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Modifiche in materia di Mediazione, Negoziazione assistita e Arbitrato

Schema di decreto legislativo recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206 recante delega al governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata. -  Modifiche in materia di Mediazione, Negoziazione assistita e Arbitrato

Omissis

Sezione I Modifiche in materia di Mediazione, Negoziazione assistita e Arbitrato

Art. 7 - (Modifiche al decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28)

Comma 1

Lettera a)

L’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato, con l’aggiunta delle parole “e di conciliazione” al fine di chiarire che esso ricomprende anche le procedure di conciliazione, previste per legge, nelle carte dei servizi elaborate e pubblicizzate dai soggetti pubblici o privati che erogano servizi pubblici procedure non solo di reclamo. La modifica è pertanto necessaria per armonizzare la disciplina vigente con l’evoluzione delle carte dei servizi che tende ad ampliare gli strumenti di tutela per gli utenti in caso di violazione degli standard di qualità garantiti, includendo il procedimento di conciliazione.

La modifica appare necessaria anche nel contesto del principio di delega di cui all’articolo 1, comma 4, lett. c), della legge delega (che impone l’ampliamento dei casi di ricorso obbligatorio, in via preventiva, alla procedura di mediazione), in quanto volto a chiarire che le disposizioni del d.lgs. n. 28 del 2010 non precludono alle parti di avvalersi di tali procedure.

Lettera b)

Gli interventi sull’articolo 8 del d.lgs. n. 28 del 2010 hanno imposto di effettuare un richiamo ad esso nell’articolo 3, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 al fine di chiarire che il procedimento di mediazione, secondo il regolamento dell’organismo, deve comunque essere conforme all’articolo 8.

L’articolo 3, comma 2, è stato modificato al fine di chiarire che il regolamento dell’organismo deve assicurare anche l’indipendenza del mediatore, in coordinamento con le modifiche introdotte all’articolo 14.

Infine, al comma 4 si è previsto che la previsione di far svolgere la mediazione con modalità telematiche, contenuta nel regolamento dell’organismo di mediazione, debba essere conforme a quanto previsto dal nuovo articolo 8-bis.

Lettera c)

Conformemente al criterio di cui al comma 4, lettera e), relativo al riordino della procedura di mediazione, sono state introdotte modifiche all’articolo 4 del d.lgs. n. 28 del 2010.

Nello specifico, al comma 1 è stato precisato che la domanda di mediazione è presentata da una delle parti all’organismo di mediazione competente, individuato sulla scorta dei criteri dettati dalla legge o su accordo delle parti. Si è poi ritenuto di sopprimere la distinzione tra domanda e istanza di mediazione (quest’ultima relativa al documento contenente la domanda), di scarsa utilità pratica ma foriera di confusione, e di fare riferimento, in maniera uniforme in tutto il decreto legislativo n. 28 del 2010, alla domanda di mediazione.

Al comma 2 è stato, quindi, pure soppresso il riferimento all’istanza, e inserito un riferimento alla domanda di mediazione.

Il comma 3 è stato modificato per coordinamento con la nuova numerazione dei commi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 28 del 2010.

Lettera d)

Il principio di delega impone l’ampliamento dei casi di ricorso obbligatorio, in via preventiva, alla procedura di mediazione. Si è quindi modificato l’articolo 5 d.lgs. n. 28 del 2010, lasciandovi la disciplina relativa alla mediazione come condizione di procedibilità stabilita ex lege per alcune categorie di controversie, e spostando in altri articoli la disciplina relativa alla mediazione demandata e alla mediazione prevista dallo statuto o dell’atto costitutivo dell’ente.

L’ampiezza delle modifiche ha imposto una sostituzione dell’articolo 5, che prevede quanto segue.

Il comma 1 individua le controversie in relazione alle quali si richiede alle parti di esperire il tentativo di mediazione, a condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Oltre alle categorie già previste, sono aggiunte le controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.

La restante disciplina contenuta nel precedente comma 1-bis è stata in parte soppressa e in parte sostituita con una nuova e più razionale collocazione delle relative disposizioni.

Non si è ritenuto di inserire interventi di carattere generale per l’armonizzazione di tutta la normativa applicabile in materia di procedure stragiudiziali e la sua collocazione in un testo unico sugli strumenti complementari alla giurisdizione, come previsto dalla lett. b), comma 4, articolo 1 della legge delega, considerato che quest’ultima subordina tale attività normativa al monitoraggio, da svolgere nell’arco di un quinquennio, da effettuare sull’area di applicazione della mediazione obbligatoria.

Al comma 2 trova più chiara collocazione quanto precedentemente previsto nel secondo e quarto periodo del comma 1-bis, in ordine ai rapporti tra la procedura di mediazione obbligatoria e il processo. Il comma ribadisce, quindi, che il previo esperimento della mediazione nei casi di cui al comma 1 è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che quando tale condizione non è rispettata e viene proposta domanda giudiziale, la relativa eccezione deve essere sollevata, a pena di decadenza e non oltre la prima udienza, dalla parte convenuta, fermo restando il potere di rilievo officioso in capo al giudice, da esercitarsi entro la prima udienza. Si è inoltre precisato che quando la mediazione non risulti esperita, oppure risulti esperita ma non conclusa, il giudice debba fissare una successiva udienza dopo la scadenza del termine massimo di durata della procedura di mediazione, fissato dall’articolo 6.

È stato meglio chiarito, rispetto al testo previgente, che il giudice, a tale successiva udienza, se constata che la condizione di procedibilità non è stata soddisfatta, dichiara l’improcedibilità della domanda.

Il comma 3 riprende quanto previsto nel primo periodo del previgente comma \-bis e prevede che le parti, per assolvere alla condizione di procedibilità di cui al comma 1, possono anche esperire le procedure specificamente previste nelle lettere da a) a d).

Il comma 4 prevede che quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, tale condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo di conciliazione.

Il comma 5 sancisce il principio secondo cui la pendenza della condizione di procedibilità non preclude il ricorso al giudice per chiedere l’adozione di procedimenti cautelari e urgenti, né preclude la trascrizione della domanda giudiziale.

Il comma 6 indica i casi a cui non opera la condizione di procedibilità prevista dal comma 1. Rispetto al testo previgente, sono state apportate modifiche di coordinamento dovute all’inserimento della disciplina della mediazione demandata dal giudice nell’articolo 5-quater ed è stata inserita la disposizione contenuta nella lettera h) finalizzata a chiarire che tra le azioni giudiziali che non sono precluse dalla pendenza della condizione di procedibilità ai sensi del comma 1 è compresa anche l’azione inibitoria prevista dall’articolo 37 del codice del consumo, di cui al d.lgs. n. 206 del 2005.

Lettera e)

In attuazione dei criteri di delega e dell’esigenza di un intervento sistematico, sono stati introdotti gli articoli da 5-bis a 5-sexies, illustrati di seguito.

Nei casi di mediazione obbligatoria, quando il procedimento è iniziato nelle forme del ricorso per decreto ingiuntivo, rispetto alle quali non vige la regola della improcedibilità che opera, invece, solo nell’eventuale fase di opposizione, come richiesto dal legislatore delegante con il criterio di cui alla lettera d) del comma 4, è stata individuata la parte che è tenuta a soddisfare la condizione di procedibilità, una volta sollevata la relativa eccezione. L’articolo 5-bis d.lgs. n. 28 del 2010 è stato aggiunto per attuare tale principio di delega.

Si prevede che quando una delle azioni previste dall’articolo 5, comma 1, è proposta con ricorso monitorio, in caso di opposizione al decreto ingiuntivo, l’onere di avviare la procedura di mediazione grava sulla parte che ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo. La conseguenza processuale a carico della parte che non adempie a tale onere consiste, ove il giudice ne verifichi l’inerzia, nella declaratoria di improcedibilità della domanda proposta in sede monitoria e nella conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto, e liquidazione delle spese.

Si è inoltre previsto, per scongiurare problemi interpretativi, che in tali ipotesi il giudice possa procedere al rilievo di improcedibilità (entro la prima udienza) solo dopo avere provveduto, se tale richiesta è stata formulata entro la prima udienza, sulle istanze di adozione dei provvedimenti provvisori di cui agli articoli 648 e 649 del codice di procedura civile sulla provvisoria esecutorietà del decreto opposto.

Con riferimento all’articolo 5-ter, in attuazione del criterio di delega contenuto nella lettera h), sono state introdotte modifiche alla disciplina applicabile all’amministratore di condominio, al fine di rendere più efficiente la relativa partecipazione al procedimento di mediazione.

L’articolo 5-ter, rubricato “Legittimazione in mediazione dell’amministratore di condominio”, è stato introdotto al fine di prevedere che l’amministratore possa attivare un procedimento di mediazione, aderirvi e parteciparvi, sottoponendo all’approvazione dell’assemblea, a seconda dei casi, il verbale contenente il testo dell’accordo di conciliazione individuato dalle parti, o la proposta conciliativa del mediatore. L’assemblea dovrà quindi manifestare la propria volontà di aderirvi, (con le maggioranze previste dall’articolo 1136 del codice civile) entro il termine fissato nella proposta di accordo, decorso inutilmente il quale la conciliazione s’intende come non conclusa.

L’articolo 5-quater d.lgs. n. 28 del 2010 colloca in apposito articolo la disciplina della mediazione demandata dal giudice, precedentemente disciplinata dal comma 2 dell’articolo 5 che, a seguito degli interventi di razionalizzazione previsti, si prevede sia dedicato alla disciplina dei casi di mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle controversie elencate nel relativo comma 1 e ai rapporti con il processo.

Il comma 1 chiarisce, rispetto all’originaria formulazione, che il giudice, quando demanda le parti in mediazione, deve provvedere con ordinanza motivata, nella quale potrà dare atto delle circostanze considerate per l’adozione del provvedimento e fissare la successiva udienza. Oltre al riferimento alla natura della causa, allo stato dell’istruzione e al comportamento delle parti, si è ritenuto di inserire una clausola di chiusura (“ogni altra circostanza”) idonea a consentire al giudice di dare adeguata e piena motivazione della decisione di demandare le parti in mediazione. Si è altresì ritenuto, anche in coordinamento con le modifiche apportate alla fase conclusiva del processo ordinario, di prevedere che il giudice possa demandare le parti in mediazione fino alla precisazione delle conclusioni.

Il comma 2 precisa che la mediazione demandata dal giudice è condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e prevede l’applicazione, anche in questo caso, della disciplina dettata all’articolo 5, commi 4 (che prevede che la condizione di procedibilità si considera avverata quando le parti non raggiungono l’accordo al primo incontro), 5 (che fa salva la concessione delle misure cautelari ed urgenti, nonché la trascrizione della domanda giudiziale, in pendenza della condizione di procedibilità) e 6 (che disciplina il diverso operare della condizione di procedibilità consistente nell’esperimento del tentativo di mediazione nei particolari procedimenti ivi elencati).

Il comma 3 prevede espressamente che il mancato esperimento della procedura di mediazione, accertato dal giudice all’udienza fissata nell’ordinanza di mediazione demandata, comporta la dichiarazione di improcedibilità della domanda giudiziale.

Con riferimento all’articolo 5-quinquies d.lgs. n. 28 del 2010, il criterio di delega di cui alla lettera o) prevede la valorizzazione ed incentivazione della mediazione demandata dal giudice. In attuazione di tale criterio, si è ritenuto necessario, in primo luogo, intervenire in ottica di riordino e razionalizzazione della disciplina processuale della mediazione demandata; in secondo luogo, sono state introdotte precise disposizioni in materia di formazione del magistrato, tracciabilità e valutazione delle ordinanze di mediazione demandata e delle controversie definite ad esito del successivo procedimento di mediazione; in terzo luogo, è stata introdotta la possibilità per il capo dell’ufficio giudiziario di promuovere progetti di collaborazione con soggetti esterni agli uffici giudiziari al fine di incentivare l’uso della mediazione. L’articolo 5-quinquies si compone dei seguenti quattro commi.

Il comma 1 disciplina i doveri del magistrato nella cura della propria formazione e aggiornamento in materia di mediazione, con la frequentazione di corsi, anche decentrati, organizzati dalla Scuola superiore di magistratura. Nel rispetto dell’autonomia istituzionale e organizzativa della Scuola superiore di magistratura viene rimessa a tale ente l’individuazione di una adeguata offerta formativa periodica, così come viene lasciata all’autonomia e responsabilità del singolo magistrato la scelta di partecipare a tali corsi.

Il comma 2 disciplina gli incentivi al magistrato che sceglie di curare una specifica formazione in materia di mediazione e che in concreto utilizza lo strumento della mediazione demandata per la migliore definizione del contenzioso pendente. Si prevede espressamente, con richiamo ai criteri previsti dall’articolo 11 del d.gs. n. 160 del 2006, che tali attività siano indicative dell’impegno, capacità e laboriosità del magistrato, rilevanti sul piano delle valutazioni previste dal citato decreto legislativo.

Il comma 3 prevede che le ordinanze di mediazione demandata siano oggetto di specifica rilevazione statistica, necessaria al fine della concreta applicazione dei criteri di valutazione di professionalità del magistrato prevista dal comma 2, in modo tale da consentire di associare l’adozione dell’ordinanza di mediazione demandata con l’abbandono della stessa lite, quale elemento indicatore dell’intervenuta soluzione della controversia mediante composizione stragiudiziale in sede di mediazione.

Il comma 4, nell’ottica di valorizzare tutti i rapporti di collaborazione istituzionale necessari per dare impulso alla cultura della mediazione, prevede che il capo dell’ufficio giudiziario, nell’ambito dei propri compiti, possa promuovere progetti di collaborazione in questa materia con altri soggetti, senza aggiuntivi oneri per la finanza pubblica. Tale disposizione è formulata in modo ampio, al fine di rispettare la discrezionalità organizzativa dei capi degli uffici, cui è rimessa la scelta in concreto di modi e tempi per il suo esercizio.

Nel contesto generale del riordino della procedura di mediazione (previsto dalla lettera e) del comma 4) si è deciso di collocare in un apposito articolo 5-sexies d.lgs. n. 28 del 2010 la vigente disciplina della mediazione obbligatoria alla quale le parti si vincolano con apposita espressione di volontà, inserendola in apposita clausola contrattuale o statutaria.

L’articolo 5-sexies viene, quindi, introdotto per dare adeguata e più razionale collocazione al soppresso comma 5 dell’articolo 5, e disciplina l’ipotesi in cui le parti, con apposita clausola contrattuale o statutaria, si impegnino a esperire, prima di adire il giudice, la procedura di mediazione. L’articolo riprende quanto previsto dal comma soppresso ma chiarisce che, in caso di inerzia delle parti nel soddisfare la condizione di procedibilità, il giudice debba dichiarare l’improcedibilità della domanda.

Lettera f)

L’articolo 6, comma 1, d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato per rafforzare l’efficacia della procedura conformemente a quanto richiesto dal comma 4, lettera e), al fine di prevedere che il termine massimo di durata della procedura di mediazione può essere prorogato di ulteriori tre mesi, su accordo delle parti, a condizione che la richiesta di proroga intervenga prima della scadenza di tale termine.

Le modifiche apportate al comma 2 sono di mero coordinamento con le modifiche apportate all’articolo 5. Infine, al comma 3, si è ritenuto necessario precisare il dovere delle parti di comunicare al giudice la proroga del termine per concludere il procedimento di mediazione, così da consentire al giudice di adottare i provvedimenti conseguenti rispetto al giudizio avanti a sé pendente.

Lettera g)

Le modifiche all’articolo 7 d.lgs. n. 28 del 2010 sono di mero coordinamento con le modifiche introdotte all’articolo 5 e con l’introduzione dell’articolo 5-quater.

Lettera h)

L’attuazione del criterio di delega di cui alle lettere e), f), i) e p) di ampia portata in quanto riferito al riordino delle disposizioni concernenti la procedura di mediazione, allo specifico fine di favorire la partecipazione delle parti e l’effettivo confronto sulle questioni controverse, regolando altresì le conseguenze della mancata partecipazione alla procedura di mediazione. Più in particolare, i principi di delega intendono conferire alla procedura di mediazione una concreta effettività, in modo che le parti che vi aderiscono, fin dal primo incontro, insieme al mediatore, si dedichino concretamente alla ricerca della migliore e stabile soluzione del conflitto che le contrappone.

L’articolo 8 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato quindi sostituito al fine di collocarvi i fondamentali principi che regolano la procedura avanti al mediatore.

Il comma 1 prevede gli adempimenti del responsabile dell’organismo di mediazione, una volta ricevuta la domanda di mediazione. È stato reso più flessibile e meno stringente il termine per il primo incontro tra le parti, da tenersi tra i venti e i quaranta giorni dal deposito della domanda, al fine di evitare che la tempistica eccessivamente ridotta ostacoli una adeguata preparazione del primo incontro e, da parte dell’organismo, l’individuazione del mediatore ritenuto idoneo ad occuparsi della controversia. Sono stati inoltre meglio precisati gli oneri di comunicazione a carico dell’organismo successivi alla ricezione della domanda di mediazione, in modo che alle parti arrivino immediatamente tutte le informazioni utili per il più efficace avvio della procedura. È stata conservata la previsione che, nelle controversie tecnicamente complesse, l’organismo possa nominare uno o più mediatori ausiliari.

Il comma 2 è stato introdotto allo scopo di dare adeguata collocazione alla previgente disposizione di cui al soppresso comma 6 dell’articolo 5, secondo la quale la comunicazione della domanda di mediazione alla controparte produce sulla prescrizione gli stessi effetti della domanda giudiziale e impedisce, per una volta, la decadenza. Al fine, inoltre, di evitare che eventuali lentezze procedurali dell’organismo di mediazione possano danneggiare gli interessi delle parti che ricorrono alla mediazione che quindi, già solo per questo, possono essere indotte a non avvalersi di tale procedura, si prevede che la parte che presenta la domanda possa provvedere autonomamente alla comunicazione alla controparte al fine di avvalersi dell’effetto interruttivo della prescrizione o dell’impedimento della decadenza, senza esonero degli obblighi di comunicazione che continuano a gravare sull’organismo di mediazione.

Il comma 3 riprende quanto precedentemente previsto al comma 2 dell’articolo 8, precisando che il procedimento di mediazione si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.

Il comma 4, in attuazione del criterio di cui alla lettera f), stabilisce che le parti, in linea di principio, sono tenute a partecipare personalmente alla procedura di mediazione ma, in presenza di giustificati motivi, possono delegare un proprio rappresentante, a condizione che sia informato sui fatti e che sia munito dei poteri per conciliare la lite. Tale possibilità è solo in apparente contrasto con il principio di partecipazione effettiva e attiva alla procedura in quanto rappresenta, invece, un ulteriore strumento partecipativo utilizzabile da chi, per varie ragioni (ad esempio salute, età, impegni inderogabili concomitanti con gli incontri fissati dal mediatore) non potrebbe partecipare di persona agli incontri fissati dal mediatore rischiando di far fallire la mediazione ovvero di prolungarne eccessivamente la durata.

L’espressa previsione della possibilità di partecipare mediante un delegato ha reso necessario stabilire in modo chiaro che il mediatore deve verificare la sussistenza dei poteri rappresentativi delle persone comparse davanti a lui e darne atto a verbale.

Il comma 5, al fine di riordinare e razionalizzare le disposizioni in tema di procedimento di mediazione, attribuisce idonea collocazione al principio secondo cui, nei casi di mediazione obbligatoria per legge, ossia nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 1, e quando la mediazione è demandata dal giudice, ciascuna parte deve essere assistita dal proprio avvocato.

Il comma 6, in attuazione della lettera e), ha ripreso la previsione (di cui al previgente comma 3), secondo cui il mediatore si adopera affinché le parti raggiungano un accordo amichevole in definizione della controversia, ed è stato integrato al fine di precisare le attività e gli oneri che gravano sulle parti della procedura di mediazione e sullo stesso mediatore il quale, in linea generale, è tenuto preliminarmente a informare le parti, nel primo incontro, sulle modalità di svolgimento della mediazione ed è tenuto ad adoperarsi affinché le parti raggiungano un accordo di conciliazione. Allo stesso tempo si richiamano espressamene i doveri di leale cooperazione nel rispetto del canone della buona fede, che gravano sulle parti e sui loro avvocati al fine di realizzare l’effettivo confronto sulle questioni controverse. Si è inoltre stabilito che del primo incontro è redatto verbale a causa del mediatore, sottoscritto da tutti i partecipanti.

Tale disposizione sottolinea e ribadisce l’importanza del primo incontro, non più finalizzato a una mera informativa alle parti sulla procedura, la cui funzione è stata invece potenziata e sono previsti specifici oneri a carico del mediatore anche finalizzati a far constare l’eventuale soddisfacimento della condizione di procedibilità, e del relativo verbale.

Il comma 7 contiene la previsione (precedentemente collocata nel comma 4 dell’articolo 8) che il mediatore può avvalersi di esperti, i cui compensi sono stabiliti nel regolamento di procedura dell’organismo. Inoltre, in attuazione del principio di cui alla lettera i), è stata aggiunta la previsione che le parti, al momento della eventuale nomina dell’esperto, possano accordarsi per stabilire che la relazione da questi redatta possa essere prodotta nell’eventuale processo davanti al giudice. L’accordo di produrre la relazione nell’eventuale giudizio deroga ai limiti di utilizzabilità del documento formato nella procedura di mediazione, derivanti dal dovere di riservatezza sancito dall’articolo 9. In caso di produzione, si è previsto che tale documento venga valutato ai sensi dell’articolo 116, primo comma, del codice di procedura civile.

Tale disposizione, in armonia con le generali finalità della delega in materia di mediazione, concorre a incentivare le parti ad avvalersi di tale procedura, proprio in quanto consente, se non si raggiunge l’accordo di conciliazione, di avvalersi delle attività tecniche svolte durante la procedura stragiudiziale.

Lettera i)

L’inserimento dell’articolo 8-bis nel d.lgs. n. 28 del 2010 attua il principio di delega contenuto nella lettera p) per disciplinare la mediazione in modalità telematica.

Il comma 1 prevede, per gli atti del procedimento di mediazione svolto in modalità telematica, che si debbano rispettare le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e che la loro trasmissione può avvenire avvalendosi di sistemi di posta elettronica certificata o altri servizi elettronici di recapito certificato.

Il comma 2 individua gli standard tecnici che devono essere rispettati nel caso in cui gli incontri del procedimento di mediazione si svolgano con sistemi audiovisivi a distanza e si prevede che le parti possano optare per la partecipazione agli incontri in forma mista.

Il comma 3 regola la formazione e sottoscrizione, con modalità digitale, del documento contenente il verbale e l’eventuale accordo di conciliazione, da parte del mediatore, oltre che delle parti e, nei casi previsti dalla legge, dagli avvocati che i assistono.

Il comma 4 prevede che il documento sottoscritto ai sensi del comma 3, dopo essere stato firmato dal mediatore, sia poi ritrasmesso alle parti, agli avvocati (ove nominati) e alla segreteria dell’organismo.

Il comma 5 stabilisce che l’organismo di mediazione procede alla conservazione ed esibizione dei documenti del procedimento di mediazione svolto con modalità telematiche osservando le disposizioni di cui all’articolo 43 del codice dell’amministrazione digitale.

Lettera l)

L’articolo 9 del d.lgs. n. 28 del 2010 viene modificato allo scopo di razionalizzare le disposizioni in tema di procedimento di mediazione. In particolare, si modifica il comma 1, al fine di chiarire che il dovere di riservatezza deve essere osservato da chiunque partecipi alla procedura di mediazione.

Lettera m)

L’articolo 11 del d.lgs n. 28 del 2010 viene modificato in attuazione del principio di cui alla lettera e) e in tale articolo è collocata la disciplina della fase conclusiva del procedimento di mediazione.

Il comma 1 individua alcuni specifici oneri di verbalizzazione a carico del mediatore, con riferimento all’ipotesi in cui l’accordo sia o non sia raggiunto. Viene mantenuta la previsione del testo attualmente vigente, in ordine al persistere, qualora le parti non raggiungano un accordo, della facoltà del mediatore di formulare comunque una proposta di conciliazione che deve essere allegata al verbale, informando le parti delle possibili conseguenze derivanti dal rifiuto della proposta ai sensi dell’articolo 13.

Al comma 2 sono stabilite le formalità e i tempi per la formalizzazione della proposta di conciliazione ad opera del mediatore, al fine di consentire alle parti di esaminarla e valutarla con un adeguato margine di tempo prima di manifestare la volontà di aderirvi o di rifiutare. Per ragioni di riservatezza nell’eventuale successivo procedimento giudiziale in ter partes, è stato previsto che la proposta del mediatore non possa contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nel corso del procedimento.

Il comma 3 costituisce una norma di coordinamento con l’articolo 15-septies, comma 4, al fine di procedimentalizzare e semplificare la procedura di liquidazione del compenso dell’avvocato che assiste una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.

Il comma 4 stabilisce le regole per la formazione del verbale conclusivo della procedura, sia con riferimento alla necessità di allegarvi, quale parte integrante, l’eventuale accordo, ma anche di stabilire chi debba sottoscrivere il verbale e il dovere del mediatore di curarne il celere deposito presso l’organismo, oltre alla previsione degli oneri di verbalizzazione che gravano sul mediatore.

Il comma 5 stabilisce che il verbale contenente l’eventuale accordo deve essere redatto in formato digitale o, se in formato analogico, in tanti originali quante sono le parti, oltre a un originale da depositare presso l’organismo di mediazione. Tale disposizione ha lo scopo di agevolare l’utilizzo di tale documento da parte di coloro che hanno partecipato alla procedura di mediazione.

Il comma 6 sancisce l’obbligo per l’organismo di mediazione di rilasciare copia del verbale contenente l’eventuale accordo alle parti che lo richiedono, nonché di conservare copia degli atti dei procedimenti di mediazione trattati per almeno tre anni decorrenti dalla loro conclusione.

Il comma 7 ribadisce, con diversa collocazione, quanto originariamente previsto dal comma 3 il cui contenuto viene riformulato, nell’ottica del riordino delle norme sul procedimento di mediazione, per meglio definire le condizioni per procedere alla trascrizione dell’accordo di conciliazione, oltre a ribadire che l’accordo può prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti o per il ritardo nel loro inadempimento.

Lettera n)

La lettera g) contiene un criterio di delega volto ad incentivare la conclusione di accordi da parte delle amministrazioni pubbliche, disponendo che per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la conciliazione nel procedimento di mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile, salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.

Oltre alle modifiche all’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, è stato inserito l’articolo li-bis nel d.lgs. n. 28 del 2010, al fine di effettuare un espresso richiamo alla nuova disposizione della legge n. 20 del 1994 applicabile nei casi di accordo conciliativo sottoscritto, in sede di mediazione, dalle amministrazioni pubbliche.

Lettera o)

L’articolo 12 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato oggetto di modifiche di chiarimento e coordinamento.

Al comma 1, al fine di evitare interpretazioni potenzialmente pregiudizievoli per le parti, si è chiarito che l’accordo sottoscritto dalle parti della mediazione e dei agli avvocati, costituisce titolo esecutivo quando le stesse sono assiste “dagli avvocati”, così sostituendo l’attuale espressione “da un avvocato” che potrebbe indurre l’interprete a ritenere che un simile accordo possa essere stipulato, sottoscritto ed avere efficacia esecutiva, anche quando più parti siano assistite da un solo avvocato.

Si è inoltre chiarito, con apposito coordinamento con l’articolo 8-bis, che tra le modalità di sottoscrizione a tal fine consentite sono comprese anche quelle previste da tale disposizione.

Il comma 1-bis è stato quindi inserito per contenere, in collocazione separata, la diversa disciplina dei casi in cui, al di fuori dalle ipotesi del comma 1, l’omologa dell’accordo avviene, su istanza di parte, con decreto del presidente del tribunale.

Il comma 2 precisa, mediante una formulazione più corretta rispetto al testo previgente, che l’omologazione dell’accordo conferisce a quest’ultimo la qualità di titolo esecutivo per procedere a espropriazione forzata, esecuzione in forma specifica e iscrizione di ipoteca giudiziale.

Lettera p)

L’articolo 12-bis d.lgs. n. 28 del 2010 viene inserito per attuare il principio di cui alla lettera e) e contiene, collocate in un unico articolo, le disposizioni sulle conseguenze processuali della mancata partecipazione, senza giustificato motivo, al procedimento di mediazione.

Il comma 1 prevede, riportando con diversa collocazione la disposizione di cui all’articolo 8, comma 4-bis del testo vigente, che il giudice possa desumere argomenti di prova, ai sensi dell’articolo 116, secondo comma del codice di procedura civile, dalla mancata partecipazione di una parte, senza giustificato motivo, al primo incontro della procedura di mediazione cui la controparte l’ha invitata.

Il comma 2, riprendendo il principio previsto dal secondo periodo del previgente comma 4-bis dell’articolo 8, disciplina le conseguenze della mancata partecipazione nei casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità della domanda. In tale ipotesi si prevede che la mancata e ingiustificata partecipazione comporti la condanna della parte costituita, a versare all’erario una somma di importo corrispondente al doppio del contributo unificato dovuto per il giudizio instaurato dopo l’infruttuoso tentativo obbligatorio di mediazione. Rispetto alla disposizione vigente, oltre a una diversa e più razionale collocazione, si è previsto un aumento della sanzione irrogata a questo titolo al fine di disincentivare comportamenti elusivi del principio del tentativo obbligatorio di mediazione, procedura astrattamente idonea a evitare che le parti, per la medesima controversia ricorrano al giudice.

Il comma 3 prevede che, nei casi di cui al comma 2, su istanza di parte, con il provvedimento che definisce il giudizio, il giudice possa altresì condannare la parte soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata in misura non superiore nel massimo alle spese di lite maturate dopo la infruttuosa conclusione del procedimento di mediazione, dovuta alla mancata partecipazione della medesima parte soccombente.

Il comma 4 prevede una speciale conseguenza processuale connessa all’ingiustificata partecipazione alla procedura di mediazione da parte delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 o da parte di soggetti sottoposti a un’autorità di vigilanza.

In tali ipotesi il giudice segnala la mancata partecipazione, nel primo caso, al pubblico ministero presso la Corte dei conti e nel secondo caso, all’autorità di vigilanza.

Tale segnalazione consente l’eventuale adozione, nei confronti dei soggetti che ingiustificatamente hanno omesso di coltivare una procedura di mediazione obbligatoria, di eventuali sanzioni connesse al danno che tale comportamento possa avere causato all’amministrazione o al soggetto vigilato.

Lettera q)

L’articolo 13 d.lgs. n. 28 del 2010 viene modificato per attuare il principio di delega di cui alla lettera e)

La rubrica viene modificata allo scopo di chiarire che tale disposizione regola il regime delle spese processuali nel caso di rifiuto della proposta di conciliazione, mentre il nuovo articolo 12-bis disciplina la diversa materia delle conseguenze processuali della mancata partecipazione alla procedura di mediazione.

Il comma 1, nel penultimo periodo, contiene un intervento di coordinamento dovuto alla modifica apportata all’articolo 96 del codice di procedura civile, con l’aggiunta di un quarto comma, il cui contenuto non è coerente con il richiamo operato dal vigente comma, che ha lo scopo di precisare che l’eventuale condanna della parte al pagamento della somma prevista dal primo periodo del comma 1, non esclude la possibilità che la stessa parte sia condannata, ricorrendone i presupposti, per lite temeraria.

Dunque, per effetto delle descritte modifiche, l’articolo li-bis contiene la disciplina delle conseguenze scaturiscono dalla mancata e ingiustificata partecipazione alla procedura di mediazione, mentre l’articolo 13 contiene la disciplina delle conseguenze che possono derivare alla parte che, pur avendo partecipato alla procedura di mediazione, ha rifiutato la proposta conciliativa il cui contenuto ha poi trovato riscontro nel provvedimento giurisdizionale.

Lettera r)

L’articolo 14 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato in attuazione del principio di cui alla lettera m), nell’ottica di potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del procedimento di mediazione, prevedendo, al comma i, lettera a), che il mediatore sia obbligato a sottoscrivere, per ciascun affare per il quale è designato, una dichiarazione di indipendenza, oltre che di imparzialità.

La lettera b) del medesimo comma è stata modificata al fine di prevedere l’obbligo, in capo al mediatore, di comunicare, al responsabile dell’organismo e alle parti, tutte le circostanze sopravvenute nel corso della procedura, idonee a incidere sulla sua indipendenza e imparzialità.

Lettera s)

L’articolo 15 d.lgs. n. 28 del 2010, dedicato alla mediazione nell’azione di classe è stato modificato esclusivamente allo scopo di aggiornare il testo alle disposizioni nel frattempo adottate, che hanno dato diversa collocazione alla disciplina dell’azione di classe, portandola all’interno del codice di procedura civile, in particolare, per quanto qui di rilievo, nell’articolo 840-bis.

Lettera t)

Il principio di delega di cui all’articolo l, comma 4, lettera a), in relazione alle procedure alternative di risoluzione delle controversie, prevede tre ambiti di intervento: il riordino, semplificazione e ampliamento degli incentivi fiscali, l’estensione del patrocinio a spese dello Stato nelle procedure di mediazione e negoziazione assistita e l’ampliamento delle categorie di beneficiari e l’aumento degli incentivi fiscali. Tali misure sono finalizzate a favorire e incentivare il ricorso e la diffusione delle forme complementari di risoluzione delle controversie che si realizzano con la composizione transattiva della controversia in tal modo contribuendo, quale ulteriore conseguenza, alla deflazione del contenzioso giudiziario.

L’attuazione di tali ampi e complessi criteri di delega è stata effettuata mediante interventi di modifica degli articoli 17 e 20 del d.lgs. n. 28 del 2010 e mediante l’inserimento di un nuovo capo II-éis nel d.lgs. n. 28 del 2010 contenente la disciplina del patrocinio a spese dello Stato nei casi in cui le parti, in ottemperanza al dovere di esperire un tentativo di mediazione, definiscono la controversia senza ricorrere al giudice.

Per quanto riguarda il patrocinio a spese dello Stato, il principio di delega è interpretato, conformemente alle previsioni di spesa e di copertura finanziaria della legge n. 206 del 202l, nel senso di prevedere l’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e di negoziazione assistita, nei casi nei quali il loro esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale (che, in attuazione del principio contenuto nell’articolo l, comma 4, lettera c), sono estesi per la mediazione alle controversie in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di subfornitura).

All’indomani dell’entrata in vigore della legge n. 206 del 202l, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 10 del 2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli articoli 74, comma 2, e 75, comma l, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)» (nel prosieguo, TUSG), nella parte in cui non prevedono che il patrocinio a spese dello Stato sia applicabile anche all’attività difensiva svolta nell’ambito dei procedimenti di mediazione di cui all’articolo 5, comma l, del decreto legislativo n. 28 del 2010, quando nel corso degli stessi è stato raggiunto un accordo, nonché dell’art. 83, comma 2, TUSG, nella parte in cui non prevede che, in tali fattispecie, alla liquidazione in favore del difensore provveda l’autorità giudiziaria che sarebbe stata competente a decidere la controversia.

L’intervento è volto quindi a colmare tale lacuna, introducendo un meccanismo che consenta l’accesso al patrocinio a spese dello Stato nei casi in cui la mediazione sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale e sia raggiunto l’accordo prima di adire l’autorità giudiziaria.

Si è ritenuto di non collocare tale intervento all’interno del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)» (nel prosieguo, TUSG), ma nel d.lgs. n. 28 del 2010.

Nel sistema del TUSG, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si struttura in due fasi: in una prima fase, viene deliberata l’ammissione in via anticipata e provvisoria della parte non abbiente al beneficio ad opera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; in una seconda fase, l’autorità giudiziaria che procede, all’esito della lite, conferma l’ammissione provvisoria e provvede alla liquidazione del compenso considerando quantità e qualità dell’attività processuale svolta dal difensore, applicando i pertinenti parametri legati al valore della controversia, con falcidia del 50% e con obbligo del rispetto del valori medi. Una volta effettuata la liquidazione e adottato il decreto di pagamento, il sistema prevede che appositi uffici procedano all’erogazione delle somme e stabilisce che lo Stato proceda all’azione di recupero di tali somme nei confronti della parte processuale rimasta totalmente o parzialmente soccombente rispetto alla parte ammessa al beneficio.

Tale complessivo sistema appare difficilmente adattabile alle ipotesi nelle quali la parte non abbiente è tenuta ad avviare una procedura di risoluzione alternativa delle controversie (negoziazione assistita o mediazione) che si concluda con l’accordo prima dell’avvio di un’azione giudiziale. In tale ipotesi, infatti, la controversia è risolta senza necessità di proporre domanda giudiziale e, alla conclusione del procedimento, non risulterà possibile individuare una parte “soccombente” in senso tecnico-processuale nei confronti della quale avviare un’azione di recupero delle spese di lite corrisposte, in forza del patrocinio a spese dello Stato.

Si deve poi considerare che l’eventuale previsione di un apposito procedimento che imponga alla parte non abbiente e al suo difensore, a conclusione della procedura di mediazione, di adire l’autorità giurisdizionale al solo scopo di ottenere la liquidazione del compenso, si pone in contrasto con i generali obiettivi di semplificazione e celerità che la legge n. 206 del 2021 si prefigge di raggiungere anche nel settore degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

Si ritiene, per queste ragioni, che il principio di delega non possa essere attuato mediante novella del TUSG in considerazione degli evidenziati aspetti di asistematicità rispetto al vigente sistema della liquidazione giudiziale. Si è pertanto previsto l’inserimento nel d.lgs. n. 28 del 2010 del capo Il-bis, i cui articoli da 15-bis a 15-duocecies contengono la speciale disciplina del patrocinio a spese dello Stato per le controversie per le quali l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità ex lege, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria e la procedura si conclude con la conciliazione senza ricorso al giudice.

In proposito si evidenzia che la collocazione della disciplina della ammissione al beneficio e della determinazione, liquidazione, riconoscimento ed erogazione del compenso maturato dall’avvocato che ha assistito una parte ammessa al patrocinio dello Stato in una procedura di mediazione, in un testo normativo diverso dal TUSG, non risulta incompatibile, in termini sistematici, con la citata sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2021 che, al punto 11, ha precisato che “[r]imane ferma, ovviamente, la facoltà del legislatore di valutare, nella sua discrezionalità, eventualmente anche in sede di attuazione della legge delega prima richiamata, l’opportunità di introdurre, nel rispetto dei suddetti principi costituzionali, una più. compiuta e specifica disciplina della fattispecie oggetto dell’odierno scrutinio”.

La disciplina speciale adottata in attuazione della delega è destinata, infine, ad essere applicata nei casi nei quali, a causa delle circostanze del caso concreto, la procedura di mediazione non ha comportato, durante il suo intero svolgimento, di svolgere una parte della lite in sede giurisdizionale. Tale differente ambito di applicazione elle due discipline induce a non intervenire sul vigente TUSG.

Tanto premesso, la disciplina attuativa del principio di delega in esame riproduce le disposizioni del TUSG che costituiscono espressione dei principi generali del patrocinio a spese dello Stato in materia civile e che sono compatibili con la specificità della fattispecie regolata in attuazione della delega legislativa.

In particolare, sono state riproposte le stesse condizioni di accesso al beneficio della parte non abbiente, non essendovi ragioni per adottare una disciplina differenziata per il caso in cui la richiesta del patrocinio a spese dello Stato è necessaria per accedere alla tutela giurisdizionale o a una procedura alternativa, che deve essere obbligatoriamente instaurata prima di adire il giudice.

L’articolo 15-bis d.lgs. n. 28 del 2010 è dedicato alla istituzione del patrocinio in queste ipotesi, così colmando il vuoto di tutela evidenziato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 10 del 2022. Il comma 2 indica i casi di esclusione dal beneficio, come delineati nel TUSG, in quanto costituenti, salvo specifica eccezione, ipotesi presunte di abuso dello strumento.

L’articolo 15-ter d.lgs. n. 28 del 2010 fissa, in conformità alle disposizioni vigenti, il limite di reddito per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato.

L’articolo 15-quater d.lgs. n. 28 del 2010, al comma 1, stabilisce il contenuto necessario dell’istanza di ammissione e al comma 1 prevede espressamente la possibilità, per chi si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di farne richiesta al fine di proporre domanda di mediazione o di partecipare alla relativa procedura.

Il comma 2 riprende, in quanto compatibile, la disciplina del TUSG sulla redazione e sottoscrizione dell’istanza per l’ammissione, prevedendo poi che nell’istanza siano indicate le ragioni di fatto e di diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere con la procedura di mediazione. Benché la procedura di mediazione non sia equiparabile al processo che si svolge davanti al giudice, in quanto non comporta una valutazione di fondatezza o infondatezza delle contrapposte pretese e non si conclude con un provvedimento assimilabile a una pronuncia giurisdizionale, si è ritenuto di mantenere questo requisito negli esatti termini previsti dal TUSG, in quanto indispensabile per consentire all’organo competente a ricevere l’istanza a valutare la meritevolezza del beneficio richiesto dalla parte non abbiente. Anche sotto questo profilo, ferme restando le differenze intrinseche tra mediazione e processo, non vi è ragione di adottare una disciplina differenziata.

Tale valutazione, che opera su un piano diverso da quello del procedimento di mediazione, ha la diversa e specifica finalità di prevenire che il beneficio sia strumentale al perseguimento di pretese manifestamente infondate, e di consentire la verifica dell’ulteriore condizione di accesso alla misura che, nel caso della mediazione, consiste nella necessaria riconducibilità della pretesa alle controversie per le quali la mediazione è prevista dalla legge come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Il comma 3 disciplina le modalità di attestazione, per lo straniero o l’apolide, della condizione reddituale. Si è tenuto conto delle modifiche, già intervenute, sull’articolo 79 del TUSG, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 157 del 2021 che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non consente al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, nel caso in cui, per causa non imputabile, risulti impossibile presentare la certificazione dell’autorità consolare competente di produrre (con conseguente inammissibilità della richiesta) una dichiarazione sostitutiva secondo le norme vigenti.

L’articolo 15-quinquies d.lgs. n. 28 del 2010 individua il Consiglio dell’ordine degli avvocati competente nel Consiglio che ha sede nel luogo dove si trova l’organismo di mediazione competente ad esperire la procedura. Si è mantenuto il meccanismo, già previsto dal TUSG, dell’ammissione anticipata e provvisoria da parte di tale organo, in considerazione del fatto che l’ammissione definitiva, come chiaramente indicato all’articolo 15-bis, è condizionata alla dimostrazione del raggiungimento dell’accordo di conciliazione.

In caso contrario, infatti, la parte ammessa in via provvisoria, avendo soddisfatto la condizione di procedibilità, è legittimata a presentare domanda giudiziale e, in tal caso, la liquidazione del compenso al difensore della parte non abbiente avviene secondo le regole del TUSG.

L’articolo 15-sexies d.lgs. n. 28 del 2010, nell’ottica della tutela effettiva del diritto al patrocinio, individua il rimedio giudiziale esperibile in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della domanda di ammissione, avverso il provvedimento emesso dal Consiglio dell’ordine degli avvocati. Si tiene conto del fatto che, nelle ipotesi regolate, non è previsto l’esperimento della domanda davanti al giudice.

L’articolo 15-se^ties d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina gli effetti dell’ammissione anticipata al beneficio e la procedura di conferma dell’ammissione anticipata.

Il comma 1 contiene la clausola generale di validità dell’ammissione anticipata per l’intera procedura di mediazione.

Il comma 2 stabilisce che la parte ammessa al patrocinio non è tenuta a versare all’organismo di mediazione le indennità previste dall’articolo 17, commi 3 e 4. Per completezza si evidenzia che per tali indennità non esigibili dalla parte non abbiente, l’articolo 20 attribuisce, in conformità ad apposito principio di delega, un corrispondente credito di imposta all’organismo di mediazione.

I commi 3 e 4 disciplinano le condizioni per la conferma dell’ammissione anticipata, che deve essere attivata dall’avvocato che assiste la parte non abbiente che è tenuto a tal fine a documentare il raggiungimento dell’accordo, atto che, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, deve contenere l’indicazione del suo valore, indispensabile per la determinazione del corretto parametro di liquidazione del compenso. In tal modo, la procedura di liquidazione viene snellita e limita eventuali controversie avanti al Consiglio dell’ordine sulla corretta individuazione del parametro da applicare. Il Consiglio dell’ordine è tenuto a svolgere, in base a tale comma, oltre alla verifica formale di completezza della documentazione a corredo dell’istanza, anche una valutazione di congruità del compenso, determinato in conformità all’articolo 15-octies, e a confermare in caso di esito positivo l’ammissione tramite apposizione del visto di congruità sulla parcella, trasmettendone copia all’ufficio finanziario competente per le verifiche di competenza.

II comma 5 riproduce il divieto, per l’avvocato della parte ammessa al beneficio, di percepire dal cliente compensi o rimborsi e sanziona con la nullità eventuali patti contrari e viene richiamato l’articolo 85, comma 3, TUSG che stabilisce che la violazione di tale divieto costituisce “grave illecito disciplinare professionale'". L’articolo 15-octies d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina la determinazione del compenso autoliquidato dal difensore, da sottoporre al vaglio di congruità di cui all’articolo 15-septies, rimandando a un decreto ministeriale per l’individuazione degli importi spettanti all’avvocato a titolo di onorario e di spese nonché delle modalità con cui l’avvocato deve compilare la dichiarazione di autoliquidazione. Si mira a introdurre così un sistema chiaro e procedimentalizzato, che ponga il Consiglio dell’ordine in condizione di operare senza complicazioni, avendo a disposizione anche il documento contenente l’accordo di conciliazione, tutti i controlli di conformità prodromici alla adozione del provvedimento di conferma dell’ammissione anticipata e alla verifica di congruità del compenso prevista dal comma 4 dell’articolo 15-septies.

La norma prevede altresì, in un’ottica di semplificazione, accelerazione ed effettività del riconoscimento del compenso maturato dall’avvocato che ha assistito una parte in una procedura di mediazione, che il professionista possa accedere a forme di riconoscimento diverse dalla materiale erogazione delle somme, quali il riconoscimento di un credito di imposta e la possibilità di compensare tale credito con altri crediti che il professionista vanta nei confronti dell’Erario, sulla scorta di quanto attualmente prevede l’articolo 1, commi 778 e 779, della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

L’articolo 15-«ovies d.lgs. n. 28 del 2010 disciplina i casi di revoca del provvedimento di ammissione e i rimedi contro tale decisione. Si tratta di norma di chiusura necessaria, che stabilisce in che modo si procede a revoca nei casi in cui sia accertato che una parte ha fruito del beneficio pur non avendone diritto.

Il comma 1 prevede quindi che ove sia accertata dalle autorità competenti l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione, ne sia data notizia al Consiglio dell’ordine che ha adottato il provvedimento di ammissione.

Il comma 2, nella medesima prospettiva, prevede che siano comunicate al medesimo organo anche le modifiche sopravvenute delle condizioni reddituali che escludono il diritto di essere ammessi al beneficio ponendosi a carico della parte non abbiente l’onere di comunicare al proprio avvocato eventuali modifiche reddituali sopravvenute idonee a incidere sulle condizioni di ammissione. Si tratta di una necessaria norma di chiusura del sistema, considerando la brevità del termine di durata della procedura di mediazione e la prevedibile rarità dei casi in cui in concreto, in tale breve spazio di tempo, sopravvengano mutamenti del reddito, rispetto alla dichiarazione dell’anno precedente, tali da mettere in discussione il mantenimento del diritto al beneficio.

Il comma 3 prevede che il Consiglio dell’ordine, ricevuta una di queste comunicazioni ed effettuate le verifiche ritenute necessarie, procede alla revoca del provvedimento di ammissione, da comunicare all’interessato, all’avvocato e all’organismo di mediazione.

Il comma 4 individua il rimedio giurisdizionale attivabile per contestare la revoca, con richiamo della procedura attualmente prevista dal TUSG.

L’articolo 15-decies d.lgs. n. 28 del 2010 riproduce le sanzioni attualmente previste dall’articolo 125 TUSG per chi effettua false attestazioni per ottenere o mantenere l’ammissione al patrocinio e, come previsto anche nel TUSG, attribuisce alla Guardia di finanza il compito di effettuare, nel contesto dei programmi annuali di controllo fisale, anche i controlli dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato.

L’articolo 15-undecies d.lgs. n. 28 del 2010 contiene infine le disposizioni di copertura finanziaria per l’attuazione delle descritte disposizioni relative al patrocinio a spese dello Stato nella procedura di mediazione.

Lettera u)

Nella rubrica del Capo III è stato inserito riferimento agli enti di formazione per riflettere la nuova disciplina introdotta sul punto.

Lettera v)

L’articolo 16 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato modificato con l’aggiunta del comma 1-bis, che opera una revisione e inserisce nella norma primaria i requisiti necessari perché gli organismi di mediazione siano abilitati a gestire i relativi procedimenti ed essere quindi iscritti nel registro previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo n.28 del 2010.

In particolare sono stati individuati in modo specifico i requisiti comprovanti la serietà, costituiti dalla onorabilità dei soci, amministratori, responsabili e mediatori degli organismi, dalla previsione, nell’oggetto sociale o nello scopo associativo, dello svolgimento, da parte dell’organismo, in via esclusiva di attività consistente nell’erogazione di servizi di mediazione, conciliazione o risoluzione alternativa delle controversie e di formazione nei medesimi ambiti, oltre a una dichiarazione di impegno a non prestare servizi di mediazione conciliazione e risoluzione di controversie in tutti i casi nei quali l’organismo stesso ha un interesse nella lite. Il comma 1-ter contiene l’individuazione dei requisiti comprovanti l’efficienza, consistenti nella adeguatezza e trasparenza dell’organizzazione, anche per quanto concerne gli aspetti amministrativi e contabili, nella capacità finanziaria, nella qualità dei servizi erogati, della qualificazione professionale del responsabile dell’organismo e degli stessi mediatori.

Il comma 3 è stato modificato al fine di prevedere che nel regolamento che l’organismo di mediazione allega alla domanda di iscrizione nel registro, siano espressamente indicate non solo le tabelle delle indennità spettanti agli organismi, ma anche i relativi criteri di calcolo.

Il comma 4-bis è stato modificato esclusivamente al fine di aggiornare il riferimento normativo al codice deontologico forense. È stato sostituito il riferimento all’articolo 55 bis con il riferimento corretto all’articolo 62 di tale codice.

Il comma 5 è stato modificato esclusivamente al fine di coordinare il testo vigente con l’introduzione del nuovo articolo 16-bis, dedicato alla disciplina degli enti di formazione, il cui elenco, effettivamente istituito con il D.M. n. 180 del 2010 adottato in attuazione del comma 5, dovrà essere tenuto in conformità dei nuovi specifici criteri per l’iscrizione degli enti di formazione.

Lettera z)

L’articolo 16-bis d.lgs. n. 28 del 2010, in attuazione delle lettere l) e n), è stato introdotto al fine di individuare i requisiti necessari per l’iscrizione degli enti di formazione nell’elenco istituito e tenuto presso il Ministero della giustizia.

Si è scelto di adottare, quanto ai requisiti di serietà ed efficienza, gli stessi criteri previsti per gli organismi di mediazione, non essendovi ragione di prevedere una disciplina differenziata.

Il comma 1 fissa il principio secondo cui l’iscrizione all’elenco degli enti di formazione è condizionato alla dimostrazione dei requisiti di serietà ed efficienza, come definiti dall’articolo 16, commi 1-bis e 1-ter.

Il comma 2 contiene, in attuazione del criterio di delega di cui alla lettera n), la previsione di uno specifico e ulteriore requisito richiesto come condizione per l’iscrizione, o per il suo mantenimento, costituito dall’obbligo, per l’ente di formazione, di nominare un responsabile scientifico di chiara fama e esperienza nel settore, cui sono attribuiti specifici compiti, e che deve assicurare la qualità della formazione erogata dall’ente, la sua completezza, oltre che l’adeguatezza e l’aggiornamento del percorso formativo offerto, che non può essere disgiunto dalla stessa competenza dei formatori. Proprio nell’ottica di responsabilizzare gli enti di formazione a reperire, attraverso il responsabile, i formatori dotati della migliore esperienza è stata espressamente prevista la possibilità di valorizzare anche le competenze maturate all’estero. Inoltre il responsabile della formazione ha lo specifico onere di comunicare costantemente al Ministero della giustizia, i programmi formativi via via predisposti, completi dei nominativi dei formatori scelti per il loro svolgimento. Il comma 3 prevede inoltre che con decreto ministeriale siano individuati i più specifici requisiti di qualificazione richiesti ai mediatori e ai formatori per iscriversi negli elenchi tenuti presso il Ministero della giustizia o per mantenere tale iscrizione dopo l’entrata in vigore delle modifiche apportate al decreto legislativo n. 28 del 2020 e al D.M. n. 180 del 2010. La completa attuazione delle modifiche apportate all’articolo 16 e con l’introduzione del nuovo articolo 16-bis sarà completata, dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo di attuazione della legge delega, apportando le pertinenti modifiche al DM n.180 del 2010 al fine di prevedere, tra l’altro, che per l’iscrizione nel registro, occorre partecipare ad un corso di formazione iniziale per mediatori e ad un numero minimo di procedure di mediazione presso un organismo di mediazione, che coloro che non hanno conseguito una laurea in discipline giuridiche attestano adeguata preparazione attraverso la partecipazione a specifici corsi formativi nelle discipline giuridiche, che dopo l’iscrizione nel registro, i mediatori sono tenuti all’aggiornamento permanente mediante la partecipazione a corsi di formazione; che per mantenere l’iscrizione nel registro, gli avvocati iscritti all’albo sono tenuti ad adempiere a specifici obblighi minimi di formazione, che dopo l’iscrizione nell’elenco, i formatori sono tenuti all’aggiornamento permanente mediante la partecipazione a corsi di formazione, che le attività di formazione possono svolgersi in presenza o mediante collegamento audiovisivo da remoto, che il responsabile scientifico degli enti di formazione, nell’adempimento dei compiti di cui all’articolo 16 bis, comma 2, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 218, possa svolgere appositi compiti quali ; approvare i programmi erogati dall’ente unitamente ai nomi dei formatori incaricati e ai calendari di svolgimento dei corsi di formazione, certificare l’equivalenza della formazione di aggiornamento eventualmente svolta dai formatori presso enti e istituzioni con sede all’estero, certificare per singole attività formative l’idoneità di formatori anche stranieri non accreditati dal Ministero della giustizia, rivedere i parametri per la determinazione dell’onorario e delle spese spettanti all’avvocato ai sensi dell’articolo 15-octies, comma 1, nonché per la revisione delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione. Tali interventi, coerenti con i principi di delega, considerati anche gli ambiti regolati dal DM n.180 del 2010, trovano adeguata collocazione nella normativa secondaria.

Lettera aa)

L’articolo 17 d.lgs. n. 28 del 2010 è stato sostituito, in attuazione del principio di cui alla lettera a) del comma 4.

Il comma 1 (che recepisce quanto precedentemente contenuto nel comma 2 dell’articolo 17) sancisce il principio, compatibile con i principi della legge delega in materia, secondo cui documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.

Il comma 2 dispone che il verbale contenente l’accordo di conciliazione è l’atto esente da imposta di registro ed eleva (rispetto al previgente comma 3) il limite di esenzione da cinquantamila a centomila euro.

Il comma 3 attua il principio di delega avente ad oggetto la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle relative indennità, e stabilisce che ciascuna parte è tenuta a versare, al momento della presentazione della domanda di mediazione o dell’adesione, le spese di avvio della procedura di mediazione e le spese di mediazione per il primo incontro, precisando che quando la mediazione si conclude senza l’accordo al primo incontro, le parti non sono tenute a corrispondere importi ulteriori.

Viene quindi meno, quale aspetto di particolare rilievo della riforma del regime delle spese e indennità di mediazione, oltre che di rafforzamento della sua effettività e qualità, il principio della sostanziale gratuità del primo incontro di mediazione.

Il comma 4 introduce un ulteriore principio secondo cui sono previsti importi specifici e differenziati nel caso in cui il primo incontro si concluda con un accordo e nel diverso caso in cui la procedura di mediazione richieda

10 svolgimento di più incontri. Il comma pone a carico degli organismi di mediazione, al fine di migliorare la trasparenza della procedura, l’onere di rendere noti, nel proprio regolamento, gli importi che sono richiesti a questo titolo.

11 comma 5 prevede i contenuti del decreto ministeriale di cui all’articolo 16, comma 2, riportando quanto già previsto dal previgente comma 4 e aggiungendo, alla lettera c), che il decreto ministeriale deve anche fissare e disciplinare le indennità per le spese di avvio e per le spese di mediazione previste per il primo incontro che, come osservato in precedenza, a seguito della riforma dovranno essere sempre corrisposte e, alla lettera f), che il medesimo decreto deve anche fissare i criteri per la determinazione del valore dell’accordo di conciliazione, elemento necessario per la semplificazione della determinazione del compenso spettante all’avvocato che assiste la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato nei casi in cui all’articolo 5, comma 1, e in armonia con quanto si prevede all’articolo 15-septies, comma 4.

Il comma 6, in accordo con la nuova disciplina del patrocinio a spese dello Stato prevista per le procedure di mediazione di cui all’articolo 5, comma 1, e 5-quater, precisa che la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato non è tenuta a versare né spese di avvio, né spese di mediazione (per il primo incontro e per gli incontri ulteriori). Il relativo importo, come indicato in relazione agli interventi operati sull’articolo 20, comma 4, può essere recuperato dall’organismo di mediazione mediante richiesta di riconoscimento di un corrispondente credito di imposta.

Il comma 7 mantiene la previsione di un onere in capo al Ministero della giustizia di monitorare le “mediazioni concernenti i soggetti esonerati dal pagamento dell ’indennità di mediazione”, già contenuta nel previgente comma 6, mentre si è ritenuto di sopprimere la parte relativa alla determinazione delle indennità spettanti agli organismi di mediazione, divenuta incompatibile con la nuova disciplina in materia di patrocinio a spese dello Stato nel procedimento di mediazione.

Il comma 8 contiene il principio di rideterminazione triennale dell’ammontare delle indennità previste per gli organismi di mediazione.

Il comma 9 contiene la norma di copertura finanziaria.

Il comma 10 prevede che il Ministero della giustizia provveda annualmente al monitoraggio del rispetto del limite di spesa destinato alle misure previste dall’articolo affinché si attivi tempestivamente, in caso di eventuali scostamenti da detto limite, per prevedere il corrispondente aumento del contributo unificato.

Lettera bb)

La legge delega, oltre alla semplificazione di tutte le procedure per il riconoscimento di tali crediti, prevede l’incremento del vigente ammontare dell’esenzione dall’imposta di registro sugli accordi di conciliazione; il riconoscimento per le parti della procedura di mediazione, di un credito di imposta commisurato al compenso corrisposto all’avvocato, un credito di imposta per il contributo unificato versato per il giudizio estinto a seguito di accordo raggiunto in sede di mediazione. È inoltre previsto un credito di imposta per gli organismi di mediazione, commisurato all’indennità non esigibile dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. All’articolo 20 del d.lgs. n. 28 del 2010 sono quindi state apportate puntuali modifiche per recepire gli specifici criteri dettati in tale ambito dalla legge delega.

La rubrica è stata modificata per renderla coerente con il nuovo contenuto dell’articolo, che prevede non solo un ampliamento dei crediti di imposta riconosciuti alle parti della procedura di mediazione, ma anche un credito di imposta per la prima volta riconosciuto a favore degli organismi di mediazione.

Il comma 1 viene interamente riformulato al fine di prevedere l’aumento dell’importo massimo del credito d’imposta riconosciuto alla parte per l’indennità corrisposta all’organismo di mediazione (che viene portato da cinquecento a seicento euro). Tale importo, secondo quanto prevedono i commi 3 e 4 dell’articolo 17, introdotti in attuazione di appositi principi di delega, comprende le spese di avvio e le spese del primo incontro di mediazione e degli eventuali ulteriori importi a seconda che il primo incontro si concluda con un accordo o che la procedura prosegua con incontri ulteriori.

Nel medesimo comma viene introdotto un nuovo credito d’imposta in favore delle parti, riconoscibile nei soli casi in cui casi in cui la mediazione è condizione di procedibilità della domanda nelle controversie di cui all’articolo 5, comma 1, e quando il giudice demanda le parti in mediazione (restando quindi esclusa l’ipotesi di mediazione su clausola contrattuale o statutaria di cui al nuovo articolo 5-sexies in quanto si tratta di un’ipotesi nella quale la condizione di procedibilità deriva dalla volontà delle parti). Tale credito di imposta è commisurato al compenso corrisposto dalla parte al proprio avvocato, nei limiti previsti dai parametri forensi, per l’assistenza nella procedura di mediazione, nel limite di euro seicento.

Il comma 2, per assicurare il rispetto della copertura finanziaria, fissa il tetto massimo all’importo complessivo di cui la parte può beneficiare a titolo di credito d’imposta nei casi previsti dal comma 1. Si prevede, dunque, che per tali crediti alla parte può essere riconosciuto un credito di imposta fino ad euro seicento per procedura e un tetto massimo annuale fino a euro duemilaquattrocento per le persone fisiche, e fino a euro ventiquattromila per le persone giuridiche. Si è scelto di introdurre un tetto massimo annuale differenziato per le persone fisiche e per le persone giuridiche in considerazione del fatto che, anche a causa dello svolgimento di molte attività in forma associata, le persone giuridiche sono più frequentemente coinvolte in procedure di mediazione, con conseguente diritto a vedersi riconoscere i crediti d’imposta di nuova introduzione (è sul punto sufficiente considerare le materie per le quali è prevista, ed è stata ampliata, la condizione di procedibilità ai sensi dell’articolo 5, comma 1). La fissazione di un tetto differenziato ha lo scopo di evitare che le risorse a copertura di tali interventi siano assorbite in maniera sproporzionata dai crediti di imposta delle persone giuridiche, fattore che potrebbe ostacolare le finalità del principio di delega, ossia diffondere la cultura della mediazione anche nelle controversie che vedon come parti le persone fisiche.

L’ultimo periodo del comma ribadisce la regola, contenuta nella precedente formulazione del comma 1, secondo cui, in caso di insuccesso della mediazione, i crediti di imposta sono ridotti della metà. Sotto questo profilo non vengono apportate innovazioni al regime vigente.

Il comma 3 è stato introdotto al fine di attuare il principio di delega avente ad oggetto il riconoscimento di un ulteriore credito d’imposta a beneficio della parte, commisurato al contributo unificato versato per il giudizio

estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione. In tal caso il limite massimo esigibile è stato fissato in euro cinquecentodiciotto (importo corrispondente a quanto dovuto a titolo di contributo unificato per i processi civili di valore indeterminabile). La collocazione di tale beneficio fiscale in questo comma trova la sua ragione nel fatto che si tratta di importo non assoggettato al limite massimo previsto dal comma 2.

Il comma 4 è stato introdotto al fine di attuare il principio di delega avente ad oggetto il riconoscimento di un credito d’imposta in favore degli organismi di mediazione. Il beneficio è riconosciuto quando partecipa alla procedura di mediazione una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato che, per effetto dell’ammissione non è tenuta a versare alcuna indennità all’organismo di mediazione, al quale spetta, invece, in misura corrispondente, un credito di imposta per il quale è previsto un limite annuale di euro ventiquattromila.

Il comma 5 prevede che venga adottato, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle disposizioni i attuative della legge n. 206 del 2021, un decreto ministeriale finalizzato a disciplinare le procedure che dovranno essere seguite per il riconoscimento dei crediti d’imposta sopra descritti, anche per quanto concerne l’individuazione della documentazione da esibire a corredo della richiesta e dei controlli sull’autenticità della stessa, e per definire le modalità di trasmissione in via telematica all’Agenzia delle entrate dell’elenco dei beneficiari e dei relativi importi a ciascuno comunicati. Infine, i commi 6 e 7 contengono le disposizioni di copertura finanziaria per l’attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 20.

Art. 8 - (Modifiche alla legge 14 gennaio 1994, n. 20)

La lettera g) contiene un criterio di delega volto ad incentivare la conclusione di accordi da parte delle amministrazioni pubbliche, disponendo che per i rappresentanti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, la conciliazione nel procedimento di mediazione ovvero in sede giudiziale non dà luogo a responsabilità contabile, salvo il caso in cui sussista dolo o colpa grave, consistente nella negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti.

L’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 (recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti), è stato pertanto modificato on l’aggiunta del comma 1-01.bis, al fine di prevedere che la responsabilità contabile dei rappresentanti delle amministrazioni pubbliche che concludono un accordo di conciliazione nei soli casi di dolo e colpa grave, definita quest’ultima come “negligenza inescusabile derivante dalla grave violazione della legge o dal travisamento dei fatti”.

È stato inoltre inserito, nel d.lgs. n. 28 del 2010 l’articolo 11-bis al fine di effettuare un espresso richiamo alla nuova disposizione della legge n.20 del 1994 che trova applicazione nei casi di accordo conciliativo sottoscritto, in sede di mediazione, dalle amministrazioni pubbliche.

Il principio di delega, che si ricollega al potere transattivo della pubblica amministrazione, fa espresso riferimento all’accordo di conciliazione che può essere raggiunto dai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, laddove se ne ravvisi la convenienza economica, tanto nel corso di un procedimento di mediazione quanto nel corso di un procedimento giudiziale, introducendo in tali ipotesi una limitazione della responsabilità per danno erariale, che viene circoscritta ai casi di colpa particolarmente grave, rappresentata dalla negligenza inescusabile e dall’irragionevolezza, oltre che per dolo.

Una limitazione della responsabilità per danno erariale, di cui all’art. 1 della legge n. 20 del 1994, è già stata introdotta dall’art. 21 del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito dalla legge n. 120 del 2020, e successivamente con il decreto-legge n. 77 del 2021, convertito dalla legge n. 108 del 2021, che ha previsto, nell’ambito della disciplina legata all’emergenza pandemica, che, per i fatti commessi fino al 30 giugno 2023, il funzionario è tenuto a rispondere solo dei danni conseguenti ad una condotta dolosamente posta in essere voluta, ferma restando la responsabilità per quelli causati da omissione o inerzia.

Il principio di delega attuato dalla presente norma si pone su un piano diverso rispetto al cosiddetto scudo erariale introdotto dalla normativa emergenziale, che ha lo scopo di disincentivare quelle inefficienze che

 

possono derivare dal timore dei funzionari pubblici di incorrere in responsabilità, e che ha portato alla sostanziale, sebbene temporanea, eliminazione della responsabilità contabile per colpa grave. La finalità della presente norma, invece, non è legata principalmente ad esigenze di de-burocratizzazione o di de- giurisdizionalizzazione quanto a quella di favorire l’utilizzo degli strumenti privatistici e del potere transattivo da parte della pubblica amministrazione nell’ambito dell’attività non autoritativa e dei diritti disponibili.

Per questo l’attuazione di tale principio di delega ha imposto di modificare l’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994 n. 20, che disciplina l’azione di responsabilità per tutti i soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, e di aggiungere una disposizione che espressamente garantisce al funzionario che partecipa ad un procedimento di mediazione la possibilità di raggiungere un accordo conciliativo senza il timore di incorrere nella responsabilità contabile. Tale limitazione opera, in conformità alla legge delega, a condizione che il funzionario abbia agito nel rispetto dei criteri di adeguatezza e di proporzionalità, nonché di logicità e razionalità che devono sempre caratterizzare l’agire della pubblica amministrazione. Si evidenzia, inoltre che, analoga limitazione di responsabilità si applica al funzionario che concilia la controversia che pende innanzi all’autorità giudiziaria, sia con l’adesione alla proposta formulata dal giudice ai sensi dell’art. 185 bis sia attraverso la conciliazione giudiziale.

Con l’attuazione del principio di delega nei termini esposti risulta tendenzialmente precluso al giudice contabile di valutare le scelte discrezionali del funzionario pubblico, in generale sottratte al sindacato giurisdizionale purché non irragionevoli ed irrazionali, che lo abbiano indotto a conciliare la controversia attraverso una transazione palesemente vantaggiosa, ovviamente nel rispetto dell’iter procedimentale previsto e degli obblighi di motivazione del provvedimento che autorizza l’accordo.

La legge delega e la sua attuazione tengono conto, infine della interpretazione delle norme sulla responsabilità contabile da parte della giurisprudenza (cfr. Corte Conti, Sez. giur. Umbria, sentenza 24 febbraio 2022 n. 9) che valuta favorevolmente le delibere dell’amministrazione che autorizzano gli accordi transattivi in materia di diritti disponibili, una volta accertata la ragionevole proporzionalità tra costi e benefici, che servano ad evitare oppure a definire una controversia.

Art. 9 - (Modifiche al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 132)

Comma 1

Lettera a)

Nell’ottica della semplificazione della procedura si è proceduto inoltre a eliminare, alla rubrica del Capo II (e ovunque ricorresse) la possibilità che le parti possano essere assistite da “uno o più” avvocati, così da uniformare il procedimento alle ipotesi di cui agli articoli 2-ter, 4-bis, 4-ter e 6, nelle quali è previsto che vi sia almeno un avvocato per parte.

Lettera b)

Per esigenze sistematiche, considerato l’inserimento di una più compiuta disciplina relativa al patrocinio a spese dello Stato, si è ritenuto di suddividere il Capo II in due sezioni; la sezione I è dedicata alla procedura di negoziazione assistita.

Lettera c)

Il primo comma è stato modificato in accordo con l’eliminazione della possibilità che le parti possano essere assistite da “uno o più” avvocati.

La legge n. 206 del 2021 prevede che anche le controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, fermo restando quanto prevede, l’articolo 412-ter possano essere oggetto di negoziazione assistita.

L’articolo 2, comma 2, lettera b), d.l. n. 132 2014 del è stato quindi modificato in attuazione di tale principio, al fine di eliminare la previsione che, nel testo previgente, escludeva espressamente la possibilità di ricorrere alla negoziazione assistita nelle controversie in materia di lavoro.

Si è introdotto un comma 2-bis al fine di prevedere la possibilità, con il consenso delle parti espresso nella convenzione di negoziazione assistita, di acquisire dichiarazioni di terzi su fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversa nonché dichiarazioni della controparte sulla verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli alla parte nel cui interesse sono richieste (disciplinate, rispettivamente, negli articoli 4-bis e 4-ter). Il medesimo comma prevede, poi, che la negoziazione assistita possa avvenire con modalità telematiche, con il consenso delle parti, con riferimento sia alla formazione e alla trasmissione degli atti, sia all’effettuazione degli incontri con collegamento da remoto.

Infine, il comma 7-bis è stato inserito al fine di prevedere che, come richiesto dal criterio di cui alla lettera r), al fine di favorire e semplificare la procedura, le parti possano ricorrere, per la stipula della convenzione, ad apposito modello elaborato dal Consiglio nazionale forense.

Lettera d)

L’articolo 2-bis d.l. n. 132 2014 è stato inserito a fine di disciplinare le modalità di svolgimento della negoziazione assistita in modalità telematica.

Al comma 1 si prevede che ciascun atto del procedimento, incluso l’accordo, debba essere formato e sottoscritto in conformità alla disciplina di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Sono anche disciplinate le modalità di trasmissione degli atti, consistenti nella posta certificata o recapito certificato qualificato, secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare sulla trasmissione e ricezione dei documenti informatici.

Al comma 2 si prevede la possibilità per le parti di partecipare alla negoziazione assistita da remoto, con sistemi di collegamento che assicurino la reciproca udibilità e visibilità delle parti collegate. Si è precisato inoltre che il procedimento può essere svolto in modalità telematica anche solo parzialmente.

Il comma 3 espressamente esclude l’acquisizione per via telematica delle dichiarazioni dei terzi di cui all’articolo 4-bis da farsi necessariamente in modalità analogica e in presenza delle parti e degli informatori, per evidenti motivi di verifica della genuinità delle dichiarazioni e di assicurare al terzo la piena verificabilità delle modalità con cui le sue dichiarazioni vengono acquisite. Tale divieto non opera, invece, per le dichiarazioni confessorie di cui all’articolo 4-ter, che possono essere acquisite sia in modalità analogica che su documento informatico. In tal caso l’atto deve essere sottoscritto digitalmente dalla parte e dall’avvocato che l’assiste nella sua formazione. In caso di sottoscrizione analogica la firma dell’avvocato vale anche quale certificazione dell’autografia della parte assistita, certificazione non richiesta per l’atto firmato digitalmente dalla parte.

Il comma 4 prevede che, quando le parti sottoscrivono l’accordo con modalità analogica, la loro firma deve essere certificata dagli avvocati con firma digitale o altra tipo di firma elettronica qualificata o avanzata, nel rispetto della normativa applicabile.

L’articolo 2-ter d.l. n. 132 2014 è stato inserito per disciplinare tale nuova ipotesi di negoziazione assistita nelle controversie di cui all’articolo 409 c.p.c., attraverso un procedimento alternativo a quello previsto dall’articolo 412 ter c.p.c., con la garanzia della difesa tecnica dell’avvocato che assiste ciascuna parte e con l’ulteriore garanzia della possibilità della parte che ritiene di avvalersene, di essere assistita da un consulente del lavoro.

Lettera e)

L’articolo 3, comma 6, d.l. n. 132 2014 viene abrogato per essere sostituito dalla disciplina di cui agli articoli 11-bis e seguenti, inseriti in una nuova sezione II.

Lettera f)

La modifica contenuta nell’articolo 4, comma 1, d.l. n. 132 2014 inerente la citazione dei soli commi primo, secondo e terzo, dell’articolo 96 del codice di procedura civile costituisce un intervento di coordinamento con le modifiche apportate alla norma in questione, il cui comma quarto, di nuova introduzione non è pertinente al contesto del comma di cui si discute.

Lettera g)

I criteri di cui alle lettere s) e t) prevedono la possibilità di svolgere attività istruttoria stragiudiziale nell’ambito della negoziazione assistita.

Per dare attuazione a tali principi sono stati inseriti due nuovi articoli che disciplinano, rispettivamente, l’acquisizione delle dichiarazioni dei terzi e l’acquisizione delle dichiarazioni confessorie, e sono state apportate modifiche all’articolo 371 ter del codice penale che prevede e punisce il reato di false dichiarazioni rese al difensore nell’ambito delle indagini difensive nel corso del procedimento penale.

Va preliminarmente evidenziato che la finalità principale delle disposizioni che consentono alle parti di svolgere attività istruttoria nell’ambito della negoziazione assistita è di metterle in condizione di acquisire tutti gli elementi che possono condurre, nel miglior modo, alla composizione della lite. I criteri di delega prevedono anche che tale attività istruttoria possa essere utilizzata in giudizio, ma si deve evidenziare che tale possibilità non costituisce lo scopo principale dell’innovazione in tema di istruttoria nelle procedure di negoziazione.

Si deve poi evidenziare che l’accordo delle parti sulla possibilità di acquisire le dichiarazioni, risultante dalla convenzione, è idoneo a superare gli obblighi di riservatezza di cui all’articolo 9, comma 3, del D.L. 132/2014 relativamente a tali dichiarazioni, rimanendo ovviamente riservate tutte le altre dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso del procedimento.

L’articolo 4-bis d.l. n. 132 2014 è stato introdotto al fine di disciplinare l’acquisizione delle dichiarazioni di terzi su invito di ciascun avvocato e in necessaria presenza degli avvocati che assistono le altre parti.

II comma 1 prevede che l’invito deve contenere l’indicazione specifica dei fatti sui quali il terzo è chiamato a rendere le dichiarazioni, che devono essere specificamente individuati e rilevanti in relazione all’oggetto della controversia. Si è ritenuto di specificare che le dichiarazioni devono essere assunte presso lo studio professionale dell’avvocato che rivolge l’invito o presso il Consiglio dell’ordine.

Il comma 2 prevede che l’informatore deve essere previamente identificato ed è invitato a dichiarare eventuali rapporti di parentela o di natura personale o professionale con le parti o un interesse nella causa. L’informatore deve inoltre essere preliminarmente avvisato della qualifica dei soggetti dinanzi ai quali rende le dichiarazioni e dello scopo della loro acquisizione, della facoltà di non rendere dichiarazioni, della facoltà di astenersi ai sensi dell’articolo 249 del codice di procedura civile, delle responsabilità penali conseguenti alle false dichiarazioni, del dovere di mantenere riservate le domande che gli sono rivolte e le risposte date e delle modalità di acquisizione e documentazione delle dichiarazioni.

Il comma 3 precisa che non può rendere dichiarazioni chi non ha compiuto il quattordicesimo anno di età e chi si trova nella condizione prevista dall’articolo 246 del codice di procedura civile.

Il comma 4 prevede che il verbale debba contenere, le domande rivolte all’informazione e le dichiarazioni da quest’ultimo rese, le sue generalità e quelle degli avvocati, unitamente all’attestazione che gli sono stati rivolti gli avvertimenti di cui al comma 2.

Il comma 5 prevede che il verbale così redatto, sottoscritto dall’informatore e dagli avvocati è consegnato in originale all’informatore e a ciascuna delle parti. La consegna di un originale all’informatore è misura necessaria a sua tutela per le eventuali responsabilità che possono essergli contestate.

Il comma 6 stabilisce che il documento redatto ai sensi del comma 5 fa piena prova di quanto gli avvocati attestano essere avvenuto in loro presenza, può essere prodotto in giudizio e valutato dal giudice ai sensi dell’articolo 116, primo comma, del codice di procedura civile. Il giudice può sempre disporre che l’informatore sia escusso come testimone.

Il comma 7 prevede che, quando la negoziazione si conclude senza l’accordo, la mancata adesione dell’invito da parte dell’informatore o il rifiuto di rendere le dichiarazioni consente alla parte che ne ha interesse di chiederne l’audizione davanti al giudice, nell’ambito di un procedimento in cui si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 693, 694, 695, 697 698 e 699 del codice di procedura civile in materia di procedimenti di istruzione preventiva.

L’articolo 4-ter d.l. n. 132 2014 disciplina l’acquisizione delle dichiarazioni confessorie di una parte della convenzione di negoziazione.

Il comma 1 prevede che, quando ciò è previsto nella convenzione di negoziazione assistita, ciascun avvocato possa invitare la controparte a rendere per iscritto dichiarazioni su fatti sfavorevoli alla parte dichiaranti e favorevoli all’altra parte. L’invito deve indicare specificamente i fatti rilevanti in relazione all’oggetto della controversia. Le dichiarazioni sono poi sottoscritte dalla parte e dall’avvocato che la assiste, anche ai fini della certificazione dell’autografia della firma qualora le dichiarazioni siano rese in forma analogica.

Il comma 2 stabilisce che il documento contenente la dichiarazione fa piena prova di quanto l’avvocato attesta essere avvenuto in sua presenza e può essere prodotto in giudizio, con la stessa efficacia probatoria di quella giudiziale ai sensi dell’articolo 2735 del codice civile.

Il comma 3 prevede che il rifiuto ingiustificato della parte invitata a rendere le dichiarazioni viene valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio e ai sensi dell’articolo 96, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile.

Lettera h)

L’articolo 5 d.l. n. 132 2014 viene modificato con l’inserimento di un nuovo comma 1-bis al fine di prevedere che l’accordo che compone la controversia deve anche contenere l’indicazione del relativo valore. La modifica è necessaria per razionalizzare e semplificare la procedura di quantificazione del compenso, mediante l’individuazione, in apposito atto, del parametro di liquidazione, secondo quanto previsto dall’articolo articolo 11-septies.

Lettera i)

Sono state introdotte, conformemente ai criteri contenuti nella lettera u) del comma 4, articolo 1, della legge delega, modifiche all’articolo 6 in materia di convenzione di negoziazione assistita per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti.

L’articolo 6, comma 2, d.l. n. 132 2014 è stato modificato al fine di prevedere espressamente o che il nullaosta e l’autorizzazione da parte del Procuratore della Repubblica siano comunicati agli avvocati di tutte le parti dell’accordo, allo scopo di consentirne il deposito presso il Consiglio dell’ordine e la comunicazione allo stato civile. Sono disciplinate le modalità telematiche di trasmissione alla Procura della Repubblica degli accordi in materia di famiglia; il Procuratore, a sua volta, procede con modalità digitali e telematiche.

Il comma 2-bis è stato inserito per disciplinare le modalità telematiche di invio dell’accordo al Procuratore della Repubblica per il nullaosta e l’autorizzazione e per la trasmissione alle parti del provvedimento firmato digitalmente dal Procuratore stesso.

Il comma 3 è stato modificato al fine di chiarire che gli eventuali patti contenenti trasferimenti immobiliari contenuti negli accordi di negoziazione assistita indicati nel comma stesso, hanno effetti obbligatori.

Il comma 3-bis è stato introdotto al fine di prevedere che quando la negoziazione assistita ha ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento dell’unione civile, le parti possono stabilire, nell’accordo, la corresponsione di un assegno in unica soluzione. In tal caso la valutazione di equità è effettuata dagli avvocati, mediante certificazione di tale pattuizione, ai sensi dell’articolo 5, ottavo comma, della legge 1 dicembre 1970, n. 898.

Il comma 3-ter è stato inserito al fine di prevedere che la successiva trasmissione al Consiglio dell’ordine, al fine del deposito e conservazione dell’accordo munito di nullaosta e autorizzazione, avvenga in modalità telematica, con richiamo alle norme del codice dell’amministrazione digitale, e che il Consiglio provveda al rilascio di copia conforme degli accordi alle parti e agli avvocati che li hanno sottoscritti.

Lettera l)

Il principio di delega è interpretato, conformemente alle previsioni di spesa e di copertura finanziaria della legge n. 206 del 2021, nel senso di prevedere l’estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure, sia di mediazione che di negoziazione assistita, nei casi nei quali il loro esperimento è condizione di procedibilità della domanda giudiziale; ossia, per le procedure di negoziazione assistita, nelle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, e per le domande di pagamento, a qualsiasi titolo, di somme non eccedenti cinquantamila euro, fuori dai casi in cui si applica l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

L’articolo 3, comma 6, del D.L. 132 del 2014 del testo vigente, disciplina il caso in cui, a fronte della sussistenza di una ipotesi di negoziazione assistita quale condizione di procedibilità (come prevista dal comma 1 del medesimo articolo) almeno una delle parti si trovi nelle condizioni per essere ammessa al patrocinio a spese dello Stato. La norma in questione prevede che, in tal caso, la parte non abbiente sia esentata dall’obbligo di corrispondere il compenso al proprio avvocato ma, allo stesso tempo, non disciplina la procedura che deve essere seguita per la formale ammissione e, al termine, per il riconoscimento d4el compenso all’avvocato. In sostanza, quindi, la disciplina vigente, prevede la sostanziale gratuità della prestazione dell’avvocato nei casi di assistenza al non abbiente in una procedura di negoziazione assistita, quando essa è condizione di procedibilità della domanda.

L’intervento normativo, in coerenza con il criterio di delega, è quindi volto a superare tale assetto normativo e a introdurre una disciplina che assicuri l’accesso effettivo al patrocinio a spese dello Stato alla parte non abbiente che debba stipulare una convenzione di negoziazione assistita nei casi in cui essa è prevista dalla legge come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, e che consenta al difensore di vedersi riconoscere un compenso per le prestazioni rese in tale procedura.

Conseguentemente, l’attuazione del principio di delega di cui alla lettera a) impone di intervenire sul citato articolo 3, comma 6 per disporre l’abrogazione di tale comma.

Si è inoltre ritenuto di non collocare la nuova disciplina sul patrocinio a spese dello Stato in materia di negoziazione assistita obbligatoria all’interno del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A)» (nel prosieguo, TUSG), ma direttamente nel D.L. 132 del 2014.

Nel sistema del TUSG, infatti, l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato si struttura in due fasi: in una prima fase, viene deliberata l’ammissione in via anticipata e provvisoria della parte non abbiente al beneficio ad opera del Consiglio dell’ordine degli avvocati; in una seconda fase, l’autorità giudiziaria che procede, all’esito della lite, conferma l’ammissione provvisoria e provvede alla liquidazione del compenso considerando quantità e qualità dell’attività processuale svolta dal difensore, applicando i pertinenti parametri legati al valore della controversia, con falcidia del 50% e con obbligo del rispetto del valori medi. Una volta effettuata la liquidazione e adottato il decreto di pagamento, il sistema prevede che appositi uffici procedano all’erogazione delle somme e stabilisce che lo Stato proceda all’azione di recupero di tali somme nei confronti della parte processuale rimasta totalmente o parzialmente soccombente rispetto alla parte ammessa al beneficio.

Tale complessivo sistema appare difficilmente adattabile alle ipotesi nelle quali la parte non abbiente è tenuta ad avviare una procedura di negoziazione assistita che si concluda con l’accordo prima dell’avvio di un’azione giudiziale. In tale ipotesi, infatti, la controversia è risolta senza necessità di proporre domanda giudiziale e, alla conclusione del procedimento, non risulterà possibile individuare una parte “soccombente” in senso tecnico-processuale nei confronti della quale avviare un’azione di recupero delle spese di lite corrisposte, in forza del patrocinio a spese dello Stato. Si deve poi considerare che l’eventuale previsione di un apposito procedimento che imponga alla parte non abbiente e al suo difensore, a conclusione della procedura di negoziazione, di adire l’autorità giurisdizionale al solo scopo di ottenere la liquidazione del compenso, si pone in contrasto con i generali obiettivi di semplificazione e celerità che la legge n. 206 del 2021 si prefigge di raggiungere anche nel settore degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

In proposito si evidenzia che la collocazione della disciplina della ammissione al beneficio e della determinazione, liquidazione, riconoscimento ed erogazione del compenso maturato dall’avvocato che ha assistito una parte ammessa al patrocinio dello Stato in una procedura di negoziazione, in un testo normativo diverso dal TUSG, non risulta incompatibile, in termini sistematici, con la citata sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2021 che, al punto 11, ha precisato che “[r]imane ferma, ovviamente, la facoltà del legislatore di valutare, nella sua discrezionalità, eventualmente anche in sede di attuazione della legge delega prima richiamata, l’opportunità di introdurre, nel rispetto dei suddetti principi costituzionali, una più compiuta e specifica disciplina della fattispecie oggetto dell’odierno scrutinio”.

La disciplina speciale adottata in attuazione della delega è destinata, infine, ad essere applicata nei casi nei quali la procedura di negoziazione non ha comportato, durante il suo intero svolgimento, di svolgere una parte della lite in sede giurisdizionale. Tale differente ambito di applicazione delle due discipline induce a non intervenire sul vigente TUSG.

Tanto premesso, la disciplina attuativa del principio di delega in esame riproduce le disposizioni del TUSG che costituiscono espressione dei principi generali del patrocinio a spese dello Stato in materia civile e che sono compatibili con la specificità della fattispecie regolata in attuazione della delega legislativa.

In particolare, sono state individuate le medesime condizioni di accesso al beneficio della parte non abbiente, non essendovi ragioni per adottare una disciplina differenziata per il caso in cui la richiesta del patrocinio a spese dello Stato è necessaria per accedere alla tutela giurisdizionale o a una procedura alternativa, che deve essere obbligatoriamente instaurata prima di adire il giudice.

La proposta prevede, pertanto, l’inserimento nel D.L. n. 132 del 2014, all’interno del capo II in materia di procedura di negoziazione assistita dagli avvocati, della apposita sezione II contenente la disciplina del patrocinio a spese dello Stato per le controversie per le quali l’esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità e la procedura si conclude con la conciliazione.

L’articolo li-bis d.l. n. 132 2014 è dedicato alla istituzione del patrocinio in queste specifiche ipotesi e indica, al comma 2, i casi di esclusione dal beneficio, come delineati nel TUSG, in quanto costituenti, salvo specifica eccezione, casi che la legge presume possano essere indicative di un abuso dello strumento.

L’articolo 11-ter d.l. n. 132 2014 fissa, in conformità alle disposizioni vigenti, il limite di reddito per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato.

L’articolo 11-quater d.l. n. 132 2014 stabilisce il contenuto necessario dell’istanza di ammissione e, al comma 1, prevede espressamente la possibilità, per chi si trova nelle condizioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di farne richiesta al fine di stipulare una convenzione di negoziazione assistita e partecipare alla relativa procedura.

Il comma 2 riprende, in quanto compatibile, la disciplina del TUSG sulla redazione e sottoscrizione dell’istanza per l’ammissione, prevedendo poi che nell’istanza siano indicate le ragioni di fatto e di diritto utili a valutare la non manifesta infondatezza della pretesa che si intende far valere con la procedura di negoziazione assistita. Benché la procedura di negoziazione assistita non sia equiparabile al processo che si svolge davanti al giudice, in quanto non comporta una valutazione di fondatezza o infondatezza delle contrapposte pretese e non si conclude con un provvedimento assimilabile a una pronuncia giurisdizionale, si è ritenuto di mantenere questo requisito negli esatti termini previsti dal TUSG, in quanto indispensabile per consentire all’organo competente a ricevere l’istanza a valutare la meritevolezza del beneficio richiesto dalla parte non abbiente. Anche sotto questo profilo, ferme restando le differenze intrinseche tra negoziazione assistita e processo, non vi è ragione di adottare una disciplina differenziata.

Tale valutazione, indipendente dal procedimento di negoziazione, ha la diversa finalità di prevenire che il beneficio sia strumentale al perseguimento di pretese manifestamente infondate e di consentire la verifica dell’ulteriore condizione di accesso alla misura che, nel caso della negoziazione assistita, consiste nella necessaria riconducibilità della pretesa alle controversie per le quali tale procedura di risoluzione alternativa è prevista dalla legge come condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

Il comma 3 disciplina le modalità di attestazione, per lo straniero o l’apolide, della condizione reddituale. Si è tenuto conto delle modifiche, già intervenute, sull’articolo 79 del TUSG, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 157 del 2021 che ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale nella parte in cui non consente al cittadino di Stati non appartenenti all’Unione europea, nel caso in cui, per causa non imputabile, risulti impossibile presentare la certificazione dell’autorità consolare competente, di produrre (con conseguente inammissibilità della richiesta) una dichiarazione sostitutiva secondo le norme vigenti.

L’articolo H-quinquies d.l. n. 132 2014 individua nel Consiglio dell’ordine che ha sede del luogo in cui ha sede il tribunale che sarebbe competente a conoscere della controversia, il Consiglio competente a ricevere l’istanza di ammissione. Si è mantenuto il meccanismo, già previsto dal TUSG, dell’ammissione anticipata e provvisoria da parte di tale organo, in considerazione del fatto che l’ammissione definitiva, come previsto dall’articolo 11-bis, è condizionata alla dimostrazione del raggiungimento dell’accordo di conciliazione. Ove invece la parte ammessa in via provvisoria, avendo soddisfatto la condizione di procedibilità ma senza raggiungere un accordo, è legittimata a presentare domanda giudiziale e, in tal caso, la liquidazione del compenso al difensore della parte non abbiente avviene secondo le regole del TUSG.

L’articolo 11-sexie d.l. n. 132 2014 s, nell’ottica della tutela effettiva del diritto al patrocinio, individua il rimedio giudiziale esperibile in caso di rigetto o di declaratoria di inammissibilità della domanda di ammissione da parte Consiglio dell’ordine. Si tiene conto del fatto che, nelle ipotesi regolate, non è previsto l’esperimento della domanda davanti al giudice.

L’articolo 11-se^ties d.l. n. 132 2014 disciplina gli effetti dell’ammissione anticipata al beneficio e la procedura di conferma dell’ammissione anticipata. Il comma 1 contiene la clausola generale di validità dell’ammissione per l’intera procedura di negoziazione assistita e pone a carico della parte non abbiente l’onere di comunicare al proprio avvocato eventuali modifiche reddituali sopravvenute idonee a incidere sulle condizioni di ammissione. Si tratta di una necessaria norma di chiusura del sistema, considerando la brevità del termine di durata della procedura di negoziazione assistita e la prevedibile rarità dei casi in cui in concreto, in tale breve spazio di tempo, sopravvengano mutamenti del reddito, rispetto alla dichiarazione dell’anno precedente, tali da mettere in discussione il mantenimento del diritto al beneficio.

I commi 2 e 3 disciplinano la fase di conferma dell’ammissione anticipata, che deve essere attivata dall’avvocato che assiste la parte non abbiente, che è tenuto a documentare il raggiungimento dell’accordo contenente, ai sensi dell’articolo 5, comma 1-bis, l’indicazione del relativo valore, al fine di individuare il parametro di liquidazione del compenso. In tal modo, la procedura di liquidazione viene snellita e limitata la possibilità che sorgano sul punto eventuali controversie avanti al Consiglio. Tale organo è tenuto a svolgere, oltre alla verifica formale di completezza della documentazione a corredo dell’istanza, anche la valutazione di congruità del compenso, determinato dallo stesso professionista in conformità all’articolo 11-octies, con conferma, in caso di esito positivo di tali verifiche, dell’ammissione anticipata mediante apposizione del visto di congruità sulla parcella, e trasmissione di copia di tale documento all’ufficio finanziario competente per le verifiche di competenza.

Il comma 4 riproduce il divieto, per l’avvocato della parte ammessa al beneficio, di percepire dal cliente compensi o rimborsi e sanziona con la nullità eventuali patti contrari, richiamando a tal fine l’articolo 85, comma 3, TUSG (che stabilisce che la violazione di tale divieto costituisce “grave illecito disciplinare professionale”).

L’articolo 11-octies d.l. n. 132 2014 prevede che per la determinazione del compenso autoliquidato dal difensore, da sottoporre al vaglio di congruità di cui all’articolo 1 ì-septies, sia adottato un decreto ministeriale che individui gli importi spettanti all’avvocato a titolo di onorario e di spese nonché delle modalità specifiche della procedura. Si intende introdurre un sistema chiaro e procedimentalizzato, che ponga il Consiglio dell’ordine, l’avvocato e gli uffici coinvolti nella procedura in condizione di operare in modo semplice e disponendo della documentazione necessaria, a partire dal documento comprovante l’accordo di conciliazione, e di porre in essere i controlli di conformità prodromici alla adozione del provvedimento di conferma dell’ammissione anticipata e alla verifica di congruità del compenso prevista dal comma 3 dell’articolo 11- septies.

La norma prevede altresì, in un’ottica di semplificazione, accelerazione ed effettività del riconoscimento del compenso maturato dall’avvocato che ha assistito una parte in una procedura di negoziazione assistita, che il professionista possa accedere a forme di riconoscimento diverse dalla materiale erogazione delle somme, quali il riconoscimento di un credito di imposta e la possibilità di compensare tale credito con altri crediti che il professionista vanta nei confronti dell’Erario, sulla scorta di quanto attualmente prevede l’articolo 1, commi 778 e 779 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.

L’articolo 11-novies d.l. n. 132 2014 disciplina i casi di revoca dell’ammissione e i rimedi contro tale decisione. Si tratta di una norma di chiusura necessaria, che stabilisce in che modo si procede alla revoca nei casi in cui sia accertato che una parte ha fruito del beneficio pur non avendone diritto.

Il comma 1 prevede quindi che ove sia accertata dalle autorità competenti l’insussistenza dei presupposti per l’ammissione, ne sia data notizia al Consiglio dell’ordine che ha deliberato l’ammissione.

Il comma 2, nella medesima prospettiva, prevede che siano comunicate al medesimo organo anche le modifiche sopravvenute delle condizioni reddituali che escludono il diritto di essere ammessi al beneficio.

Il comma 3 prevede che il Consiglio dell’ordine, ricevuta una di queste comunicazioni ed effettuate le verifiche ritenute necessarie, procede alla revoca del provvedimento di ammissione, da comunicare all’interessato e all’avvocato.

Il comma 4 individua il rimedio giurisdizionale attivabile per contestare la revoca, con richiamo della procedura attualmente prevista dal TUSG.

L’articolo 11-decies d.l. n. 132 del 2014 riproduce le sanzioni attualmente previste dall’articolo 125 TUSG per chi effettua false attestazioni per ottenere o mantenere l’ammissione al patrocinio e, come previsto anche nel TUSG, attribuisce alla Guardia di finanza il compito di effettuare, nel contesto dei programmi annuali di controllo fisale, anche i controlli dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato.

L’articolo 11-undecies d.l. n. 132 del 2014 contiene infine le disposizioni di copertura finanziaria per l’attuazione delle descritte disposizioni relative al patrocinio a spese dello Stato nella procedura di negoziazione assistita.

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 TABELLE SPESE DI AVVIO E SPESE MEDIAZIONE - D.M. 150/2023

Primo incontro - mediazione obbligatoria e mediazione demandata. Importi non derogabili.

Valore lite fino a € 1.000 da pagare € 80 oltre Iva - (€ 97,60 con Iva)

Valore lite da € 1.000,01 a € 50.000 da pagare € 156 oltre Iva - (€ 190,32 con Iva)

Valore lite oltre € 50.000,01 da pagare € 224 oltre Iva - (€ 273,28 con Iva)

Valore lite indeterminato da pagare € 224 oltre Iva - (€ 273,28 con Iva)

Nessun altro importo è dovuto all’Organismo in caso di chiusura del procedimento per mancato accordo al primo incontro.

PATROCINIO A SPESE DELLO STATO:

Quando la mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale all'organismo non è dovuta alcuna indennità dalla parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato.



CREDITI D’IMPOSTA - REGIME TRIBUTARIO

Crediti d'imposta previsti in favore delle parti

- un credito d’imposta, nel limite di 600 euro a procedura (anziché i 500 euro attuali), per ciascuna delle parti al raggiungimento di un accordo di conciliazione;

- un credito d’imposta ulteriore, nel limite di 600 euro a procedura, a copertura delle spese dovute per l’assistenza legale obbligatoria nei casi in cui la mediazione costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale;

- ulteriore credito d’imposta fino a 518 euro (corrispondente all’ammontare del contributo unificato per le cause civili di valore indeterminabile) a favore della parte che ha versato il contributo unificato per il giudizio estinto a seguito della conclusione di un accordo di conciliazione;

I crediti sono ridotti alla metà in caso di insuccesso della procedura di mediazione.

Regime tributario degli atti

Esenzione dall'imposta di bollo e da ogni tassa o diritto di qualsiasi specie fino a 100.000 euro. L'imposta di registro è dovuta per la parte eccedente i 100 mila euro.