riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero di accertamento del rapporto di filiazione
Riconoscimento del provvedimento giurisdizionale straniero di accertamento del rapporto di filiazione – Rifiuto di trascrizione non determinato da vizi formali – Controversia di stato – Nozione di “interessato” ai sensi dell’art. 67 L. n. 218/1995 – Legittimazione del Sindaco, del Ministero dell’Interno e del Pubblico Ministero - Differenze. Corte di Cassazione, Sez. Un., sentenza n. 12193 dell’8 maggio 2019, commento a cura della Dott.ssa Ilaria Gonnellini.
Fatto. Il Pubblico Ministero, nonché il Ministero dell’Interno ed il Sindaco di Trento, in qualità di ufficiale di governo, hanno proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Trento che ha accolto la domanda dei sig.ri Tizio e Caio avente ad oggetto il riconoscimento, ai sensi dell’art. 67 della L. n. 218/1995, dell’efficacia nell’ordinamento interno del provvedimento emesso il 12 gennaio 2011 dalla Superior Court of Justice dell’Ontario (Canada), con cui era stato accertato il rapporto di genitorialità tra Caio ed i minori Mevio e Sempronio – generati mediante procreazione medicalmente assistita, a seguito del reperimento di una donatrice di ovociti e di un’altra donna disposta a sostenere la gravidanza –, e ha ordinato la trascrizione del provvedimento straniero negli atti di nascita di questi ultimi da parte dell’ufficiale di stato civile del Comune di Trento. Ciò in quanto, nonostante l’esistenza di un primo provvedimento giudiziale regolarmente trascritto in Italia, con cui il Giudice canadese aveva riconosciuto che la gestante non era genitrice dei minori e che l’unico genitore era Tizio, l’ufficiale di stato civile aveva rifiutato di trascrivere il successivo atto con cui veniva riconosciuta la cogenitorialità di Caio e disposto l’emendamento degli atti di nascita dei minori.
I sig.ri Tizio e Caio hanno resistito con controricorso, contestando, tra le altre cose, l’ammissibilità di entrambi i ricorsi per difetto di legittimazione del Sindaco e del Pubblico Ministero in quanto, il primo, non avrebbe mai assunto formalmente la qualità di parte nel giudizio di merito mentre, il secondo, avrebbe rivestito la mera posizione di interventore, essendo privo del potere di proporre l’azione.
La Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, dopo aver ritenuto di dover sollevare d’ufficio la questione concernente altresì la legittimazione del Ministero dell’Interno, in qualità di titolare della funzione amministrativa esercitata dal Sindaco in materia di tenuta dei registri anagrafici, che la risoluzione della questione implica la definizione della nozione di «interessato» ai sensi dell’art. 67 della L. n. 218/1995 e che la complessità e la rilevanza delle altre censure proposte con i motivi di ricorso implica la risoluzione di questioni di massima di particolare importanza, ha rimesso la causa alle Sezioni Unite.
Decisione. Le Sezioni Unite hanno risolto la questione, concernente l’ammissibilità di entrambi i ricorsi per difetto di legittimazione dei ricorrenti, dichiarando inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero e ammissibile quello proposto dal Sindaco e dal Ministero dell’Interno.
Prendendo le mosse dal principio del riconoscimento automatico sotteso alla disciplina introdotta dalla L. n. 218/1995 (art. 64), che consente di procedere direttamente alla trascrizione nei registri dello stato civile dei provvedimenti stranieri, anche in materia di stato e capacità delle persone (art. 65), previa verifica dei requisiti prescritti dalla legge da parte dell’ufficiale di stato civile, e dalla esclusione della possibilità di ricorrere alla procedura di rettificazione qualora la trascrivibilità nei registri dello stato civile venga contestata non già per un vizio formale ma per l’insussistenza dei requisiti sostanziali cui gli artt. 64-66 della L. n. 218/1995 subordinano l’ingresso del provvedimento straniero nel nostro ordinamento, la Suprema Corte ha confutato la tesi della Corte d’appello secondo cui la richiesta di trascrizione del provvedimento risulterebbe insufficiente a giustificare la legittimazione del Sindaco, in qualità di ufficiale di stato civile, in quanto tale richiesta avrebbe carattere meramente accessorio e consequenziale rispetto alla domanda di riconoscimento.
Al contrario, il rifiuto opposto dal Sindaco alla richiesta di trascrizione integra proprio quella «contestazione» che l’art. 67 della L. n. 218/1995 richiede ai fini dell’insorgenza della controversia, che investe la stessa possibilità di ottenere il riconoscimento dello status accertato o costituito dal provvedimento straniero e che dà luogo ad una controversia di stato, per la cui risoluzione è necessario instaurare un giudizio contenzioso nel contraddittorio delle parti: secondo la giurisprudenza di legittimità, infatti, l’espressione «chiunque vi abbia interesse», con cui la predetta disposizione individua i soggetti legittimati a ricorrere alla corte d’appello, non si riferisce esclusivamente alle parti del processo che ha dato luogo alla sentenza da eseguire e, in presenza del predetto rifiuto, la nozione di «interessato» al riconoscimento del provvedimento straniero difficilmente potrebbe condurre a negare la qualità di parte del Sindaco come ufficiale di stato civile (cfr. Cass., Sez. I, 31/05/2018, n. 14007).
In tale contesto, il Sindaco agisce poi, ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. n. 396/2000, in qualità di ufficiale del governo e, quindi, di organo periferico dell’Amministrazione statale, dalla quale dipende ed alla quale sono imputabili gli atti da lui compiuti nella predetta veste, nonché la responsabilità per i danni dagli stessi cagionati. Pertanto, tenuto conto altresì che la competenza in materia di tenuta dei registri dello stato civile è stata ora trasferita al Ministero dell’interno, titolare del potere di impartire istruzioni agli ufficiali dello stato civile, nonché del potere di vigilare sui relativi uffici attraverso il prefetto onde assicurare il regolare svolgimento del servizio e l’uniforme applicazione delle disposizioni da cui discendono effetti per la tutela dei diritti sia personali che patrimoniali, non può escludersi la configurabilità di un autonomo interesse, concreto ed attuale, tale da legittimare l’intervento del Ministero nel giudizio avente ad oggetto il riconoscimento dell’efficacia del provvedimento straniero e la correlata richiesta di trascrizione.
Tale interesse, in quanto collegato alla funzione amministrativa esercitata dal Ministero dell’Interno, non coincide con quello che legittima la partecipazione al giudizio del Pubblico Ministero e che si sostanzia nell’esigenza di garantire che gli strumenti processuali apprestati per la tutela delle situazioni giuridiche indisponibili fatte valere operino puntualmente secondo le disposizioni di legge.
L’interesse di cui è portatore il Pubblico Ministero, quindi, lo legittima ad intervenire nel giudizio avente ad oggetto il riconoscimento dell’efficacia di un provvedimento straniero attributivo di uno status – trattandosi, come detto, di una controversia di stato rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 70, co. 1, n. 3, c.p.c. che, nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone, attribuisce all’organo in questione la qualità di parte necessaria, prescrivendone l’intervento a pena di nullità rilevabile d’ufficio – ma non ad impugnare la decisione emessa dalla Corte d’appello, in quanto non si tratta né di una controversia annoverabile tra quelle cui la legge riconosce, ai sensi del co. 1 dell’art. 72 c.p.c., gli stessi poteri che competono alle parti, né di una controversia matrimoniale nell’ambito della quale i co. 3 e 4 dell’art. 72 c.p.c. attribuiscono al Pubblico Ministero il potere di impugnazione. Il fondamento del potere di azione del Pubblico Ministero non può ravvisarsi neppure nella necessità di tutela dell’ordine pubblico, attese le difficoltà che s’incontrano nella definizione della stessa nozione di «ordine pubblico», foriera di non poche incertezze in un settore in cui appare invece primaria l’esigenza di garantire la corretta ed uniforme applicazione della legge.
Sulla scorta di tali considerazioni, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato il seguente principio di diritto: “Il rifiuto di procedere alla trascrizione nei registri dello stato civile di un provvedimento giurisdizionale straniero con il quale sia stato accertato il rapporto di filiazione tra un minore nato all’estero ed un cittadino italiano, se non determinato da vizi formali, dà luogo ad una controversia di stato, da risolversi mediante il procedimento disciplinato dall’art. 67 della legge n. 218 del 1995, in contraddittorio con il Sindaco, in qualità di ufficiale dello stato civile, ed eventualmente con il Ministero dell’interno, legittimato a spiegare intervento nel giudizio, in qualità di titolare della competenza in materia di tenuta dei registri dello stato civile, nonché ad impugnare la relativa decisione”.
Nell’ambito di tale giudizio, “il Pubblico Ministero riveste la qualità di litisconsorte necessario, ai sensi dell’art. 70, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., ma è privo della legittimazione ad impugnare la relativa decisione, non essendo titolare del potere di azione, neppure ai fini dell’osservanza delle leggi di ordine pubblico”.
Sentenza integrale
http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./Oscurate20190508/snciv@sU0@a2019@n12193@