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Parti comuni – Tetto – Modificazioni – Legittimità - Condizioni

Nel condominio degli edifici, è ammessa la possibilità di modesti tagli del tetto operati da un condomino ove non diano luogo a modifiche significative della consistenza del bene, non potendosi proibire la modifica che costituisca un uso più intenso della cosa comune da parte del singolo, anche in assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modificazione. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 8517 del 08/04/2013 (massima redazionale)

Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 8517 del 08/04/2013

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con citazione regolarmente notificata il condominio di via Di. 140 in Ca. conveniva davanti al tribunale di Chiavari To.Sa., proprietaria dell’appartamento interno 10 nel piano sottotetto dell’edificio, esponendo che la stessa aveva eseguito lavori di trasformazione di parte del tetto condominiale, in particolare ricavando due balconi a pozzetto annessi alla propria unità abitativa.
Adducendo la violazione dell’articolo 1102 c.c. chiedeva dichiararsi l’illegittimità dei lavori, la condanna alla rimessione in pristino ed ai danni.

La convenuta si costituiva chiedendo il rigetto.

Con sentenza n. 8/2005 il Tribunale dichiarava l’illegittimità delle opere e condannava la convenuta alla rimessione in pristino, ai danni in euro 1000,00 ed alle spese, decisione parzialmente riformata dalla Corte di appello di Genova, con sentenza 1114/2008, che limitava la declaratoria di illegittimità alla costruzione dei terrazzi a pozzetto, con compensazione di 1/3 dei due gradi, richiamando il principio che le modifiche di parti comuni possono essere apportate dal singolo condomino, indipendentemente dal consenso degli altri, sempre che gli interventi non alterino la destinazione e non comportino impedimento all’altrui pari possibilità d’uso e la trasformazione di una parte del tetto di copertura ne modificava la funzione.

Ricorre la To. con quattro motivi, resiste il condominio.

Le parti hanno presentato memorie.

Col primo motivo si denunziano violazione degli artt. 1102 I, e 1139 c.c. e vizi di motivazione per avere la Corte territoriale negato la legittimità alle opere eseguite.

Col secondo motivo si deduce violazione dell’art.1102 I c.c., per non essere stato considerato il profilo della inesistenza del limite all’uso comune, attesa la preesistenza di due finestre.

Col terzo motivo si denunzia omessa motivazione sull’assenza di impedimento e/o limitazione all’uso comune.

Col quarto motivo si denunzia altra omessa motivazione sulla mancata revisione della condanna risarcitoria.

Con altra citazione del 6.6.2002 Sa.To. conveniva davanti al tribunale di Chiavari il condominio di via Mo.Di. in Ca. esponendo di essere stata autorizzata a realizzare due terrazzi a pozzetto nella propria mansarda, trasformando due finestre per l’entrata di luce e ricambio dell’aria, autorizzazione ottenuta dall’assemblea del 4.3.2002 con la maggioranza di 676,26 millesimi e la fissazione di modalità esecutive, mentre il 24.4.2002 era pervenuta dall’amministratore intimazione a bloccare i lavori per la richiesta di alcuni condomini di assemblea straordinaria, che il 13.5.2002 dichiarava la nullità della precedente delibera ed intimava la sospensione dei lavori.

Chiedeva dichiararsi l’invalidità di tale ultima delibera e che i lavori, rientrando nella previsione dell’articolo 1102 c.c., non necessitavano di autorizzazione condominiale.

Il condominio si costituiva chiedendo il rigetto.

Con sentenza 16.12.2003 il Tribunale rigettava le domande, decisione confermata dalla Corte di appello di Genova, con sentenza 95/2010 che, affermata la revocabilità della prima delibera, nel merito precisava che la trasformazione del tetto comportava un mutamento del prospetto e della sezione e richiamava giurisprudenza di questa Corte sul divieto di innovazioni alle parti comuni in relazione all’art. 1102 c.c., concludendo nel senso che la realizzazione di un terrazzo ad uso privato, in sostituzione di un tetto ad uso comune, integrava una radicale modifica del bene e non una semplice innovazione.

Ricorre la To. con nove motivi, resiste il condominio.

Le parti hanno presentato memorie.

All’udienza del 30 gennaio 2012 è stato concesso termine al condominio per produrre la delibera assembleare di autorizzazione a stare in giudizio, adempimento effettuato.

Col primo motivo si lamenta violazione dei principi in tema di impugnazione delle delibere assembleari ex art. 1137 c.c. per avere la Corte di appello sbrigativamente dedotto la revocabilità mentre la delibera 13 maggio 2002 non esprime una volontà di revoca.
Col secondo motivo si denunzia violazione dei principi in materia di revoca delle delibere assembleari perchè, in subordine, l’invalidità e l’inefficacia dovevano essere riconosciute dal giudice e, nella specie, i lavori autorizzati erano iniziati prima della delibera.

Col terzo motivo si lamenta omessa motivazione sul punto della irrevocabilità a lavori iniziati.

Col quarto motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. perchè la Corte genovese ha indebitamente sconfinato rispetto al tema oggetto della causa per avere dedotto un mutamento del prospetto e della sezione a fronte della domanda di accertamento della legittimità delle opere ex art. 1102 c.c.
Col quinto motivo si denunzia violazione degli artt. 1102, I, e 1139 c.c. per avere la Corte territoriale negato la legittimità alle opere eseguite.

Col sesto motivo si deduce violazione dell’art. 1102 I c.c. per non essere stato considerato il profilo della inesistenza del limite all’uso comune, attesa la preesistenza di due finestre.

Col settimo motivo si denunzia violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c., in via subordinata, perchè la sentenza n. 1114 del 27.9.2008 aveva limitato la declaratoria di illegittimità alle opere relative alla costruzione dei terrazzini, riconoscendo legittima la realizzazione degli abbaini, con acquiescenza del condominio.

Con l’ottavo motivo si denunzia altra violazione dell’art. 1102 c.c., sempre in via subordinata, per essere stata ignorata la precedente decisione della stessa Corte di appello.

Col nono motivo si deduce omessa motivazione perchè la scelta di ignorare la precedente decisione è incomprensibile.

MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte, in pubblica udienza, ha disposto la riunione al procedimento n. 27333/2008 di quello n. 77323/2010, trattandosi sostanzialmente di identica questione tra le stesse parti e per evitare conflitti di giudicato (Cass. nn. 3189/2012, 22631/2011, 3830/2010, 18034/2009, S.U. ord. 28537/2008).

Vanno esaminati congiuntamente i primi tre motivi del primo ricorso ed il quinto ed il sesto del secondo, che meritano accoglimento.

Le sentenze impugnate si fondano sulla radicale (e quindi irreversibile) modifica del bene attraverso la realizzazione di un terrazzo ad uso privato rispetto ad un tetto comune, attesa anche l’irrilevanza della preesistenza di due finestre ma questa Suprema Corte (Cass. nn. 14107 e 14109/2012) ha sostanzialmente ammesso la possibilità di modesti tagli del tetto ove non diano luogo a modifiche significative della consistenza del bene, non potendosi proibire la modifica che costituisca un uso più intenso della cosa comune da parte del singolo, anche in assenza di un beneficio collettivo derivante dalla modificazione.

Donde la cassazione con rinvio sul punto per verificare se la costruzione di balconi a pozzetto integri la situazione indicata.

Restano assorbiti il quarto motivo del primo ricorso ed il quarto motivo del secondo.

Quanto alle altre censure, la prima del secondo ricorso non riporta analiticamente le deliberazioni richiamate, contesta apoditticamente la corretta decisione della Corte di appello sulla revocabilità delle delibere assembleari e non dimostra l’interesse alla doglianza di fronte alla affermazione che la delibera 13.5. 2002 non esprime affatto una volontà di revoca.

La seconda non indica i fatti, deduce assiomaticamente un limite insuperabile del potere di revoca non più esercitabile a lavori iniziati, questione che, in astratto, avrebbe potuto legittimare solo una richiesta di danni e non tiene conto che la prima delibera fissava modalità esecutive, che implicavano un potere di controllo.

La terza censura è solo enunciata e ripropone il tema della irrevocabilità a lavori iniziati, infondato per quanto dedotto in relazione al precedente motivo.

Il settimo, l’ottavo ed il nono motivo possono esaminarsi congiuntamente e respingersi sia perchè non si dimostra l’incompatibilità delle due decisioni richiamate, che sembrerebbero avere oggetto diverso (terrazzini ed abbaini) sia perchè non si dimostra l’interesse alle censure rispetto ad una asserita acquiescenza del condominio.

Donde la cassazione con rinvio delle sentenze sui punti indicati, con assorbimento del quarto motivo di entrambi i ricorsi ed il rigetto delle altre censure.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie i primi tre motivi del primo ricorso, il quinto ed il sesto del secondo, dichiara assorbiti il quarto motivo del primo ricorso ed il quarto motivo del secondo, rigetta le altre censure, cassa le sentenze in relazione ai motivi accolti e rinvia per nuovo esame e per le spese ad altra sezione della Corte di appello di Genova.