Appello -transazione in corso di causa – in generale – corte di cassazione, sez. 6, ordinanza n. 8034 del 22 aprile 2020 - commento
Cessazione della materia del contendere – mancata dichiarazione da parte del giudicante– corte di cassazione, sez. 6, ordinanza n. 8034 del 22 aprile 2020 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento
FATTO.. Un condomino, ottenuta nei confronti del Condominio sentenza di intervenuta usucapione della servitù di passaggio (carraio e pedonale) su una zona di distacco di proprietà del Condominio medesimo, procedeva alla messa in esecuzione del provvedimento, intimando al convenuto di adempiere alle prescrizioni ivi stabilite.
Il Condominio proponeva opposizione affermando di avere già adempiuto al proprio obbligo mentre il ricorrente, a causa della esiguità del passaggio, lamentava di avere difficoltà nel percorrere il tratto di strada interessato dalla servitù.
Il giudice dell’esecuzione accoglieva l’opposizione del Condominio ed il soccombente appellava la decisione. In sede di gravame veniva rinnovata la CTU e le parti trovavano un accordo stragiudiziale sulla base delle soluzioni prospettate dall’ausiliario. Malgrado questo il Collegio decideva l’impugnazione nel merito, rigettando l’appello e condannando il condomino al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio.
Avverso tale decisione il condomino proponeva ricorso per Cassazione.
DECISIONE. La censura mossa alla sentenza di seconda istanza concerneva il fatto che il giudicante, anziché dichiarare la cessazione della materia del contendere per effetto dell’intervenuto accordo tra le parti, si era ugualmente pronunciato sul merito della domanda. Violando, quindi, l’art. 1965 cod. civ. poiché in presenza di una transazione nessun ulteriore margine di decisione spettava al giudicante. Sussisteva ancora – ad avviso del ricorrente – un insanabile contrasto tra motivazione e dispositivo della sentenza, visto che nella prima la sopravvenuta cessazione della materia del contendere era stata accertata.
La Corte di Cassazione nell’accogliere il ricorso ha posto in evidenza l’effettivo contrasto tra motivazione e dispositivo ed ha censurato, in particolare, la decisione di secondo grado nel punto in cui si affermava che, non avendo il Condominio rinunciato alle proprie conclusioni malgrado l’intervenuta transazione, la stessa Corte di appello doveva ugualmente procedere all’esame nel merito dell’appello proposto per valutare la soccombenza virtuale tra le parti ai fini della ripartizione delle spese di causa.
Su questo preciso punto i giudici di legittimità hanno ritenuto che «l’intervenuta transazione dell’oggetto della lite determina l’obiettivo venir meno dell’interesse delle parti alla pronuncia giurisdizionale. Carenza, quest’ultima, che il giudice deve rilevare anche d’ufficio, a prescindere dall’atteggiamento delle parti (nel caso di specie dalle conclusioni nel merito rassegnate dal condominio». Quindi, una volta accertata la carenza di interesse al giudicante, al massimo, era concesso di provvedere in ordine alle spese (ove queste non fossero state parte dell’accordo transattivo) ma certamente non di decidere nel merito rigettando il gravame. Il ricorso veniva, pertanto accolto con rinvio ad altra sezione della Corte di appello, cui veniva demandato di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.