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Esami di abilitazione alla professione forense Mancanza di una motivazione descrittiva a supporto del voto numerico attribuito all’elaborato scritto - Tar Lombardia sentenza n. 01400/2025 del18/04/2025

Nel caso di specie la valutazione gravemente negativa dell’elaborato del ricorrente è stata formulata dalla Commissione mediante l’apposizione del solo punteggio 14/30, senza alcun segno grafico, annotazione o altra indicazione che valga ad integrare una motivazione sufficiente, secondo il parametro dell’obbligo motivazionale rafforzato prescelto dal legislatore.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1110 del 2024, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati OMISSIS, OMISSIS, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Milano, via Freguglia, 1;
Commissione di Esami Abilitazione Avvocato, Commissione Presso il Ministero della Giustizia, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

a) del provvedimento con il quale la XVIII Sottocommissione per gli esami di Avvocato “sessione 2023” istituita presso la Corte d'Appello di Napoli - per la posizione della patrocinata, ha reso nota, in data 27 marzo 2024 e tramite il portale web del Ministero della Giustizia (“comunicazione n. 30 in allegato 2.0), la non ammissione a sostenere la prova orale dell'esame di abilitazione, per la sessione 2023, della professione di Avvocato, fatta propria dalla Corte d'Appello di Milano;

b) del verbale di correzione della prova redatto dalle suindicata Sottocommissione per gli esami di Avvocato presso la Corte di Appello di Napoli, reso noto all'odierna ricorrente all'esito di formale istanza di accesso agli atti evasa dalla preposta Corte di Appello - Ufficio esami Avvocati - oltre che della votazione negativa contenuta nel suddetto verbale di correzione relativo all'elaborato redatto dalla candidata il 12 dicembre 2023, e di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguente, con il quale si è inibita alla ricorrente la possibilità di accedere alla prova orale dell'esame di abilitazione, per la sessione 2023, per la professione di Avvocato

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2025 il dott. Mauro Gatti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con il ricorso in epigrafe l’istante impugna la non ammissione alla prova orale dell’esame di avvocato per la sessione 2023.

Il bando relativo a tale sessione (d.m. 2 agosto 2023) ha previsto, ai fini dell’accesso alla fase orale, il superamento di una sola prova scritta, consistente nella predisposizione di un atto giudiziario.

Terminati i lavori di correzione, la Commissione non ha ammesso il ricorrente alla prova orale, valutando con il punteggio di 14/30 la sua prova scritta.

La valutazione di grave insufficienza non è accompagnata da alcuna forma di motivazione descrittiva.

Avverso tale determinazione l’istante ha proposto ricorso lamenta la violazione e la falsa applicazione di legge e l’eccesso di potere sotto molteplici profili. Segnatamente, si rileva l’illogicità manifesta e la mancanza di una motivazione adeguata, alla luce delle Linee Guida ministeriali e della decisione di segno negativo assunta dalla commissione.

A fronte dell’asserita completezza, logicità e pertinenza dell’elaborato consegnato dal candidato, viene altresì censurata l’intrinseca erroneità del giudizio della commissione rispetto alle discipline tecniche di riferimento, ossia il diritto penale sostanziale e il diritto processuale penale.

Con ordinanza n. 624 del 13 giugno 2024, questo Tribunale ha accolto la domanda cautelare ai fini del riesame della fattispecie da parte dell’Amministrazione, devolvendolo ad una diversa commissione istituita presso la Corte di Appello di Bologna. Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. n. 2964 in data 31 luglio 2024 ha accolto l’appello cautelare dell’amministrazione.

2) È fondata e riveste carattere assorbente, perché pienamente satisfattiva della posizione giuridica soggettiva dedotta dalla ricorrente, la censura con cui si contesta l’insufficienza del voto numerico per l’assolvimento dell’onere motivazionale in relazione al giudizio espresso sulla prova scritta.

3) La complessità della questione rende necessaria la ricognizione del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento.

La disciplina dell’esame di abilitazione alla professione forense, prima di essere novellata con l. n. 247 del 2012, era dettata dal r.d.l. n. 1578 del 1933, come integrato e attuato dal r.d. n. 37 del 1934, a sua volta modificato e integrato dal d.l. n. 112 del 2003 (poi convertito con modificazioni nella l. n. 180 del 2003).

L’art. 22, comma 9, del r.d.l. n. 1578/1933 attribuisce alla Commissione centrale istituita presso il Ministero della Giustizia il potere di fissare i criteri di giudizio delle prove scritte.

L’art. 17-bis, r.d. n. 37 del 1934 prevede che le stesse consistano in tre elaborati, per la valutazione dei quali ognuno dei cinque componenti delle commissioni dispone di dieci punti di merito.

A mente dell’art. 23, comma 5, r.d. cit., la commissione assegna il punteggio a ciascuno dei tre lavori raggruppati ai sensi dell'articolo 22, comma 4. In particolare, ex art. 24, comma 1, r.d. cit., il voto deliberato deve essere annotato immediatamente dal segretario in calce all’elaborato e dev’essere sottoscritto dal segretario e dal presidente.

Con l. n. 247 del 2012, il legislatore ha riformato l’ordinamento della professione forense, novellando la disciplina dell’esame di abilitazione.

L’art. 46, comma 5, l. cit. pone in capo alla commissione uno specifico onere motivazionale, innovando in tale senso il precedente assetto normativo e stabilendo che essa annoti “le osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato, le quali costituiscono motivazione del voto che viene espresso con un numero pari alla somma dei voti espressi dai singoli componenti. […]”.,

L’applicabilità della nuova disciplina - ivi compreso, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale (cfr. Cons. St., Ad. Pl., 2017 n. 7), il disposto rafforzamento dell’obbligo motivazionale - è stata differita dal successivo art. 49, oggetto di reiterate modifiche, a mente del quale, secondo la versione applicabile ratione temporis (introdotta dall’art. 8, comma 4-ter, lett. b), D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14) “per i primi undici anni dalla data di entrata in vigore della presente legge l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti”. In sintesi, il legislatore ha differito l’applicabilità della novella per un significativo arco temporale nel quale è compresa anche la sessione 2023.

Vale precisare che, il Legislatore oltre ad avere differito anno per anno l’applicabilità delle nuove modalità d’esame, ha introdotto disposizioni ad hoc per lo svolgimento delle differenti sessioni annuali.

Segnatamente, la sessione dell’anno 2023 è stata disciplinata dall’art. 4-quater, d.l. n. 51 del 2023, ove si è previsto lo svolgimento di una sola prova scritta (oltre ad un esame orale in caso di superamento della prima), per la cui valutazione ognuno dei tre componenti della sottocommissione avrebbe avuto a disposizione dieci punti di merito. Ciò senza che venisse specificato, sulla scia del citato art. 46, comma 5, l. cit., alcun particolare onere motivazionale in capo agli esaminatori.

Ne deriva che per la sessione 2023 l’esame di abilitazione è regolato da una disciplina diversa da quella previgente per quanto riguarda, in particolare, il numero di prove scritte da sostenere e la composizione di ciascuna subcommissione.

4) Il tema della consistenza dell’obbligo motivazionale ed in particolare della sufficienza o meno del voto numerico nei giudizi espressi dalla commissione esaminatrice in sede di esame di abilitazione all’esercizio della professione forense è stato vagliato nel corso degli anni dalla giurisprudenza costituzionale e da quella amministrativa.

In un primo tempo, la Corte Costituzionale (sentenza n. 28/2006) ha dichiarato inammissibili le questioni di illegittimità degli articoli 23, quinto comma, 24, primo comma, e 17-bis, secondo comma, del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e di attuazione del regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, sull'ordinamento della professione di avvocato e di procuratore) come novellato dal d.l. 21 maggio 2003, n. 112 (Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense) nella parte in cui avrebbero consentito la formulazione di una motivazione solo numerica.

La Corte ha ritenuto che all’epoca la giurisprudenza amministrativa fornisse un panorama articolato di possibili soluzioni interpretative, non limitandosi alla sola tesi che esclude l'obbligo di motivazione nelle operazioni di giudizio conseguenti a valutazioni tecniche, ma estendendosi sino a quella che ritiene applicabile il medesimo obbligo anche ai giudizi valutativi ed a quella secondo cui la sufficienza e idoneità del punteggio numerico deve essere apprezzata caso per caso, in relazione alla possibilità concreta che il concorrente abbia di ricostruire per relationem i criteri seguiti dalla commissione esaminatrice, ad esempio facendo riferimento ai parametri di massima predeterminati dalla stessa o alle glosse apposte sugli elaborati scritti. In tale contesto la Corte, ribadendo valutazioni già espresse (cfr. Corte Cost. ordinanza n. 466/2000) ha evidenziato che la questione sollevata non era “diretta a risolvere un dubbio di legittimità costituzionale”, risolvendosi piuttosto “in un improprio tentativo di ottenere l'avallo di questa Corte a favore di una determinata interpretazione della norma”.

Pochi anni dopo, con sentenza n. 20/2009, la Corte ha preso atto dell’evoluzione della giurisprudenza amministrativa ed ha riconosciuto che la tesi della sufficienza del voto solo numerico si era consolidata, costituendo ormai un vero e proprio “diritto vivente”. La questione, pur ritenuta ammissibile, veniva respinta nel merito, in quanto i parametri di costituzionalità denunciati afferivano all’aspetto processuale della tutela, non preclusa di per sé dalla ritenuta sufficienza del voto numerico. In particolare, si è osservato che la denunciata illegittimità costituzionale della norma che, in base al diritto vivente, non impone alla commissione una specifica modalità di motivazione delle determinazioni da essa assunte in merito alle prove scritte ed orali, concerneva un momento del procedimento amministrativo che disciplina lo svolgimento degli esami per l'abilitazione alla professione forense, riguardando così il profilo sostanziale dei requisiti di validità del provvedimento di esclusione del candidato, conclusivo di detto procedimento.

La riconducibilità a diritto vivente della sufficienza del voto numerico è stata ribadita dalla Corte con sentenza n. 175 del 2011, la quale ha precisato che dall’art. 17-bis, comma 2, del r.d. n. 37 del 1934, coordinato con i successivi artt. 23, comma quinto, e 24, primo comma, (nel testo risultante dalla novella del d.l. n. 112 del 2003) emerge che “il criterio prescelto dal legislatore” per la valutazione delle prove scritte nell'esame de quo è quello del punteggio numerico, costituente la modalità di formulazione del giudizio tecnico-discrezionale finale espresso su ciascuna prova. Nondimeno la questione è stata nuovamente respinta nel merito, in quanto la graduazione del dato numerico, condurrebbe ad un giudizio di sufficienza o di insufficienza della prova espletata e, nell'ambito di tale giudizio, renderebbe palese l'apprezzamento più o meno elevato che la commissione esaminatrice ha attribuito all'elaborato oggetto di esame.

La Corte ha chiaramente evidenziato che la ritenuta adeguatezza motivazionale del solo punteggio numerico risponde ad esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, ex art. 97, primo comma, Cost., che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità, avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove: criteri di economicità e di efficacia giustificherebbero la scelta del modulo valutativo adottato dal legislatore.

In altre parole, la Corte ha ritenuto costituzionalmente legittima la scelta di prevedere una motivazione solo numerica in ragione della non esigibilità in concreto di una motivazione descrittiva, stante i tempi entro i quali le correzioni devono essere ultimate, nonché del numero rilevante di candidati e della pluralità di prove da valutare.

Tale assetto legislativo è mutato per effetto della legge 2012 n. 247, che ex art. 46 ha imposto l’apposizione di osservazioni positive o negative nei vari punti dell’elaborato a “motivazione” del voto, salvo il già ricordato differimento dell’applicazione della novella disposto dal successivo art. 49, oggetto di reiterati interventi legislativi di “proroga”.

Resta fermo, tuttavia, che il Legislatore, nel riformare l’ordinamento della professione forense, ha accolto con l’art. 46, comma 5, l. cit. un’impostazione innovativa rispetto a quella salvaguardata dalla Corte costituzionale, imponendo un obbligo motivazionale ulteriore rispetto al solo voto numerico.

Nelle more dell’entrata in vigore di tale disciplina, il Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria (sent. n. 7 del 2017), si è espresso sul tema della motivazione esclusivamente numerica del giudizio, ribadendo l’inapplicabilità dell’art. 46, comma 5, della l. n. 247/2012 a fronte di una disposizione che ne differisce l’applicazione.

La scelta è stata ritenuta non irragionevole posto che il Legislatore gode, sul punto, di amplissima discrezionalità e da ciò non discenderebbero effetti distorsivi sul piano della tutela.

In linea con l’univoco orientamento della giurisprudenza amministrativa, si è ribadita la capacità e l’idoneità del voto numerico, attribuito in base a criteri predeterminati, ad esprimere e sintetizzare il giudizio tecnico-discrezionale della commissione senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, atteso che il voto garantirebbe la trasparenza del giudizio.

5) Il Tribunale rileva che la valutazione di sufficienza della motivazione meramente numerica espressa dalla Corte Costituzionale poggia su una specifica situazione di fatto, a fronte della quale le esigenze di buon andamento dell'azione amministrativa, ex art 97 Cost., hanno indotto il giudice costituzionale a reputare non difforme dalla Costituzione la scelta legislativa di non imporre alla commissione una dettagliata esposizione delle ragioni sottese al giudizio espresso. In tal senso, è risultata dirimente la considerazione, sul piano concreto, del numero di candidati e delle prove da correggere, nonché del necessario contenimento, a fronte di tali grandezze, dei tempi di correzione.

Introducendo tali elementi a sostegno della propria decisione, la Corte ha perciò posto in luce che il proprio scrutinio verteva su un particolare punto di bilanciamento, prescelto dal legislatore, nella tensione tra esigenze contrapposte, punto reputato non manifestamente irragionevole.

Vale precisare che la situazione di fatto considerata dalla Corte era immutata al tempo della citata decisione dell’Adunanza Plenaria n. 7/2017.

Nondimeno, la determinazione di non ammissione oggetto del gravame interviene in una sessione di esame connotata da presupposti fattuali radicalmente diversi da quelli suindicati e regolata da una disciplina differente, come già accennato.

Infatti, non è contestato che alla sessione dell’anno 2023 abbia partecipato un numero di candidati molto minore rispetto alle precedenti: si tratta di 9.703 aspiranti avvocati a fronte di 27.451 partecipanti alla sessione del 2016, cui si riferiva la decisione assunta dall’Adunanza Plenaria.

Inoltre, come ricordato, l’impugnato giudizio di non ammissione alla fase orale è stato reso in una sessione regolata in modo specifico dall’art. 4-quater, del d.l. n. 51/2023, in base al quale la prima fase dell’esame di abilitazione si sostanzia nella redazione di un solo elaborato scritto (un atto giudiziario), a fronte delle tre prove (consistenti in due pareri pro veritate e in un atto giudiziario) previste dalle sessioni svoltesi sino al 2019.

La drastica riduzione dei partecipanti all’esame, unitamente alla riduzione da tre a una delle prove scritte, muta radicalmente la situazione di fatto in presenza della quale la giurisprudenza ha ritenuto sufficiente il voto numerico.

Il variato contesto esclude che la finalità di garantire il buon andamento dell’azione amministrativa, ex art. 97 Cost., renda oggi inesigibile la formulazione da parte della Commissione di una motivazione ulteriore rispetto al solo punteggio; il numero dei candidati e delle prove da esaminare sono tali da consentire una correzione connotata da una più diffusa motivazione e ciò senza precludere l’osservanza di tempi ragionevoli, come dimostra la prassi osservata da altre commissioni esaminatrici, che hanno potuto svolgere il proprio compito senza sottrarsi ad una motivazione rinforzata rispetto al solo voto numerico.

Il radicale cambiamento del substrato fattuale induce ad indagare anche la portata dell’art. 46 della legge n. 47 del 2012.

La norma esprime una precisa scelta del legislatore, diametralmente opposta a quella considerata dalla Corte Costituzionale nelle decisioni già richiamate.

Infatti, la Corte ha accertato che prima del 2012 il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell'esame de quo era quello del punteggio numerico.

Il giudice costituzionale non ha ritenuto trattarsi di una scelta vincolata in modo assoluto, ma l’ha giustificata con il contesto di riferimento, connotato da un altissimo numero di candidati e dalla pluralità di prove da correggere, tale da far apparire imprescindibile l’esigenza di tutela del buon andamento dell’azione amministrativa, così da rendere inesigibile una motivazione ulteriore rispetto al voto numerico.

Con l’art. 46 cit. il legislatore ha effettuato una scelta diversa, affermando, da un lato, la necessità di una motivazione ulteriore rispetto al solo voto numerico, dall’altro, declinandola nella annotazione delle osservazioni positive o negative nei vari punti di ciascun elaborato.

L’art. 49 della legge n. 47 del 2012, via via modificato nel corso degli anni, ha rinviato l’applicabilità delle nuove disposizioni, prevedendo, nella formulazione applicabile al caso in esame, che per i primi undici anni dall’entrata in vigore della nuova disciplina – ossia sino alla sessione di esame 2025 - l'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato si effettua, sia per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame, secondo le norme previgenti.

Vale precisare però che le norme di reiterato differimento non hanno alcun effetto abrogativo rispetto alla scelta compiuta dal legislatore in ordine alla necessità di una motivazione ulteriore rispetto a quella numerica.

L’obbligo motivazionale rafforzato è stato introdotto nell’ordinamento e non viene meno in conseguenza dello spostamento in avanti dell’applicabilità della nuova disciplina “per quanto riguarda le prove scritte e le prove orali, sia per quanto riguarda le modalità di esame”.

Si tratta di una precisa scelta legislativa che deve orientare l’interprete alla luce del mutato contesto fattuale.

La sentenza n. 7/2017 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affrontato il problema della portata del citato art. 49 ed ha ritenuto che il differimento riguardi anche la previsione dell’art. 46 e, quindi, l’obbligo di annotazione di osservazioni positive o negative sugli elaborati scritti da parte della Commissione.

A ben vedere tale impostazione, oltre a maturare in un contesto fattuale illo tempore connotato da un numero elevatissimo di partecipanti e dall’articolazione della prova scritta in ben tre elaborati, non incide sull’obbligo imposto dal legislatore nel 2012 di rafforzare la motivazione numerica, ma sulla consistenza di tale obbligo, ovvero sulla necessità di tradurlo nell’annotazione di osservazioni positive o negative sugli elaborati.

La drastica riduzione, non meramente occasionale, dei partecipanti all’esame e la concentrazione in un solo elaborato della prova scritta, impone di valorizzare in sede ermeneutica l’obbligo di motivazione ulteriore introdotto dal legislatore, pur nella consapevolezza che esso, in ragione delle “proroghe” intervenute e in coerenza con quanto deciso dall’Adunanza Plenaria, non si sostanzia attualmente nell’apposizione di specifiche annotazioni, ma è rimesso alle valutazioni dell’amministrazione, potendo risolversi, pertanto, anche nell’apposizione di segni grafici idonei a palesare le parti dell’elaborato ritenute insufficienti o particolarmente meritevoli in relazione ai criteri valutativi dettati dalla normativa di riferimento per ciascuna sessione.

Ne consegue che, non solo il mutato quadro fattuale non vale più a giustificare la sufficienza di una motivazione solo numerica, ma anche il quadro normativo vigente impone di valorizzare la scelta del legislatore per una motivazione ulteriore rispetto al mero punteggio; motivazione che non si rinviene nel giudizio espresso dalla Commissione sull’elaborato redatto dalla ricorrente.

6) Una diversa interpretazione porrebbe un problema di legittimità costituzionale, quanto meno in termini di coerenza con il principio di ragionevolezza, della disciplina legislativa che, di anno in anno, ha spostato in avanti l’applicazione della novella; il riferimento va, con riferimento alla sessione di interesse, dall’art. 8, comma 4-ter, lett. b), D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14.

Reiterati differimenti dell’entrata in vigore di una certa disciplina normativa appaiono di per sé costituzionalmente sospetti, specie se si considera che, via via con il passare del tempo, si possono attenuare le ragioni, di regola legate alla necessità di approntare una disciplina attuativa, che suggeriscono di rinviare l’efficacia di una riforma legislativa.

Nel caso di specie, il legislatore del 2012 ha certamente valutato, nel prevedere il differimento, l’impatto sul buon andamento dell’amministrazione che l’obbligo di motivazione mediante annotazioni avrebbe potuto sortire, in un’epoca ancora segnata dal un forte afflusso agli esami di abilitazione forense.

Tuttavia, si è già rimarcato come l’inversione di tendenza sul punto sia oramai netta, mentre l’articolazione dell’esame intorno ad una sola prova scritta, voluta dal legislatore per il 2023, rende non più ragionevolmente sostenibili simili ragioni.

Il canone della ragionevolezza impone, infatti, che una disposizione legislativa sia coerente con la ratio che la ispira, sicché se la finalità delle leggi di proroga consiste nel salvaguardare il buon andamento dell’azione amministrava in ragione di un determinato contesto fattuale, come indicato dalle citate pronunce della Corte Costituzionale, è evidente che il netto cambiamento di tale contesto fa sorgere un problema di coerenza della disciplina stessa con la ratio che la ispira e con la nuova situazione di fatto.

La sola condizione per sottrarre tale legge di proroga al dubbio di costituzionalità (il cui accoglimento renderebbe applicabile alla sessione la nuova disciplina) consiste, perciò, nel ritenere che l’ulteriore differimento concerna le sole modalità di correzione degli elaborati scritti indicate dal legislatore del 2012, e non già il più generale obbligo di motivazione rinforzata, che deve oramai ritenersi introdotto nell’ordinamento.

Infatti, rispetto alla possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale è dovere dell’interprete - alla luce della giurisprudenza costituzionale consolidatasi sin dalla sentenza n. 456 del 1989 - ricercare un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina di rango primario, poiché soltanto l’impossibilità di una lettura adeguata ai principi costituzionali rende ammissibile la rimessione della questione alla Corte costituzionale.

Il Tribunale ritiene che l’ultima legge di proroga sia suscettibile di un’interpretazione compatibile con l’art. 3 Cost. e segnatamente con il principio di ragionevolezza da esso desumibile.

Infatti, il reiterato differimento dell’applicabilità dell’art. 46 della l. n. 247/2012 rispondeva alla logica di non pregiudicare il buon andamento dell’azione amministrativa, come evidenziato dalla richiamata giurisprudenza costituzionale e amministrativa, che riteneva legittima la motivazione solo numerica.

Attualmente il differimento non è più coerente con la finalità che dovrebbe ispirarlo: come già ricordato, non solo le tre prove scritte sono state concentrate in una, ma l’ordine di grandezza del numero di aspiranti ha continuato a decrescere nel tempo (27.451 le unità registrate nel 2016, 24.867 nel 2017, 23.130 nel 2018 e 22.199 nel 2019); pur considerando le sessioni svoltesi con la modalità della doppia fase orale, il numero degli aspiranti avvocati ha conosciuto un evidente calo, sino a raggiungere la già citata cifra di 9.703 nella sessione in rilievo.

L’interpretazione costituzionalmente orientata delle leggi che hanno via via differito l’applicazione della novella, conduce a ritenere necessario sin d’ora che i giudizi espressi dalla commissione d’esame siano supportati da una motivazione ulteriore rispetto a quella solo numerica, che, seppure non debba necessariamente consistere nell’apposizione di annotazioni, consenta di percepire, secondo modalità rimesse alla discrezionalità dell’amministrazione, le ragioni del giudizio espresso, in modo ulteriore e più specifico rispetto a quanto si realizza con il voto numerico.

In senso contrario non potranno richiamarsi le tesi, anche giurisprudenziali, secondo le quali la rigida parametrazione dei criteri di valutazione costituirebbe un sufficiente presupposto per l’adeguatezza della motivazione numerica.

Tale orientamento, giustificato dal necessario bilanciamento tra il principio di trasparenza e quello di buon andamento dell’azione amministrativa, non ha più un ragionevole fondamento, a causa sia della scelta espressa dal legislatore per una motivazione non più affidata solo ad un punteggio, sia del ricordato mutamento della situazione fattuale.

A giudizio del Tribunale l’opzione ermeneutica che consente di ricondurre a ragionevolezza le norme legislative di proroga è quella che evidenzia l’attualità dell’obbligo di motivazione rafforzata degli elaborati, secondo quanto già precisato.

Nel caso di specie la valutazione gravemente negativa dell’elaborato del ricorrente è stata formulata dalla Commissione mediante l’apposizione del solo punteggio 14/30, senza alcun segno grafico, annotazione o altra indicazione che valga ad integrare una motivazione sufficiente, secondo il parametro dell’obbligo motivazionale rafforzato prescelto dal legislatore.

Ne deriva la fondatezza della censura di violazione dell’art. 3, della l. n. 241 del 1990, che, per la sua portata sostanziale e pienamente satisfattiva della pretesa azionata dalla ricorrente, consente di ritenere assorbite le ulteriori doglianze.

7) In definitiva, il ricorso è fondato e deve essere accolto nei limiti dianzi esposti.

La complessità delle questioni trattate consente di compensare tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

1) accoglie il ricorso e annulla il provvedimento impugnato;

2) compensa tra le parti le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità della ricorrente.

Così deciso in Milano nelle camere di consiglio dei giorni 6 febbraio 2025 e 20 marzo 2025, con l'intervento dei magistrati:

Marco Bignami, Presidente

Fabrizio Fornataro, Consigliere

Mauro Gatti, Consigliere, Estensore