Avvocato – Deontologia - Assunzione di incarichi contro una parte già assistita - Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 261 del 14 giugno 2024
Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente - Vietato assistere un coniuge o convivente contro l’altro, dopo averli assistiti entrambi in controversie familiari - La rinuncia al mandato solo dopo l’esposto disciplinare non attenua, di per sè, la sanzione Il divieto di assumere l’incarico nei confronti dell’ex cliente
L’avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita (art. 68 cdf), se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3).
Peraltro, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 5).
Vietato assistere un coniuge o convivente contro l’altro, dopo averli assistiti entrambi in controversie familiari
L’art. 68 cdf vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi o i conviventi more uxorio in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro.
Tale previsione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza; pertanto, la norma de qua non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio.
La rinuncia al mandato solo dopo l’esposto disciplinare non attenua, di per sè, la sanzione
La successiva rinuncia al mandato non elide né attenua necessariamente il disvalore della condotta dell’avvocato che, in violazione dell’art. 68 cdf, presti la propria assistenza in favore di uno dei coniugi o conviventi in controversie di natura familiare dopo averli assistiti congiuntamente
(Nel caso di specie, l’avvocato aveva assunto incarico professionale di difesa in un procedimento di divorzio giudiziale dopo aver assistito entrambi i coniugi durante il procedimento di separazione consensuale e, solo dopo aver avuto contezza dell’esposto da parte dell’altro coniuge, aveva rinunciato al mandato. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha escluso che tale successiva condotta dell’incolpato rilevasse ai fini di una ulteriore attenuazione della sanzione irrogatagli dal CDD, pertanto confermata anche in parte qua).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Angelini), sentenza n. 261 del 14 giugno 2024
L’avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita (art. 68 cdf), se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale (comma 1), ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall’utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3).
Peraltro, il divieto de quo non è soggetto ad alcun limite temporale se l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2), ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l’altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare (comma 4), ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa (comma 5).
Vietato assistere un coniuge o convivente contro l’altro, dopo averli assistiti entrambi in controversie familiari
L’art. 68 cdf vieta al professionista, che abbia congiuntamente assistito i coniugi o i conviventi more uxorio in controversie familiari, di assumere successivamente il mandato per la rappresentanza di uno di essi contro l’altro.
Tale previsione costituisce una forma di tutela anticipata al mero pericolo derivante anche dalla sola teorica possibilità di conflitto d’interessi, non richiedendosi specificatamente l’utilizzo di conoscenze ottenute in ragione della precedente congiunta assistenza; pertanto, la norma de qua non richiede che si sia espletata attività defensionale o anche di rappresentanza, ma si limita a circoscrivere l’attività nella più ampia definizione di assistenza, per l’integrazione della quale non è richiesto lo svolgimento di attività di difesa e rappresentanza essendo sufficiente che il professionista abbia semplicemente svolto attività diretta a creare l’incontro delle volontà seppure su un unico punto degli accordi di separazione o divorzio.
La rinuncia al mandato solo dopo l’esposto disciplinare non attenua, di per sè, la sanzione
La successiva rinuncia al mandato non elide né attenua necessariamente il disvalore della condotta dell’avvocato che, in violazione dell’art. 68 cdf, presti la propria assistenza in favore di uno dei coniugi o conviventi in controversie di natura familiare dopo averli assistiti congiuntamente
(Nel caso di specie, l’avvocato aveva assunto incarico professionale di difesa in un procedimento di divorzio giudiziale dopo aver assistito entrambi i coniugi durante il procedimento di separazione consensuale e, solo dopo aver avuto contezza dell’esposto da parte dell’altro coniuge, aveva rinunciato al mandato. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha escluso che tale successiva condotta dell’incolpato rilevasse ai fini di una ulteriore attenuazione della sanzione irrogatagli dal CDD, pertanto confermata anche in parte qua).
Consiglio Nazionale Forense (pres. Greco, rel. Angelini), sentenza n. 261 del 14 giugno 2024