art.26.Rapporti con i praticanti
art.26.Rapporti con i praticanti
Codice deontologico forense
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art.26.Rapporti con i praticanti
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività ed a favorire la proficuità della pratica forense al fine di consentire un’adeguata formazione. I. L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto.
II. L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere a motivi di favore o di amicizia.
III. È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai praticanti di svolgere attività difensiva non consentita.
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Sentenze - Decisioni:
la frequenza delle udienze in compagnia del dominus non può essere limitata o negata al praticante -diritto di famiglia
L’ordine remittente (Fermo) segnala che taluni magistrati manifestano l’intenzione di escludere i praticanti avvocati dalla presenza, congiunta a quella del proprio dominus, ad udienze in materia di diritto di famiglia, e ciò sulla scorta della delibera del C.S.M. 18 aprile 2007, pratica n. 32/RI/2007.
La Commissione, dopo ampia discussione, adotta il seguente parere: “La delibera del CSM indicata nella richiesta di parere si riferisce a fattispecie diverse rispetto alla pratica forense, e le argomentazioni in essa contenute non possono essere estese alla frequenza delle normali udienze da parte di un praticante avvocato accompagnato dal proprio dominus.
Infatti i praticanti avvocati, a norma dell’art. 8 della legge professionale forense (R.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578), una volta iscritti nell’apposito registro sono soggetti al controllo disciplinare da parte del Consiglio dell’Ordine, e devono compiere la pratica anche assistendo alle udienze civili e penali (art. 17).
Nello svolgimento della pratica forense, il praticante ha tutti gli obblighi tipici dell’avvocato, compreso quello di riservatezza, e del resto l’intera pratica si svolge sotto il diretto controllo del professionista dominus (art. 1 d.P.R. 10 aprile 1990 n. 101).
L’obbligo di segretezza e riservatezza in capo al praticante è stato confermato anche dalla Corte Costituzionale (8 aprile 1997, n. 87), che lo ha qualificato come dovere diretto e non mediato (indipendente, cioè, dalla concorrente ed eventuale responsabilità dell’avvocato dominus), ed è confermato dall’art. 9 del codice deontologico.
Pertanto, ferme restando le diverse regole applicabili ai corsi di formazione, anche parzialmente equiparati alla pratica (a norma dell’art. 18 della legge professionale forense), la frequenza delle udienze in compagnia del dominus non può essere limitata o negata al praticante per qualsiasi ragione incluse quelle di riservatezza, poiché la disciplina sopra sinteticamente riportata comporta che egli possa presenziare a tutte le udienze nelle quali è impegnato il dominus, tale presenza comportando l’assunzione di identici obblighi di segretezza.” Consiglio Nazionale Forense (rel. Florio), parere del 12 dicembre 2007, n. 58 Pubblicato in Prassi: pareri CNF
deve ritenersi sussistente la responsabilità disciplinare ex art. 26 c.d.f. del professionista forense che, "dominus" o non, incarichi il praticante avvocato pur abilitato al patrocinio per farsi rappresentare in una causa civile dal valore indeterminato. (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di bergamo, 3 ottobre 2006). (consiglio nazionale forense, decisione del 27-10-2008, n. 133 pres. alpa - rel. vermiglio - p.m. ciampoli (conf.)