13.1 Perimento totale
1. Perimento totale - MANUALE GIURIDICO DELL’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO - CAPITOLO TREDICESIMO - PERIMENTO DELL’EDIFICIO a cura dell’Avv. Adriana Nicoletti
L’argomento è di attualità per effetto sia dei ripetuti eventi drammatici che hanno colpito vaste aree del Paese, sia per i recenti crolli parziali di edifici nella Capitale e che, in alcuni casi, hanno richiesto l’abbattimento, per motivi di sicurezza, dell’intero stabile.
Rif.: art. 1128 c.c.
1. Perimento totale
Se l’edificio perisce interamente o per una parte di esso, che rappresenti i tre quarti del suo valore, ciascuno dei condomini può chiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali, salvo che sia stato diversamente convenuto (art. 1128, co. 1, c.c.).
La Cassazione ha più volte chiarito che le ipotesi di perimento, totale o parziale, dell’edificio considerate dalla norma comprendono solo i casi di distruzione dovuti ad eventi accidentali estranei alla volontà dei proprietari del bene (terremoto, vetustà, incendio, ecc.) e, quindi, non sussiste in capo al condomino la facoltà di richiedere la vendita all’asta del suolo e dei materiali ove la demolizione sia voluta da tutti i condomini al fine di ricostruire lo stabile condominiale.
Il perimento totale (o comunque superiore ai tre quarti del suo valore) dell’edificio fa venir meno il condominio per mancanza dell’oggetto e fa sorgere una comunione «pro indiviso» tra tutti i proprietari dell’immobile distrutto, avente ad oggetto l’area su cui l’edificio medesimo era posto.
Sul punto, infatti, la Corte Suprema (Cass. 12775/2008) ha dichiarato che “il perimento, totale o per una parte che rappresenti i tre quarti dell'edificio condominiale, determina l'estinzione del condominio per mancanza dell'oggetto, in quanto viene meno il rapporto di servizio tra le parti comuni mentre permane tra gli ex condomini soltanto una comunione "pro indiviso" dell'area di risulta, potendo la condominialità essere ripristinata solo in caso di ricostruzione dell'edificio in modo del tutto conforme al precedente. Ne consegue che, in caso di ricostruzione difforme, la nuova costruzione sarà soggetta esclusivamente alla disciplina dell'accessione e la sua proprietà apparterrà ai comproprietari dell'area di risulta in proporzione delle rispettive quote. (Nella fattispecie, riguardante un palazzo andato distrutto a causa dei bombardamenti nell'ultimo conflitto bellico, la Corte ha confermato la pronuncia di secondo grado che aveva escluso il diritto alla sopraelevazione in capo ad uno dei comproprietari, perché la nuova costruzione era stata edificata con un piano in meno rispetto alla precedente, e non poteva applicarsi il regime giuridico del condominio).
Se un singolo condomino, di propria iniziativa ed a proprie spese, provvede a ricostruire l’intero immobile esattamente com’era, gli altri condomini potranno scegliere se cedere al costruttore le loro quote o se concorrere alle spese di ricostruzione e riavere così le loro unità immobiliari. In questo caso, infatti, non si verifica alcun trasferimento automatico della comproprietà.
Principio generale, valido anche nel caso di perimento e ricostruzione parziale dello stabile, inoltre, è che il singolo, che non intenda concorrere alla ricostruzione delle parti comuni, dovrà cedere agli altri condomini o a terzi i propri diritti, compresi quelli sulla parte di sua esclusiva proprietà, a prezzi di stima fissati da periti incaricati dagli interessati o, nel caso di contrasto, dal consulente tecnico nominato dal giudice (art. 1128, ultimo comma, c.c.).
E’ stato affermato (Cass. 23333/2006) che “nell'ipotesi di perimento dell'edificio in condominio, il rifiuto del condomino a partecipare alla ricostruzione, quale presupposto per ottenere, da parte degli altri condomini, la cessione coattiva della sua quota, ai sensi dell'art. 1128, quarto comma, cod. civ. - norma applicabile non solo all'ipotesi di perimento totale, ma anche a quella di perimento parziale - deve manifestarsi o nella richiesta di vendita del suolo o in una netta opposizione a ricostruire l'edificio ed a sopportare la relativa spesa, non essendo sufficiente, a tal fine, un comportamento meramente inerte o una semplice divergenza in ordine alle caratteristiche del nuovo edificio. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza del giudice di merito, che aveva escluso che la volontà del condomino di procedere alla ricostruzione soltanto a condizione che essa fosse conforme all'edificio preesistente e sulla base di un preciso preventivo di spesa integrasse un rifiuto alla ricostruzione, tale da legittimare gli altri condomini alla richiesta di cessione coattiva)”.
Ad avviso della Corte di Cassazione, poi, qualora a seguito della distruzione quasi totale di un vecchio edificio in condominio, si intenda costruire un manufatto che utilizzi uno dei muri perimetrali e le fondazioni del vecchio stabile, non si può parlare né di conservazione (che presuppone l’esistenza almeno parziale del bene) né di modificazione necessaria per il miglior godimento della cosa comune (che postula il rispetto dell’attuale destinazione del bene), ma di un’innovazione che può disporsi solo con la maggioranza prevista dall’art. 1108 c.c. (Cass. 23 settembre 1970, n. 1691).
Nel caso di distruzione dei tre quarti del valore dell’edificio, permane il rapporto di condominio (che si estingue – come si è detto – in caso di perimento totale, sostituito da un rapporto di comunione in ordine al suolo) tra i proprietari dei piani o delle porzioni di piano non distrutti e gli altri che continuano a partecipare a detto rapporto conservando i propri diritti sul suolo e sulle altre cose comuni.
Se uno dei condomini rinunci unilateralmente al suo diritto, si determina automaticamente l’accrescimento in favore degli altri condomini. La cessione dei diritti di proprietà (esclusiva) e di comproprietà (sulle cose comuni) è di norma onerosa e, in ogni caso, non può essere considerato rinunciante il condomino che, in sede di assunzione di delibera avente ad oggetto la ricostruzione sia assente o si sia astenuto.
L’alienazione non libera il condomino cedente dall’obbligo di concorrere nelle spese già deliberate, ma impegna solidalmente anche il cessionario verso il condominio creditore.
L’art. 1128 c.c. è norma derogabile, come può trarsi dal fatto che non è inserito tra le norme dichiarate espressamente inderogabili dal successivo art. 1138 e dalla stessa espressione usata dal legislatore «salvo che sia stato diversamente convenuto».
La convenzione derogativa potrà derivare o da un accordo unanime dei condomini, ovvero essere prevista nell’ambito di un regolamento condominiale di natura contrattuale e, nel primo caso, si potrà realizzare e definire anche a perimento avvenuto dell’edificio.
Il criterio per determinare il valore dell’edificio distrutto (del tutto o in parte), ai fini della ricostruzione, effettuato sulla base dei millesimi di proprietà è il più semplice e logico, ma potrebbe essere più opportuno seguire quello del valore commerciale del bene, determinato mediante consulenza tecnica d’ufficio.
Per concludere va rilevato che nel caso di perimento totale, se nessuno chiede la vendita all’asta, ogni condomino può ricostruire non solo le parti dell’immobile di sua esclusiva proprietà, ma anche quelle comuni e quelle di proprietà esclusiva degli altri condomini inerti, ove necessarie per la ricostruzione ed il godimento della porzione immobiliare di sua proprietà.
Il comma 3 dell’art. 1128 c.c. prevede, infine, che le indennità corrisposte dall’assicurazione per le parti comuni non possono essere destinate dai condomini o dall’assemblea (in caso di perimento parziale) per scopi diversi dalla ricostruzione di queste. Tuttavia se la maggioranza decide di non ricostruire, le somme in oggetto possono legittimamente ricevere una diversa destinazione.