Comunione e condominio
Corte suprema di cassazione Ufficio del Massimario Rassegna della giurisprudenza di legittimità - Gli orientamenti delle Sezioni Civili 2022(di Valeria Pirari) - SOMMARIO: 1. Le parti comuni nel condominio di edifici e conseguenze processuali. La fattispecie di cui all’art 1127 c.c. sull’indennità di sopraelevazione. - 2. Il godimento della cosa comune sia nel condominio che nella comunione ordinaria. - 3. Le innovazioni nel condominio e nella comproprietà ordinaria. - 4. La responsabilità del condominio. - 5. Il regolamento di condominio. - 6. La ripartizione delle spese condominiali anche in caso di alienazione dell’immobile facente parte dello stabile condominiale e di quelle afferenti alla comunione ordinaria. - 7. L’assemblea del condominio e l’assemblea dei comunisti nella comunione ordinaria. - 8. L’amministratore del condominio e sua responsabilità. - 9. Il fondo costituito per lavori straordinari nel condominio. - 10. Lo scioglimento della comunione ordinaria: profili processuali. 1. Premessa. - 2. Le azioni a tutela della proprietà - 3. I modi di acquisto a titolo originario della proprietà. - 3.1. L’accessione invertita. - 3.2. L’usucapione. - 4. I Limiti legali al diritto di proprietà. — 5. La tutela del possesso - 6. L’enfiteusi. -7. Gli usi civici. - 8. L’usufrutto.
- Le parti comuni nel condominio di edifici e conseguenze processuali. La fattispecie di cui all’art. 1127 c.c. sull’indennità di sopraelevazione.
L'individuazione delle parti comuni, come i lastrici solari, emergente dall'art. 1117 c.c. ed operante con riguardo a cose che, per le loro caratteristiche strutturali, non siano destinate oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari, può essere superata soltanto dalle contrarie risultanze dell'atto costitutivo del condominio - ossia dal primo atto di trasferimento di un'unità immobiliare dell'originario proprietario ad altro soggetto, con conseguente frazionamento dell'edificio in più proprietà individuali -, ove questo contenga in modo chiaro e inequivoco elementi tali da escludere l'alienazione del diritto di condominio, non rilevando a tal fine quanto stabilito nel regolamento condominiale, ove non si tratti di regolamento allegato come parte integrante al primo atto d'acquisto trascritto, ovvero di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini e volto perciò a costituire, modificare o trasferire i diritti attribuiti ai singoli condomini dagli atti di acquisto o dalle convenzioni (Sez. 2, n. 21440/2022, Scarpa, Rv. 665175-01).
I contrasti afferenti al regime proprietario delle porzioni immobiliari di uno stabile condominiale comportano alcune conseguenze anche processuali.
Con specifico riguardo al lastrico solare e alla sua rivendica, Sez. 2, n. 08593/2022, Oliva, Rv. 664240-01, ha affermato, ad esempio, che sussiste il litisconsorzio necessario nei confronti di tutti i condomini quando nel giudizio promosso da alcuni di loro per l'accertamento della natura comune di un bene i convenuti, costituendosi in giudizio, abbiano chiesto in via riconvenzionale di esserne dichiarati proprietari esclusivi a titolo derivativo o, in subordine, a titolo originario, in virtù di usucapione abbreviata, dovendo la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti dei litisconsorti pretermessi essere valutata non secundum eventum litis, ma al momento in cui essa sorge, osservando come, nella specie, nessuna delle parti in causa avesse prospettato la natura condominiale del lastrico di copertura, ma ne avessero rivendicato la proprietà esclusiva, peraltro, senza darne la prova, e come, dunque, la corte di merito avesse correttamente ritenuto la proprietà comune del lastrico di copertura di un immobile in capo ai partecipanti al condominio secondo la previsione di legge.
In generale, le transazioni stipulate dai condomini che abbiano ad oggetto rapporti relativi a beni comuni richiedono, ai sensi dell'art. 1108, comma 3, c.c. il consenso di tutti i partecipanti al condominio (Sez. 6-2, n. 514/2022, Bertuzzi, Rv. 663806-01).
Del tutto peculiare, è la disciplina afferente al lastrico solare e alla colonna d’aria soprastante.
A quest’ultimo riguardo, Sez. 2, n. 12202/2022, Carrato, Rv. 664421-01,
ha stabilito che la colonna d’aria soprastante il lastrico solare non può essere oggetto di diritti e proprietà autonoma rispetto a quella del lastrico solare, ma va intesa come inclusa nel diritto del proprietario di quest'ultimo di utilizzare tale spazio mediante sopraelevazione, senza che, in caso di proprietà esclusiva, ciò esoneri il relativo titolare, salva rinuncia da parte di tutti i proprietari dei piani sottostanti, dall'obbligo di corrispondere agli altri condòmini l'indennità prevista dall'art. 1127 c.c., la quale, secondo Sez. 2, n. 12202/2022, Carrato, Rv. 664421-02, trae fondamento dall'aumento proporzionale del diritto di comproprietà sulle parti comuni conseguente all'incremento della porzione di proprietà esclusiva, venendosi a configurare sia in caso di realizzazione di nuovi piani o nuove fabbriche, sia di trasformazione, da parte del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio condominiale, di locali preesistenti mediante l'incremento delle superfici e delle volumetrie, indipendentemente dall'altezza del fabbricato, ed è dovuta, secondo Sez. 2, n. 35525/2022, Caponi, Rv. 666437-01, anche quando il titolo di provenienza, risalente al periodo antecedente all'entrata in vigore del codice civile del 1942, abbia esonerato il dante causa del condomino che esegue la sopraelevazione dal predetto obbligo alla luce del disposto di cui all'art. 564 dell'abrogato codice civile, atteso che l'esercizio della predetta facoltà, essendosi consumato nella vigenza della nuova disciplina, è ad essa soggetto in base al principio del "fatto compiuto”, senza che possa invocarsi il principio della irretroattività della legge ex art. 11 delle Preleggi.
Peraltro, sempre secondo Sez. 2, n. 35525/2022, Caponi, Rv. 666437-02,
la quantificazione, in sede giudiziale, dell’indennità di sopraelevazione non fa stato nei confronti dei condòmini che non abbiano partecipato al processo, né colui che ha eseguito la sopraelevazione può opporla ai condòmini che non abbiano partecipato al processo, atteso che il diritto di ciascun condomino alla predetta indennità è autonomo e si distingue da quello degli altri sia per causa petendi (il diritto di proprietà delle singole unità immobiliari), sia per petitum (il quantum determinato per ciascuno), mentre la partecipazione di più condomini al medesimo processo rinviene la propria disciplina nel c.d. litisconsorzio facoltativo ex art. 103 c.p.c., che lascia impregiudicate le posizioni dei condomini non partecipanti al processo, che non possono vedersi opporre l'indennità così come calcolata, pena la violazione dell'art. 2909 c.c.
La fattispecie di cui all’art. 1127 c.c. non è invece configurabile, secondo Sez. 2, n. 05023/2022, Oliva, Rv. 663920-01, nel caso di manufatto edificato sulla soletta di copertura di un garage interrato, a prescindere dal regime di proprietà dello stesso, atteso che esso costituisce norma speciale che presuppone l'esistenza di un edificio, per tale intendendosi la costruzione realizzata almeno in parte fuori terra e sviluppata in senso verticale rispetto al piano di campagna, sulla quale venga eseguita, a cura del proprietario dell'ultimo piano o del lastrico solare di copertura, una sopraelevazione, e neppure, secondo Sez. 2, n. 05023/2022, Oliva, Rv. 663920-02, nel caso di cd. supercondominio, che ricorre quando più condomini, tra loro autonomi, abbiano in comune alcuni beni o spazi a loro volta assoggettati a regime di condominialità, né nelle altre ipotesi previste dall'art. 1117 bis c.c., essendo necessaria la prova, da parte di colui che invoca l'indennizzo, che la proprietà sia collocata nella colonna d'aria interessata dall'intervento, e quindi al di sotto dell'area sopraelevata, sul presupposto che tale colonna sia di proprietà condominiale.
- Il godimento della cosa comune sia nel condominio che nella comunione ordinaria.
Nell’ambito del condominio, l'art. 1122, comma 1, c.c., vieta a ciascun condomino che, nell'unità immobiliare di sua proprietà, siano eseguite opere idonee ad arrecare danno alle parti condominiali, elidendo o riducendo, in modo apprezzabile, le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condomini o comportando pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari, circostanze queste che devono essere valutate dal giudice del merito, il quale, sulla base di apprezzamento di fatto sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., è tenuto a verificare se l'opera, realizzata su parte di proprietà individuale (nella specie la chiusura eseguita in corrispondenza dell'appartamento di una condomina), pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità, da parte degli altri condomini, delle quote comuni (nella specie il ballatoio), avendo riguardo alla loro destinazione funzionale ed alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva (Sez. 2, n. 30307/2022, Scarpa, Rv. 666159-01).
Qualora si intenda, invece, far accertare la cessazione del vincolo di destinazione di un immobile, situato in uno stabile condominiale, ad alloggio per il portiere, l’azione esercitata, qualificabile come actio negatoria servitutis in quanto tesa a negare l'esistenza di pesi sull'immobile costituente oggetto del diritto di proprietà, non riguarda l'estensione del diritto di proprietà o di comproprietà dei singoli condòmini, ma attiene all'accertamento ed osservanza dei divieti o dei limiti contrattuali di destinazione d'uso delle unità immobiliari di proprietà esclusiva nell'ambito di un condominio edilizio, con la conseguenza che l'unico legittimato passivo è il condominio in persona dell'amministratore, senza necessità di estendere il contraddittorio ai singoli condòmini, venendo in considerazione la salvaguardia dei diritti concernenti l'edificio condominiale unitariamente considerato (Sez. 6-2, n. 30302/2022, Scarpa, Rv. 665975-01).
A differenza di quanto accade nel condominio, nell’ambito della comunione ordinaria, i limiti all’uso della cosa comune sono stabiliti dall’art. 1102 c.c., in virtù del quale non è impedito al singolo comunista di installare, ad esempio, un cancello su un ballatoio comune, al fine di servirsi del bene anche per fini esclusivamente propri e di trarne ogni possibile utilità, quando sia comunque garantita agli altri comunisti l'ordinaria accessibilità ed il godimento comune della res, circostanza che deve essere provata dal partecipante che pretende di usare il bene in modo particolare (Sez. 2, n. 08177/2022, Carrato, Rv. 66423701).
Il riparto dell’onere probatorio tra colui che agisce in giudizio per ottenere l'ordine di rimozione di un manufatto realizzato sulle parti comuni e il convenuto che adduca la legittimità della modifica da lui operata è dettato, secondo Sez. 6-2, n. 05809/2022, Scarpa, Rv. 664184-01, dal fatto che il superamento dei limiti del pari uso della cosa comune, di cui all'art. 1102 c.c., che impedisce la modifica apportata alla stessa da un singolo condomino, si configura come un fatto costitutivo, inerente alle condizioni dell'azione esperita, sì da dovere essere dimostrato dal comproprietario attore ai sensi dell’art. 2697, comma 1, c.c., mentre la deduzione, da parte del convenuto, della legittimità della modifica costituisce un'eccezione in senso improprio, che, rilevabile dal giudice anche d'ufficio, non comporta alcun onere probatorio a carico del predetto.
- Le innovazioni nel condominio e nella comproprietà ordinaria.
Le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne, poi, l'aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, bensì con quello del singolo condomino, al cui perseguimento sono rivolte (Sez. 2, n. 20712/2022, Scarpa, Rv. 64555001).
- La responsabilità del condominio.
Il condominio è un ente di gestione, privo di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, sicché il condòmino, che si ritenga danneggiato da un'omessa vigilanza da parte del condominio nell'esecuzione dei lavori eseguiti nelle parti comuni dello stabile, dovrà rivolgere la propria pretesa risarcitoria nei confronti dell'amministratore, in qualità di rappresentante del condominio, il quale, a sua volta, valuterà se agire in rivalsa contro l'amministratore stesso (Sez. 2, n. 24058/2022, Trapuzzano, Rv. 665386-01).
Discorso diverso va fatto con riguardo alla responsabilità per i danni derivanti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello il cui uso non sia comune a tutti i condòmini. Infatti, la responsabilità per i danni derivanti da tali unità immobiliari è riconducibile alla fattispecie, di cui all'art. 2051 c.c., con la conseguenza che degli stessi rispondono sia il proprietario, o usuario esclusivo quale custode del bene, sia il condominio in forza degli obblighi inerenti all'adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull'assemblea dei condòmini ex art. 1135, comma 1, n. 4 c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, con la conseguenza che il rapporto di responsabilità che si instaura tra i diversi soggetti obbligati va ricostruito in termini di solidarietà, ai sensi dell'art. 2055 c.c., con esclusione del litisconsorzio necessario di tutti i presunti autori dell'illecito e che il danneggiato, perciò, ben può agire nei confronti del singolo condòmino, senza obbligo di citare in giudizio gli altri (Sez. 6-2, n. 00516/2022, Bertuzzi, Rv. 663807-01).
Anche l'abusivo allaccio di un impianto condominiale alla rete idrica integra un fatto illecito imputabile al condominio nel suo complesso e tale da rientrare tra gli obblighi dell'amministratore di custodire le cose comuni e di vigilare onde evitare che rechino danni a terzi, compiendo conseguentemente gli atti idonei ad evitare il perpetrarsi dell'illecito (Sez. 3, n. 23823/2022, Pellecchia, Rv. 665570-01).
5. Il regolamento di condominio.
Il regolamento condominiale di natura contrattuale può porre limitazioni ai poteri ed alle facoltà spettanti ai condomini sul godimento delle parti comuni, imponendo la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica ed all'aspetto generale dell'edificio. L'interpretazione di esse deve avvenire secondo le regole legali di ermeneutica contrattuale, mentre le prescrizioni aventi natura solo organizzativa, come quelle che disciplinano le modalità d'uso delle parti comuni, possono essere interpretate, giusta l'art. 1362, comma 2, c.c., anche alla luce della condotta tenuta dai comproprietari posteriormente alla relativa approvazione ed anche per facta concludentia, in virtù di comportamento univoco (in tal senso, Sez. 6-2, n. 11502/2022, Scarpa, Rv. 664438-01, che ha confermato la decisione impugnata che da un lato, a fronte di una clausola del regolamento che imponeva il divieto di intraprendere "alcuna operazione esterna che modifichi l'architettura, l'estetica o simmetria del fabbricato", aveva ritenuto che la trasformazione dell'unità immobiliare destinata a negozio di alimentari in cinque autorimesse, con aperture basculanti al posto delle vetrine preesistenti, fosse lesiva del decoro architettonico per il forte impatto visivo sull'armonia degli elementi strutturali della facciata, dall'altro aveva affermato che altra clausola del medesimo regolamento condominiale, che poneva il divieto di ingombro del cortile comune, non precludesse l'utilizzo di parte dello stesso cortile come parcheggio, stante anche il comportamento tenuto dai condomini che posteriormente alla redazione del medesimo regolamento avevano sempre ivi parcheggiato).
Le clausole contenute in un regolamento condominiale di formazione contrattuale, le quali limitino la facoltà dei proprietari delle unità singole di adibire il proprio immobile a determinate destinazioni, hanno natura contrattuale e, pertanto, ad esse, deve corrispondere una tecnica formativa di pari livello formale e sostanziale, che consiste in una relatio perfecta attuata mediante la riproduzione delle suddette clausole all'interno dell'atto di acquisto della proprietà individuale, non essendo sufficiente, per contro, il mero rinvio al regolamento stesso (Sez. 2, n. 24526/2022, Manna F., Rv. 665393-01), atteso che esse, secondo Sez. 2, n. 24526/2022, Manna F., Rv. 665393-02, costituiscono servitù reciproche a favore e contro ciascuna unità immobiliare di proprietà individuale e sono soggette, pertanto, ai fini dell'opponibilità ultra partes, alla trascrizione in base agli artt. 2643 n. 4 e 2659 n. 2 c.c..
In proposito, Sez. 2, n. 04529/2022, Oliva, Rv. 664173-01, ha chiarito che le clausole che dettino limiti ai poteri e alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà, purché enunciate in modo chiaro ed esplicito, sono vincolanti per gli acquirenti dei singoli appartamenti qualora, indipendentemente dalla trascrizione, nell'atto di acquisto si sia fatto riferimento al regolamento di condominio, che - seppure non inserito materialmente - deve ritenersi conosciuto o accetto in base al richiamo o alla menzione di esso nel contratto.
Quando il regolamento di condominio, predisposto dal costruttore od originario unico proprietario dell'edificio e richiamato nel contratto di vendita dell'unità immobiliare concluso tra il venditore professionista e il consumatore acquirente, contenga, poi, una clausola relativa al pagamento delle spese condominiali, questa, secondo Sez. 6-2, n. 20007/2022, Scarpa, Rv. 66505001, può considerarsi vessatoria, ai sensi dell'art. 33, comma 1, d.lgs. n. 206 del 2005, ove sia fatta valere dal consumatore o rilevata d'ufficio dal giudice nell'ambito di un giudizio di cui siano parti i soggetti contraenti del rapporto di consumo e sempre che determini a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, e dunque se incida sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall'alienante, o sull'obbligo di pagamento del prezzo gravante sull'acquirente, restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della compravendita del singolo appartamento l'obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano.
Il regolamento di condominio può anche contenere una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, alla stregua della quale le controversie riguardanti l'interpretazione e la qualificazione del regolamento, che possano sorgere tra l'amministratore ed i singoli condomini, debbano essere definite dagli arbitri. Detta clausola, secondo Sez. 2, n. 08698/2022, Scarpa, Rv.
664243-01, deve essere interpretata, in mancanza di volontà contraria, nel senso che rientrano nella competenza arbitrale tutte le cause in cui il regolamento può rappresentare un fatto costitutivo della pretesa o comunque aventi causae petendi connesse con l'operatività del regolamento stesso, il quale, in senso proprio, è l'atto di autorganizzazione a contenuto tipico normativo approvato dall'assemblea con la maggioranza stabilita dall'art. 1136 c.c., comma 2, c.c. e contenente le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.
Non può, invece, considerarsi clausola compromissoria quella, pure contenuta nel regolamento di condominio, che preveda, per i casi di contrasto tra condomini, l'obbligo di esperire il tentativo di amichevole composizione della lite, sicché da essa non può derivare alcuna preclusione all'esercizio dell'azione giudiziaria, giacché i presupposti processuali per la validità del procedimento sono stabiliti nel pubblico interesse e possono trovare il loro fondamento soltanto nella legge e non nell'autonomia privata (Sez. 2, n. 4711/2022, Giannaccari, Rv. 663886-01).
- La ripartizione delle spese condominiali anche in caso di alienazione dell’immobile facente parte dello stabile condominiale e di quelle afferenti alla comunione ordinaria.
La riscossione dei contributi per la manutenzione e per l’esercizio delle parti e dei servizi comuni, ad opera dell’amministratore di condominio, deve avvenire esclusivamente nei confronti di ciascun condomino e cioè dell'effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare, mentre è, invece, esclusa un'azione diretta nei confronti del coniuge o del convivente assegnatario dell'unità immobiliare adibita a casa familiare, avendo il relativo diritto natura di diritto personale di godimento "sui generis” (Sez. 6-2, n. 16613/2022, Scarpa, Rv. 665046-01).
Peraltro, l'obbligo del singolo partecipante di contribuire agli oneri condominiali derivanti dalla transazione approvata dall'assemblea con riguardo ad una lite insorta con un terzo creditore ha causa immediata non nell'efficacia soggettiva del contratto, ma nella disciplina del condominio, essendo le deliberazioni prese dall'assemblea vincolanti per tutti i condomini e dovendo questi ultimi sostenere "pro quota" le spese necessarie alle parti comuni (Sez. 2, n. 15302/2022, Scarpa, Rv. 664796-01).
Invero, le modifiche apportate alle tabelle millesimali dal costruttore venditore in forza di un mandato irrevocabile conferito dai condòmini allo scopo, genericamente enunciato, di correggere "eventuali errori” o di soddisfare l'esigenza di un "miglior uso delle cose comuni", sono inefficaci se non approvate dall'assemblea del condominio secondo le prescrizioni dell'art. 69 disp. att. c.c. (Sez. 2, n. 00791/2022, Varrone, Rv. 663564-01).
In caso di convenzione sulla ripartizione delle spese in deroga ai criteri legali, ai sensi dell'art. 1123, comma 1, c.c., invece, il relativo accordo deve essere approvato da tutti i condomini, ha efficacia obbligatoria soltanto tra le parti, non vincolando invece gli aventi causa da queste ultime, è modificabile unicamente tramite un rinnovato consenso unanime e presuppone una dichiarazione di accettazione avente valore negoziale, espressione di autonomia privata, la quale prescinde dalle formalità richieste per lo svolgimento del procedimento collegiale che regola l'assemblea e può perciò manifestarsi anche mediante successiva adesione al contratto, con l'osservanza della forma prescritta per quest'ultimo (Sez. 2, n. 21086/2022, Scarpa, Rv. 665377-01).
Tale principio è valevole solo in caso di convenzione che deroghi ai criteri legali, posto che, con particolare riferimento all’avente causa dal condomino, l'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. nel regime previgente rispetto alla l. n. 220 del 2012, delinea, a carico dello stesso, un regime di responsabilità solidale per il pagamento degli oneri condominiali dovuti dall'alienante, limitata al biennio antecedente all'acquisto, che opera solo nei rapporti esterni con il condominio, ma non anche nel rapporto interno tra acquirente e alienante, sicché, in tale rapporto, salvo che non sia diversamente convenuto dalle parti, l'acquirente risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte successivamente al momento dell'acquisto e, qualora sia chiamato a rispondere di quelle sorte in epoca anteriore, ha comunque diritto di regresso nei confronti del suo dante causa, senza che, peraltro, assuma rilevanza alcuna, al fine di escludere tale regresso, la notificazione, da parte dell'alienante, di un atto di significazione di illegittimità della pretesa del condominio (in tal senso, Sez. 2, n. 14531/2022, Falaschi, Rv. 664789-01, che ha cassato la sentenza della Corte territoriale la quale aveva qualificato il pagamento dell’acquirente, relativo a contributi antecedenti di oltre due anni rispetto alla compravendita, in termini di adempimento del terzo, respingendo la richiesta di ripetizione di indebito in ragione del fatto che il precedente condomino aveva rappresentato all'acquirente l'illegittimità della pretesa del condominio poiché scaturente da deliberazioni affette da nullità).
Infatti, chi non fosse condòmino al momento in cui sia insorto l'obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente a tali spese, non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, né per il tramite del vincolo solidale di cui all'art. 63 disp. att. c.c., né attraverso la previsione dettata in tema di comunione ordinaria di cui all'art. 1104 c.c. (Sez. 2, n. 19756/2022, Trapuzzano, Rv. 665005-01).
In materia di rimborso delle spese sostenute dal partecipante per la conservazione della cosa comune, la disciplina del condominio si differenzia da quella propria della comunione ordinaria.
Mentre in quest’ultimo caso l'art. 1110 c.c., escludendo ogni rilievo dell'urgenza o meno dei lavori, stabilisce che il comunista che, in caso di trascuranza degli altri compartecipi o dell'amministratore, abbia sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso, a condizione di aver precedentemente interpellato o, quantomeno, preventivamente avvertito gli altri partecipanti o l'amministratore, sicché solo in caso di inattività di questi ultimi egli può procedere agli esborsi e pretenderne il rimborso, pur in mancanza della prestazione del consenso da parte degli interpellati, incombendo comunque su di lui l'onere della prova sia della suddetta inerzia che della necessità dei lavori, in caso di condominio, il rimborso delle spese sostenute per la conservazione della cosa comune è condizionato al più stringente presupposto dell'urgenza, tenuto conto del fatto che i beni predetti rappresentano utilità strumentali al godimento dei beni individuali, sicché la legge regolamenta con maggior rigore la possibilità che il singolo possa interferire nella loro amministrazione (Sez. 6-2, n. 5465/2022, Scarpa, Rv. 664179-01).
- L’assemblea del condominio e l’assemblea dei comunisti nella comunione ordinaria.
Le deliberazioni assunte dall'assemblea condominiale, aventi natura di atti negoziali espressione della maggioranza e non della volontà assembleare, devono avere ad oggetto le sole materie ad essa attribuite, le quali afferiscono alla gestione dei beni e dei servizi comuni, ma non anche ai beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi, come, nella specie, i muri perimetrali di proprietà esclusiva, quand'anche attraversati da tubazioni, canali e altro necessario al servizio degli alloggi soprastanti, rispetto ai quali operano semmai, in assenza di diversa, specifica pattuizione avente forma scritta, i criteri di cui all'art. 1069 c.c., sicché la deliberazione assembleare che approvi e ripartisca una spesa priva di inerenza alla gestione condominiale è affetta da nullità (Sez. 2, n. 16953/2022, Scarpa, Rv. 665048-01).
La delibera condominiale avente ad oggetto l'assegnazione del servizio di fornitura del gasolio per il riscaldamento, è imputabile, per la connessa responsabilità contrattuale, esclusivamente al condominio e non già ai singoli fruitori del servizio, atteso che le decisioni afferenti alla gestione ed all'utilizzazione dei beni comuni, tra i quali rientrano la caldaia e l'impianto di riscaldamento centralizzato, sono demandate in via esclusiva alla assemblea dei condomini, stante il carattere vincolante delle disposizioni in materia, che, delineando un sistema di organizzazione rigida e non derogabile se non nei limiti di legge, rendono inammissibili forme organizzative alternative (Sez. 2, n. 13583/2022, Bertuzzi, Rv. 664624-01).
è possibile disporre l'eliminazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato per dar luogo ad impianti autonomi nei singoli appartamenti, ma questa può essere adottata a maggioranza, in deroga agli artt. 1120 e 1136 c.c., soltanto quando preveda che ciò avvenga nel rispetto delle previsioni normative di cui alla l. n. 10 del 1991, ossia a garanzia dell'an e del quomodo della riduzione del consumo specifico di energia, del miglioramento dell'efficienza energetica e dell'utilizzo di fonti di energia rinnovabili (in questi termini, Sez. 2, n. 24976/2022, Trapuzzano, Rv. 665567-01, che ha ritenuto nulla la delibera assembleare impugnata, in quanto si era limitata a stabilire il solo profilo soppressivo o abdicativo dell'impianto centralizzato, lasciando liberi i condomini di installare l'impianto ritenuto più opportuno, senza prevedere il deposito in comune del progetto di trasformazione dello stesso, nell'ottica di contenere il consumo energetico dell'intero edificio).
L'assemblea dei condomini, avendo il potere di autorizzare l'amministratore ad agire in giudizio per l'esercizio di diritti che, ancorché riferiti alle parti comuni dell'edificio condominiale, non rientrano nella rappresentanza giudiziale attiva attribuitagli dall'art. 1131 c.c., è legittimata a rinunciare all'azione nei confronti dell'appaltatore per vizi e difetti delle opere di manutenzione da lui eseguite, impegnando l'amministratore a dare esecuzione alla relativa delibera ai sensi dell'art. 1131, n. 1 , c.c., senza con ciò invadere la sfera dei diritti riservati ai singoli condomini, i quali possono liberamente fare valere nei confronti dell'appaltatore il diritto al risarcimento di eventuali danni ad essi derivanti dalla cattiva esecuzione dell'appalto (Sez. 6-2, n. 05645/2022, Scarpa, Rv. 66418101).
Il sindacato dell'autorità giudiziaria sulla contrarietà alla legge o al regolamento delle deliberazioni prese dall'assemblea dei condomini, ai sensi dell'art. 1137 c.c., nella specie in ordine alla ripartizione delle spese inerenti ad una locazione immobiliare stipulata nel comune interesse dal condominio in veste di conduttore ed avente ad oggetto il godimento di un immobile di proprietà di terzi, non può riguardare la convenienza economica dell'importo del canone pattuito o la legittimità dell'accollo in capo al condominio conduttore degli esborsi sostenuti per il mantenimento della cosa in buono stato locativo o per l'esecuzione di miglioramenti o addizioni alla stessa, né può concernere questioni relative alla nullità o all'inefficacia delle clausole del contratto di locazione (Sez. 2, n. 15320/2022, Scarpa, Rv. 664798-01).
In caso di impugnazione della delibera condominiale, la cessazione della materia del contendere può ravvisarsi soltanto quando il secondo deliberato modifichi le decisioni del primo in senso conforme a quanto richiesto dal condomino che impugna e non anche quando reiteri o comunque adotti una decisione nello stesso senso della precedente, presupponendo la stessa il sopravvenire di una situazione che consenta di ritenere risolta o superata lite insorta tra le parti, sì da comportare il venir meno dell'interesse a una decisione sul diritto sostanziale dedotto in giudizio (Sez. 6-2, n. 05997/2022, Bertuzzi, Rv. 664186-01).
I principi elaborati in materia di assemblea condominiale non rilevano nella comunione ”pro indiviso” di beni immobili, sia in ragione della diversità delle regole afferenti alla convocazione e allo svolgimento dell'assemblea, sia della facoltà, concessa ai comunisti, di risolvere ogni questione attraverso l'esercizio del diritto potestativo di richiesta di divisione del bene, sicché le deliberazioni adottate dall'assemblea dei comunisti non possono essere impugnate per il vizio di eccesso di potere assembleare o per conflitto di interesse, ma esclusivamente per le ragioni indicate dall'art. 1109 c.c. (Sez. 2, n. 02299/2022, Gorjan, Rv. 663642-01).
- L’amministratore del condominio e sua responsabilità.
Al fine della costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale, ai sensi dell'art. 1129 c.c., il requisito formale della nomina sussiste in presenza di un documento, approvato dall'assemblea, che rechi, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l'elemento essenziale della analitica specificazione dell'importo dovuto a titolo di compenso, specificazione che non può invece ritenersi implicita nella delibera assembleare di approvazione del rendiconto (Sez. 6-2, n. 12927/2022, Scarpa, Rv. 664643-01).
L'amministratore non è responsabile dell'esecuzione di un contratto afferente a lavori straordinari sul bene comune, quando risulti in modo univoco la volontà dell'assemblea dei condòmini, ancorché tacitamente espressa, di rendere efficace detto negozio, atteso che la ratifica consiste in una manifestazione di volontà del "dominus" diretta ad approvare l'operato del suo rappresentante o del mandatario, per la quale non sono richieste formule sacramentali, occorrendo che la volontà di fare propri gli effetti del negozio già concluso sia manifestata in modo chiaro ed inequivoco, non necessariamente per iscritto, ma anche con atti o fatti che implichino necessariamente la volontà di far proprio il contratto e i suoi effetti (in applicazione di tale principio, Sez. 2, n. 35278/2022, Falaschi, Rv. 666321-01, ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità per inadempimento dell'amministratore di un condominio, il quale aveva dato esecuzione ai lavori di rifacimento del tetto senza che venissero rimosse e conferite in discarica, secondo la normativa di riferimento, le lastre in eternit di cui era composto, ritenendo che l'assemblea dei condòmini fosse consapevole che dette lavorazioni non avrebbero potuto essere eseguite in ragione dell'insufficienza del budget economico stabilito per esse).
- Il fondo costituito per lavori straordinari nel condominio.
L'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., imponendo l'allestimento anticipato del fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori, configura una ulteriore condizione di validità della delibera di approvazione delle opere di manutenzione straordinaria dell'edificio, sicché è dal testo di tale deliberazione assembleare che deve necessariamente emergere il prezzo dei lavori, al cui importo occorre che equivalga quello del fondo speciale nella prima ipotesi di cui all'art. 1135, comma 1, n. 4, c.c., non potendo, viceversa, trarsi implicitamente dall'importo del fondo in concreto costituito quale sia l'ammontare delle spese necessarie (Sez. 6-2, n. 16953/2022, Scarpa, Rv. 665048-02).
Peraltro, la costituzione di un fondo cassa da parte dell'assemblea condominiale, ancorché non venga disposto in merito all'impiego dei residui attivi di gestione nell'esercizio di riferimento, non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale, essendo sufficiente che questi possano, anche solo implicitamente, desumersi dal rendiconto, ai fini della loro rilevabilità nei conti individuali dei singoli condòmini e della conseguente riduzione, per compensazione, delle quote di anticipazione dovute dagli stessi condòmini per l'anno successivo (Sez. 2, n. 25900/2022, Fortunato, Rv. 665592-01).
10. Lo scioglimento della comunione ordinaria: profili processuali.
L'atto introduttivo del giudizio di scioglimento della comunione non interrompe il decorso del tempo utile all'usucapione, trattandosi di atto dispositivo del proprietario non diretto al recupero del possesso (Sez. 2, n. 18544/2022, Rolfi, Rv. 664991-01).
In tale giudizio, quando la comune appartenenza dei beni sia incontroversa tra i condividenti, il giudice di appello, dinanzi al quale sia stata impugnata la sentenza che abbia erroneamente dichiarato inammissibile la domanda di divisione, non può rigettare il gravame sul rilievo della mancata estrazione, da parte dell'appellante, della copia della relazione notarile relativa agli immobili da dividere, già acquisita dinanzi al primo giudice, ma non rinvenibile nel fascicolo di parte; invero, la documentazione mancante non integra la prova di un fatto favorevole ad una parte e sfavorevole all'altra, ma ridonda a vantaggio di tutti i condividenti, ai quali la domanda di divisione è comune, sicché il giudice di appello, qualora ritenga di non poterne prescindere, può ordinarne alle parti la produzione anche nel corso delle operazioni divisionali, avuto riguardo all'esigenza di reiterare il riscontro documentale, già dato in primo grado, di una comune appartenenza pacifica e incontroversa (Sez. 2, n. 01065/2022, Tedesco, Rv. 663570-02).
Peraltro, l'esecuzione di un sequestro preventivo penale, avente ad oggetto un bene dell'imputato in comproprietà con terzi estranei al reato, non costituisce ragione di sospensione necessaria del processo civile di scioglimento della comunione, ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., nelle more del giudicato penale, atteso che le esigenze del sequestro e della eventuale confisca trovano tutela nella disciplina della trascrizione del provvedimento ablatorio e degli effetti della sentenza di divisione regolati dall'art. 1113 c.c. (Sez. 6-2, n. 30320/2022, Scarpa, Rv. 666160-01).