adempimento delle obbligazioni ove il convenuto non risieda in italia
Art. 3, comma II, legge n. 218/1995 – Convenuto non residente in Italia – Sezioni 2, 3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 – Rapporti con il Codice di rito e applicabilità – Art. 5 n. 1 Convenzione di Bruxelles: competenza giurisdizionale del giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita – Corte di Giustizia sulla nozione di “obbligazione” ai fini della giurisdizione e sui criteri di collegamento sulla cui base stabilire il luogo di adempimento dell’obbligazione – locus solutionis – Cass. Civ, Sez. Un., 12 giugno 2019, n. 15748, commento a cura dell’Avv. Giorgia Franco.
Fatto. Tizio convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Roma, il Trustee Alfa, con sede nel Regno Unito, per ottenere il pagamento del compenso, ai sensi degli artt. 1709 e 1720 c.c., a fronte del mandato di riorganizzazione del patrimonio conferitogli da Caio.
In precedenza, lo stesso Tizio aveva proposto, innanzi al medesimo tribunale, un ulteriore giudizio, avente il medesimo oggetto nei confronti degli eredi di Caio. Il Tribunale di Roma, decidendo il procedimento promosso nei confronti del Trust, nel contraddittorio di tutte le parti costituite, dichiarò il difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Il Giudice di prime cure, rilevando che attenesse al merito l'accertamento dell'effettiva riconducibilità fattuale e giuridica al Trust sia del rapporto contrattuale che della culpa in contraendo ritenne decisivo, ai fini del difetto di giurisdizione rispetto a tutte le domande proposte, il contenuto dell'art. 3, c.2, della I. n. 218/1995, che faceva rinvio ai criteri stabiliti dalle sezioni 2,3 e 4 del titolo II della Convenzione di Bruxelles firmata il 27 settembre 1968, non applicandosi il Reg. n. 44/2001, alla stregua dei principi affermati dalla stessa Corte di legittimità (Cass. n. 22239/2009). Il pacifico domicilio del convenuto fuori dall'Italia rendeva quindi applicabile, quanto alla domanda fondata sul preteso titolo contrattuale, l'art.5, comma 1, della Convenzione di Bruxelles, che rinviava alla competenza giurisdizionale del giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita.
Tizio propose, allora, appello innanzi alla Corte di appello di Roma, che respinse il gravame.
Con il ricorso per cassazione, Tizio deduce, inter alia, la violazione dell'art. 3, comma 2 I. n. 218/1995 e dell'art. 5, n.1, della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. Avrebbe errato il giudice di appello nell'escludere la giurisdizione italiana che doveva radicarsi, per contro, in relazione al criterio del luogo dove l'obbligazione contrattuale era stata eseguita, rappresentata dall'esecuzione del mandato alla riorganizzazione del patrimonio mobiliare e immobiliare situato in Italia.
La sentenza impugnata, nel ritenere che, ai fini del radicamento della giurisdizione italiana, avesse unicamente rilievo il luogo dell'obbligazione di pagamento del corrispettivo al mandatario, non avrebbe considerato l'alternativo criterio del luogo di già avvenuta prestazione dell'obbligazione nascente dal mandato eseguito in Italia. Secondo il ricorrente, d'altra parte, il petitum originariamente posto a base dell'azione giudiziaria avrebbe riguardato la determinazione della persona del mandante, essendo in contestazione il rapporto contrattuale nella sua interezza e l'individuazione del soggetto mandante, tant'è che era stato proposto dallo stesso appellante un precedente giudizio nei confronti di altri soggetti. Peraltro, quel che rileverebbe, ai fini dell'individuazione del locus solutionis, secondo accreditata dottrina, sarebbe l'obbligazione che è alla base dell'azione giudiziaria, nel caso concreto, rappresentata dall'obbligazione adempiuta dal mandatario, risultando, invece, meramente accessoria l'ulteriore obbligazione di adempiere al pagamento del compenso.
Decisione. Le Sezioni Unite hanno ritenuto il ricorso infondato.
Giova premettere che la decisione impugnata ha ritenuto che, ai fini della determinazione della giurisdizione rispetto all'azione promossa dall'attore nei confronti del Trustee Alfa, venisse in rilievo - una volta acclarato che il convenuto non era residente in Italia - l'art. 3 I. n. 218/1995 e, segnatamente, il comma secondo, nella parte in cui rinvia alla Convenzione di Bruxelles del 1968. Tale affermazione è sicuramente corretta. E invero, le stesse Sezioni Unite hanno già, pacificamente, affermato che, al fine di determinare l'ambito della giurisdizione italiana, la legge 31 maggio 1995, n. 218, dopo aver enunciato, nell'art. 3, comma 1, il criterio di collegamento costituito dal domicilio o dalla residenza del convenuto ("la giurisdizione italiana sussiste quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia o vi ha un rappresentante che sia autorizzato a stare in giudizio a norma dell'art. 77 Cod. Proc. Civ. e negli altri casi in cui è prevista dalla legge) detta, nel comma 2, due distinte disposizioni di rinvio ad altre norme regolatrici della competenza. Ai fini del presente giudizio rileva la prima di queste, a tenore della quale "la giurisdizione sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle Sezioni 2, 3 e 4 del Titolo II della Convenzione, …, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione [...]". Ne consegue che, quando si verte in materie comprese nella Convenzione di Bruxelles, vigono le speciali regole di competenza previste dalle sezioni 2, 3 e 4 del titolo 2 di tale Convenzione, anche nei confronti del convenuto che non sia domiciliato o residente in Italia, né appartenga ad uno Stato contraente, essendo il rinvio a dette regole destinato ad operare oltre la sfera dell'efficacia personale della Convenzione medesima (cfr. Cass., S.U., n. 2060/2003; Cass., S.U., n. 22239/2009; Cass., S.U., n. 5765/2012; Cass., S.U., n. 17866/2013; Cass., S.U., n. 26937 del 2013).
Appurato pacificamente che il Trustee Alfa non ha domicilio o residenza in Italia e che, nel caso di specie, trova applicazione la Convenzione di Bruxelles per effetto del ricordato art. 3, c.2, cit., non ricadendo la domanda di pagamento del compenso nascente dall'esecuzione di un contratto di mandato nelle esclusioni previste dall'art. 1 della stessa Convezione ("La presente convenzione si applica in materia civile e commerciale e indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale. Essa non concerne, in particolare, la materia fiscale, doganale ed amministrativa. Sono esclusi dal campo di applicazione della presente convenzione: 1) lo stato e la capacità delle persone fisiche, il regime patrimoniale fra coniugi, i testamenti e le successioni; 2) i fallimenti, concordati e altre procedure affini; 3) la sicurezza sociale; 4) l'arbitrato") assumono, dunque, rilievo i criteri di collegamento previsti dall'anzidetta Convenzione di Bruxelles e dalle sue modifiche e non i criteri di competenza per territorio stabiliti dal codice di rito italiano, i quali, ai sensi dell'art. 3, comma 2, seconda parte, sono utilizzabili per le sole materie escluse (Cass., S. U., 11/02/2003, n. 2060).
Il ricorrente ha, anzitutto, prospettato l'erroneità dell'interpretazione dell'art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles operata dal giudice di merito che avrebbe valorizzato unicamente il criterio di collegamento rappresentato dal luogo in cui l'obbligazione del pagamento del compenso doveva essere eseguita, tralasciando quella del già eseguito contratto di mandato che, se considerato dal giudice di merito, avrebbe dovuto condurre al radicamento della giurisdizione del giudice italiano.
Orbene, la decisione impugnata che, confermando la pronunzia di primo grado, ha declinato la giurisdizione del giudice italiano rispetto alla domanda di pagamento del compenso nascente dal mandato conferito all'attore da Caio è, diversamente da quanto prospettato da Tizio, immune da vizi, avendo il giudice di merito applicato correttamente la disciplina prevista dall'art. 5, n. 1) della Convenzione di Bruxelles. Va, anzitutto, ricordato che quest’ultima sancisce, all'art. 2, il principio generale secondo il quale la competenza del giudice è determinata dal luogo di residenza del convenuto aggiungendo tuttavia, all'art. 5, n. 1, che il convenuto, in materia di contratti, può essere altresì citato dinanzi al giudice del luogo nel quale l'obbligazione è stata o dev'essere adempiuta. Tale libertà di scelta è stata introdotta considerando che, in determinati casi, esiste un nesso particolarmente stretto, ai fini dell'economia processuale, fra una controversia e il giudice che può doverla dirimere - Corte giust. 6 ottobre 1976, Tessili, C-12/76. Ciò posto, viene in evidenza la portata dell'art. 5, n.1) della Convenzione di Bruxelles nel significato che ne ha dato la Corte di Giustizia, competente a pronunziarsi sulla Convenzione di Bruxelles.
La Corte di giustizia ha esplicitato il significato della nozione di «luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita» in due pronunce del 1976, - sentenze De Bloos e Tessili - chiarendo quale obbligazione debba essere presa in considerazione per determinare la competenza ai sensi di tale norma e sulla base di quali criteri di collegamento debba stabilirsi il luogo di adempimento dell'obbligazione stessa. In particolare, Corte giust., 6 ottobre 1976, C-14/76, De Bloos, ha stabilito che il termine «obbligazione» di cui alla disposizione suddetta si riferisce all'obbligazione corrispondente al diritto contrattuale su cui si fonda l'azione dell'attore che costituisce l'oggetto della causa insorta tra le parti del contratto. Con riferimento alla seconda questione, poi, la Corte di Giustizia, il 6 ottobre 1976, nella Causa 12/76, ha sancito che il luogo di adempimento dell'obbligazione contrattuale controversa si stabilisce in base alla legge che risulta applicabile al rapporto giuridico in questione in forza delle norme di diritto internazionale privato del giudice investito della causa Ed è stata sempre la Corte di giustizia a ricordare che, secondo la sua stessa giurisprudenza, il luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stato o deve essere eseguito va determinato conformemente al diritto sostanziale disciplinante l'obbligazione controversa secondo le norme di rinvio del giudice adito (Corte giust., 6 ottobre 1976, C-12/76, Industrie tessili italiana/Dunlop AG, punto 13; Corte giust., 29 giugno 1994, C-288/92, Custom Made Commercial, punto 26, e Corte giust., 28 settembre 1999, C-440/97, Groupe Concorde e a., punto 32).
In definitiva, per stabilire la competenza giurisdizionale, il giudice investito di una controversia è tenuto ad effettuare un'analisi articolata in tre fasi, dovendo: a) accertare quale obbligazione contrattuale costituisca l'oggetto della controversia tra le parti; b) determinare, sulla base delle norme di diritto internazionale privato del suo ordinamento, la legge sostanziale applicabile al rapporto giuridico tra le parti (lex causae); c) stabilire, sulla base di tale legge sostanziale, dove si trovi il luogo di adempimento dell'obbligazione contrattuale controversa.
Peraltro, appare utile evidenziare che la Corte di Giustizia, con sentenza del 15 novembre 1987, nella Causa 266/85, non ha mancato di precisare che, ai fini della determinazione del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita, si deve avere riguardo al luogo di collegamento più immediato fra la lite e il giudice competente, collegamento che, in materia contrattuale, ha indotto a prediligere il foro del luogo dell'adempimento dell'obbligazione in materia contrattuale. In definitiva, quel che rileva ai fini del radicamento della giurisdizione, è il luogo di esecuzione della obbligazione dedotta in giudizio che è quello di più agevole determinazione e, dunque, capace di offrire elementi di prevedibilità e di armonizzazione rispetto ai criteri espressi dalla Convezione stessa.
Nel caso di specie, deve, quindi, trovare applicazione, con riguardo all'obbligazione avente ad oggetto il pagamento del compenso relativo al mandato che non sia stato determinato all'atto del conferimento dell'incarico e integrante, dunque, un credito illiquido, il quarto comma dell'art. 1182 c.c., secondo cui "negli altri casi l'obbligazione deve essere adempiuta al domicilio che il debitore ha al tempo della scadenza"- cfr. Cass., n.118/2017, Cass. n. 30287/2017. Nel caso in esame, pertanto, luogo in cui l'obbligazione avrebbe dovuto essere eseguita è quello in cui il debitore aveva domicilio, come detto, collocato all'estero.
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