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litisconsorzio - necessario (sentenza integrale)

Azione di un condomino contro un altro a tutela del diritto d'uso della cosa comune - Eccezione di proprietà esclusiva sollevata dal convenuto senza proposizione di domanda riconvenzionale - Litisconsorzio di tutti i condomini - Necessità - Esclusione. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 4624 del 22/02/2013 (sentenza integrale)

 Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 4624 del 22/02/2013

sentenza integrale 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto notificato il 12.5.99 Donato St.., condomino di un fabbricato in Caserta, citò al giudizio del Tribunale di S. Maria Capua Vetere Enzo Lu.. e Be..Ge.., nell'edificio, al fine di sentirsi riconoscere il diritto di usare l'ascensore, oggetto di uso esclusivo da parte di tali condomini, previa determinazione della propria quota di spesa. Costituitisi i convenuti, chiesero il rigetto della domanda, deducendo di essere proprietari esclusivi dell'impianto, in quanto installato a proprie spese, in virtù di clausola contenuta nell'atto di acquisto del 22.1.1959 dall'originario proprietario costruttore dell'edificio, dalla loro dante causa Teresa Fi.., da sempre usato soltanto dalla medesima e, successivamente, dai deducenti.
All'esito di istruttoria documentale e orale, con sentenza n. 183/03 l'adito tribunale accolse la domandarne a seguito del decesso dell'attore era stata fatta propria dai riassumenti eredi, in epigrafe indicati, ponendo a carico degli istanti un contributo proporzionale al valore della relativa unità immobiliare in proprietà esclusiva, oltre alla rivalutazione ed agli interessi. Ma tale decisione, a seguito ed in accoglimento dell'appello dei soccombenti, fu riformata nel rigetto della domanda dalla Corte di Napoli, con sentenza del 14.10-29.11.05, sulla base del seguente percorso logico - giuridico:
a) era incontroverso che la dante causa degli appellanti convenuti avesse acquistato dal costruttore, originario unico proprietario dell'edificio, oltre alla propria unità immobiliare, anche la facoltà di installare l'ascensore;
b) tale acquisto aveva dato luogo al riconoscimento di uso intensivo su un bene comune, costituito dalla "tromba scale;
c) tale dovendo ritenersi il suddetto spazio, quale accessorio delle scale e necessario all'uso collettivo (non essendo stata superata la presunzione di cui all'art. 1117 c.c., nn. 1 e 3, in assenza di un atto di trasferimento del bene), avrebbe dovuto trovare applicazione l'art. 1102 c.c., in tema di uso della cosa comune, e non gli artt. 1120 e 1121 c.c., riguardanti le innovazioni, al la stregua dei quali era stata decisa la controversia dal primo giudice;
d) conseguentemente il suddetto uso intensivo, tale da sottrarre una parte del bene comune (lo spazio della tromba scale adibito ad alloggiamento dell'ascensore) a quello spettante agli altri contitolari, fruizione impedita dall'occupazione a mezzo di un bene di proprietà esclusiva (l'impianto di ascensore), in quanto protrattosi per oltre un ventennio, risultando l'impianto risalente al 1960 ed il relativo possesso esclusivo animo domini derivante non solo dalla vendita da parte del costruttore, ma anche dagli atti materiali di esecuzione e di installazione degli impianti, oltre che "convalidato" da un'autorizzazione dell'assemblea del condominio, aveva comportato l'acquisto per usucapione da parte dei convenuti della relativa proprietà. Contro tale sentenza gli eredi St.. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, cui hanno resistito gli intimati con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta che il giudice di appello, in violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione, oltre che in illogica e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, nel riconoscere l'usucapione del vano ascensore ai convenuti, pur in assenza di alcuna domanda o eccezione dei medesimi, che si erano dichiarati, come del resto riferito dalla stessa corte di merito in narrativa, proprietari esclusivi non della tromba di scale, ma soltanto dell'ascensore. Con il secondo motivo si deduce "nullità del procedimento e della sentenza del gravame ex art. 360 c.p.c., n. 4 - Violazione e falsa applicazione dell'art. 102 c.p.c., n. 2, perché l'eccezione di usucapione, quand'anche proposta, non avrebbe potuto essere accolta, in difetto di integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condomini, non partecipanti al giudizio.
Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 832 c.c. e della L. 9 gennaio 1989, n. 13, nonché dell'art. 936 c.c..
Sotto un primo profilo, non si sarebbe tenuto conto, nel riconoscere l'esclusività della proprietà dell'ascensore e del relativo vano, dei limiti al diritto dominicale posti dalla citata legge di tutela dei disabili nonché della funzione sociale, riconosciuta dall'art. 42 Cost., comma 2 della proprietà, in considerazione dei quali la fruibilità di tali beni, funzionali all'agevole accesso all'immobile, avrebbe dovuto essere consentita a tutti gli utenti, effettivi o anche potenziali, dello stesso.
Sotto un secondo, si sostiene che l'affermazione della corte di merito, secondo cui i condomini, in alternativa alla richiesta di messa in comunione dell'impianto esclusivo, avrebbero potuto chiederne la rimozione per installarne uno condominiale, contrasterebbe con il principio desumibile dall'art. 936 c.c. ed affermato dalla giurisprudenza, secondo cui la rimozione dell'opera costruita sul suolo proprio può essere chiesta solo se la stessa sia riferibile ad un terzo estraneo, condizione nella specie non ricorrente, considerato che il suolo apparteneva anche alla Fi.. e, poi, ai suoi aventi causa.
Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1158 e ss. c.c., sia perché la "tromba di scale", in quanto parte integrante delle "scale", bene comune, funzionalmente destinato a dare accesso ed aerazione agli immobili dei condomini, come tale soggetto a passaggio necessitato e quotidiano degli stessi, non avrebbe potuto essere oggetto di possesso esclusivo, sia perché l'accertata circostanza che l'uso della stessa per alloggiarvi l'ascensore era stato consentito su autorizzazione dell'assemblea condominiale, rendendo così "ambigua" l'esclusività di tale fruizione, in realtà dovuta a tolleranza.
Con il quinto motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 113 c.p.c. e art. 1102 c.c., avendo la corte di merito, di scostandosi dai correnti principi giurisprudenziali di legittimità, avallato un uso esclusivo comportante l'alterazione della destinazione della tromba delle scale all'uso comune, così legittimando i convenuti ad impedire ai condomini attori di fruirne parimente secondo il loro diritto.
Con il sesto motivo si deduce violazione degli artt. 1120 e 1121 c.c., per non aver considerato la corte di merito che l'installazione dell'impianto di ascensore aveva realizzato una innovazione compiuta da un condomino, ai cui vantaggi gli altri ben avrebbero potuto partecipare, sostenendo le quote di spesa rispettivamente spettanti. Tanto premesso, va anzitutto esaminato il secondo mezzo d'impugnazione, per l'evidente priorità logico - giuridica rispetto ai rimanenti.
Il motivo è infondato, poiché la situazione di litisconsorzio necessario dei rimanenti condomini, non partecipanti alla lite, si sarebbe verificata nell'ipotesi in cui i convenuti avessero proposto, ex artt. 34 e 36 c.p.c., una domanda riconvenzionale, diretta a conseguire una dichiarazione di proprietà di un bene comune, o di parte dello stesso, con effetti di giudicato estensivo nei confronti dell'intera compagine condominiale.
Essendosi, invece, gli stessi limitati ad opporre l'assunto diritto esclusivo sul bene controverso (su quale, specificamente, si vedrà infra), a fronte della pretesa attrice di renderlo comune o comunque di associarsi al relativo uso, così sollevando soltanto una semplice eccezione riconvenzionale finalizzata soltanto a paralizzare l'avversa domanda (v. Cass. n. 20330/07), senza chiedere una pronunzia coinvolgente anche gli altri potenziali aventi diritto, deve escludersi, come già recentemente chiarito da questa Corte (n. 14765/12), la sussistenza della situazione di litisconsorzio dedotta nel motivo di ricorso.
Fondato è, invece, il primo motivo.
Come risulta dalla narrativa (pag. 2 p.p.) dello stesso ricorso (essendo alquanto carente quella della sentenza impugnata) e come è confermato dall'esame degli atti del giudizio di merito (in questa sede consentito dalla natura essenzialmente processuale delle censure), i convenuti, all'atto della costituzione in giudizio, non eccepirono di essere proprietari per titolo negoziale, e men che mai per usucapione, dello spazio della tromba delle scale ospitante l'ascensore, limitandosi (v., al riguardo, anche la narrativa della sentenza di primo grado) ad opporre la loro proprietà esclusiva del relativo impianto, senza coinvolgere nella relativa eccezione la porzione di fabbricato interessata.
Soltanto nell'atto di appello - che peraltro, nell'ambito di un processo ratione temnporis soggetto alla nuova formulazione dell'art. 345 c.p.c., non avrebbe consentito l'estensione delle eccezioni formulate in primo grado - si accenna all'usucapione, tuttavia con riferimento non alla parte della "tromba delle scale" contenente l'ascensore, bensì al relativo "impianto" (pag. 3, 11 p.), insistendo, invece, sulla tesi della sussistenza di un diritto reale gravante sul fabbricato condominiale, dalla Fi.. acquisito in virtù del titolo del 1959 e trasmesso ai propri aventi causa, unitamente alla "proprietà sull'impianto di ascensore e sul vano di ubicazione dei motori di sollevamento dell'ascensore stesso" (pag. 6, 111 p.). In siffatto contesto processuale, risulta evidente l'eccedenza della pronunzia adottata dalla Corte d'Appello partenopea rispetto al tenore oggettivo dell'eccezione opposta dai convenuti, che non aveva mai coinvolto il diritto di proprietà sulla porzione di tromba delle scale interessato sull'ascensore, ma soltanto dedotto un, più limitato e non meglio precisato, ius in re aliena sulla stessa, oltre a quello dominicale pieno sul solo impianto di ascensore e sul vano in cui era installato il relativo motore, parti diverse da quella che il giudice di appello ha ritenuto usucapita. L'accoglimento del ricorso su tale motivo comporta l'assorbimento dei rimanenti e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della corte di provenienza, che dovrà riesaminare funditus la controversia, accertando la natura e l'estensione del diritto a suo tempo acquisito dalla Fi.. e l'eventuale sua trasmissione agli aventi causa, risolvendo le conseguenti questioni relative alla partecipazione o meno degli altri condomini all'uso dell'ascensore.
Il regolamento delle spese del presente giudizio viene, infine, demandato al giudice di rinvio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo, dichiara assorbiti i rimanenti, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d'Appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 9 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 22 febbraio 2013