02.3 Aree destinate a parcheggio e locali comuni - Rif: art. 1117, c.c. n. 2
02 LE PARTI COMUNI E LA PRESUNZIONE DI COMUNIONE
02.3 Aree destinate a parcheggio e locali comuni - Rif: art. 1117, n. 2, c.c.
Aree destinate a parcheggio: queste sono ora state esplicitamente annoverate nell’elenco di cui all’articolo 1117 c.c. sulla scia di un acceso dibattito giurisprudenziale e dottrinale: dibattito che, in un primo momento, ha visto affermarsi la tesi dell’inesistenza di un collegamento permanente tra le unità immobiliari e le aree destinate a parcheggio suscettibili quindi, di trasferimento separato, fermo il rispetto della destinazione d’uso.
Successivamente la giurisprudenza veniva a dichiarare la nullità delle clausole con cui, all’atto di cessione delle unità immobiliari, si escludeva il trasferimento dei diritti relativi all’area di parcheggio, con automatico trasferimento di tali diritti in capo agli acquirenti delle unità immobiliari, dietro pagamento di un corrispettivo (Cass. S.U., n. 6602/84).
A seguire, in conseguenza dell’introduzione dell’articolo 26 della legge 20 febbraio 1985 n. 47 – che qualificava come pertinenza lo spazio destinato a parcheggio, richiamando l’articolo 818, co. 2, c.c. che consente gli atti di disposizione aventi ad oggetto unicamente le pertinenze - la dottrina è intervenuta cercando di ribaltare il precedente orientamento giurisprudenziale, rendendo così necessario un nuovo intervento della Suprema Corte che, con la sentenza del 18 luglio 1989, n. 3363, a Sezioni Unite, affermava la natura di pertinenze inscindibili delle aree destinate a parcheggio.
Nel frattempo con la legge Tognoli (legge n. 122/89) il legislatore ha, tra l’altro, introdotto la possibilità di realizzare nel sottosuolo o al piano terreno, ed anche in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti, parcheggi da destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari sancendo la nullità degli atti di cessione di tali parcheggi separatamente dalle unità immobiliari di cui costituiscono pertinenza.
La legge ha subito, nel corso del tempo, numerose modifiche ed il divieto di cessione, oggi, è soggetto ad alcune eccezioni.
Il legislatore è intervenuto nuovamente nel 2005, con la legge n. 246, eliminando il vincolo pertinenziale e rendendo liberamente trasferibile la piena proprietà delle aree destinate a parcheggio a soggetto diverso da quello dell’unità immobiliare.
La giurisprudenza chiarisce però che la nuova normativa si applica solo per costruzioni non ancora realizzate o qualora non siano ancora state stipulate le vendite delle singole unità immobiliari (Cass. n. 4264/2006).
La Suprema Corte, poi, con la sentenza n. 21003 /08 (Conf. Cass. n. 2265/2019) ha così specificato il complesso quadro della situazione: “in tema di spazi destinati a parcheggi privati, in complessi condominiali di nuova costruzione, il susseguirsi d'interventi legislativi incidenti sulla limitazione dell'autonomia privata in ordine alle dimensioni minime di tali spazi e al regime di circolazione, ha determinato l'esistenza di tre diverse tipologie di parcheggio, assoggettate a regimi giuridici differenziati tra di loro :
a) i parcheggi soggetti ad un vincolo pubblicistico di destinazione, produttivo di un diritto reale d'uso in favore dei condomini e di un vincolo pertinenziale "ex lege" che non ne esclude l'alienabilità separatamente dall'unità immobiliare, disciplinati dall'articolo 18 della legge n. 765 del 1967 (articolo 41 sexies della legge n. 1150 del 1942);
b) i parcheggi soggetti al vincolo pubblicistico d'inscindibilità con l'unità immobiliare, introdotti dall'articolo 2 della legge n. 122 del 1989, assoggettati ad un regime di circolazione controllata e di utilizzazione vincolata e, conseguentemente non trasferibili autonomamente;
c) i parcheggi non rientranti nelle due specie sopra illustrate, perchè realizzati in eccedenza rispetto agli spazi minimi inderogabilmente richiesti dalla disciplina normativa pubblicistica, ad utilizzazione e a circolazione libera;
d) i parcheggi disciplinati dall'articolo 12, nono comma, della lege n. 246 del 2005 di definitiva liberalizzazione del regime di circolazione e trasferimento delle aree destinate a parcheggio ma con esclusivo riferimento al futuro, ovvero alle costruzioni non ancora realizzate e a quelle per le quali non sia ancora intervenuta la stipulazione delle vendite delle singole unità immobiliari, al momento della sua entrata in vigore”.
Per completare il quadro giurisprudenziale si richiamano ulteriori due decisioni della Corte Suprema ovvero:
“In tema di aree destinate a parcheggio, la norma dell'art. 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, introdotta dall'art. 18 della legge 6 agosto 1967, n. 765, si limita a prescrivere, per i fabbricati di nuova costruzione, la destinazione obbligatoria di appositi spazi a parcheggi in misura proporzionale alla cubatura totale dell'edificio, determinando, mediante tale vincolo di carattere pubblicistico, un diritto reale d'uso sugli spazi predetti a favore di tutti i condomini dell'edificio, senza imporre all'originario costruttore alcun obbligo di cessione in proprietà degli spazi in questione. Pertanto, ove l'azione per il riconoscimento del diritto reale d'uso sia stata proposta da uno solo dei condomini, il giudice di merito può individuare un preciso spazio fisico per la sosta dei veicoli di proprietà del condomino istante, senza che di tale decisione possa dolersi il costruttore del complesso immobiliare, il quale potrebbe astrattamente usucapire la rimanente parte dell'area vincolata” (Cass. n. 1214/2012) e
“In tema di regolamentazione legale delle aree destinate a parcheggio, l'art.12, nono comma, della legge 28 novembre 2005, n. 246, che ha modificato l'art. 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, ed in base al quale gli spazi per parcheggio possono essere trasferiti in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari, non ha effetto retroattivo, né natura imperativa; ne consegue che la disciplina anteriore, di cui al citato art. 41 sexies delle legge n. 1150 del 1942, con cui si attribuisce al soggetto che abita stabilmente l'unità immobiliare sita nell'edificio un diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio interno, che non ecceda il limite ivi prescritto, trova applicazione nei casi in cui, al momento dell'entrata in vigore della nuova disciplina, risultino già stipulati gli atti di vendita delle singole unità immobiliari” (Cass., ord., n. 9090/2012. Conf. Cass. n. 2265/2019).
Quanto alla possibilità per il condominio di realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell’edificio, il nuovo secondo comma dell’articolo 1120 codice civile stabilisce che è sufficiente la maggioranza degli intervenuti all’assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.
Per un esempio in tema di uso alternato di parcheggi, qualora questi siano presenti in numero non sufficiente per tutti i condomini, e sul potere regolamentare dell’assemblea, cfr. Cass. n.12485/2012.
Per quanto riguarda, invece, la diversa disposizione dei posti auto e dell'area di parcheggio di auto e moto la deliberazione assembleare non concerne un'innovazione, ma riguarda solo la regolamentazione dell'uso ordinario della cosa comune, senza incidere sull'essenza di questa, né alterarne la funzione o la destinazione; pertanto, per la legittimità di tale delibera non è richiesta l'adozione con la maggioranza qualificata dei due terzi del valore dell'edificio (Cass., ord., n. 16902/2023).
Locali per i servizi comuni: ci si riferisce a quei locali che vengono destinati al soddisfacimento di uno specifico interesse collettivo dei condomini (ad es. alloggio del portiere – che ora comprende esplicitamente la portineria -, lavanderia, stenditoi, …).
Il nuovo testo dell’art. 1117 è più ampio e, per alcuni aspetti, più generico rispetto alla precedente versione. Il termine di “locali per i servizi comuni” dovrebbe racchiudere tutte le installazioni poste a servizio dei condomini, là dove il legislatore del ’42 aveva fatto riferimento solo ai locali utilizzati per il riscaldamento centralizzato.
Per il resto la nuova disposizione riproduce la passata versione, con la sola differenza che ora tra i locali comuni sono stati indicati espressamente l’alloggio del portiere e gli ulteriori spazi.
Sul punto è stato affermato che "il negozio con cui, successivamente alla costituzione del condominio, si imprime ad un immobile, "ab origine" di proprietà di uno dei condomini, il vincolo di destinazione in perpetuo ad alloggio del portiere, non è sussumibile nella categoria delle obbligazioni "propter rem", difettando il requisito della tipicità, giacché non esiste una disposizione di legge che contempli l'obbligazione reale tipica di concedere in uso perpetuo un bene immobile." (Cass., ord., n. 26987/2018)
Sottotetti, rappresentati dallo spazio compreso tra la copertura del fabbricato ed il solaio che copre l’ultimo piano dell’edificio e per il quale la giurisprudenza aveva costantemente affermato la sua condominialità quando, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, può potenzialmente ed oggettivamente essere destinato all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune senza che sia necessario che i condomini ne usufruiscano già in concreto (Cass., ord., n. 17249/2011).
Tale orientamento è stato recepito nella legge di riforma del condominio anche se, nel caso in cui il sottotetto assolva unicamente alla funzione di isolare e proteggere il sottostante appartamento dal caldo, dal freddo e dall’umidità, costituendo una sorta di camera d’aria e non, per la sua struttura e dimensioni, un vano autonomo, il sottotetto può sempre essere considerato pertinenza di detto immobile.
Ulteriore precisazione è contenuta in altra decisione di legittimità (Cass., ord., n. 9383/2020), ove si legge che "la natura del sottotetto di un edificio è, in primo luogo, determinata dai titoli e, solo in difetto di questi ultimi, può presumersi comune, se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all'uso comune o all'esercizio di un servizio di interesse comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell'appartamento sito all'ultimo piano solo quando assolva all'esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall'umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l'utilizzazione come vano autonomo".
In questo senso è stato affermato che "il sottotetto di un edificio che assolva all'esclusiva funzione di isolare i vani dell'alloggio ad esso sottostanti, si pone con essi in rapporto di dipendenza e protezione, così da non poter esserne separato senza che si verifichi l'alterazione del rapporto di complementarietà dell'insieme, con la conseguenza che, non potendo essere utilizzato separatamente dall'alloggio sottostante cui accede, non è configurabile il possesso ad usucapionem dello stesso da parte del proprietario di altra unità immobiliare" (Cass., ord., n. 6114/2022).
MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO a cura di Adriana Nicoletti - Avvocato del Foro di Roma - Foroeuropeo – Rivista Giuridica online - Reg. n. 98/2014 Tribunale di Roma - Registro speciale Ordine Giornalisti del Lazio - Direttore Avv. Domenico Condello
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