Condominio – Terrazzo di proprietà esclusiva - opere su proprietà esclusiva –- corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 31412 del 02 dicembre 2019 - commento
Terrazzo di proprietà esclusiva – ampliamento – rispetto delle distanze legali - corte di cassazione, sez. 2, ordinanza n. 31412 del 02 dicembre 2019 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento
FATTO. Un condomino agiva in giudizio avverso il proprietario del sovrastante appartamento lamentando che, in sede di ampliamento del terrazzo di proprietà esclusiva, era stato eliminato un cassonetto nel quale erano alloggiate alcune canne fumarie dell’edificio; la nuova costruzione, che aveva determinato un’arbitraria estensione del diritto di veduta, non era stata autorizzata dall’assemblea ed aveva modificato lo scarico dei fumi proveniente dalle canne fumarie.
La sentenza di primo grado, con la quale la domanda era stata rigettata in toto, veniva impugnata ed il giudice dell’appello accoglieva il gravame, affermando che la nuova costruzione aveva alterato il decoro architettonico dell’edificio, aveva leso il diritto dell’appellante per violazione degli artt. 840 e 905 cod. civ. in materia di distanze legali. Il giudice di secondo grado, quindi, riconosciuto il diritto dell’appellante ad ottenere l’eliminazione dei fumi che si propagavano sul proprio terrazzo, condannava l’autore degli abusi a demolire la terrazza ed a ripristinare il vano nel quale erano alloggiate le canne fumarie.
Avverso tale decisione veniva promosso ricorso per cassazione sulla base di più motivi dei quali assume particolare rilevanza l’assunta violazione dell’art. 905 cod. civ. in materia di distanze legali, dal momento che la sentenza veniva censurata senza avere valutato se la costruzione fosse conforme ai limiti di cui all’art. 1102 cod. civ..
La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e rinviava ad altra sezione della Corte di merito.
DECISIONE. Sulla violazione della distanza per l’apertura diretta di vedute e balconi i giudici di legittimità evidenziavano che la sentenza si era limitata a richiamare, da un lato, l’art. 905, comma 2, cod. civ. e, dall’altro, l’art. 873 cod. civ. (distanze nelle costruzioni) che, tuttavia, sono applicabili al condominio solo se compatibili con la disciplina degli artt. 1117 e ss. cod. civ. (per tutte v. Cass., ord., 28 febbraio 2017, n. 5196) con riferimento all’art. 1102 cod. civ. (uso della cosa comune). Quest’ultima disposizione, infatti, è destinata specificamente a regolare i rapporti condominiali e prevale sulle disposizioni di cui agli artt. 905 e ss., cod. civ..
Da tale comparazione consegue che, se il proprietario di un immobile sito in un edificio condominiale esegue interventi sulla porzione di proprietà esclusiva utilizzando beni comuni, è sempre necessario stabilire se tale uso abbia rispettato i limiti consentiti nell’art. 1102 cit.. In caso positivo l’opera deve ritenersi legittima anche senza il rispetto delle norme in materia di distanze tra fondi contigui. Per questo profilo, pertanto, la Suprema Corte ha cassato la sentenza di secondo grado rinviando la causa ad altra sezione della Corte di merito per l’accertamento di tale condizione.
Per completezza va detto che il rinvio si estendeva anche agli altri motivi accolti ma qui non esaminati.