Diritto di superficie di un immobile concesso da un Comune ad una società sportiva e destinato ad impianto natatorio comunale
Opposizione della società ad un accertamento ICI emesso nei suoi confronti – Diritto reale o obbligatorio: conseguenze – Cass., sez. V, ordinanza n. 25355 del 25 settembre 2021, a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Legge n. 388/2000 che ha esteso la soggettività passiva dell’ICI ai concessionari di aree demaniali
Fatto. Nel 2002 una società sportiva otteneva dal Comune competente un diritto di superficie su un’area (per una durata trentennale), finalizzato alla costruzione di un impianto natatorio. L’identificazione catastale veniva eseguita a seguito di apposito frazionamento nel 2007 a cura e spese della società.
Questa proponeva opposizione avverso un avviso di accertamento ICI per l’anno 2007, deducendo la nullità della costituzione del diritto di superficie (perché avente oggetto indeterminato, nonché la natura obbligatoria e non reale del diritto e l’errata quantificazione senza detrazione dei contributi versati).
Il Tribunale adito accoglieva il ricorso, non vertendosi in tema di diritto reale, mentre la Corte d’Appello accoglieva l’appello proposto dal Comune, assumendo che la società era possessore del bene ex art. 1140 c.c.; che si trattava, quindi, di un diritto reale (sia pure mitigato da obblighi contrattuali) e che il soggetto passivo dell’imposta andava individuato nel proprietario dell’edificio realizzato su suolo altrui e non già nel concedente.
Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione la soccombente, assumendo che il giudice “a quo” aveva erroneamente qualificato il ricorrente come possessore dell’area, affermando, altresì, che il potere di fatto esercitato dalla proprietà del bene non corrisponde ad alcun diritto reale e non aveva ritenuto la nullità della clausola costitutiva del diritto di superficie per indeterminatezza dell’oggetto, con conseguente illegittimità degli avvisi di accertamento.
Decisione. La Suprema Corte, esaminati e trattati congiuntamente i motivi del ricorso, lo respingeva sulla base dei seguenti principi: “premesso che con l’art. 18 della legge n. 388/2000 si è estesa la soggettività passiva dell’imposta ai concessionari di aree demaniali (fino ad allora non soggetti ad imposta), superandosi così la precedente normativa secondo la quale il provvedimento amministrativo di concessione ad aedificandum su un’area demaniale poteva in astratto dar luogo ad un diritto reale, riconducibile alla proprietà superficiaria ovvero ad un diritto di natura personale, affermava che in ragione della modifica normativa diviene irrilevante stabilire se il diritto del concessionario dipende da una concessione ad effetti reali o obbligatori, poiché in ogni caso “la norma stabilisce definitivamente la soggettività passiva del concessionario (divenuto obbligato non solo sostanziale, ma anche formale)”, precisando, altresì, che “ il requisito della determinatezza o determinabilità dell’oggetto di un preliminare di vendita di un immobile non postula la specificazione dei dati catastali, indicazione rilevante ai fini della trascrizione, ma non ad una sicura identificazione del bene, evincibile anche da altri dati ,(quali, ad esempio l’ubicazione e la planimetria)” e che “la base imponibile è costituita dal costo di costruzione risultante dalla somma degli oneri a carico della società e dai contributi erogati dal Comune”.