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05.5 Revoca giudiziaria

05 IL MANDATO DELL’AMMINISTRATORE

05.5 Revoca giudiziale  Rif.: art. 1129, co.11,12 e 13, c.c. e art. 64 disp.att.c.c.

La disciplina previgente (art.1129, co. 3, c.c.) consentiva la revoca giudiziaria in tre casi:

a) mancata ed immediata comunicazione ai condomini della ricezione di notifiche di atti giudiziari o amministrativi che esorbitano dalla sue attribuzioni;

b) omesso rendiconto per un biennio;

c) fondati sospetti di gravi irregolarità

 Con l’entrata in vigore  della legge n. 220/2012, fermo restando il caso sub “a”) ed il  limite di un solo anno per la mancata presentazione del rendiconto (sub “b”), ciò che oggi è veramente cambiato è l’introduzione di una tipizzazione di gravi irregolarità che, poste a fondamento della domanda di revoca avanzata anche da un solo condomino, possono portare alla revoca dell'amministratore da parte dell'autorità giudiziaria. L’elenco, come spesso accade, è indicativo ma non esaustivo.

Nel giudizio in questione «l'interessato legittimato a contraddire è soltanto l'amministratore e non il condominio il quale non è tenuto né ad autorizzare né a ratificare la resistenza in giudizio dell'amministratore medesimo, trattandosi di ipotesi estranea a quelle previste dagli artt. 1130 e 1131 cod. civ.. Ciò malgrado gli effetti della pronuncia giudiziale si producono nei confronti del condominio» (Cass. n. 23955/2013).

Giova, altresì, evidenziare che «tale procedimento  riveste carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, ed è ispirato dall'esigenza di assicurare una rapida ed efficace tutela ad una corretta gestione dell'amministrazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno derivante da determinate condotte dell'amministratore. Tali essendo le caratteristiche del giudizio, non è pertanto ammissibile, in esso, l'intervento adesivo del condominio ovvero di altri condomini rispetto a quello istante, uniche parti legittimate a parteciparvi e contraddirvi essendo il ricorrente e l'amministratore, con la conseguenza che gli effetti del regolamento delle spese ex art. 91 c.p.c. devono esaurirsi nel rapporto tra costoro» (Cass., ord., n. 4696/2020).

In realtà l'art. 1129, co. 11, c.c. sembra avere  previsto un doppio binario per procedere alla revoca giudiziaria. Infatti, anche un solo condomino può chiedere direttamente la revoca quando all'amministratore venga contestato di non avere comunicato all'assemblea dei condomini l'esistenza di un atto di citazione o di un provvedimento che esorbiti dalle sue attribuzioni (art. 1131, co. 4, c.c.);  quando il rappresentante condominiale non abbia reso il conto della sua gestione oppure allorché sussistano gravi irregolarità. Quando, invece, le gravi irregolarità abbiano carattere fiscale, oppure consistano nella mancata apertura del conto corrente condominiale i condomini, che intendano revocare l'amministratore, possono chiedere la convocazione di un'assemblea per far cessare la violazione e procedere alla revoca assembleare. Solo in caso di inerzia dell'assemblea ciascun condominio può rivolgersi all'autorità giudiziaria.

A questo proposito dalla giurisprudenza di merito è stato affermato che la domanda di revoca giudiziaria dell'amministratore è improcedibile se non è preceduta dalla convocazione dell'assemblea (App. Torino 5 dicembre 2017).

Secondo la giurisprudenza « l'amministratore del condominio, che sia stato revocato dall'autorità giudiziaria, è tenuto, ai sensi dell'art. 1713 c.c., a rendere il conto della sua gestione e a rimettere ai condomini tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dall'esercizio cui le somme si riferiscono, ancorché non operi, in tal caso, alcuna "perpetuatio" o "prorogatio" di poteri in capo ad esso, non essendo ravvisabile una presunta volontà conforme dei condomini in tal senso ed essendo anzi la revoca espressione di una volontà contraria alla conservazione dei poteri di gestione» (Cass., ord., n. 19436/2021).

Anche se l'amministratore revocato giudizialmente non può essere nuovamente nominato dall'assemblea (ivi co. 13), si ritiene che tale divieto sia temporaneo, in quanto limitato ad una nomina immediatamente successiva al decreto di revoca (Cass. n. 23743/2020).

Nuova la disposizione che disciplina il regime delle spese concernenti il procedimento: infatti, in caso di accoglimento della domanda il ricorrente ha diritto di rivalersi nei confronti del condominio, che a sua volta può rivalersi nei confronti dell'amministratore revocato (ivi. ult. co.). Si potrebbe verificare una compensazione delle spese tra le parti ma tale decisione richiederebbe sempre un'indagine del giudice il quale deve accertare, valutare e motivare l'entità delle questioni esaminate sempre in considerazione di quanto disposto dall'art. 92, co. 2, c.c.  Non è, pertanto, ammissibile una compensazione fondata sull'assunto di una generica complessità degli accertamenti e delle questioni dibattute (Cass. n. 25789/2019).

L'unico motivo per il quale si può ricorrere in cassazione avverso la revoca dell'amministratore pronunciata in sede di appello è quello che concerne la statuizione di condanna alle spese del procedimento. Sul punto, infatti, l'orientamento della giurisprudenza è costante, essendo stato affermato che  «in tema di condominio negli edifici, non è ammesso il ricorso straordinario per cassazione contro il decreto della Corte di appello che, in sede di reclamo, abbia provveduto sulla domanda di revoca dell'amministratore, al fine di proporre, sotto forma di vizi "in iudicando" o "in procedendo", censure che rimettano in discussione la sussistenza o meno di gravi irregolarità nella gestione (nella specie, riconducibili alla mancata convocazione dell'assemblea), perché tale statuizione, adottata all'esito di un procedimento di volontaria giurisdizione, è priva di efficacia decisoria e non incide su situazioni sostanziali di diritti o "status", potendo invece il decreto essere impugnato davanti al giudice di legittimità limitatamente alla statuizione sulle spese di giudizio, concernente posizioni giuridiche soggettive di debito e credito, che discendono da un autonomo rapporto obbligatorio» (Giur. cost. Ex multisCass., ord., n. 5451/2022; Cass., ord., n. 2208/2022; Cass., ord., n. 1799/2022Cass., ord., 15995/2020; Cass., ord., n. 7623/2019).

Sul fronte processuale va detto che il giudice competente per la revoca dell'amministratore è il Tribunale, il quale, sentito l'amministratore, decide in camera di consiglio, con decreto motivato contro il quale è ammesso il reclamo alla Corte d'appello nel termine di dieci giorni dalla notificazione o dalla comunicazione (art. 64 disp.att.c.c.).   Assume rilevanza, in tale quadro, quanto affermato in giurisprudenza, ovvero che «il provvedimento camerale di revoca dell’amministratore del condominio ha efficacia, ex art. 741 c.p.c., dalla data dell'inutile spirare del termine per il reclamo avverso di esso, sì che gli atti compiuti dall'amministratore anteriormente al momento in cui tale revoca diviene efficace non sono viziati da alcuna automatica invalidità, continuando a produrre effetti e ad essere giuridicamente vincolanti nei confronti del condominio» (Cass. n. 454/2017).

Ricorso e conseguente decreto di fissazione di udienza non devono essere necessariamente notificati al condominio, che non è litisconsorte necessario nel procedimento. Inoltre, trattandosi di procedimento di volontaria giurisdizione finalizzato a garantire la corretta gestione del condominio, non è necessario che l'amministratore si faccia assistere da un legale, dal momento che il provvedimento assunto è privo di efficacia decisoria non incidendo su situazioni sostanziali di diritto o di status. 

 Sul punto, da ultimo, va ribadito che il provvedimento di revoca emesso dalla Corte di appello non è reclamabile in cassazione, se non per la parte concernente la condanna alle spese processuali (Cass. n. 14120/2021).

Quanto alla circostanza  se anche la domanda di revoca giudiziaria dell'amministratore sia sottoposta all'applicabilità dell'art. 71-quater, disp.att.c.c. si segnalano ancora contrasti nella giurisprudenza di merito.  La  Corte Suprema, decidendo della questione in via incidentale, sembra essere invece orientata nel negare la necessità di attivare la mediazione, trattandosi di un giudizio di volontaria giurisdizione che si svolge in camera di consiglio e, quindi, estraneo all'istituto stesso (Cass. n. 1237/2018). 


MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO a cura di Adriana Nicoletti - Avvocato del Foro di Roma - Foroeuropeo – Rivista Giuridica online - Reg. n. 98/2014 Tribunale di Roma - Registro speciale Ordine Giornalisti del Lazio - Direttore Avv. Domenico Condello