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Procura della lite conferita in data successiva alla comunicazione del decreto – Cass. n. 15177/2021

Impugnazioni civili - cassazione (ricorso per) - mandato alle liti (procura) - contenuto e forma in genere - costituzione della repubblica - straniero (condizione dello) - Protezione internazionale - Ricorso per cassazione - Procura alle liti - Certificazione della data di rilascio - Speciale potestà asseverativa del difensore - Omessa certificazione - Conseguenze - Inammissibilità del ricorso - Violazione dell'art. 46 della dir. 2013/32/UE, degli artt. 18,19 par. 2,47 della CDFUE, degli artt. 6 e 14 CEDU, degli artt. 3 e 24 Cost. - Esclusione - Fondamento.

 

L'art. 35 bis, comma 13 del d. lgs. n. 25 del 2008, nella parte in cui prevede che "la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato" e che "a tal fine il difensore certifica la data del rilascio in suo favore della procura medesima" richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale, regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di "inammissibilità del ricorso" nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore. Ne consegue che tale procura speciale deve contenere in modo esplicito l'indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato e richiede che il difensore certifichi, anche solo con un'unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione, che l'autenticità della firma del conferente. La norma così interpretata non può considerarsi violativa: 1) della disciplina unionale, in relazione al principio di equivalenza e di effettività, considerato che non vi è alcuna materia regolata dal diritto interno, omogenea a quella della protezione internazionale e dell'asilo, che goda di una tutela maggiormente protettiva con riguardo alla proposizione del ricorso per cassazione, e che il principio di effettività deve ritenersi limitato al giudizio di primo grado; 2) dell'art. 6 CEDU, nella parte in cui riconosce il diritto all'accesso alla giustizia, valutato anche in combinato disposto con l'art. 14 che stabilisce il divieto di non discriminazione, poiché la norma persegue l'interesse ad un corretto e leale esercizio dell'amministrazione della giustizia, anche in relazione alle ripercussioni sul complessivo funzionamento della giurisdizione ordinaria di ultima istanza, interessi che il legislatore può legittimamente valorizzare, senza violare il principio di non discriminazione, poiché la norma riguarda solo coloro che, trovandosi in una posizione di incerto collegamento con il territorio nazionale, costituiscono un gruppo nettamente distinto rispetto a quello che ha invece con il nostro paese una stabile relazione territoriale; 3) degli artt. 3 e 24 Cost., quanto al principio di eguaglianza ed al diritto di difesa, considerato che la specifica regola processuale non ha come giustificazione la condizione di richiedente protezione internazionale, quanto, piuttosto, la specificità del ricorso per cassazione rispetto alle materie disciplinate dal d. lgs. n. 25 del 2008 in relazione alle quali il legislatore ordinario ha un'ampia discrezionalità, maggiormente accentuata nella disciplina degli istituti processuali dove vi è l'esigenza della celere definizione delle decisioni.

Corte Cassazione, Sez. U - , Sentenza n. 15177 del 01/06/2021 (Rv. 661387 - 01)

Riferimenti normativi: Cod_Proc_Civ_art_83, Cod_Proc_Civ_art_365

 

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