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Furto – aggravante dell’esposizione alla pubblica fede

Furto – circostanze aggravanti specifiche – fatto commesso su cose esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede (art. 625, co. 1, n, 7, c.p.) – fatto commesso in presenza di sistemi di controllo o vigilanza. “in tema di furto, la circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di vigilanza realizzato tramite servizio di guardia giurata, quando questo non garantisca una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione del bene e configuri un controllo non continuativo né diretto sulla res”. Cassazione Penale, Sez. V, sent. n. 16353/2019 ud. 17.12.2018, dep 15.4.2019. Commento a cura dell’Avv. Emanuele Lai.

V.M. veniva condannato per il reato di tentato furto di una bicicletta assicurata alla rastrelliera del parcheggio di un ospedale.

Confermata la sentenza dalla Corte territoriale di Bologna, il difensore ha proposto ricorso per cassazione deducendo, tra gli altri motivi, la violazione dell’art. 625, co. 1, n. 7, c.p., avendo errato – i giudici – nel ritenere sussistente l’aggravante dell’esposizione dei beni alla pubblica fede in quanto il delitto si sarebbe consumato all’interno di un’area sorvegliata da guardie giurate.

I giudici della V sezione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso in parola, motivano evidenziando come, a ben vedere, sul punto non vi sia univocità di vedute da parte della giurisprudenza di legittimità.

La ratio sottesa all’inasprimento sanzionatorio si ravvisa nella maggiore facilità con la quale è possibile sottrarre una res che, per necessità o consuetudine, sia lasciata da possessore in determinati luoghi senza una diretta e continua custodia.

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito come siano da considerarsi esposti alla pubblica fede altresì quei beni la cui custodia venga temporaneamente omessa dal legittimo possessore in ragione degli impellenti bisogni della vita quotidiana. Sul punto, è stata riconosciuta la sussistenza dell’aggravante nella condotta di chi abbia sottratto un portafoglio lasciato sul sedile di una vettura laddove sia stato accertato che il bene non fosse trasportabile con sé ad opera della persona offesa e, dunque, alla stregua di una valutazione da effettuarsi in concreto e alla luce di tutte le circostanze del fatto, che l'oggetto fosse lì riposto "per necessità" (Cass. Pen. Sez. 2, n. 33557 del 22/6/2016, Felleti. Rv. 267504).

Tanto premesso, i maggiori problemi interpretativi emergono laddove l’azione delittuosa avvenga, come nel caso di specie, in presenza di strumenti di controllo o vigilanza sulla res, in quanto tale ultima circostanza farebbe venir meno quella maggiore vulnerabilità che giustifica una più decisa risposta da parte dell’ordinamento.

Sul punto, rappresentano i giudici, diverse pronunce hanno contribuito, negli anni, a tracciare i confini entro i quali risulta comunque applicabile la circostanza aggravante di cui all’art. 625, co. 1, n. 7, c.p.

In particolare, un primo orientamento sostiene che la res sia da considerarsi esposta per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede pur in presenza di un sistema di sorveglianza che tuttavia non assicuri un monitoraggio sul bene senza soluzione di continuità. Solo alcuni sistemi di sorveglianza, infatti, garantendo un controllo diretto e costante, sono in grado di ostacolare il raggiungimento della res.

Non sarebbe, pertanto, sufficiente, al fine dell’esclusione dell’aggravante, una vigilanza generica, saltuaria ed eventuale.

Applicando detto principio, la giurisprudenza ha ravvisato la sussistenza della circostanza aggravante nell'azione criminosa diretta all'impossessamento di beni esposti al pubblico sui banchi di un esercizio commerciale, pur essendo i medesimi dotati di un apposito dispositivo "antitaccheggio”. Tale strumento di controllo, infatti, non garantisce il continuo controllo del percorso della merce dal banco di esposizione alla cassa e, quindi, quel controllo a distanza necessario per escludere l'esposizione della merce alla pubblica fede (Cass. Pen. Sez. 5, n. 435 del 30/6/2015, dep. 2016, Sefer, Rv. 265586).

Altra giurisprudenza perviene alle medesime conclusione attraverso un differente percorso logico-giuridico. Viene, infatti, posto l’accento sul dato fisico della collocazione del bene in un luogo aperto al pubblico e quindi facilmente raggiungibile da chiunque a prescindere dall’eventuale sussistenza di un sistema di sorveglianza che, a tutto voler concedere, può attenuare, certamente non elidere la maggiore esposizione della res.

L'ineliminabile affidamento insito nella collocazione del bene protetto in un luogo accessibile al pubblico comporta, quindi, la sussistenza dell’aggravante, in quanto l’eventuale sistema di videosorveglianza rappresenta una forma di controllo che non garantisce l'interruzione immediata dell'azione criminosa (Cass. Pen. Sez. 2, n. 2724 del 26/11/2015).

In realtà, sebbene più rigorosa, anche tale giurisprudenza tende a riconoscere in rari casi la possibilità che venga esclusa l'esposizione del bene alla pubblica fede in presenza di un sistema di controllo; deve, però, trattarsi una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione dell'oggetto.

Uniformandosi ai principi su riportati, la V Sezione conclude riconoscendo, nel caso de quo, la sussistenza della contestata aggravante. Il V.M., infatti, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco alla sottrazione di una bicicletta legata alla rastrelliera del parcheggio di un ospedale. La collocazione della res, esposta in un luogo pubblico, facilmente raggiungibile da chiunque, non può far sorgere dubbi circa la configurabilità in astratto dell’aggravante dell’esposizione alla pubblica fede; né, sotto altro profilo, la presenza in loco di guardie giurate garantisce quel controllo sul bene diretto e costante richiesto dalla giurisprudenza di legittimità per escludere la circostanza aggravante in parola, assicurando, se mai, una vigilanza generica e necessariamente discontinua, comunque non sufficiente ad elidere la facilità di raggiungimento del bene, che costituisce la ratio della disposizione di cui all’art. 625, co. 1, n. 7, c.p.

Viene, pertanto, dichiarato inammissibile il ricorso alla luce dell’affermato il principio di diritto secondo cui “in tema di furto, la circostanza aggravante dell'esposizione della cosa alla pubblica fede non è esclusa dall'esistenza, nel luogo in cui si consuma il delitto, di un sistema di vigilanza realizzato tramite servizio di guardia giurata, quando questo non garantisca una sorveglianza specificamente efficace nell'impedire la sottrazione del bene e configuri un controllo non continuativo né diretto sulla res”