 febbraio 2009 di rimessione, di cui infatti la sentenza a Sezioni Unite ne riproduce pedissequamente il contenuto.
Sulla scorta del più recente, ancorché minoritario, orientamento giurisprudenziale possono distinguersi due tipologie di tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale . Nella prima si possono sussumere le tabelle aventi natura negoziale o convenzionale e cioè quelle predisposte dall'unico originario proprietario ed accettate dagli iniziali acquirenti delle singole unità immobiliari e quelle redatte in un momento successivo ed approvate da tutti i condomini all'unanimità. A ben vedere, si tratta della medesima categoria presa in considerazione anche dall'orientamento tradizionale, secondo cui sarebbe però, l'unica tipologia di tabelle ammissibile. In quest'ottica, le tabelle sì redatte ed approvate costituirebbero un vero e proprio accordo vincolante per tutti i condomini, alla stregua di un regolamento di tipo contrattuale, tanto che non sarebbe irragionevole ipotizzare un'applicazione in via analogica della disciplina codicistica in materia di contratto, con particolare riferimento al principio – cardine dell'autonomia negoziale dei privati. Proprio in questo senso sembra muoversi il recente orientamente giurisprudenziale, quando afferma espressamente che le tabelle di natura convenzionale come sopra individuate, “costituendo una sorta di statuto della collettività condominiale, fonte di diritti ed obblighi per i singoli condomini” , legittimano quest'ultimi a fissare, nell'ambito della loro autonomia privata, criteri di ripartizione delle spese comuni anche diversi da quelli stabiliti dalla legge (prevedendo, ad esempio, un concorso paritario dei condomini, come avviene per i comunisti, ovvero l'esenzione di alcuni di loro). Siffatte tabelle possono essere modificate con il consenso unanime di tutti i condomini dell'edificio ovvero, in mancanza, per atto dell'autorità giudiziaria, emesso su istanza degli interessati ed in contraddittorio tra di loro.
Fin qui niente di nuovo rispetto alla soluzione offerta dall'orientamento giurisprudenziale tradizionale.
Il passo in avanti compiuto recentemente sta nell'aver individuato un'ulteriore categoria di tabelle millesimali rispetto a quelle di natura convenzionale: si tratta delle tabelle aventi natura deliberativa, in quanto approvate con deliberazione dell'assemblea condominiale. Secondo la giurisprudenza in esame, devono necessariamente contenere criteri di ripartizione delle spese conformi a quelli legali e a tali criteri devono uniformarsi nei casi di modifica o revisione del loro contenuto, in quanto non sarebbe configurabile in relazione a siffatte tabelle alcuna forma di autonomia negoziale in capo ai condomini, proprio perché approvabili e modificabili dall'assemblea a maggioranza semplice, ai sensi dell'art.1136 comma 2 c.c. (in mancanza, con atto dell'autorità giudiziaria).
Alla stregua di siffatta interpretazione, sarà affetta da nullità la delibera che modifichi le tabelle millesimali convenzionali adottata dall'assemblea senza il consenso unanime dei condomini, mentre sarà valida la delibera modificativa della tabella di natura non convenzionale adottata dall'assemblea con la maggioranza degli intervenuti rappresentativa di almeno la metà del valore dell'edificio.
Sulla scia dell’ordinanza di rimessione, la sentenza n. 18477/2010 denuncia, non tanto l'infondatezza assiologica e contenutistica dell’orientamento appena descritto, quanto piuttosto la mancata esplicazione degli elementi di raccordo con la precedente giurisprudenza, in quanto non chiarirebbe come possano esservi tabelle millesimali approvate con deliberazione assembleare, se, poco prima, la giurisprudenza aveva escluso una competenza dell'assemblea condominiale in merito ed aveva solennemente proclamato la natura convenzionale delle tabelle, quali clausole del regolamento condominiale insistenti sui diritti di proprietà dei condomini.
Inoltre, viene messo in evidenza il contrasto tra il nuovo orientamento e la giurisprudenza consolidata in tema di c.d. regolamento condominiale di origine “contrattuale”, secondo la quale occorrerebbe distinguere tra disposizioni tipicamente regolamentari e disposizioni contrattuali con la conseguenza che solo per la modifica delle seconde sarebbe necessario l’accordo di tutti i partecipanti, mentre le prime sarebbero modificabili con le maggioranze previste dalla legge. La giurisprudenza in considerazione ha precisato altresì che ai fini della determinazione della natura delle disposizioni non incide la loro comune inclusione nel regolamento condominiale e che hanno natura contrattuale solo le clausole limitative dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, attributive ad alcuni condomini di maggiori diritti rispetto ad altri . Sulla base di tali premesse - obiettano le Sezioni Unite - non sembra possibile riconoscere natura contrattuale alle tabelle millesimali.

5. Conclusioni
Concludendo, il convincimento formatosi in seno alle Sezioni Unite risente evidentemente della necessità di agevolare ed accelerare le operazioni di approvazione delle tabelle millesimali e delle relative modificazioni in un ambito già di per sé estremamente litigioso quale il condominio. Tale obiettivo viene perseguito, per un verso, conferendo la relativa competenza all’assemblea quale organo deliberativo democratico e per altro verso, svincolando le deliberazioni in materia dalla necessità di un consenso unanime, spesso difficile da ottenere e comunque esposto al rischio di condotte ostruzionistiche. Il fatto che non sia più necessaria l’unanimità non determina un abbassamento delle garanzie riconosciute a ciascun condomino, il quale qualora si senta danneggiato da un’erronea determinazione millesimale, avvenuta in un’assemblea cui egli non ha preso parte, ben può azionare il rimedio legislativo della revisione di cui all’art.69 disp.att.c.c. oltreché i rimedi impugnatori preposti dal legislatore avverso le deliberazioni assembleari (art.1137 c.c.).