compromesso e clausola compromissoria - interpretazione - Cass. n. 22303/2013
arbitrato - Controversie connesse al contratto sociale - Recesso del socio - Inclusione. Cassazione Civile Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22303 del 27/09/2013
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Cassazione Civile Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22303 del 27/09/2013
La clausola compromissoria, contenuta nello statuto di una società per azioni, che preveda la devoluzione ad arbitri delle controversie connesse al contratto sociale, deve ritenersi estesa alla controversia riguardante il recesso del socio dalla società.
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Cassazione Civile Sez. 6 - 1, Ordinanza n. 22303 del 27/09/2013
RITENUTO IN FATTO
Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Ravenna, Sezione distaccata di Faenza, ha dichiarato la propria incompetenza - per essere la controversia devoluta alla cognizione del "Giudice Arbitro" - in merito al giudizio promosso in data 7 dicembre 2010 da Franco e Carlo Be....., con ricorso ai sensi degli artt. 702 e segg. c.p.c., avente ad oggetto l'accertamento dei crediti vantati dai predetti in relazione alla valorizzazione delle azioni corrispondenti alle quote della società CEDIR Ceramiche di Romagna S.p.a.. I ricorrenti, nel proporre in giudizio, avevano esposto che con lodo sottoscritto il 23 settembre 2009, munito di formula esecutiva il 22 febbraio 2010, l'Arbitro Unico, Avv. Luigi Capucci, aveva dichiarato validamente proposto il loro recesso dalla società, la cui durata era indeterminata. Non avendo la Cedir provveduto ad alcuno degli adempimenti prescritti dall'art. 2437 quater c.c., i ricorrenti avevano chiesto la liquidazione delle loro azioni in via giudiziaria - ritenendo a tal fine idoneo il ricorso al procedimento sommario di cognizione.
Il giudice unico del Tribunale di Ravenna, Sezione distaccata di Faenza, nell'ordinanza impugnata, "ritenuto che il lodo arbitrale della cui esecutività in questa sede si dibatte abbia natura meramente dichiarativi, ha affermato che "non può ritenersi legittimo il ricorso proposto all'Autorità giudiziaria ordinaria per attribuire al lodo arbitrale quella esecutività di cui certo essa difetta. Si intende dire che la sede per proporre le domande in questa sede azionate era quella del giudizio arbitrale". I Signori Franco e Carlo Beltrani hanno proposto ricorso per regolamento di competenza, affidato ad unico e complesso motivo, illustrato da memoria, cui resiste la Cedir.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente deve darsi atto che il Collegio, opportunamente riconvocatosi, ha constatato la validità della clausola compromissoria, per essersi la società adeguata alla prescrizione del D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, che prevede che la nomina degli arbitri debba necessariamente essere effettuata da un soggetto estraneo alla società, in conformità con l'orientamento formatosi nella giurisprudenza di questa corte in materia di responsabilità professionale dei notai (Cass., 10 ottobre 2012, n. 17287; Cass. 9 dicembre 2010, n. 24867, 20 luglio 2011, n. 15892, 13 ottobre 2011, n. 21202).
Tanto premesso, deve rilevarsi che il Procuratore Generale presso questa Corte ha osservato che "un contenzioso, quale quello in esame, in materia di recesso dei soci non può che riguardare un momento di esecuzione del contratto sociale e pertanto è devoluto alla cognizione del giudice arbitrale (art. 41 Statuto): ne' appare degno di considerazione il rilevo dei ricorrenti secondo cui, avendo essi perso la qualità di soci, non sarebbe più applicabile nei loro confronti la clausola arbitrale; infatti, a parte ogni considerazione sulla connessione dell'attuale controversia con quella risolta dal giudice arbitrale e sull'effettivo momento di cessazione della qualità di socio in generale, basti, a inficiare l'argomentazione dei ricorrenti, il richiamo alla pendenza dell'impugnazione avverso il lodo 23.9.2009, cosa che rende assolutamente certo che nella specie sarebbe comunque esclusa la definitiva cessazione della qualità di socio".
Tali conclusioni appaiono maggiormente condivisibili in virtù della tesi, sostenuta dalla dottrina dominante, secondo cui la qualità di socio, nel quadro normativo applicabile "ratione temporis" non si perde con la mera dichiarazione di recesso, ma persiste fino alla liquidazione della quota, in quanto non può non considerarsi socio colui al quale risulta riferibile una parte del capitale sociale in relazione alla quale e titolare di diritti sociali.
Codesta persistenza della qualità di socio, assorbente rispetto alla circostanza, dedotta con successiva memoria dei ricorrenti, circa l'apposizione della formula esecutiva al lodo che aveva affermato la validità del recesso, va per altro associata, per il fine che qui interessa, all'ampiezza della formula contenuta nel D.Lgs. n. 5 del 2003, art. 34, comma 1, cui fa riscontro il vasto spettro di controversie previsto dal citato art. 41 dello Statuto: in proposito appare ravvisabile, come affermato da autorevole dottrina, l'affermazione di un vero e proprio favor per l'arbitrato. Al rigetto del ricorso, che comporta la conferma della devoluzione della controversia alla cognizione arbitrale, consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso per regolamento di competenza. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile - 1, della Corte suprema di Cassazione, il 5 giugno 2013. Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2013
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Cod. Civ. art. 2437
Cod. Proc. Civ. art. 806
Cod. Proc. Civ. art. 808
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