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Giustizia riparativa - Centri per la giustizia riparativa - Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi - Adunanza del 20 giugno 2023 Parere n. 974/2023 - data 28/06/2023 - Ministero della giustizia.

Schema di decreto del Ministro della giustizia concernente: “Regolamento relativo alla disciplina del trattamento dei dati personali da parte dei Centri per la giustizia riparativa, ai sensi del articolo 65, comma 3, del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per l’efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”;

LA SEZIONE

Vista la nota di trasmissione della relazione prot. n. 5646 in data 8 giugno 2023 con la quale il Ministero della giustizia ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Grasso;

Premessa.

1.- Lo schema di regolamento in esame introduce, in attuazione dell'articolo 65 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 e nel rispetto del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, nonché del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, una specifica disciplina per il trattamento dei dati personali da parte dei Centri di giustizia riparativa di cui all'articolo 63 del citato decreto legislativo n. 150/2022, nell'ambito dei programmi di cui all'articolo 53 dello stesso decreto.

Il sistema della giustizia riparativa, disegnato in attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134 (recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari), è orientato alla massima tutela della riservatezza dei partecipanti al programma e dei loro dati.

In questa prospettiva, l'articolo 65 del decreto legislativo: a) individua nei Centri per la giustizia riparativa, istituiti ai sensi dell'art. 63, i titolari del trattamento dei dati personali acquisiti o conferiti nello svolgimento delle attività loro attribuite; b) consente la trattabilità dei dati appartenenti alle categorie di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016 esclusivamente nei casi in cui siano strettamente necessari all'esercizio delle competenze e al raggiungimento degli scopi di cui al decreto legislativo e per le finalità di rilevante interesse pubblico di cui all'articolo 2-sexies, comma 2, lettera q), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196; c) affida ad un decreto del Ministro della giustizia la ulteriore definizione delle tipologie dei dati che possono essere trattati, delle categorie di interessati, dei soggetti ai quali possono essere comunicati i dati personali, delle operazioni di trattamento, nonché delle misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati.

2.- Il decreto ministeriale, di natura regolamentare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, deve essere adottato, nel termine di un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, sentito il Garante per la protezione dei dati personali che, nel caso in esame, si è espresso in data 17 maggio 2023, formulando condizioni e osservazioni sostanzialmente recepite nel testo in esame.

3.- Il regolamento è, altresì, funzionale alla realizzazione dell'obiettivo generale, contenuto nell'articolo 1, comma 18, lettera a) della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, di tradurre i principi e i criteri della giustizia riparativa in una disciplina organica (quanto a nozione, principali programmi, criteri di accesso, garanzie, persone legittimate a partecipare, modalità di svolgimento dei programmi e valutazione dei suoi esiti, nell'interesse della vittima e dell'autore del reato), coerente con il sistema penale nazionale e con le indicazioni provenienti da organismi di livello internazionale, quali le raccomandazioni provenienti dal Consiglio d'Europa, i principi fondamentali dei programmi in materia penale delle Nazioni Unite e le direttive dell'Unione europea, nonché le elaborazioni concettuali della dottrina interna e internazionale.

4.- L'adozione del decreto è, da ultimo, prevista dal PNRR quale obiettivo per il secondo trimestre del 2023, nell'ambito della milestone M1C1-37.

Fondamento e contesto normativo.

1.- Il regolamento in esame si colloca nel contesto dell’incisivo ed ampio intervento riformatore operato rispetto alla giustizia riparativa dagli articoli 42 e seguenti del decreto legislativo n. 150 del 2022.

Tra i parametri cui la realizzazione di questa peculiare forma di giustizia deve conformarsi vi è, in particolare, la riservatezza sulle dichiarazioni e sulle attività svolte nel corso dei relativi programmi (articolo 43), cui si correlano doveri di riservatezza, inutilizzabilità delle dichiarazioni e tutela del segreto (articoli 50, 51 e 52).

In particolare, l’articolo 50 del decreto legislativo sancisce l’assoluta impermeabilità di quanto i mediatori e il personale dei Centri per la giustizia riparativa apprendano in relazione alle attività e agli atti compiuti, alle dichiarazioni rese dai partecipanti ed alle informazioni acquisite, per ragione o nel corso del programma stesso. Tale impermeabilità è superabile, fermi i divieti di utilizzabilità, solo in presenza del consenso dei partecipanti alla rivelazione o di assoluta sua necessità per evitare la commissione di reati ovvero quando le dichiarazioni integrino di per sé estremi di reato, potendo tradursi in fattispecie quali quelle, ad esempio, di calunnia o di minaccia aggravata.

Al fine di evitare che la divulgazione delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite possa ripercuotersi negativamente sia sul programma di giustizia riparativa che sul procedimento penale, i partecipanti sono tenuti a non rendere pubbliche le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite prima della sua conclusione e della definizione del procedimento penale con sentenza o decreto penale irrevocabili.

Dopo la conclusione del programma di giustizia riparativa e la definizione del procedimento penale con sentenza o decreto penale irrevocabili, la pubblicazione delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite è, invece, ammessa con il consenso dell’interessato e nel rispetto della disciplina sulla protezione dei dati personali. Si legittima, pertanto, una (condizionata) proiezione dei contenuti delle dichiarazioni in una fase successiva alla conclusione dell’accertamento penale, nel rispetto del principio consensualistico e sempre con modalità tali da assicurare, oltre alla riservatezza dei colloqui, l’osservanza della normativa sulla protezione dati.

Tale regime regola la pubblicazione delle dichiarazioni e delle informazioni acquisite anche nei casi in cui il programma di giustizia riparativa non proceda parallelamente al procedimento penale (per i reati procedibili a querela prima che essa sia proposta, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza e dopo l’esecuzione di queste ultime).

Particolarmente rilevante, sotto il profilo degli obblighi di riservatezza del mediatore, è l’articolo 52 del decreto legislativo, che individua i dati conoscitivi coperti da segreto; le autorità dinanzi alle quali esso può essere opposto; i casi nei quali la tutela del segreto risulta recessiva rispetto alla prevenzione di reati imminenti o gravi, ovvero rispetto all’esigenza di accertamento dei reati integrati di per sé dalle dichiarazioni raccolte dal mediatore. Vengono, inoltre, estese al mediatore – in quanto compatibili – le garanzie di cui all’articolo 200 c.p.p., con il relativo bilanciamento fra le esigenze di accertamento processuale e quella di tutela dell’esercizio di talune professioni, in quanto peraltro funzionali alla salvaguardia di determinati diritti fondamentali. Sul terreno della giustizia riparativa, tale soluzione valorizza l’esigenza di riservatezza del percorso riparativo, circoscrivendo, segnatamente, l’obbligo di esternazione del mediatore rispetto a quanto appreso.

L’articolo 55 del decreto legislativo introduce talune specifiche garanzie (anche di ordine spaziale) per lo svolgimento del percorso di giustizia riparativa, mentre l’articolo 57 disciplina la comunicazione all’autorità dell’esito dei programmi in modo che di esso possa tenersi conto – come prescritto dalla legge di delegazione – nell’ambito del procedimento penale e in fase di esecuzione della pena.

La relazione compilata dal mediatore deve contenere la descrizione essenziale dell’accordo di riparazione e del tipo di attività svolte senza riferire il contenuto del dialogo tra le parti, così da coniugare, da un lato, esigenze di confidenzialità e riservatezza delle dichiarazioni rese dai partecipanti e, dall’altro, la possibilità per il giudice di acquisire il risultato del percorso, nei termini dell’accordo consensualmente raggiunto.

Anche la mancata effettuazione del programma è comunicata all’autorità giudiziaria, pur non potendo essa utilizzare tale informazione in malam partem.

Il Capo V del decreto legislativo n. 150 del 2022 disciplina l’organizzazione amministrativa dei servizi di giustizia riparativa, definiti all’articolo 42, comma 1, lett. f), come ‘tutte le attività relative alla predisposizione, al coordinamento, alla gestione e all’erogazione di programmi di giustizia riparativa’.

Tale organizzazione sottende il coinvolgimento di diversi soggetti pubblici di natura statale e locale, in un contesto in cui al Ministero della giustizia compete il coordinamento dei servizi di giustizia riparativa a livello statale.

L’articolo 64 del decreto legislativo disciplina le forme di gestione dei servizi per la giustizia riparativa, imponendo ai Centri per la giustizia riparativa l’affidamento dei programmi solo a mediatori esperti, secondo modelli diversi: o con prestazione dei servizi mediante proprio personale, dotato della qualifica di mediatore esperto o con appalto del servizio a mediatori esperti esterni all’ente di riferimento, ovvero ancora con affidamento del servizio a enti del terzo settore, nel rispetto delle procedure previste agli articoli 55 e 56 d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore), valorizzando così il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, comma 4, della Costituzione. Per l’ipotesi dell’appalto e dell’affidamento a enti del terzo settore, si dispone il contenuto necessario del contratto o della convenzione.

2.- In tale complessivo ed articolato contesto, specificamente rilevante è l’articolo 65, che rappresenta la norma fondante dello schema di regolamento in esame, il quale legittima i Centri per la giustizia riparativa, in qualità di titolari del trattamento, a trattare i dati personali, anche appartenenti alle categorie di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento, strettamente necessari all’esercizio delle competenze e al raggiungimento degli scopi sanciti dal decreto, per le finalità di rilevante interesse pubblico di cui all’articolo 2-sexies, comma 2, lettera q) del Codice (attività sanzionatorie e di tutela in sede amministrativa e giudiziaria), comunque nel rispetto del Regolamento stesso.

La norma demanda, per l’appunto, ad un decreto, di natura regolamentare, del Ministro della giustizia, da adottarsi sentito il Garante nel termine di un anno dall’entrata in vigore del decreto legislativo, la definizione delle tipologie dei dati suscettibili di trattamento, delle categorie di interessati, dei soggetti destinatari delle informazioni, delle operazioni di trattamento, nonché delle misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti degli interessati.

3.- Sotto il profilo del fondamento normativo, vale osservare (in conformità del parere reso dal Garante per il trattamento dei dati personali, che si richiama espressamente al proprio parere n. 292 del 11° settembre 2022, reso sullo schema del decreto legislativo n. 150 del 2022) che l’individuazione del Regolamento (e non del decreto legislativo n. 51 del 2018) quale plesso normativo cui ricondurre la disciplina del trattamento dei dati funzionale allo svolgimento dei servizi di giustizia riparativa appare corretta, nella misura in cui i Centri non possono ritenersi ‘autorità competenti’ ai fini del decreto 51, anche in conformità al principio di sussidiarietà che regola i rapporti tra Regolamento e direttiva UE 2016/680. L’applicabilità di quest’ultima (e conseguentemente, a livello interno, del d.lgs. 51 del 2018) presuppone, infatti, la sussistenza del duplice elemento soggettivo (svolgimento del trattamento da parte di autorità nazionali competenti nelle materie individuate) e teleologico-funzionale (perseguimento di fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro e la prevenzione di, minacce alla sicurezza pubblica).

La natura speciale della direttiva 680 ne determina, infatti, l’insuscettibilità di applicazione analogica o interpretazione estensiva (cfr., in particolare, Considerando 11 e 34). Pertanto, in un contesto complesso quale quello della giustizia riparativa, in cui converge l’azione di più soggetti di diversa natura, la disciplina del d.lgs. 51 del 2018 non viene in considerazione.

Ai trattamenti che siano espressione di un’attività esoprocedimentale (benché di rilievo processuale) di cui siano (non meri responsabili esterni, ma) titolari altri soggetti, di natura pubblicistica quali appunto i Centri, concepiti come esercenti un’attività di pubblico interesse ma certamente estranei alla categoria delle ‘autorità competenti’ di cui al d.lgs. 51 del 2018, non può dunque che applicarsi la disciplina di diritto comune, costituita dal Regolamento e dal Codice. A tali soggetti non competono infatti, neppure lato sensu, attività di accertamento, prevenzione o repressione dei reati od esecuzione di sanzioni penali, ma l’erogazione di un servizio volto a favorire, ai sensi dell’articolo 42, comma 1, lettera e), la ‘riparazione dell’offesa, […] l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti’ (categoria, quest’ultima, non limitata esclusivamente all’autore del reato e vittima).

Tempistica

1.- L’adozione del regolamento è prevista (ai sensi della norma fondante di cui al richiamato articolo 65, comma 3 del decreto legislativo) nel termine di un anno dalla sua entrata in vigore (30 dicembre 2022: cfr. articolo 99-bis, aggiunto dall'articolo 6, comma 1, decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199). Quindi, entro il 30 dicembre 2023.

2.- Peraltro, lo schema di regolamento si inserisce, come evidenziato in sede di Analisi dell’impatto di regolamentazione (AIR), nell'ambito delle misure attuative del decreto legislativo 150/2022 (milestone M1C1) necessarie per il conseguimento degli obiettivi negoziati con la Commissione Europea nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevedono la programmatica riduzione della durata complessiva del processo penale (c.d. disposition time) del 25% entro il 30 giugno 2026.

L'adozione del regolamento è, in tale prospettiva, prevista dal PNRR quale obiettivo per il secondo trimestre del 2023, nell'ambito della ridetta milestone M1C1-37, come pur rimarcato in sede di Analisi tecnico-normativa (ATN).

3.- Importa, altresì, evidenziare che il decreto legislativo n. 150 del 2022 scolpisce una disciplina transitoria (articolo 92), in base alla quale ‘entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del […] decreto’ (vale a dire, entro il 30 giugno 2023) la Conferenza locale, previa ricognizione dei servizi di giustizia riparativa erogati da soggetti pubblici e privati esistenti convenzionati con il Ministero o operanti con protocolli di intesa con uffici giudiziari o altri enti pubblici, deve predisporre un elenco degli stessi servizi da cui attingono gli enti locali per la prima apertura dei centri.

Inoltre, il comma 2-bis, aggiunto dall’articolo art. 5-novies, comma 1, decreto legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, ha previsto che le novelle introdotte nel codice penale e nel codice di procedura penale in riferimento alla giustizia riparativa si applicano nei procedimenti penali e nella fase di esecuzione della pena decorsi sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo, vale a dire dal 1° luglio 2023, all’evidenza confidando nel rispetto dello stesso termine per l’approvazione del regolamento in esame, a dispetto della tempistica formalmente prevista dall’articolo 65.

Profili finanziari

1.- Dalla relazione tecnica che accompagna la richiesta di parere emerge, rispetto a tutti gli articoli, sia pure con sfumature diverse, l’esclusione degli effetti negativi sulla finanza pubblica, ricondotta al carattere essenzialmente procedurale delle disposizioni.

Peraltro, vale osservare che – all’sito della prima valutazione, con osservazioni, operata dal Nucleo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – si è evidenziato, in sede di analisi dell’impatto della regolazione che, nella fase di avvio, appare plausibile che i Centri per la giustizia riparativa dovranno affrontare costi di adeguamento, c.d. sostanziale, derivanti dall'adozione, ai sensi dell'articolo 2-sexies, comma 1, del decreto legislativo n. 196 del 2003, di ogni misura tecnica e organizzativa idonea per la tutela dei dati personali trattati, per assicurare la sicurezza dei medesimi per tutte le fasi del trattamento, incluse la conservazione, la trasmissione e la comunicazione ai soggetti legittimati.

Tali costi di adeguamento sostanziale (di matrice essenzialmente organizzativa) possono derivare dalle previsioni che introducono per i soggetti autorizzati precise modalità di trattamento dei dati e i limiti entro cui lo stesso trattamento deve avvenire, ponendo a carico dei medesimi obblighi di verifica dei tempi e delle modalità di conservazione dei dati stessi. Una stima sia pur approssimativa non è allo stato possibile attesa l'eterogeneità dei Centri, sotto il profilo della consistenza numerica dei soggetti afferenti agli stessi (il cui numero non è peraltro allo stato esattamente quantificabile).

Ciò detto, si può trarne la conclusione che le disposizioni regolamentari in esame non impattino direttamente sui costi, se non limitatamente, nel senso chiarito, alla fase di avvio.

Peraltro, l’articolo 67 del decreto legislativo ha istituito un fondo presso il Ministero della giustizia, mediante riduzione di quello per l’attuazione della delega per l’efficienza del processo penale, di circa 4 milioni e mezzo di euro per l’anno 2022, incrementato con la legge finanziaria per il 2023 di 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2023, da utilizzare per i trasferimenti agli enti presso i quali sono istituiti i centri di assistenza.

2.- Si segnala, in ogni caso, che nella documentazione trasmessa per la richiesta di parere non è ricompresa la bollinatura della Ragioneria Generale dello Stato, preordinata alla – necessaria – verifica delle norme contabili e finanziarie.

Esame dell’articolato

1. L'articolo 1 definisce l'’Oggetto’ del regolamento, individuandolo nel trattamento dei dati personali che i Centri per la giustizia riparativa acquisiscono nello svolgimento dei programmi di giustizia riparativa previsti dall'articolo 53 del decreto legislativo, per i fini propri dei programmi stessi. Resta, in tal modo, esclusa dall'ambito applicativo del regolamento la disciplina del trattamento dei dati successivamente all'invio alla autorità giudiziaria procedente, da parte dei Centri, della relazione e delle comunicazioni relative agli esiti del programma riparativo, previste dall'articolo 57 del decreto legislativo.

1.1.- La formulazione dello schema, complessivamente corretta ed adeguata, evidenzia qualche omissione che ne sollecita una opportuna integrazione. In dettaglio:

a) la individuazione della ‘tipologia’ dei dati suscettibili di trattamento è accompagnata, nella normativa primaria di riferimento, dalla indicazione delle relative ‘finalità’;

b) è necessario un autonomo richiamo alla figura del ‘responsabile del trattamento’;

c) la normativa da attuare non è riferita esclusivamente al trattamento di ‘dati personali’, ma – come segnatamente chiarito nel parere reso dall’Autorità Garante – contempla anche modalità e condizioni per la ‘comunicazione’ e la ‘pubblicazione’, a fini informativi, di ‘dichiarazioni’ rese e di ‘informazioni’ elaborate nel contesto delle procedure riparative, che è opportuno richiamare in sede di perimetrazione dell’oggetto del regolamento;

d) il riferimento al ‘trattamento’ dei dati va integrato con riguardo alle modalità della relativa ‘conservazione’.

1.2.- Si suggerisce, per tal via, in definitiva:

a) di espungere la virgola, dopo ‘e del Consiglio’;

b) di espungere la virgola dopo ’27 aprile 2016’, sostituendola con ‘e del’;

c) di sostituire ‘sotto i seguenti profili’ con ‘individuando’;

d) alla lettera a), di sostituire ‘che possono essere trattati’ con ‘e le finalità del trattamento’;

e) dopo la lettera b), di inserire una nuova voce: ‘i responsabili del trattamento’;

f) nella lettera c) – che diventa, con ciò, lettera d) – dopo ‘dati personali’, di inserire ‘e le condizioni per la comunicazione e per la pubblicazione di dichiarazioni e informazioni’;

g) alla lettera d) – che diventa lettera e) – dopo ‘trattamento’, di inserire ‘nonché i termini e le condizioni per la conservazione dei dati’.

2. L'articolo 2 contiene le ‘Definizioni’ dei termini utilizzati nel regolamento.

In particolare, la disposizione richiama, con riferimento alla norma primaria, le definizioni dei soggetti partecipanti ai programmi riparativi, dei servizi e dei Centri per la giustizia riparativa e degli esiti dei programmi, già contenute nell'articolo 42 e nelle altre disposizioni del decreto legislativo (tra queste, in particolare, quella del programma di giustizia di cui all'articolo 53, comma 1, del decreto legislativo).

Vengono, inoltre, fornite le definizioni: a) di ‘attività preliminari’ (lettera a), cioè delle attività svolte nel corso del programma riparativo anteriormente al primo incontro tra i partecipanti, come dettagliate nell'articolo 54 del decreto legislativo (il quale stabilisce che, in tale sede, i mediatori forniscono le informazioni dettagliate circa il diritto di accedere ai servizi di giustizia riparativa, al contenuto dei programmi, alle garanzie ed ai doveri correlati, e raccolgono il consenso scritto dei partecipanti); b) di ‘mediatore esperto´ (lettera i) e di ‘mediatore esperto formatore’ (lettera l), ulteriori soggetti partecipanti al programma; c) dei ‘dati personali’ oggetto del regolamento.

2.1.- Ciò posto, si osserva che, alla lettera b), la definizione di ‘Centro’ è operata con richiamo all’art. 42, comma 1 lettera g) del decreto legislativo: la quale è, tuttavia, essa stessa norma di definizione, che rimanda a sua volta al capo V, sezione II del decreto legislativo. Appare, perciò, opportuno, sotto un profilo di tecnica normativa ed al fine di evitare definizioni di natura circolare, operare un richiamo diretto alla norma primaria interessata (nella specie, l’articolo 93, comma 5). Si suggerisce, perciò, di sostituire l’espressione ‘di cui all’articolo 42, comma 1, lettera g), del decreto legislativo’ con ‘di cui all’articolo 93, comma 5 del decreto legislativo, cui competono le attività necessarie all'organizzazione, gestione, erogazione e svolgimento dei programmi di giustizia riparativa’.

Alla lettera d), è opportuno eliminare i due punti dopo ‘in relazione a’.

Alla lettera f), il periodo compreso tra ‘accordo’ e ‘partecipanti’ appare ridondante, in quanto già incluso nella definizione del richiamato articolo 42, comma 1 lettera e) del decreto legislativo, sicché se ne suggerisce l’espunzione.

Alla lettera h), si suggerisce di sostituire ‘come definito’ con ‘di cui’.

Alla lettera i), è preferibile espungere, in quanto inutile, l’espressione ‘esperto in programmi di giustizia riparativa’, e sostituire l’espressione ‘qualifica conseguita’ con ‘che ha conseguito la qualifica’. Può essere espunto, perché contenuto direttamente nella norma primaria richiamata, l’inciso ‘in seguito al superamento della prova finale’.

Alla lettera l), appare preferibile sostituire ‘ammesso a svolgere’ con ‘che svolge’; ed espungere, perché frutto di inutile precisazione, ‘dei mediatori esperti’.

Alla lettera n), il richiamo concorrente agli articoli 42 e 45 del decreto legislativo è ridondante, in quanto l’art. 45 contiene e richiama tutte e tre le definizioni dei partecipanti ai programmi di giustizia riparativa, ripresi dall’articolo 42. È, quindi, sufficiente sostituire l’espressione con ‘i soggetti di cui all’art. 45 del decreto legislativo’.

3. L’articolo 3 individua la ‘tipologia di dati’ che i Centri per la giustizia riparativa debbono trattare, nel rispetto del principio di minimizzazione di cui all'articolo 5, paragrafo 1, lettera c) del Regolamento (UE) 2016/679.

In dettaglio: a) al comma 1 sono indicate le categorie di dati personali oggetto di trattamento; b) al comma 2 sono evidenziate, in prospettiva sequenziale, le diverse fasi del programma riparativo, con riferimento alle attività preliminari, agli incontri tra i partecipanti, alla formalizzazione dell’esito riparativo, materiale o simbolico e alla fase esecutiva degli accordi; c) al comma 3 è precisato che i dati personali possano essere contenuti in documenti analogici o digitali ed è evidenziata la possibilità che, per le esigenze legate allo svolgimento del programma riparativo, i documenti siano costituiti da riprese audiovideo, quando la verbalizzazione non sia adeguata a dare esaustivo conto delle modalità comportamentali dei partecipanti al programma.

3.1.- Lo schema recepisce talune indicazioni della Autorità Garante per il trattamento dei dati personali, relativamente: a) alla precisazione, nel comma 1, che il trattamento dei dati personali debba svolgersi nel rispetto del principio di minimizzazione; b) alla espunzione, in alternativa alla puntuale giustificazione, dall’ambito dei ‘dati identificativi’, della ‘identità digitale’ del soggetto partecipante; c) alla precisazione che la raccolta di dati quali il nickname o l’account name sia ammessa solo se necessaria per lo svolgimento del programma; d) alla precisazione che la possibilità di video-audio-registrazione sia limitata ai casi nei quali la mera verbalizzazione non si ritenga sufficiente.

3.2.- Il comma 1 individua e definisce, in modo esaustivo, le tre categorie di dati personali oggetto di trattamento: a) i ‘dati identificativi´ dei soggetti ammessi al programma riparatorio; b) i ‘dati relativi al programma’ (relativi alla tipologia, alle modalità, alla cronologia ed agli esiti); c) i dati appartenenti alle categorie di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento (UE) 2016/679.

3.3.- Dando atto della puntuale valorizzazione del principio di minimizzazione, si segnala l’opportunità di rendere più immediatamente evidente, in base alla osservazione formulata dal Garante, che account name e nickname sono ammessi, nel novero dei dati identificativi, solo se ciò appaia strettamente necessario allo svolgimento del programma. A tal fine, dopo ‘personali’, si suggerisce di sostituire ‘e’ con ‘nonché’ e, prima di ‘ove’, di aggiungere ‘solo’.

Al comma 1, lettera c), dopo ‘categorie’, è da espungere l’aggettivo ‘particolari’ (riferibile solo all’articolo 9 del Regolamento, non all’articolo 10).

4. L'articolo 4 elenca, in modo tassativo ed esaustivo, le finalità consentite del trattamento delle tipologie di dati indicate, che fanno segnatamente capo: a) alla organizzazione e conduzione del programma riparatorio, nonché alla gestione dei relativi esiti; b) al riscontro alle richieste dell’autorità giudiziaria, del Ministero della giustizia e delle Autorità garanti interessate; c) al rilascio delle certificazioni e della documentazione relative alla partecipazione e all’esito del programma; d) alle attività statistiche, di analisi e monitoraggio dei servizi per la giustizia riparativa; e) all’attività di formazione dei mediatori; f) alla certificazione dell’attività prestata da questi ultimi; g) all’adempimento degli obblighi di legge (amministrativi, contabili e fiscali).

4.1.- In particolare, alla lettera a), il riferimento alle complessive finalità e modalità operative del servizio di giustizia riparativa ha suggerito, come emerge dalla Relazione di accompagnamento, di riportare per esteso lo scopo del programma, come definito nell'articolo 42, comma 1, lettere a) ed e) del decreto legislativo, integrandolo con il richiamo al principio di ‘assoluta riservatezza’ di cui all’articolo 43, comma 1 lettera e) del decreto legislativo.

Ne risulta, tuttavia, una formulazione linguistica per un verso alquanto ridondante (laddove riporta definizioni e finalità del programma riparatorio, già esplicitate nella norma definitoria richiamata), per altro verso relativamente incompleta (in quanto è omesso il diretto riferimento alle pertinenti disposizioni del decreto legislativo, che viene richiamato solo in relazione al principio di assoluta riservatezza).

Pare, perciò, opportuna una più chiara e sintetica riformulazione, del seguente tenore: ‘a) organizzazione, conduzione e gestione del programma di cui all’articolo 53, del decreto legislativo, e degli esiti dello stesso, di cui all’articolo 57, nel rispetto dell’articolo 43, comma 1, lettera e), del decreto legislativo da parte del mediatore esperto’.

4.2.- La lettera b) riguarda il trattamento dei dati necessario per dare riscontro alle richieste dell'autorità giudiziaria, del Ministero della giustizia e delle Autorità garanti interessate, nell'esercizio delle potestà loro attribuite previste dalle normative vigenti; si tratta, tra le altre, come chiarisce la Relazione, delle comunicazioni dirette alla autorità giudiziaria che ha proposto l'invio al programma riparativo o che ne riceve gli esiti, delle comunicazioni strumentali allo svolgimento delle attività di monitoraggio e vigilanza di cui all'articolo 66 del decreto legislativo o dei dati necessari per lo svolgimento dell'attività di vigilanza del Ministero della giustizia, delle richieste provenienti dalle Autorità quali il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale o l'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza necessarie per lo svolgimento dei compiti istituzionali.

4.2.1.- Così come formulata, la disposizione pone qualche problema di coordinamento, in relazione ai casi ed alle modalità di ‘comunicazione dei dati’ di cui al successivo articolo 7. Il carattere tassativo ed esaustivo delle finalità del trattamento dei dati, rimarcata dalle stesse relazioni di accompagnamento e comunque intrinseco alla natura della disposizione, impone di evitare ogni ambiguità sul punto.

È individuata, tra le ‘finalità del trattamento’ dei dati, la complessiva attività di ‘riscontro alle richieste’ provenienti, con generico riferimento alle ‘potestà previste dalle normative vigenti’: a) dall’autorità giudiziaria; b) dal Ministero della giustizia; c) dalle Autorità garanti interessate.

Peraltro, il successivo articolo 7 disciplina separatamente: a) le comunicazioni all’autorità giudiziaria collegate allo svolgimento del programma di giustizia riparativa (comma 1 lettera c e comma 5); b) le comunicazioni al Ministero (comma 3); c) le comunicazioni alle Autorità Garanti (comma 4).

Quanto alle prime, il generico riferimento alla richiesta da parte dell’’autorità giudiziaria’ (art. 4, comma 1, lettera b) potrebbe, anzitutto, legittimare il dubbio che possa trattarsi di qualunque autorità: essendo, per contro, chiaro – alla luce delle previsioni legislative (articoli 55, comma 4 e 57) e dalla stessa previsione attuativa dell’art. 7, comma 1 lettera c) – che si tratta solo dell’’autorità giudiziaria procedente’ rispetto al programma di giustizia riparativa in corso.

Inoltre, la potestà di ‘richiesta’ dell’autorità giudiziaria (procedente) andrebbe riferita solo all’ipotesi dell’articolo 55, comma 4 del decreto legislativo, relativa all’invio di “comunicazioni sullo stato e sui tempi del programma”: e ciò perché, al ‘termine del programma’, ogni ‘informazione’ sulla attività svolta e sull’esito riparativo raggiunto avviene non ‘su richiesta’, ma tramite la ‘relazione’ del mediatore prevista dall’articolo 57, comma 1 del decreto legislativo, nella quale possono confluire, unitamente ai dati relativi al programma riparativo, anche le ‘ulteriori informazioni’ la cui ‘trasmissione’ sia sollecitata dalla ‘richiesta’ dei soggetti partecipanti e ‘con il loro consenso’.

Per giunta, una mancanza di precisione si riscontra anche nel comma 5 dell’articolo 7, che corrisponde all’art. 50 comma 1 del decreto legislativo, a sua volta collegato all’eccezionale obbligo di denuncia, e quindi di comunicazione di dati, di dichiarazioni e informazioni da parte del mediatore (articolo 52, comma 5). In questo caso eccezionale, stante il generale obbligo di riservatezza, l’autorità giudiziaria ben potrebbe essere diversa da quella procedente (e da altra autorità cui questa abbia l’obbligo di riferire), atteso che la comunicazione di dichiarazioni e informazioni si fonda sulla valutazione di assoluta necessità per evitare la commissione di imminenti e gravi reati e sulla circostanza che le dichiarazioni integrano di per sé reato.

Una distinzione tra ‘dati’ (in senso stretto) e (mere) ‘informazioni’ non risulta chiaramente neanche dall’articolo 7, comma 1 lettera c), laddove emerge chiaramente dalla disposizione legislativa pure richiamata (articolo 57), rispetto alla quale (comma 1, primo periodo e comma 2), correttamente lo schema specifica che sono comunicati tutti i ‘dati’ contenuti nella relazione, utilizzando tuttavia genericamente il termine ‘dati’ anche per l’ipotesi del comma 1, secondo periodo, che si riferisce a semplici ‘informazioni’ e ragionevolmente anche alle ‘dichiarazioni’ (sulla base della disciplina contenuta nell’articolo 50, comma 1 e poi nel comma 5 dell’articolo 7).

4.2.2.- In definitiva, si segnala perciò l’opportunità di un più puntuale coordinamento della disciplina dei flussi informativi (attivati con le distinte modalità della ‘richiesta’, della ‘relazione’ e della ’denuncia’) intercorrenti con l’autorità giudiziaria, anche in relazione al relativo oggetto (‘dati’, ‘informazioni’, ‘dichiarazioni’).

4.3.- Sotto distinto profilo, l’articolo 4 accomuna, sempre alla lettera b), l’autorità giudiziaria al Ministero ed alle ‘Autorità garanti interessate’ (il riferimento è al Garante per il trattamento dei dati personali, al Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e al Garante per l’infanzia e l’adolescenza) quali soggetti abilitati alle ‘richieste’ di dati, nell’esercizio ‘delle loro potestà previste dalle normative vigenti’, individuando separatamente (alla lettera d), la finalità di trattamento per ‘attività statistiche, analisi e di monitoraggio’ dei servizi per la giustizia riparativa, di competenza ministeriale.

4.3.1.- Si osserva, in proposito, che il riferimento alle richieste del Ministero della giustizia, declinate con comprensivo richiamo alle ‘potestà previste dalle normative vigenti’ insieme a quelle delle Autorità garanti (articolo 4, comma 1, lettera b), sembrerebbe rimandare a generici fini istituzionali, non esplicitati nelle relazioni, diversi da quelli collegate alle attività di ‘vigilanza’ e ‘monitoraggio’ previste dagli articoli 66 e 61, comma 1 del decreto legislativo, alle quali si collega la lettera d) dello stesso articolo 4, comma 1, lettera d), per le quali ultime, peraltro, l’articolo 7, comma 3 prevede le modalità anonime della comunicazione dei dati.

Appare, perciò, opportuno precisare e chiarire i limiti dei flussi informativi operanti in direzione del Ministero della giustizia, in quanto specificamente correlati ai compiti di vigilanza e di monitoraggio.

4.3.2.- La genericità dell’articolo 4, comma 1, lettera b), lascia ipotizzare, altresì, richieste delle Autorità garanti correlate alle proprie finalità istituzionali (da riscontrare in ogni caso con modalità anonime di comunicazione dei dati), laddove l’articolo 7, comma 4 – peraltro proprio in recepimento di una osservazione del Garante per il trattamento dei dati personali – collega la comunicazione di dati unicamente alla attivazione dello stesso Garante da parte dell’interessato.

4.3.3.- Nessuna osservazione relativamente alla lettera c), che autorizza il trattamento per il rilascio all'interessato di certificazioni relative alla partecipazione e all'esito del programma, duplicati, copie o estratti della documentazione dal medesimo fornita.

La lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 andrebbe riformulata, in disparte le considerazioni che precedono, per ricomprendere l’attività di vigilanza e monitoraggio del Ministero della giustizia.

La lettera e) si riferisce all’attività di formazione dei mediatori esperti e dei mediatori esperti formatori, che i Centri svolgono congiuntamente alle istituzioni universitarie ai sensi delle disposizioni di cui all'articolo 59 del decreto legislativo. La formula linguistica suona alquanto contorta, sicché appare forse utile suggerirne una semplificazione che non introduca incertezza, espungendo dopo ‘mediatori’ le parole ‘esperti e dei mediatori esperti formatori’.

Agli stessi fini, è previsto alla lettera f), il rilascio ai soggetti di cui alla lettera e) di certificazione relativa all'attività prestata nei servizi per la giustizia riparativa, utile ad attestare l'adempimento degli obblighi formativi pratici e del tirocinio pure previsti dalla norma primaria.

La lettera g) legittima, infine, con adeguata formula comprensiva, sulla quale non si formulano osservazioni, il trattamento ai fini dell'adempimento degli obblighi normativi di natura amministrativa, contabile o fiscale, conseguenti e correlati all'attività di giustizia riparativa oggetto del decreto legislativo.

5. L'articolo 5 individua le categorie di ‘interessati’, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera i) del Codice.

In particolare, al comma 1, è richiamata l’elencazione di cui all’articolo 45, comma 1 del decreto legislativo, che individua i soggetti ‘partecipanti ai programmi di giustizia riparativa’. Si fa riferimento:

a) in primo luogo (lettere a e b), ai protagonisti principali dell’incontro riparativo, vale a dire la ‘vittima del reato’ e la ‘persona indicata come autore dell’offesa’;

b) in secondo luogo (lettera c), ai soggetti appartenenti alla ‘comunità’ (inclusiva anzitutto dei familiari della vittima e della persona indicata come autore dell’offesa);

c) in terzo luogo (lettera d), ai soggetti a vario titolo ‘interessati’ (con considerazione, per esempio, delle persone che, pur non appartenendo alla comunità di riferimento, si siano trovati nella medesima condizione della vittima).

Il comma 2 integra il catalogo degli interessati, includendovi le persone coinvolte nella fase di esecuzione e adempimento degli esiti riparativi, di cui all’articolo 56 del decreto legislativo, nonché la categoria, residuale, dei soggetti estranei al programma, i cui dati personali siano stati acquisiti, in differenti evenienze, per le finalità essenziali dello stesso.

5.1- Ciò detto, si osserva che, a fronte del richiamo all’articolo 45 del decreto legislativo, risulta senza giustificazione omesso, nell’ambito degli appartenenti alla ‘comunità’, il richiamo degli ‘enti ed associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato, rappresentanti o delegati di Stato, Regioni, enti locali o di altri enti pubblici, autorità di pubblica sicurezza, servizi sociali’). Appare in proposito sufficiente, per evitare sia ingiustificate omissioni che inutili duplicazioni di diverso livello normativo, un mero e complessivo richiamo all’articolo 45, comma 1.

Opportuno, per contro, il richiamo, al comma 2, degli (ulteriori) interessati risultanti dall’art. 56.

6. L’articolo 6 richiama, nel rispetto del Codice, le figure del ‘titolare’ e del ‘responsabile’ del trattamento dei dati, questi ultimi individuati – in conformità alla previsione dell’art. 64, comma 2 del decreto legislativo – con il riconoscimento, al Centro, della facoltà di dotarsi di ‘mediatori esperti’ tramite: a) la stipula di ‘contratti di appalto’ all’esito di apposita procedura selettiva; b) l’avvalimento di enti del terzo settore (articolo 55 decreto legislativo n. 117/2017); c) la stipula di convenzioni con organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale (articolo 56 decreto legislativo n. 117/2017).

Viene, in proposito, richiamato, in piana conformità alla normativa primaria, l’art. 140 del previgente codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 50/2016), nelle more abrogato dal decreto legislativo n. 36/2023, entrato in vigore il 1° aprile 2023 (articolo 229, comma 1), sia pure con effetto dal 1° luglio 2023 (articolo 229, comma 2).

6.1.- Sul punto, si osserva che lo schema di decreto in esame è in itinere e, quindi, non rientra tra quelli per il quali l’art. 226, comma 5 del decreto legislativo n. 36/2023, in prospettiva transitoria, prevede che il richiamo al vecchio Codice debba intendersi riferito alle corrispondenti disposizioni del nuovo o ai principi desumibili dallo stesso, perché deve trattarsi di disposizione vigenti alla data di entrata in vigore del Codice.

Occorre, perciò, per un verso adeguare il richiamo alle pertinenti disposizioni del nuovo codice (il complessivo riferimento è, qui, agli articoli 6, 127, 128 e 173 del decreto legislativo n. 36/2023) e, per altro verso – avuto riguardo alla astratta possibilità che vi possa essere continuità di attività tra i centri per giustizia riparativa ad oggi operanti tramite convenzioni – introdurre una disciplina transitoria che faccia salvo il riferimento al decreto legislativo n. 50/2016.

7. Come già osservato in relazione all’articolo 4, l’articolo 7 si occupa non solo della ‘comunicazione dei dati’, ma anche delle ipotesi, eccezionali, di comunicazione di ‘informazioni’ e ‘dichiarazioni’, nonché della ‘pubblicazione’ dei dati. Appare, perciò, opportuna una integrazione della rubrica.

7.1.- In relazione al comma 1, lettera b), si osserva che i destinatari della comunicazione sono individuati con riferimento alla duplice categoria di interessati: a) i ‘partecipanti al programma’, di cui all’articolo 5, comma 1; b) i partecipanti ‘alla fase degli esiti riparativi’, di cui all’articolo 5, comma 2: ai primi possono essere comunicati tutti i dati, ai secondi solo quelli essenziali allo svolgimento del programma. Nella formulazione della disposizione, potrebbe risultare opportuno rimarcare con più precisione la differenza di trattamento.

8. L'articolo 8 disciplina la conservazione dei dati, fissando in cinque anni il termine decorso il quale si provvederà alla definitiva cancellazione, salvo diversa pattuizione degli interessati, dei dati sensibili acquisiti nel corso delle attività di giustizia riparativa, una volta che definito il procedimento penale o conclusa la fase dell'esecuzione nella quale confluiscono gli esiti del programma.

Al comma 5, si prevede che – con esclusivo riguardo alla più ristretta categoria dei dati necessari per gli adempimenti fiscali o amministrativi – è consentita la conservazione da parte del Centro per il maggior termine di dieci anni, escludendo, altresì, la conservazione in relazione a dati personali diversi da quelli per i quali essa sia espressamente imposta da norme legislative o regolamentari, e nei limiti ivi previsti.

8.1.- Lo schema si è, per questa parte, adeguatamente conformato ai rilievi del Garante per il trattamento dei dati personali, il quale ha suggerito: a) di precisare, al comma 3, che – nel caso di riapertura delle indagini e in ogni caso di mancata conclusione del procedimento riparativo – il superamento del termine quinquennale di conservazione, in presenza di istanza documentata dell’interessato, riguardi solo dati privati di ogni elemento anche solo indirettamente idoneo a reidentificare il soggetto o, comunque, dati non personali; b) di precisare, al comma 4, che la conservazione decennale ivi prevista non deve riguardare dati personali diversi da quelli per i quali essa sia espressamente imposta (e nei limiti in. cui lo sia), da norme legislative o regolamentari.

Sotto il profilo formale, al comma 1, lettera c) è opportuno sostituire ‘nei casi di cui all’articolo’ con ‘ai sensi dell’articolo’.

Sempre nella lettera c), è opportuno, per chiarezza, inserire dopo ‘oppure’ l’espressione ‘quando il programma si è svolto’.

9. Al comma 4, sono elencati i diritti degli interessati nei confronti del Centro titolare del trattamento, previsti dal Regolamento UE, richiamati sia nominalmente sia attraverso il riferimento ai corrispondenti articoli (da 15 a 22).

9.1.- Come suggerito dal Garante, è stata espunta la portabilità dall’elenco descrittivo, ma resta nel corpo degli articoli richiamati l’art. 20, che va, perciò, eliminato.

Nel comma 4, al primo rigo, va espunto l’inciso ‘nei casi previsti’.

10. L'articolo 10 contiene la clausola di invarianza finanziaria.

Ulteriori osservazioni

1.- Oltre alla già segnalata necessità di verifica della bollinatura della Ragioneria dello Stato, si osserva che l’articolo 61, comma 1 del decreto legislativo attribuisce al Ministro della Giustizia compiti di ‘monitoraggio dei servizi erogati’, avvalendosi a tal fine della Conferenza nazionale per la giustizia riparativa, all’uopo istituita.

Non è, per contro, prevista, nel corpo della disciplina regolamentare in esame, una specifica attività di verifica e monitoraggio dell’effettivo impatto della regolamentazione, di cui appare opportuna l’introduzione.

2.- Sotto distinto profilo, si osserva che il regolamento, pur disciplinando il trattamento di dati personali, non ha previsto l’emanazione di apposite ‘specifiche tecniche’ relative alle modalità di inserimento, di conservazione e di trattamento. In proposito, si segnala l’opportunità di valutare l’introduzione di una disposizione che preveda di affidare tale adempimento, in un congruo e predefinito termine, al soggetto responsabile dei sistemi informativi ed automatizzati, previa acquisizione del parere del Garante per la protezione dei dati personali.

P.Q.M.

nei termini sopra precisati, e con le osservazioni riportate, è il parere favorevole della Sezione.