Il condomino è legittimato ad intervenire in causa in sede di ricorso in Cassazione anche se non è stato parte dei giudizi di merito
Il condomino è legittimato ad intervenire in causa in sede di ricorso in Cassazione anche se non è stato parte dei giudizi di merito (Nota a Cass.Sez.Un. 18 aprile 2019, n. 10934 a cura di Avv. Adriana Nicoletti)
FATTO: Un condominio citava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, la condomina X per sentirla condannare alla rimessione dei luoghi nello stato quo ante, per avere la stessa realizzato, nella sua proprietà esclusiva, opere in violazione delle prescrizioni del regolamento di condominio, nonché rimosso un tratto di scala comune esterna che poneva in comunicazione il quarto piano (ove era situato un locale destinato a macchinari relativi all’ascensore) con il terrazzo di copertura del superattico, sostituendo il manufatto con una scala interna. Quanto a ciò il condominio, lamentando un aggravamento dell’esercizio della servitù esistente in favore dell’ente (i condomini, infatti, per raggiungere il terrazzo, dovevano accedere alla proprietà esclusiva di parte attrice), chiedeva la tutela della servitù comune. La domanda veniva accolta integralmente in primo grado mentre, in sede di appello, veniva confermata solo per il primo profilo. Il Collegio giudicante, infatti, aveva ritenuto insussistente l’aggravio di servitù.
Avverso tale decisione proponeva ricorso in Cassazione la condomina X mentre la condomina Y, che non aveva partecipato ai due gradi del giudizio di merito, formulava ricorso incidentale.
La causa, in sede di pubblica udienza, veniva rimessa al Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.
ORDINANZA DI REMISSIONE: Il provvedimento rilevava che “è controversa la configurabilità del diritto della condomina…., che non aveva svolto difese nei gradi di merito, di interporre ricorso incidentale tardivo volto a far rimuovere l’opera in quanto contraria al regolamento di condominiale”.
DECISIONE DI RITO
Nell’ordinanza di rimessione le perplessità muovevano dal confronto di due orientamenti giurisprudenziali.
Il primo, tradizionale, che ha costantemente reputato ammissibile l’impugnazione, da parte del singolo condomino, della sentenza di condanna emessa nei confronti dell’intero condominio, poiché il diritto di ogni partecipante ha per oggetto i beni comuni nella loro interezza, “non rilevando, in contrario, la circostanza della mancata impugnazione da parte dell’amministratore, senza alcuna necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei condomini non appellati (o non ricorrenti), né intervenienti, e senza che ciò determini il passaggio in giudicato della sentenza di primo (o di secondo) grado nei confronti di questi ultimi”.
Il secondo determinato da altra decisione (Cass. civ. Sez. Un. n. 19663/2014), secondo il quale nell’azione per equa riparazione (ex legge n. 89/2001) la legittimazione attiva spetta esclusivamente al condominio (in controversia nella quale era la sola parte in giudizio) in persona dell’amministratore, previa autorizzazione dell’assemblea. Rispetto a tale decisione, tuttavia, le Sezioni Unite hanno condiviso quella lettura secondo la quale la sentenza deve essere “circoscritta alla peculiare situazione esaminata, cioè a quel diritto all’equa riparazione regolato dalle disposizioni sovranazionali prima ancora che da quelle nazionali di impronta applicativa”.
Nella decisione oggetto di nota le Sezioni Unite sono rimaste ancorate all’impostazione tradizionale “che ha continuato a ritenere che nelle controversie aventi ad oggetto un diritto comune, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, né di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore” (Cass. civ. n. 29748/2017; Cass. civ. n. 26557/2017; Cass. civ. n. 1208/2017 ed altre conformi).
Tale orientamento – secondo il Giudicante - trova la sua ragion d’essere nella natura degli interessi in gioco nelle controversie relative ai diritti dei singoli sulle parti comuni o sulle proprietà esclusive che siano parte del condominio. E’ stato, altresì, riscontrato che con la legge n. 220/2012 (come testimoniato dal confronto tra il testo provvisorio e quello definitivo licenziato dal Parlamento) “è stata respinta la prospettiva di dare al condominio personalità giuridica con conseguenti diritti sui beni comuni, è la natura dei diritti contesi la ragione di fondo della sussistenza dei singoli di affiancarsi o surrogarsi all’amministratore nella difesa in giudizio dei diritti vantati su tali beni”. Rilievi che valgono “solo ad escludere che da queste fonti (natura del condominio e poteri del’amministratore) derivino limiti alle facoltà dei singoli”. In questo senso, “la ratio dei poteri processuali dei singoli condomini risiede tuttavia – è possibile coglierlo nella giurisprudenza più risalente - nel carattere necessariamente autonomo del potere del condomino di agire a tutela dei suoi diritti di comproprietario pro quota, e di resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio (Cass. civ. n. 8479/1999)”.
Passando all’esame della fattispecie concreta la Suprema Corte, come conseguenza delle considerazioni esposte ha ritenuto configurabile la legittimazione della condomina Y a svolgere ricorso incidentale tardivo, il cui oggetto era il capo della sentenza (servitù di passaggio) che era stato sfavorevole al condominio.
Per tale profilo di rito ha concluso la Corte che “…in relazione al peculiare atteggiarsi dei rapporti condominiali, che essendo oggetto del ricorso incidentale un diritto afferente alla sfera di ogni singolo condomino, ciascuno di essi può autonomamente far valere la situazione giuridica vantata. A tal fine può avvalersi personalmente dei mezzi d’impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti del condominio (Cass. civ., n. 10711/2011; Cass. civ., n. 21444/2010; Cass. civ., n. 3900/2010; Cass.civ., n. 9213/2005), inserendosi nel processo, delimitato quanto all’oggetto dall’evoluzione maturata, cioè nello stato in cui vi interviene, ma con intatta facoltà di spiegare mezzo di impugnazione”.
legittimazione attiva