Condominio – rappresentanza processuale –- Notifica ad amministratore nella qualità
Condominio – rappresentanza processuale –- Notifica ad amministratore nella qualità- validità – sussistenza - corte di cassazione, sez. 6/2, ordinanza n. 3676 del 7 febbraio 2019 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento
FATTO. Un soggetto appaltatore di lavori condominiali si era visto respingere, in entrambi i gradi del giudizio di merito, la domanda di pagamento del saldo del compenso concernente un contratto di appalto per l’esecuzione di opere sulle parti comuni dell’edificio. In entrambi le fasi del giudizio era stata accolta l’eccezione del condominio/debitore, il quale aveva rilevato che l’atto introduttivo del giudizio era stato notificato a Tizio nella qualità di amministratore, mentre doveva essere notificato al condominio in persona del suo amministratore. Avverso la decisione di appello ricorreva per Cassazione l’appaltatore ed il ricorso veniva accolto, con rinvio.
DECISIONE. Con il ricorso veniva rimproverato alla Corte di appello di non avere considerato che la rappresentanza del condominio spetta all’amministratore pro-tempore, sicché la domanda contro il condominio deve essere a lui diretta.
I giudici di legittimità hanno accolto in pieno tale motivazione, rilevando che la stessa Corte di appello aveva dato per assodato che il contratto in essere tra le parti era stato sottoscritto dal condominio, riconosciuto titolare della posizione soggettiva passiva, e l’impresa edile. Malgrado tale evidenza, tuttavia, il giudice dell’appello aveva errato là dove aveva ritenuto che la citazione formulata nei confronti della persona fisica dell’amministratore, pur indicato “nella qualità”, non potesse intendersi diretta verso l’effettivo contraente del contratto stesso. Con ciò non considerando che è la legge stessa (art. 1131 c.c.) ad attribuire all’amministratore pro-tempore la rappresentanza dei partecipanti, la capacità di agire in giudizio e la legittimazione passiva nelle liti riguardanti il condominio. La decisione della Corte di appello era pertanto affetta da un “palese errore di diritto consistente nell’avere differenziato, attraverso un esasperato formalismo, due formule di citazione in giudizio in realtà perfettamente identiche perché inequivocabilmente riferite al medesimo soggetto”.