1.1 Condominio e comunione
1.Condominio e comunione - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO PRIMO - IL CONDOMINIO IN GENERALE a cura dell'Avv. Adriana Nicoletti
1.Condominio e comunione
Rif.: artt. 1100 e ss. e 1117 e ss. c.c.
Il codice civile disciplina il condominio nel libro III (della proprietà), il cui titolo VII è dedicato alla comunione in generale (capo I) ed al condominio negli edifici in particolare (capo II).
Le disposizioni codicistiche, tanto nella formulazione originaria quanto in quella risultante dalle modifiche introdotte con la L. 220/2012, non contengono una definizione di condominio.
Tuttavia, mutuando la nozione di condominio dalla corrente giurisprudenza, si può affermare che questo costituisce una comunione sui generis, che viene ad esistenza ogni qualvolta nell’ambito di un medesimo edificio o complesso edilizio coesistono due o più unità immobiliari di proprietà esclusiva appartenenti a soggetti diversi con beni, opere o impianti di proprietà comune, asserviti alle predette unità immobiliari da una relazione di accessorietà strutturale o funzionale (Cass. 2955/68; Cass. 5315/84).
Con il verificarsi della prima vendita sorge, de iure, una nuova situazione giuridica il cui oggetto è costituito, da un lato, dalle singole proprietà esclusive e, dall’altro lato, da una serie di beni, necessari e/o accessori ovvero complementari, posti al servizio delle prime. In relazione alle parti comuni, inoltre, i condomini acquisiscono una contitolarità nei diritti, che si esprime in relazione alle rispettive quote di proprietà loro assegnate nelle tabelle millesimali.
La Corte di Cassazione, tracciando la distinzione tra condominio e comunione, ha chiarito che “si verte in tema di comunione, quando, su un bene determinato, spettano congiuntamente pro indiviso a più persone il diritto di proprietà od altro diritto reale, mentre si verte in tema di condominio, quando la comunione di più persone su talune parti dell'edificio coesiste con la proprietà esclusiva dei vari appartamenti “(Cass. 2233/69).
I tratti distintivi tra comunione e condominio sono molteplici ma in questa sede è sufficiente evidenziare ancora che:
-la comunione ordinaria può cessare in qualunque momento per iniziativa del singolo compartecipe, mentre quella inerente al condominio è permanente e forzosa,
-le quote dei partecipanti alla comunione si presumono uguali, mentre quelle dei condomini dipendono dal rapporto tra le porzioni di proprietà esclusiva.
Ciò nondimeno le norme sulla comunione in generale trovano applicazione residuale anche nel condominio -per quanto non è espressamente previsto dalla relativa disciplina- giusto il rinvio contenuto nell’art. 1139 c.c.
La costituzione del condominio avviene di diritto, anche senza formale atto costitutivo, “con la costruzione su suolo comune, o con il frazionamento da parte dell’unico proprietario o da parte dei comproprietari pro indiviso, di un edificio i cui piani o porzioni di piano siano attribuiti a due o più soggetti in proprietà esclusiva” (Cass. 4769/1978), ferma restando la comunione pro indiviso sui beni collegati alla predetta proprietà esclusiva da una relazione di accessorietà strutturale o funzionale.
Per il sorgere del condominio non sono necessarie delibere assembleari, né regolamenti condominiali, né tabelle millesimali, né la nomina dell’amministratore (Cass. 6073/78; Cass. 510/82 e Cass. 1224/2012).
Il condominio nasce, pertanto, nel momento in cui la proprietà di una unità immobiliare, facente parte di un edificio (o di un complesso) di maggiore consistenza, diventa di proprietà di un soggetto diverso dal proprietario originario dell’intero e contestualmente si crea la comunione pro indiviso sulle parti comuni (Cass. 19829/2004).
Il chè può verificarsi nelle maniere più disparate: ad esempio per effetto di una donazione, di una divisione, per accettazione dell’eredità etc.. Ma il caso più frequente è, appunto, quello della vendita, ad opera dell’originario unico proprietario, della prima tra le porzioni che compongono l’edificio che rimanga dotato di beni comuni.
Allo scopo è sufficiente una scrittura privata ancorché non autenticata, mentre la trascrizione rileva solo ai fini dell’opponibilità a terzi (Cass. 299/74).
Il condominio nasce anche quando viene costruito un edificio suddiviso in distinte unità immobiliari di cui siano proprietari soggetti diversi (almeno due) che nel contempo rimangano proprietari pro indiviso delle parti comuni. Per la genesi del condominio non è necessario il rilascio del certificato di abitabilità (Cass. 510/1982).
La natura giuridica del condominio è stata lungamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza. In questa sede è sufficiente ricordare che la giurisprudenza prevalente individua nel condominio un ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, (da ultimo anche Cass. 12911/2012), il quale opera in rappresentanza e nell’interesse comune dei partecipanti, limitatamente all’amministrazione ed al buon uso della cosa comune, senza interferire nei diritti autonomi di ciascun condomino (Cass. 7891/2000).
Il condominio, in quanto ente di gestione non ha una sede in senso tecnico e, ove non abbia designato nell’ambito dell’edificio un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l’organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell’amministratore che lo rappresenta (Cass. 16141/2005).
Con la riforma nulla è mutato a livello definitorio.
Tuttavia si deve precisare che l’art. 1117 c.c., che enumera le parti comuni dell’edificio in condominio, nel testo preesistente alla riforma, le definiva di proprietà comune dei proprietari dei diversi piani o porzioni di piano.
Detta locuzione è stata ora sostituita con quella, maggiormente adeguata, di proprietari delle singole unità immobiliari dell’edificio.
Si è così definitivamente fugato il dubbio che solo l’edificio suddiviso per piani orizzontali integrasse un condominio e, quindi, che l’immobile suddiviso per linee verticali (ad esempio quello costituito da due porzioni divise da un muro verticale che si erge dalle fondamenta al tetto) sfuggisse alla disciplina condominiale.
La giurisprudenza aveva del resto da tempo chiarito che il condominio si può atteggiare dal punto di vista architettonico nelle maniere più disparate e può consistere in un edificio diviso per linee verticali (Cass. 2987/1984) ed anche in più edifici strutturalmente autonomi, purché di appartenenza a soggetti diversi che utilizzino opere o servizi comuni posti in relazione di accessorietà strutturale o funzionale (Cass. 5315/84 nonché Cass. 8066/2005 per l’ipotesi di ville a schiera).