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avvocati - iscrizione nell'elenco delle associazioni forensi specialistiche

Va condivisa l’affermazione attorea, laddove vuol precisare che l’attività libero-professionale forense (in sé, quindi e non in quanto più o meno collegata ad altre e differenti professionalità) è già da tempo considerata come attività economica di prestazioni di servizi e, quindi, l’appartenenza di ciascun singolo avvocato ad un’associazione specialistica costituisce l’attestazione, nei confronti della clientela, un elemento qualificativo di richiamo commerciale. - Consiglio di Stato Sentenza n. 04008 del 24/05/2021

Il ruolo che l’associazionismo professionale forense svolge, nel mercato delle professioni legali, s’incentra nella circostanza che ciascun’associazione specialistica comprende solo avvocati i quali, a loro volta, dedicano la propria attività in modo prevalente allo specifico settore dell’ordinamento rappresentato dall’associazione stessa. Si tratta, quindi, di un’appartenenza che qualifica l’iscritto all’associazione e, al contempo, l’associazione in sé e nel mercato relativo, tant’è che la «maggior rappresentatività» di ciascuno dei sodalizi professionali è data dal numero degli iscritti.  

Consiglio di Stato Sentenza n. 04008 del 24/05/2021 

REPUBBLICA ITALIANA 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO 

Il Consiglio di Stato 

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) 

ha pronunciato la presente 

SENTENZA 

sul ricorso NRG 2288/2015, proposto dall’Associazione Avvocati giuslavoristi italiani - AGI, dalla Associazione italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minori - AIAF, dall’Unione Camere penali italiane - UCPI, dall’Unione nazionale delle Camere degli Avvocati tributaristi - UNCAT e dall’Unione nazionale delle Camere civili - UNCC, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giancarlo Tanzarella e Giovanni Corbyons, con domicilio eletto in Roma, via Cicerone n. 44,

contro 

il Consiglio nazionale forense - CNF, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Mario Sanino e Giuseppe Colavitti, con domicilio eletto in Roma, v.le Parioli n. 180e 

nei confronti 

dell’Associazione italiana di Diritto del lavoro e della sicurezza sociale - AIDLASS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Marco D'Alberti, con domicilio eletto in Roma, piazza San Bernardo n. 101, presso l’avv. Arturo Cancrini,

per la riforma 

della sentenza del TAR Lazio, sez. III, n. 8039/2014, resa tra le parti e concernente la mancata iscrizione nell'elenco delle associazioni forensi specialistiche maggiormente rappresentative

 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate; 

Visti tutti gli atti della causa; 

Relatore all'udienza pubblica del 15 aprile 2021 il Cons. Silvestro Maria Russo; 

Dato atto che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, co. 1 del DL 30 aprile 2020 n. 28 e 25 del DL del 28 ottobre 2020 n. 137, in videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto della circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa n. 6305 del 13 marzo 2020; 

FATTO e DIRITTO 

1. – L’art. 9, co. 1 della l. 31 dicembre 2012 n. 247, recante la nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense, riconobbe agli avvocati la possibilità d’ottenere ed indicare il titolo di specialista, secondo le modalità stabilite, nel rispetto delle previsioni del medesimo art. 9, con regolamento adottato dal Ministro della giustizia, previo parere del Consiglio nazionale forense-CNF, ai sensi del precedente art. 1, co. 3, ossia «… sentiti i consigli dell'ordine territoriali e le associazioni forensi che siano costituite da almeno cinque anni e che siano state individuate come maggiormente rappresentative dal CNF…». 

Il successivo art. 35, co. 1, lett. s) demandò quindi al CNF d’istituire e disciplinare, con un apposito regolamento, l'elenco delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, nel rispetto della diffusione territoriale, dell'ordinamento democratico delle stesse nonché dell’offerta formativa sulla materia di competenza, assicurandone la gratuità. 

Al riguardo, intervenne il regolamento n. 1 del 13 aprile 2013, coi quale il CNF emanò le norme sull’istituzione, il riconoscimento e la tenuta dell’elenco delle associazioni specialistiche forensi, disponendo all’art. 3 essenzialmente che: a) lo statuto di queste ultime prevedesse espressamente, tra i loro fini statutari, la promozione del profilo professionale specialistico, nonché la formazione e l’aggiornamento nella materia di competenza; b) avessero un numero d’iscritti significativo su base nazionale e fossero presenti con sedi operative in almeno la metà dei distretti di corte d’appello; c) avessero un ordinamento interno su base democratica; d) assicurassero l’offerta formativa nella materia di competenza con strutture organizzative e tecnico-scientifiche adeguate. 

Accadde, però e con delibera del 25 ottobre 2013, che il CNF avesse autorizzato qual associazione forense specialistica la AIDLASS, con sede in Roma, avente sì più di 800 avvocati iscritti e la presenza in oltre la metà dei distretti di corte d’appello, ma anche una vocazione socio-culturale (non diretta per forza alla formazione professionale) ed una composizione non esclusivamente di avvocati (componenti esclusivi dell’ordinamento forense), essendovi iscritti, p.es., studiosi di diritto del lavoro, magistrati, sindacati e pure imprese ordinarie. 

2. – Avverso tal delibera n. 1/2013 ed ogni altro atto presupposto e connesso (in particolare, pure il regolamento n. 1/2013, nella parte in cui, in assenza di definizione giuridica della qualificazione di associazione forense, potesse consentire il riconoscimento della qualificazione ad associazioni anche di soggetti diversi dai soli iscritti all’Albo professionale forense) insorsero l’AGI e le Associazioni forensi consorti innanzi al TAR Lazio, col ricorso NRG 13195/2013. 

Al riguardo, esse dedussero in diritto: 

1) – il difetto d’istruttoria e la violazione del procedimento d’autorizzazione della controinteressata, in quanto, in disparte l’inammissibilità della prima istanza, la seconda domanda di essa, anche questa non pervenuta con le formalità ad substantiam di cui all’art. 4 del regolamento, pervenne al mattino dello stesso giorno (25 ottobre 2013) in cui fu esaminata ed accolta dal CNF e senza che vi fossero i prescritti documenti, tant’è che nella specie si trattò d’una decisione d’ufficio su un’istanza inesistente, causa di nullità della delibera ai sensi dell’art. 21-septies della l. 7 agosto 1990 n. 241; 

2) – l’irrilevanza dell’assenza d’una definizione normativa di «associazione professionale forense», giacché quest’ultima non può comprendere che esclusivamente avvocati iscritti all’albo (solo i quali costituiscono l’ordine forense) e non possono esser autorizzate associazioni a composizione mista (con soggetti terzi e/o persone giuridiche, con vocazione solo culturali, lontane cioè dalla pratica professionale e tali da introdurre interessi concorrenti, tali da minare l’autonomia e l’indipendenza dell’avvocatura), essendo le associazioni enti esponenziali dell'ordinamento forense, che legano tra loro gli avvocati specialisti per garantire l’effettività della tutela dei diritti; 

3) – l’illegittimità dell’art. 3 del regolamento, ove fosse stato inteso aperto all’ammissione di associazioni a composizione mista o senza vocazione professionale, in quanto le norme della legge n. 247 erano già ben chiare nel prevedere che le associazioni forensi fossero tali solo se i loro iscritti erano persone fisiche iscritte agli albi degli avvocati. 

L’adito TAR, con sentenza n. 8039 del 24 luglio 2014, dichiarò inammissibile l’impugnazione attorea per difetto dell’interesse azionato, poiché: I) l’ammissione dell’AIDLASS nell’elenco delle associazioni forensi specialistiche non comportò alcuna lesione concreta, diretta e attuale nella sfera giuridica delle ricorrenti, non essendovi un diritto “esclusivo”, previsto dalla l. 247/2012, ad esser ammesse nell’elenco in capo alle Associazioni specialistiche composte di soli avvocati; II) queste ultime, in base a detta legge, furono destinate a svolgere un ruolo nell’ambito della formazione (per cui fu ragionevole che non fossero composte da soli avvocati) ed una funzione consultiva nei confronti non del Ministero, bensì del solo CNF (unico soggetto rappresentativo degli interessi di categoria), donde l’assenza anche potenziale di conflitti d’interesse; III) mancò l’attualità dell’interesse al ricorso in quanto il regolamento ministeriale sulla formazione forense previsto dall’art. 9 della l. 247/2012 non era ancora stato emanato, donde la mera eventualità della lesione alla posizione delle ricorrenti. 

3. – Appellarono quindi l’AGI e consorti, con il ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità della declaratoria d’inammissibilità statuita dall’impugnata sentenza (anche con riguardo alla pluralità dei casi in cui le associazioni esercitano, sì in forma mediata ma pur sempre per questioni strettamente inerenti alla professione forense, funzioni consultive: cfr., p. es., gli artt. 4, 13 e 21 della legge n. 247), poiché chi ha titoli per qualificarsi qual consulente del CNF nell’interlocuzione col Ministero nell’attuazione regolamentare della legge professionale forense, ha titolo pure per opporsi all’illegittimo riconoscimento del medesimo titolo in capo ad un soggetto terzo che mai potrebbe rivestirne la qualifica ed è in una situazione di potenziale ma concreto conflitto di interessi di talune categorie (sindacati e imprese) coi doveri d’indipendenza e d’autonomia esigibili dalla figura professionale degli avvocati, irrilevante essendo il richiamo del TAR alla mancata emanazione del regolamento sulla formazione forense, visto che le associazioni specialistiche non limitano i propri compiti solo a tal materia. Le Associazioni appellanti ripropongono espressamente i tre motivi di gravame assorbiti o non esaminati dal TAR. 

Resistono in giudizio il CNF e l’AIDLASS, concludendo per la sopravvenuta carenza d’interesse (a causa dell’avvenuto rinnovo dell’iscrizione, non impugnato, nell’elenco delle associazioni) e, in ogni caso, per l’infondatezza dell’appello. 

4. – Pare al Collegio che, a colpo d’occhio, l’AIDLASS sia più un centro studi e formazione, che la libera unione di avvocati aventi una specializzazione forense in una data branca dell’ordinamento. 

Ciò posto, ad avviso del Collegio non coglie nel segno l’eccezione d’improcedibilità dell’appello, a cagione dell’avvenuta delibera (25 maggio 2018) di reiscrizione di AIDLASS nell’elenco delle associazioni forensi specialistiche. Per vero ed in base alla serena lettura dell’art. 5, co. 5 del regolamento n. 1/2013, la reiscrizione è un istituto avente carattere ricognitivo della persistenza dei requisiti in capo al soggetto che la richieda. Tanto a differenza della prima iscrizione, che ha certo un’efficacia costitutiva, instaurando il rapporto titolato col CNF, nonché della revoca dall’elenco stesso, che risolve il rapporto stesso e, pertanto, l’eccepita fattispecie non è idonea ad estinguere l’interesse azionato in questa sede. 

Se, poi, il preteso difetto d’interesse s’invera nell’assenza d’una lesione diretta alle Associazioni appellanti, l’assunto è manifestamente infondato. Anzitutto, pare al Collegio che il TAR abbia errato, trovando un commodus discessus in tal assunto, a ritenere inesistente l’interesse attoreo all’impugnazione della delibera d’iscrizione di AIDLASS. Infatti, è certo vera l’assenza, nella fonte primaria e nel regolamento, tanto d’un numero chiuso di associazioni iscrivibili nel relativo elenco quanto dell’esclusività ratione materiae delle associazioni stesse, tant’è che, per restare nel campo del diritto pubblico, si rivengono due sodalizi di avvocati specializzati in diritto amministrativo. Pur tuttavia, ciascun’associazione, stante la rilevanza dei suoi compiti d’ausilio e consulto al CNF e nella formazione degli avvocati di categoria, è titolare di un preciso interesse protetto a far constare l’assenza dei requisiti ex art. 3 del regolamento in capo ad un sodalizio terzo che non si configuri come libera associazione di avvocati e s’appalesi al più, al di là dell’autorevolezza dei differenti soggetti colà associati o dell’arricchimento che essi vi apportino, un centro per gli studi e la ricerca, anche applicata, nella materia di riferimento, cioè non «forense». 

L’uso nel regolamento di tal aggettivo qualificativo delle associazioni vuol significare, come ben lo colgono le appellanti, la delimitazione soggettiva di tali sodalizi, quali articolazioni coadiutrici su base volontaria e per specialità del CNF, ai soli avvocati iscritti al relativo albo, soltanto i quali costituiscono l’ordine forense 

5. – Nel merito, l’appello è fondato e va accolto, per le considerazioni di cui appresso. 

Il Collegio condivide la doglianza attorea sui molteplici errori procedurali in cui il CNF incorse nell’accettazione e nella disamina dell’istanza di riconoscimento e prima iscrizione di AIDLASS. 

Sfugge al Collegio perché mai il CNF, il quale per composizione e grazie all’apporto dei suoi uffici di diretta collaborazione possiede significativi strumenti per evitare procedimenti incongrui, tenda a minimizzare i predetti errori. Infatti, vi fu un’istruttoria non perspicua nell’accettazione dell’istanza di AIDLASS, pervenuta, una prima volta, non sottoscritta e, una seconda volta, per posta elettronica semplice e non certificata. Non è chi non veda come l’omessa sottoscrizione fosse stata se non un caso di nullità per mancanza d’un elemento essenziale della dichiarazione, perlomeno il difetto della serietà dell’impegno all’iscrizione. Del pari, la richiesta del (recte, l’obbligo discendente dal) l’art. 4 del regolamento del CNF fu una formalità ad substantiam, intesa a garantire sia la genuinità della sottoscrizione e della sicura riferibilità dell’istanza al mittente, sia il tempo e l’effettiva ricezione di essa presso il destinatario, quindi minimi adempimenti collaborativi e d’uso corrente, posti peraltro a garanzia del mittente. 

In tal caso, non solo la censura fu tutt’altro che infondata, ma soprattutto l’istanza non fu affatto validamente proposta. Che, poi e nei fatti, essa raggiunse il suo scopo, fu protocollata e venne pure evasa, sono appunto meri fatti, non atti giuridici. Le istanze amministrative, qual è quella adesso in contestazione, vanno proposte con date modalità, peraltro estremamente semplici e non estranee al comune sentire del giurista e, quantunque sussista il soccorso istruttorio, essa non può trasformare il difetto di dichiarazione in una dichiarazione valida ed efficace, senza che ciò confligga col principio d’autoresponsabilità del dichiarante. 

Ben lungi dall’esser un indebito sindacato sull’attività del CNF, la censura sul difetto d’istruttoria, nell’appuntarsi sulla brevità del tempo nell’esame dell’istanza della controinteressata, in realtà fa emergere da tal brevità l’inesatta valutazione sulla riconoscibilità di un’associazione forense a composizione mista, cosa, questa, tutt’altro che pacifica o conforme alla ratio della legge e, tale, quindi, da dover essere approfondita in sede di riesame. 

6. – Parimenti da accogliere è appunto tal doglianza sull’ammissione di tal tipo di associazioni. 

Va condivisa l’affermazione attorea, laddove vuol precisare che l’attività libero-professionale forense (in sé, quindi e non in quanto più o meno collegata ad altre e differenti professionalità) è già da tempo considerata come attività economica di prestazioni di servizi e, quindi, l’appartenenza di ciascun singolo avvocato ad un’associazione specialistica costituisce l’attestazione, nei confronti della clientela, un elemento qualificativo di richiamo commerciale. Il ruolo che l’associazionismo professionale forense svolge, nel mercato delle professioni legali, s’incentra nella circostanza che ciascun’associazione specialistica comprende solo avvocati i quali, a loro volta, dedicano la propria attività in modo prevalente allo specifico settore dell’ordinamento rappresentato dall’associazione stessa. Si tratta, quindi, di un’appartenenza che qualifica l’iscritto all’associazione e, al contempo, l’associazione in sé e nel mercato relativo, tant’è che la «maggior rappresentatività» di ciascuno dei sodalizi professionali è data dal numero degli iscritti. 

Non è qui in discussione né l’arricchimento culturale che la presenza di professionalità diverse o interdisciplinari nella compagine sociale possa arrecare in ciascuna branca giuridica (pur se ciò non è connotante, basti vedere l’esperienza delle specializzazioni mediche), né la collaborazione scientifica multilivello anche nell’organizzazione dell’attività formativa permanente degli avvocati di categoria. Ma questi argomenti attengono appunto alla buona funzionalità delle associazioni, non alla loro struttura o alla platea di soggetti associabili. 

Questi ultimi possono esser solo avvocati, non anche meri giuristi oppure cultori o appassionati della materia, per l’associazionismo dei quali si rinvengono altre libere formazioni sociali, ossia non coinvolte istituzionalmente nel CNF. In caso contrario, si avrebbe una situazione di potenziale ma concreto conflitto di interessi coi doveri d’indipendenza e d’autonomia esigibili dalla figura professionale degli avvocati del libero fòro. Tanto a causa della presenza nelle associazioni, volte per compito di legge essenzialmente a praticare e realizzare le specializzazioni nella professione forense, di talune categorie contigue ma differenti (magistrati), se non ontologicamente estranee a quest’ultima (non giuristi, imprese), cosa, questa, che potrebbe addirittura configurare associazioni anche del tutto prive di avvocati. 

A tal proposito, deve il Collegio condividere l’anomalia d’un sodalizio qual è la controinteressata, i cui meriti di associazione culturale sono innegabili, ma irrilevanti. Il fatto di porre il diritto del lavoro al centro dei suoi interessi culturali non la rende, per ciò solo, associazione di avvocati del lavoro ai sensi del regolamento n. 1/2013, né la rende immune da tali conflitti. Invero, poiché tra i suoi associati vi sono esponenti delle associazioni sindacali e delle parti datoriali —dato, questo, in sé non illecito e, in taluni casi, virtuoso negli enti ove son composti i conflitti sociali e del lavoro—, nel caso in esame tali esponenti, essendo portatori diretti di interessi rispetto ai quali il libero fòro ha un dovere di terzietà. La ragione è evidente e non pare possibile al Collegio che sfugga al CNF: il compito del libero fòro è di affiancare l’una o l’altra parte nell’affermazione dei rispettivi bisogni di tutela (anche stragiudiziale) e di dar loro supporto tecnico-giuridico ai rispettivi convincimenti circa l’interpretazione e la corretta applicazione della legge, in un confronto dialettico avanti la Magistratura, terza per attribuzione istituzionale. 

Pertanto, non è possibile predicare l’esistenza di un’associazione forense che tolleri, anzi propugni al proprio interno, pur quando essa coadiuvi il CNF, la commistione istituzionale di tutti questi ruoli, fuori da quegli eccezionali casi ove l’ordinamento, in modo espresso ed a garanzia di supremi o rilevanti interessi, consenta a tali fini la compresenza di portatori di plurime e distinte esperienze e professionalità. Una cosa, quindi, è l’esistenza di note e prestigiose associazioni interprofessionali (le quali propugnano il dibattito culturale giuridico ai massimi livelli scientifici), ben altra cosa è l’associazionismo istituzionale di ciascuna categoria professionale giuridica (che può apparire, agli occhi del profano o del malizioso, partigiana quando non corporativa, ma che serve proprio a tener distinti i ruoli pubblici che ognuna di esse deve realizzare, in libertà ed autonomia). 

7. – In definitiva, l’appello va accolto nei termini fin qui visti. Tutte le questioni testé vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame della Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell'art. 112 c.p.c. e gli argomenti di doglianza non esaminati espressamente sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso. 

La novità della questione e giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra tutte le parti, delle spese del doppio grado di giudizio. 

P.Q.M. 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull'appello (ricorso NRG 2288/2015 in epigrafe), lo accoglie e per l'effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla, per quanto di ragione e nei sensi di cui in motivazione, la delibera del CNF in data 25 ottobre 2013 (ammissione dell’AIDLASS qual associazione forense specialistica), con salvezza dell’ulteriore attività di riesame. 

Spese del doppio grado compensate. 

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. 

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 15 aprile 2021, con l'intervento dei magistrati: