10.3. Clausole regolamentari: contenuto e limiti
3. Clausole regolamentari: contenuto e limiti - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO DECIMO - IL REGOLAMENTO DI CONDOMINIO a cura dell’Avv. Adriana Nicoletti
3. Clausole regolamentari: contenuto e limiti
Rif.: artt. 1138, co.4, c.c. e 72 disp.att.c.c.
Si è già accennato che nel regolamento di condominio convivono clausole di natura regolamentare (finalizzate a disciplinare le vita condominiale senza imporre confini ai diritti dei singoli) e contrattuale (ovvero che incidono direttamente sulle prerogative dei condomini).
Il quarto comma dell’art. 1138 c.c. (già ultimo comma) definisce, in questo senso, i limiti del contenuto del regolamento condominiale, ed elenca una serie di disposizioni di legge che non possono essere derogate da tale atto, in quanto tutelano gli interessi fondamentali della collettività e dei terzi, esprimendo principi di ordine pubblico che garantiscono quella disciplina minima uniforme la cui eccezione potrebbe minare la tipicità e la esistenza stessa del condominio.
Trattasi, specificatamente, degli articoli:
- 1118, comma 2 (divieto di sottrazione alle spese di manutenzione dei beni comuni, mediante rinunzia);
- 1119 (indivisibilità delle cose comuni);
- 1120 (innovazioni utili);
- 1129 (nomina e revoca dell’amministratore);
- 1131 (rappresentanza legale dello stesso);
- 1132 (dissenso dei condomini rispetto alle liti);
- 1136 (costituzione dell’assemblea e validità delle delibere) e
- 1137 (impugnazione delle delibere dell’assemblea).
L’art. 72 di cui alla parte attuativa del codice civile prevede, inoltre, che i regolamenti condominiali non possono derogare ad ulteriori e disposizioni, ovvero:
- art. 63 disp.att.c.c. (relativo alla possibilità dell’amministratore di ottenere decreto ingiuntivo verso i morosi; alla solidarietà del nuovo acquirente con il condomino venditore per i contributi dell’anno in corso o di quello precedente ed alla possibilità dell’amministratore di sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di utilizzazione separata se sia previsto dal regolamento);
- art. 66 disp.att.c.c. (concernente le convocazioni straordinarie dell’assemblea);
- art. 67 disp.att.c.c. (riguardante le deleghe) ed
- art. 69 disp.att.c.c. (sulla revisione dei valori millesimali, conseguenza di errore o per mutata condizione di una parte dell’edificio).
Quanto alla modificabilità dello statuto del condominio, si ribadisce che è sempre possibile, con la maggioranza di cui al citato comma 2 dell’art. 1136, variare le singole clausole – anche se inserite in un atto di natura contrattuale - concernenti le modalità d’uso delle cose comuni, nonché l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi.
Tutte le altre clausole, che incidono sui diritti dei singoli, saranno modificabili solo con il voto unanime dei condomini.
In questo ambito ed a titolo meramente esemplificativo si rileva che:
- in ordine all’ uso dei beni comuni, la giurisprudenza ha affermato che le clausole che disciplinano orari, giorni modalità del parcheggio nel cortile condominiale hanno natura regolamentare e possono essere adottate a maggioranza, così come le clausole che in genere disciplinano l’uso dei beni comuni garantendo equilibrio fra tutte le possibili concorrenti utilizzazioni da parte dei partecipanti al condominio (giur.costante) mentre
- le clausole che vietano l’uso delle parti comuni a determinati scopi (come ad esempio quelle che introducono il divieto di sosta o parcheggio nel cortile) hanno natura convenzionale e richiedono l’unanimità e la forma scritta (Cass. 17694/2007);
- e ancora la decisione di istituire o sopprimere il servizio di portierato ha natura regolamentare e può esser adottata a maggioranza (Cass. 5400/1997), ma se l’attuazione della decisione implica la necessità di innovazioni o modifiche alla destinazione d’uso, la maggioranza non è più sufficiente necessitandosi la maggioranza qualificata;
- con riferimento alla ripartizione delle spese il regolamento votato a maggioranza non può stabilire criteri di ripartizione difformi da quelli legali, necessitandosi all’uopo la diversa convenzione (vedasi infra) e quindi l’unanimità dei consensi (Cass. 641/2003);
- in ordine all’amministrazione si è affermato che la norma regolamentare approvata a maggioranza può derogare l’articolo 1130 codice civile e sottrarre all’amministratore il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni (Cassazione 8719/97);
- in merito alla detenzione di animali domestici il legislatore del 2012 ha introdotto, nell’art. 1138, un ultimo comma che stabilisce che le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali di tale natura.
Secondo una interessante decisione di merito (Trib. Cagliari, ord., 22/07/2016 – Rg. 7170/2014) è nulla la clausola di un regolamento contrattuale, anche se adottato in data anteriore alla legge n. 220/2012, che imponga tale divieto per contrarietà della clausola “ai principi di ordine pubblico, ravvisabili, per un verso, nell’essersi indirettamente consolidata, nel diritto vivente e a livello di legislazione nazionale, la necessità di valorizzare il rapporto uomo – animale e, per altro verso, nell’affermazione di quest’ultimo principio anche a livello europeo”.