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10.1 In generale

1. In generale - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO DECIMO - IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO a cura dell’Avv. Adriana Nicoletti

1. In generale

Rif.: artt. 1138 c.c. 3 70 disp. att. c.c.

Il regolamento di condominio in dottrina è stato definito come “lo statuto contenente le norme che regolano la vita interna di quel gruppo sociale, costituito dai soggetti giuridici che, nell’ambito di un medesimo edificio, sono proprietari dei singoli piani o di porzioni di essi” (G.Alpa, P.Zatti: La nuova giurisprudenza civile commentata, Milano, 2010).

Per la redazione del regolamento è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, trattandosi di atto che deve essere allegato al registro di cui al numero 7 dell’art. 1130 c.c.

Il regolamento deve essere rispettato non solo dai condomini, ma anche dai loro inquilini.

In caso di locazione è stato affermato che il conduttore di un immobile sito nel fabbricato condominiale può obbligarsi nei confronti del condominio, mediante accordo con lo stesso, a rispettare un regolamento di condominio non impegnativo per il condomino locatore. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha escluso la configurabilità di detto accordo in presenza di una sottoscrizione unilateralmente apposta dal conduttore sul contratto di compravendita relativo all'unità immobiliare locata e contenente il richiamo al regolamento, non costituendo tale sottoscrizione l'accettazione di una proposta proveniente dal condominio ed a quest'ultimo comunicata (Cass. 10185/2012).

Per i giudici di legittimità (Cass. 11383/2006) il condomino/locatore risponde nei confronti degli altri condomini delle ripetute violazioni al regolamento condominiale consumate dal proprio conduttore qualora non dimostri di avere adottato, in relazione alle circostanze, le misure idonee, alla stregua del criterio generale di diligenza posto dall'art.1176 cod. civ., a far cessare gli abusi, ponendo in essere iniziative che possono arrivare fino alla richiesta di anticipata cessazione del rapporto di locazione (nella fattispecie, in cui il conduttore di un locale violava ripetutamente l'orario di chiusura previsto dal regolamento condominiale, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che aveva mandato assolto il condomino locatore, osservando che egli avrebbe potuto porre fine alle violazioni agendo in giudizio per la risoluzione del contratto di locazione).

Le infrazioni al regolamento possono essere sanzionate con l’applicazione di una multa dell’importo da € 200,00 ad € 800,00 (in caso di recidiva) che sarà devoluta al fondo di cui l’amministratore dispone per le spese ordinarie (art. 70 disp.att.c.c.).

L’entità dell’importo è rimessa alla decisione dell’assemblea.

L’art. 1138, co.1, c.c. stabilisce che quando in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, che contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

L’obbligatorietà prevista dalla legge non esclude che condominii di dimensioni inferiori si possano dotare di regolamento.

Si tratta di un onere posto esclusivamente a carico dei condomini e non anche del venditore delle singole unità immobiliari, pur se questi sia il costruttore dello stabile (Cass. 2742/2012).

Se il numero dei condomini si riduce a meno di dieci, il regolamento esistente resta in vita e continua ad essere obbligatorio per tutti.

Il regolamento non può formarsi quando i condomini siano solo due mancando, in tale ipotesi, la possibilità di realizzare una maggioranza qualificata.

Ai sensi dell’art. 1138, co. 2, “ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente”.

Questione rilevante: se in un condominio in cui sia obbligatoria la redazione di un regolamento l’assemblea non provveda, il condomino interessato si può rivolgere all’autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento giudiziale che si sostituisca all’assemblea?

Sul punto la dottrina è discorde.

Da un lato vi è chi esclude tale possibilità sulla base di alcune considerazioni:

• la normativa prevede che l’assemblea deve approvare il regolamento con la maggioranza prevista dall’art. 1136, co.2, c.c. (maggioranza dei presenti all’assemblea pari a 501 millesimi);

• il regolamento è atto utile ma non indispensabile per il funzionamento della vita condominiale;

• se l’assemblea, regolarmente convocata, si rifiutasse di approvare il regolamento il condomino dovrebbe adire l’autorità giudiziaria impugnando la delibera. In tal caso il giudice adito potrebbe annullare la delibera solo per violazione di legge o eccesso di potere, non potendo egli pronunciarsi su decisioni che rientrano nel pieno ambito discrezionale dell’organo deliberante.

Per altro verso parte della dottrina, sulla base di una interpretazione della norma in esame, ritiene che il condomino possa ricorrere al giudice. Infatti:

• l’art. 1138, co. 1, impone l’obbligo della formazione del regolamento nei condomini con più di dieci unità immobiliari (peraltro senza conseguenti sanzioni) e, contestualmente, riconosce al singolo/i il diritto di attivarsi (co. 2) senza prevedere per esso/i una tutela;

• soprattutto con riferimento a realtà condominiali complesse (ad esempio edifici costituiti da un numero elevato di unità) l’interesse perseguito dal condomino/i non è di natura personale ma generale, poiché il regolamento di condominio, con tutte le sue clausole, è finalizzato a prevenire i facili contrasti che potrebbero insorgere in seno alla collettività.

La giurisprudenza in materia è scarsa.

Con una risalente decisione la Suprema Corte ha ammesso la possibilità di un regolamento adottato tramite via giudiziaria, affermando che «i regolamenti condominiali, non approvati dall’assemblea, ma adottati coattivamente, in virtù di sentenza attuativa del diritto potestativo di ciascun partecipe del condominio (con più di dieci componenti) di ottenere la formazione del regolamento della comunione, hanno efficacia vincolante per tutti i condomini, ai sensi dell’art. 2909 c.c., indipendentemente dalla circostanza che la loro adozione sia avvenuta nel dissenso, totale o parziale, di taluno di essi, allorché la pronuncia che ne abbia sanzionato l'operatività sia divenuta non più impugnabile e, quindi, definitiva ed irretrattabile” (Cass.1218/1993).

Successivamente (Cass. n. 12291/2011) gli stessi giudici, nel ribadire il principio in precedenza espresso, hanno precisato che “il giudice può approvare il regolamento formato su iniziativa di un condomino ex art. 1138, comma 2 c.c., ma non predisporlo a propria cura e che l’estensione di esso anche a coloro i quali non presero parte alla sua formazione è attuata propter rem”.

Quanto al contenuto del regolamento giudiziale è stato affermato che il giudice potrà prendere in esame le norme sull’uso delle parti comuni, sulla ripartizione delle spese, sulla tutela del decoro architettonico dell’edificio e così via.

Nel piccolo condominio, considerata la facoltatività dell’esistenza di tale atto, se l’assemblea rimane inerte, nel senso di non provvedere ovvero di non raggiungere il quorum costitutivo o deliberativo, il condomino interessato non ha spazio per rivolgersi all’autorità giudiziaria.

Da ultimo va evidenziato che con la riforma del 2012 il regolamento deve essere allegato al registro dei verbali di assemblea, mentre in precedenza ne era prevista la trascrizione nel predetto registro.