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12.1 Oggetto del dissenso

1. Oggetto del dissenso - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO DODICESIMO - IL DISSENSO DEI CONDOMINI RISPETTO ALLE LITI a cura di Adriana Nicoletti

Come visto, l’amministratore è titolare, per le questioni riguardanti il condominio, di una duplice rappresentanza legale: attiva e passiva (al riguardo si rinvia al Capitolo secondo, paragrafo 2).

Il nostro ordinamento giuridico ha riconosciuto in capo ai condomini il diritto di separare la propria posizione nei confronti delle liti che impegnino il condominio, sia dal lato attivo che da quello passivo.

Rif.: art. 1132 c.c.

L’art. 1132 c.c., infatti, il quale disciplina il dissenso del condomino rispetto alle liti: un diritto che, per espressa previsione dell’ultimo comma dell’art. 1138 c.c., non può essere derogato neppure da norma regolamentare. La vita del condominio è caratterizzata dal proliferare di situazioni di contrasto, spesse volte pretestuose, perché originate da conflitti esasperatamente personali che determinano controversie giudiziali tanto numerose e lunghe da intasare le aule giudiziarie. A fronte di questa realtà, tuttavia, non è infrequente che i condomini dissentano sulla convenienza di promuovere una certa azione giudiziaria, ovvero sulla opportunità di resistere ad un’azione iniziata nei confronti del condominio.

In tutte queste ipotesi, il legislatore, con l’articolo richiamato, il cui testo è rimasto invariato rispetto alla precedente versione, si è preoccupato di salvaguardare e, contestualmente, di disciplinare il diritto dei condomini di opporsi alle liti, cercando, tuttavia, sempre di contemperare gli interessi della collettività con quelli del singolo.

1. Oggetto del dissenso

La disposizione in esame limita l’oggetto del dissenso alle ipotesi in cui l’assemblea condominiale deliberi di promuovere una lite ovvero stabilisca di resistere ad una domanda proposta avverso l’ente condominiale.

Per quanto concerne il primo profilo (lite attiva) una rigorosa interpretazione del dettato della norma restringerebbe l’ambito di applicabilità della disposizione alle sole controversie riguardanti materie che esulano dalla competenza dell’amministratore e per le quali, quindi, si richiede un’apposita autorizzazione dell’assemblea.

Il contrasto giurisprudenziale sul punto è stato risolto – come visto – dalla nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (n. 18331/2010) che ha previsto la necessità del mandato assembleare per le azioni in oggetto.

La questione teoricamente si potrebbe porre anche nell’ipotesi di liti direttamente promosse dall’amministratore, nell’ambito delle sue attribuzioni e, pertanto, svincolate da autorizzazione assembleare.

In questo caso, non potendosi ipotizzare il dissenso ai sensi dell’art. 1132, il/i dissenzienti potrebbero invocare l’art. 1133, che permette di ricorrere all’assemblea «contro i provvedimenti presi dall’amministratore». A tale fine, infatti, si può ritenere che il termine «provvedimento» possa essere interpretato estensivamente, talché anche la decisione dell’amministratore di agire o di resistere in giudizio configurerebbe un atto compiuto nell’ambito dei suoi poteri.

Pertanto, qualora l’assemblea convocata per esaminare la decisione presa in tutta autonomia dall’ amministratore ne ratifichi l’operato, il condomino potrà in quella sede esercitare, per la prima volta, il proprio diritto di dissociarsi dalla delibera adottata, evitando così ogni responsabilità in ordine alle conseguenze della vertenza in caso di soccombenza.

Per quanto concerne, poi, l’oggetto delle liti è in discussione se queste debbano riguardare solo i rapporti tra il condominio e i terzi oppure se si possano estendere anche alle controversie tra l’ente e un singolo condomino. Sebbene vi sia una tendenza interpretativa favorevole a limitare il dissenso del condomino solo al primo tipo di conflitti, non si può non richiamare, ancora una volta, la lettera, estremamente generica, della legge dalla quale si può trarre argomento per una soluzione in senso estensivo della questione.