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Il danno patrimoniale da perdita di chance e' un danno futuro

Risarcimento danni - Il danno patrimoniale da perdita di chance e' un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggi economico, ma nella perdita della mera possibilita' di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilita' in termini di conseguenza dannosa potenziale. La perdita di una chance costituita dalla privazione della possibilita' di vincere un concorso, configura un danno attuale e risarcibile sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilita' o per presunzioni - Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 7 ottobre 2010, n. 20808

-Risarcimento danni - Il danno patrimoniale da perdita di "chance" e' un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggi economico, ma nella perdita della mera possibilita' di conseguirlo, secondo una valutazione "ex ante" da ricondursi diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilita' in termini di conseguenza dannosa potenziale. La perdita di una "chance" costituita dalla privazione della possibilita' di vincere un concorso, configura un danno attuale e risarcibile sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilita' o per presunzioni - Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 7 ottobre 2010, n. 20808


Corte di Cassazione Sezione 3 Civile Sentenza del 7 ottobre 2010, n. 20808


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Nu. As. , societa' cooperativa a responsabilita' limitata, ha agito in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano deducendo di avere consegnato alla DH. un plico contenente la documentazione necessaria per partecipare ad una gara di appalto indetta da una USL (per la fornitura di un servizio) quattro giorni prima del termine stabilito per la presentazione dei documenti.

La societa' di spedizione aveva recapitato la busta undici giorni dopo, a termini ampiamente scaduti.

In conseguenza di cio', la Nu. As. era stata esclusa dalla gara di appalto.

La societa' Nu. As. ritenendo che vi fosse stata negligenza da parte di DH. , ne aveva chiesto la condanna al risarcimento dei danni.

La convenuta - costituendosi in giudizio - aveva eccepito la decadenza dall'azione, contestando, nel merito, l'esistenza di un inadempimento.

Il Tribunale di Milano ha accolto la domanda della societa' attrice, condannando la DH. al risarcimento dei danni, liquidati in lire 50.000.000, tenendo conto - in via equitativa - del presumibile utile che la societa' attrice avrebbe potuto conseguire in tre anni, in caso di esito favorevole della gara.

La Corte di Appello di Milano, con sentenza 6 luglio - 21 settembre 2005, ha confermato la decisione di primo grado.

Avverso tale decisione, DH. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da cinque motivi, illustrati da memoria.

Resiste Nu. As. con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2965 c.c. (decadenza stabilita contrattualmente), in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Le censure formulate con il primo mezzo di impugnazione sono prive di fondamento.

I giudici di appello hanno ritenuto la nullita' della clausola contenuta nell'articolo 7 delle condizioni generali di trasporto, nella quale era previsto che eventuali reclami dovessero essere presentati per iscritto entro trenta giorni dalla data di spedizione.

La Corte territoriale ha ritenuto che l'esercizio del diritto era reso difficoltoso, se non impossibile da tale clausola, considerato che il termine iniziale di decorrenza prescindeva completamente dalla conoscenza effettiva della inadempienza del vettore da parte del mittente. Tra l'altro, nel caso di specie, DH. aveva comunicato alla Nu. As. , contrariamente al vero, che il plico era stato consegnato al destinatario.

Con la conseguenza che la Nu. As. , in concreto, non aveva avuto conoscenza dell'inadempimento della s.r.l. DH. .

Le conclusioni cui sono pervenuti i giudica di appello in ordine alla nullita' della clausola di decadenza sfuggono a qualsiasi censura, in quanto esenti da vizi logici ed errori giudiziari.

Ogni questione relativa alla congruita' del termine di trenta giorni, pertanto, rimane assorbita dalle considerazioni che precedono.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1225 e 1228, in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

La societa' ricorrente osserva che i giudici di appello avevano - erroneamente - ritenuto doloso il comportamento tenuto dal suo incaricato, con la conseguenza che DH. era stata chiamata rispondere del fatto del suo incaricato anche per i danni non prevedibili, ai sensi degli articoli 1228 e 1225 c.c..

In realta', non vi era alcuna prova che l'incaricato DH. volesse scientemente danneggiare la Nu. As. abbandonando il plico in un ufficio e facendo figurare, attraverso la falsificazione della firma di un incarica lo ritiro della corrispondenza, come effettuato il ritiro stesso da parte di personale ASL).

Se il patto che limita la responsabilita' del debitore per dolo o colpa grave e' nullo, non puo' dirsi altrettanto per il patto che limita la responsabilita' del debitore per dolo o colpa grave di terzi dei quali il debitore si avvalga nell'adempimento della obbligazione.

Per questa ipotesi, infatti, l'articolo 1228 c.c. fa salva la diversa volonta' delle parti.

Il motivo e' privo di pregio.

La responsabilita' di DH. ha natura contrattuale anche per quanto concerne il comportamento tenuto dall'incaricato alla consegna del plico.

Questa responsabilita' - come ha riconosciuto la Corte territoriale nella sentenza impugnata - e' conseguenza dell'applicazione dell'articolo 1228 c.c. secondo cui, il debitore che nell'adempimento dell'obbligazione si avvale dell'opera di terzi risponde dei fatti dolosi e colposi di questi (Cass. 28 maggio 2004 n. 10297, 4 marzo 2004, n. 4400, 17 maggio 2001 n. 6756, 8 gennaio 1999, n. 103).

Poiche' il comportamento doloso posto in essere dall'incaricato della societa' ricade su DH. , ai sensi dell'articolo 1228 c.c. la societa' DH. deve rispondere anche per i danni non prevedibili, senza alcuna limitazione (articoli 1228 e 1225 c.c.).

I giudici di appello hanno riaffermato il principio per cui se l'inadempimento dipende da dolo o colpa grave, il risarcimento si estende anche al danno che "non poteva prevedersi nel tempo in cui e' sorta la obbligazione".

Nella memoria ex articolo 378 c.p.c., la societa' ricorrente richiama la clausola delle condizioni generali di abbonamento al servizio recapito, contenente una deroga al principio generale della responsabilita' di DH. per atti, inadempimenti od omissioni dei soggetti incaricati del trasporto.

Si richiama sul punto la consolidata giurisprudenza ai questa Corte, secondo la quale deve considerarsi nullo, ai sensi dell'articolo 1229 c.c., comma 1, (in tema di clausole di esonero dalla responsabilita') qualsiasi patto che escluda o limiti preventivamente la responsabilita'' del debitore per dolo o colpa grave, in contrasto con il principio di cui all'articolo 1176 c.c., comma 2, il quale stabilisce che, per le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attivita' professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attivita' esercitata.

Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1696 e 1229 c.c..

Poiche' oggetto del trasporto era costituito dal documento, doveva applicarsi la clausola delimitativa del rischio che poneva a carico del trasportatore, nei caso di perdita del documento, il valore minore tra costo di, rifacimento, quello di sostituzione e di riparazione.

In altre parole, il criterio di determinazione del documento - ad avviso della ricorrente - dovrebbe essere collegato al valore intrinseco dello stesso.

Anche questa censura e' priva di fondamento.

Con interpretazione della clausola contrattuale, che qui non e' censurata specificamente, la Corte territoriale ha ritenuto che la clausola n. 9 delle condizioni generali dei contratti non costituiva affetto una deroga alla normativa legale sul punto della responsabilita' della DH. o sulla delimitazione del rischio in caso di perdita della merce e di risarcimento dovuto al mittente o al destinatario.

DH. aveva ricevuto l'incarico di consegnare il plico contenente la sua offerta di partecipazione alla gara di appalto, secondo le modalita' ed i tempi indicati nel bando.

I giudici di appello hanno escluso qualsiasi concorso di colpa della mittente, ricordando che l'incaricato di DH. aveva fatto figurare come avvenuto il ritiro del plico da parte del personale ASL mediante falsificazione della firma di un dipendente addetto a ritiro della corrispondenza.

Un comportamento doloso di questo genere, ha sottolineato la Corte territoriale, era tale da interrompere ogni eventuale preesistente nesso causale tra azione od omissione della mittente ed evento e verificarsi del danno. Con conseguenza che DH. era tenuta al risarcimento del danno, nella misura liquidata dal primo giudice "tenuto conto del presumibile utile che l'attrice avrebbe potute percepire dall'esito favorevole della gara - 60 milioni circa annui per tre anni - e della percentuale di esito favorevole contenuta nella misura del 20%".

Con il quarto motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1227 e 1683 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Non era comunque ammissibile che il danno derivante dalla perdita o mancata consegna di un documento occorsa durante un trasporto fosse rapportato al valore rappresentativo dei documento, per il mittente o per il destinatario.

La circostanza che il vettore non potesse conoscere il valore rappresentativo del documento doveva portare ad escludere, (anche in caso di dolo o colpa grave) che il vettore potesse essere considerato responsabile del danno conseguente alla indisponibilita' del documento, o del danno conseguente al mancato perfezionamento di una dichiarazione recettizia, quale la offerta contrattuale espressa a seguito di bando di gara di appalto.

In ogni caso, la societa' ricorrente avrebbe avuto l'onere di indicare - sulla busta - il termine perentorio entro il quale il plico avrebbe dovuto essere consegnalo, condizioni generali di contratto prevedevano soltanto la consegna del plico all'indirizzo del destinatario, "ma non necessariamente alla persona del destinatario stesso escludendo, pertanto, ogni responsabilita' di DH. in caso di consegna a persona fisica diversa da quella indicata.

Si deduce concorso di colpa del mittente per non avere indicato sulla busta elementi essenziali (quali: il termine di consegna, l'ufficio al qual recapitare il pacco, la necessita' che l'ufficio destinatario apponesse timbro di ricevuta).

Il mezzo di impugnazione e' privo di fondamento.

Il risarcimento richiesto da Nu. As. e' collegato alla esclusione dalla gara di appalto (in conseguenza della mancata consegna della sua domanda di partecipazione).

Il recapito dell'offerta era consentito anche tramite agenzia autorizzata: pertanto Nu. As. aveva legittimamente affidato il recapito della offerta alla DH. .

Le questioni relative alla mancata indicazione di contenuto (e valore presumibile del contratto di appalto) e termini di consegna del plico sono state dichiarate assorbite dai giudici di appello.

I giudici di appello hanno rilevato che l'appellante DH. doveva considerarsi terza estranea alle previsioni della gara di appalto, sottolineando che la gravissima responsabilita' di DH. valeva in ogni caso ad interrompere qualsiasi eventuale preesistente nesso causale.

Si tratta, anche in questo caso, di valutazioni di merito non censurate specificamente.

Si richiama la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale l'esclusione del rapporto di causalita' - nel giudizio relativo a risarcimento del danno - deve essere valutata, in concreto, nell'esclusiva sede del giudizio di merito (Cass. 7 dicembre 2005 n. 26997).

In via subordinata, la societa' ricorrente osserva che nella valutazione del danno subito, dovrebbe tenersi conto che la societa' danneggiata aveva concorso al verificarsi dei danno, con conseguente applicazione dell'articolo 1227 c.c., sotto entrambi gli aspetti indicati dalla norma.

A titolo esemplificativo, la ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte la quale ritiene, nel caso di insufficiente indicazione del valore della merce, che siano a carico del mittente le conseguenze per avere il vettore assicurato la merce per un valore inferiore a quello reale.

Il richiamo a tale fattispecie non appare pertinente alla fattispecie in esame, nella quale deve piuttosto fare riferimento a quell'indirizzo giurisprudenziale (Cass., 8 ottobre 1991 n. 10533) per cui: "La responsabilita' del vettore nei confronti del mittente (o del subvettore nei confronti del subcommittente) per il furto della merce non e' esclusa o attenuata dalla omessa indicazione da parte del mittente della natura, quantita' o peso di tale merce a norma dell'articolo 1683 cod. civ. se manchi ogni collegamento causale tra l'omissione o inesattezza delle indicazioni predette ed il fatto che ha determinato la per perdita della merce".

E' questa l'ipotesi che ricorre nel caso di specie, nel quale e' stato escluso ogni collegamento causale tra la (eventuale) omissione delle indicazioni suindicate sull'esterno della busta ed il fatto che ebbe a determinare la mancata consegna del plico (pag. 9 della sentenza impugnata: "difetta, in ogni caso, la riconducibilita' causale dei danni subiti dalla coop. Nu. As. al comportamento dedotto con la tesi in esame, essendo, inoltre ed in ogni caso, la gravissima responsabilita' dell'appellante interruttiva di ogni eventuale preesistente nesso causale".

Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell'articolo 1226 c.c. nonche' contraddittoria ed illogica motivazione, in ordine alla valutazione del danno rapportata alla perdita di "chance" per la omessa partecipazione alla gara.

I giudici di appello - come gia' il Tribunale in primo grado - avevano rapportato il danno alla perdita di chances subita da Nu. As. a causa della mancata partecipazione alla gara di appalto ed alla lesione dell'immagine.

In realta' vi era la certezza che Nu. As. non si sarebbe aggiudicata la gara, avendo offerto un prezzo superiore a quello dei propri concorrenti.

Non vi era stata, inoltre, alcuna lesione alla immagine di Nu. As. , poiche' ASL era stata resa immediatamente edotta del disguido derivato dalla mancata consegna del plico al proprio ufficio.

Anche questo ultimo motivo e' privo di fondamento.

La perdita di una "chance" costituita dalla privazione della possibilita' di vincere un concorso, configura un danno attuale e risarcibile sempre che ne sia provata la sussistenza anche secondo un calcolo di probabilita' o per presunzioni; alla mancanza di una tale prova non e' possibile sopperire con una valutazione equitativa ai sensi dell'articolo 1226 cod. civ., atteso che l'applicazione di tale norma richiede che risulti provata o comunque incontestata l'esistenza di un danno risarcibile ed e' diretta a fare fronte all'impossibilita' di provare l'ammontare preciso del danno (Cass. 21 giugno 2000 n. 34 68, cfr. Cass. 19 febbraio 200 9 n. 4052, 7 giugno n. 13288, 12 aprile 2006 n. 8615).

Il danno patrimoniale da perdita di "chance" e' un danno futuro, consistente non nella perdita di un vantaggi economico, ma nella perdita della mera possibilita' di conseguirlo, secondo una valutazione "ex ante" da ricondursi diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilita' in termini di conseguenza dannosa potenziale.

L'accertamento e la liquidazione di tale perdita, questa ultima necessariamente equitativa, sono devoluti al giudice di merito e sono insindacabili in sede ai legittimita'' se adeguatamente motivati (Cass. 17 aprile 2008 n. 10111; cfr., per qualche riferimento, in materia di mancata aggiudicazione di gara pubblica, e di lesione dell'interesse pretensivo del soggetto ad acquisire posizioni soggettive abilitanti e comunque ammissive di "status" e capacita', Cass. 29 marzo 2006 n. 7228).

Nel caso di specie, i giudici di appello avevano tenuto conto della possibilita' concreta di aggiudicazione della gara di appalto, riducendo il risarcimento da lucro cessante da 130 a 50 milioni.

Si tratta di una valutazione formulata in via equitativa, logicamente motivata, che sfugge a qualsiasi censura in sede di legittimita'.

Tale valutazione, secondo l'apprezzamento incensurabile compiuto dai giudici di appello, tiene conto anche della perdita di un possibile incremento del punteggio attribuito al curriculum della Nu. As. (come rilevato a pag. 11 della sentenza impugnata).

Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in euro 2.700,00 (duemilasettecento/00), di cui euro 2.500,00 (duecentomilacinquecento/00) per onorari di avvocato, oltre spese generali ed accessori di legge.

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it