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il regolamento condominiale - Regolamento contrattuale e regolamento assembleare

IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE - Sommario: 1. In generale 2. Regolamento contrattuale e regolamento assembleare 3. Clausole regolamentari: contenuto e limiti 4. La trascrizione del regolamento a cura di Riccardo Redivo - Già Presidente di Sezione della Corte di Appello di Roma

IL REGOLAMENTO CONDOMINIALE

Sommario: 1. In generale 2. Regolamento contrattuale e regolamento assembleare 3. Clausole regolamentari: contenuto e limiti 4. La trascrizione del regolamento

1. IN GENERALE

DEFINIZIONE E FORMA SCRITTA: Il regolamento viene definito in dottrina “come lo statuto contenente le norme che regolano la vita interna di quel gruppo sociale costituito dai soggetti giuridici che, nell’ambito di un medesimo edificio, sono proprietari dei singoli piani o di porzioni di piano” (Alpa-Zatti: La nuova giurisprudenza civile commentata, Milano 2010).

Per la sua redazione la legge richiede la forma scritta (cfr. art. 1350 n. 13) “ad substantiam”, trattandosi di atto che deve esser allegato, ove esistente, al registro dei verbali delle assemblee ai sensi del n. 7 dell’art. 1130 c.c..

VIOLAZIONI DEL CONDUTTORE: per quanto concerne violazioni del regolamento da parte del CONDUTTORE di un appartamento sito in condominio, la Suprema Corte ha affermato che questi può obbligarsi nei confronti del condominio, mediante accordo con la stesso “a rispettare il regolamento condominiale non impegnativo verso il condomino locatore” (Cass. n. 10185/2012, con la quale, tuttavia, si era esclusa la configurabilità dell’accordo predetto, in presenza di una sottoscrizione unilateralmente apposta dal conduttore sul contratto di compravendita relativo al bene locato contenente il richiamo al regolamento, non costituendo tale sottoscrizione l’accettazione di una proposta proveniente dal condominio e da quest’ultimo accettata).

Ed ancora (Cass. n. 1138/2006) si è affermato che “il regolamento può prevedere l’orario di chiusura dei locali commerciali svolti nei locali privati dei condomini e che, in caso di locazione dell’immobile, il condomino-locatore è responsabile dell’inadempimento dell’obbligo assunto con l’accettazione del regolamento, a causa dell’omessa diligenza nel chiedere la risoluzione del contratto di locazione a fronte di comportamenti illeciti del conduttore, in relazione alle circostanze che indicano il limite cui la coscienza sociale pretende debba adeguarsi il comportamento del debitore” e che “nell’ipotesi di divieto regolamentare di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva a determinati usi, il condominio può chiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al condomino, sia al conduttore”.

Peraltro, nell’ipotesi di richiesta fatta al conduttore, il proprietario è tenuto a partecipare, quale litisconsorte necessario, nel relativo nel relativo giudizio in cui si controverta sull’esistenza e sulla validità del regolamento, in quanto le suddette limitazioni costituiscono oneri reali o servitù reciproche che, in quanto tali, afferiscono immediatamente al bene(Cass. n. 4920/2006).

DANNI AL CONDOMINO: con riguardo, poi, alla posizione del condomino, di recente la S. Corte (sent. n. 15662/2016) ha affermato che “non va risarcito il condomino danneggiato dal comportamento illegittimo, vietato dal reg., di un vicino, SENZA L’INDIVIDUAZIONE DEL TRASGRESSORE, non potendo pagare per lui l’amm.re o il condominio (nella specie il danneggiato era stato costretto ad installare una tettoia di protezione per i continui lanci di immondizia dai piani superiori)”.

SANZIONI: ricordato, inoltre, che il nuovo art. 70 disp. att. prevede che le INFRAZIONI AL REGOLAMENTO possono essere sanzionate con l’applicazione di una multa dell’importo da 200 ad 800 euro (somma quest’ultima prevista solo in caso di recidiva), con entità rimessa alla decisione dell’assemblea, la quale deve deliberare con la maggioranza di cui all’art. 1136, II comma c.c., mentre la somma deve essere devoluta al fondo di cui l’amm.re dispone per le spese ordinarie.

In tema la Cassazione (sent. n. 820/2014) premesso che la sanzione, avente natura di pena privata, a pena di nullità, non può superare la sanzione massima prevista dalla norma, ha precisato che “a maggior ragione, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare nell’area comune) non può ritenersi consentito introdurre nel regolamento SANZIONI DIVERSE sa quelle pecuniarie ovvero diversamente afflittive (come ad esempio, la rimozione della vettura), posto che ciò risulterebbe in contrasto con i principi generali dell’ordinamento che non consentono al privato, se non eccezionalmente il diritto di AUTOTUTELA”.

OBBLIGATORIETA’ e MAGGIORANZA: l’art. 1138, I comma stabilisce che, quando in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, DEVE formarsi un regolamento (ma ciò non esclude la adozione del regolamento anche per i condomini più piccoli: in tal caso il regolamento resta valido ed è obbligatorio sempre per tutti), che contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese secondo i diritti e gli obblighi spettati a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione.

La maggioranza per una valida delibera di approvazione del regolamento è prevista dal III comma dell’art. 1138 che la indica in quella di cui all’art. 1136, II comma, mentre la possibile impugnativa della delibera è stabilita dall’art. 1107 c.c. (da effettuarsi entro 30 gg. dalla delibera o dalla sua comunicazione agli assenti, scaduti i quali il regolamento vale anche per gli eredi e i danti causa del condomino).

L’onere in questione è posto a carico esclusivo dei condomini e non del venditore delle singole unità immobiliari, anche se questi sia il costruttore (Cass. n. 2742/2012).

Il regolamento non può formarsi per un condominio di due soli soggetti, non potendosi in tale ipotesi realizzare la maggioranza qualificata.

Il II comma dell’art. 1138 dispone che ogni condomino può prendere “l’iniziativa per la formazione del regolamento o per la revisione di quello esistente”.

QUESTIONE RILEVANTE: Se l’assemblea non provvede, può il condomino interessato rivolgersi al giudice per ottenere un provvedimento giudiziale in sostituzione della delibera assembleare?

Da un lato, lo si esclude, considerando che: la normativa richiede la maggioranza di cui all’art. 1136, II comma; il regolamento, pur utile, non è indispensabile per la vita condominiale; l’autorità giudiziaria può solo annullare una delibera d’approvazione del regolamento per violazione di legge o per eccesso di potere, ma non può entrare nel merito delle decisioni assembleari.

Dall’altro, invece, si rileva che l’art. 1138 cit., al I comma impone l’obbligo del regolamento (pur senza sanzioni se non si provveda) e il II comma riconosce ai singoli il diritto di attivarsi per la formazione del regolamento o per la sua revisione e che, soprattutto nei condomini complessi, l’interesse dei condomini al riguardo non ha carattere personale, ma generale (essendo il regolamento, con le sue clausole, finalizzato a prevenire e risolvere i conflitti nell’ambito condominiale).

Va ricordato, comunque, che la S. Corte in tema, con sent. n. 12291/2011 ha precisato che “il giudice può approvare il regolamento formato su iniziativa di un condomino ex art. 1138, II comma, ma non PREDISPORLO A PROPRIA CURA,.e che l’estensione di esso anche a coloro che non presero parte alla sua formazione è attuata propter rem”.

CONTENUTO: circa il contenuto del regolamento, è ormai pacifico che il giudice potrà esaminare le norme sull’uso dei beni comuni, sulla ripartizione delle spese, sulla tutela del decoro architettonico ecc.

COMPETENZA; Sotto il profilo processuale la Cassazione (sent. n. 17130/2015) ha affermato che l’art. 23 c.p.c., che prevede che per le cause tra condomini e tra condomini e condominio è competente il giudice del luogo ove si trova l’immobile (foro speciale esclusivo), “può essere validamente derogato da un accordo tra le parti sul punto (fattispecie in cui il regolamento prevedeva un foro convenzionale per le controversie relative al regolamento stesso).

Sona legittime, inoltre, non solo le clausole del regolamento relative alla competenza territoriale, ma anche quelle riguardanti quella arbitrale. In tema, con una sentenza datata, ma rimasta tuttora valida, la Suprema Corte (sent. n. 73/1986) ha affermato la legittimità della norma sul regolamento contrattuale che preveda una clausola compromissoria per le controversie tra condomini e condominio o tra i primi e l’amministratore, nonché il correlativo obbligo di chiedere la tutela agli arbitri, organo designato come competente.

Ancora di recente, questa valutazione è stata confermata dal giudice di merito (Trib. Milano 16. 11. 2015), ove si è affermata l’improponibilità di domande avanzate avanti al G.O. ove nel reg. contrattuale vi sia una clausola compromissoria, che, derogando all’art. 1137 c.c., preveda di sottoporre al giudizio degli arbitri tutte le controversie di cui sopra, sia per l’interpretazione della legge che del regolamento stesso e ciò “anche se la suddetta clausola non sia stata approvata specificamente per iscritto”.

SPESE ED ESENZIONE: altrettanto, in tema di ripartizione spese, la Corte si è espressa (sent. n. 14697/2015) nel senso di una derogabilità alla disciplina legale con un atto negoziale, ovvero anche con il regolamento contrattuale, pur se ciò comporti l’esenzione, totale o parziale, di taluno dei condomini dalla partecipazione alle predette spese, precisando, però, che, “nel caso di esenzione totale, si supera nei confronti degli esentati la presunzione di comproprietà su quella parte comune del fabbricato, mentre, in assenza di espressa previsione contrattuale, la proprietà comune dei beni impone l’obbligo per tutti di partecipare alle decisioni che concernono detto bene (ipotesi di annullamento di delibera riguardante l’esecuzione della ristrutturazione dell’ascensore, adottata con la partecipazione dei soli proprietari di appartamenti siti al primo e all’ultimo piano, con esclusione di quelli siti all’ammezzato ed ai negozi).

REGOLAMENTO FUTURO: anche in ordine al c.d. REGOLAMENTO FUTURO, o meglio all’obbligo, assunto dall’acquirente nel rogito, di RISPETTARE il REGOLAMENTO CHE SARA’ PREDISPOSTO DAL COSTRUTTORE la Suprema Corte si è espressa in senso negativo, affermando che tale obbligo “non vale a conferire a quest’ultimo il potere di redigere un qualunque regolamento, né può comportare l’approvazione di un regolamento attualmente inesistente, atteso che solo il concreto richiamo all’atto d’acquisto di uno specifico regolamento, GIA’ ESISTENTE, consente di considerarlo, per relationem, parte di tale atto” (Cass. n. 5657/2015).

In precedenza, peraltro, la stessa Corte (sent. n. 19798/2014) aveva affermato che il regolamento predisposto dal costruttore “SUCCESSIVAMENTE ALLA SUA PREDISPOSIZIONE, purchè richiamato ed approvato nei singoli atti di proprietà, in modo da far parte per relationem del loro contenuto, vincola d’acquirente delle singole unità immobiliari.

DIVISIONE DELL’IMMOBILE in caso di indicazione nel reg. del numero delle unità immobiliari: in tema il giudice di legittimità (sent. n.13184/2016) ha affermato che il condomino può dividere il suo appartamento in più unità, ove da ciò non derivi concreto pregiudizio agli altri condomini, salva eventuale revisione delle tabelle millesimali, precisando, poi, che “non osta alla divisione che il regolamento condominiale preveda un certo numero di unità immobiliari, qualora esso non ne vieti espressamente la suddivisione”.

2. REGOLAMENTO CONTRATTUALE E REGOLAMENTO ASSEMBLEARE

Il regolamento si definisce “CONTRATTUALE” e, come tale, con forza vincolante per tutti i condomini, oltre che se venga accettato da tutti in proprietari nell’apposita riunione assembleare (così Cass. n. 1748/2013), quando viene formato dall’unico proprietario (in genere il costruttore dello stabile) PRIMA DEL TRASFERIMENTO delle singole unità immobiliari ed accettato dai singoli acquirenti nell’atto d’acquisto notarile, mediante una specifica adesione al complesso delle disposizioni in esso contenute.

Esso, quindi, vincola l’acquirente solo quando sia già stato predisposto dal venditore, purchè sia richiamato nei singoli atti di acquisto, così da far parte “per relationem” del loro contenuto (Cass. n. 19798/2014, già citata riguardo al regolamento futuro in precedenza) ove si è esclusa l’opponibilità a tutti i condomini di un regolamento depositato presso uno studio notarile, ma neppure trascritto nel registro di cui al vecchio art. 1138, III comma c.c..

Il regolamento contrattuale (convenzionale o negoziale), pur se non inserito nel testo del contratto di vendita dell’unità immobiliare, fa corpo con esso, ove sia espressamente richiamato ed accettato nei singoli atti d’acquisto. Si tratta, infatti di una “RELATIO PERFECTA”, in quanto il richiamo contenuto nei singoli contratti è opera di entrambi i contraenti, mentre le singole clausole del regolamento restano fuori dalla previsione normativa dell’art. 1341, II comma c.c. (giurisprudenza costante).

Il regolamento contrattuale, potrà contenere, oltre alle tabelle millesimali di proprietà, ed alle altre di ripartizione delle spese, anche norme limitative dei diritti di proprietà sulle cose comuni (quale il divieto di parcheggiare l’automobile nel cortile comune) e sui diritti individuali (divieto di destinazione dell’immobile ad attività specifiche).

La limitazione dei poteri e delle facoltà del condomino deve essere volta ad assicurare un maggior godimento collettivo del bene comune, non potendo tali limitazioni, ove non espressamente previste ed approvate, comprimere, senza un valido motivo, il diritto di proprietà esclusiva del condomino. In tal caso si parla di “ONERI REALI” o “servitu’, vincolanti, se trascritti, anche per i successivi acquirenti della singola unità immobiliare (come si dirà in seguito).

La giurisprudenza ha, quindi, sempre affermato che anche nei regolamenti contrattuali hanno natura negoziale solo quelle disposizioni che incidono sui diritti soggettivi dei condomini, mentre hanno natura meramente regolamentare (e, quindi modificabili a maggioranza) quelle concernenti le modalità d’uso delle cose comuni ed, in genere, l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi condominiali.

E’ ASSEMBLEARE, per contro, il regolamento cui fa riferimento la legge (art. 1138 c.c.), da approvarsi con la maggioranza di cui all’art. 1136, II comma. Ciò in quanto le sue norme sono dirette all’uso delle cose comuni (secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino), al rispetto del decoro architettonico dello stabile ed all’amministrazione e non comportano compressione dei diritti individuali.

Tale regolamento può essere impugnato, come accennato, ex art. 1137 c.c. davanti al Tribunale entro 30 giorni dalla delibera che l’ha approvato, Decorso inutilmente detto termine il regolamento ha validità anche per gli eredi e gli aventi causa dei partecipanti al condominio (art. 1107 c.c., nell’ambito della comunione, operante anche per il condominio ex art. 1139).

La Suprema Corte, con riferimento al regolamento contrattuale, ne ha affermato l’INSINDACABILITÀ IN SEDE DI LEGITTIMITÀ di esso, quando la sentenza impugnata non riveli violazione di canoni di ermeneutica oppure vizi logici per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della motivazione. In tal caso, peraltro, ha precisato la Suprema Corte, il ricorrente che denunzi un vizio di motivazione della sentenza sotto il profilo dell’omesso ed errato esame di un disposizione del regolamento, “deve precisare specificamente nel ricorso, non solo il contenuto del regolamento, almeno nelle parti salienti, ma anche, sia pure in maniera sintetica, quali regole di ermeneutica sono state violate, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività del preteso errore” (Cass. n. 1406/2007).

Va precisato, inoltre, che la modifica del regolamento assembleare può sempre essere effettuata purchè con la stessa maggioranza speciale prevista per la sua approvazione dal citato art. 1136, II comma.

Ovviamente, da ciò consegue che per la validità della modifica è necessaria la forma scritta, essenziale per la validità dell’atto perché le nuove clausole del regolamento sostitutive di quelle precedenti, debbono avere i medesimi requisiti di quelle originarie sostituite, dovendosi, quindi, escludere la possibilità di una valida modifica per il tramite di comportamenti concludenti (Cass. n. 18665/2004).

3. CLAUSOLE REGOLAMENTARI: CONTENUTO E LIMITI

Come accennato, nel regolamento contrattuale convivono clausole di natura regolamentare (finalizzate a disciplinare la vita condominiale, senza limitare i diritti dei singoli) e contrattuale (che incidono direttamente sui diritti soggettivi individuali).

La giurisprudenza, ancora di recente, ha affermato in tema che le clausole del regolamento contrattuale possono anche imporre limiti alle facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro proprietà esclusiva “purchè siano enunciate in modo chiaro ed esplicito, restando vincolanti per gli acquirenti delle singole unità immobiliari, qualora, indipendentemente dalla trascrizione dell’atto d’acquisto, si sia fatto riferimento al regolamento condominiale che, seppure non inserito materialmente, deve ritenersi conosciuto e accettato in base alla menzione o al richiamo di esso nel contratto” (Cass. n. 19212/2016; conf. Cass. n. 10523/2003, nonchè Cass. n. 21307/2016, ove si precisa che il regolamento può imporre limiti alle proprietà esclusive, con riferimento sia mediante elencazione delle attività vietate, sia ai pregiudizi – questi ultimi espressi in modo chiaro per evitare equivoci).

Inoltre, il IV comma dell’art. 1138 (già ultimo comma prima della legge n. 220/2012), ha stabilito con la riforma l’invalidità di una clausola che vieta di tenere animali domestici.

La norma definisce, in particolare, i limiti del contenuto del regolamento, elencando una serie di norme del codice civile che non possono essere derogate dall’autonomia privata con il regolamento, in quanto queste tutelano gli interessi fondamentali della collettività e dei terzi, esprimendo principi di ordine pubblico che garantiscono quella disciplina minima uniforme, la cui eccezione potrebbe minare la tipicità e la stessa esistenza del condominio.

Si tratta:

dell’art. 1118, II comma (divieto di sottrarsi mediante rinunzia all’obbligo di pagare i contributi condominiali);

dell’art. 1119 (indivisibilità della cosa comuni)

dell’art. 1120 (innovazioni utili e migliorative)

dell’art. 1129 (nomina e revoca dell’amministratore)

dell’art. 1131 (rappresentanza legale dell’amministratore)

dell’art. 1132 (dissenso dei condomini rispetto alle liti)

degli artt. 1136 e 1137 (costituzione dell’assemblea; validità e impugnativa delle delibere).

A questo deve aggiungersi quanto previsto dall’art. 72 disp. att., con il quale si esclude espressamente la derogabilità di alcune norme delle stesse disp. att., ovvero: art. 63 (decreto ingiuntivo; solidarietà tra nuovo e vecchio proprietario; possibilità di sospensione dei servizi suscettibili di utilizzazione separata al moroso, ove previsto dal regolamento); art. 66 (convocazioni straordinarie dell’assemblea); art. 67 (riguardante le deleghe: non superiori ad un quinto dei millesimi in presenza di oltre 20 condomini e il divieto di delegare l’amministratore); art. 69 (revisione dei millesimi, dovuta ad errore o mutata condizione di una parte dell’edificio).

Va precisato, inoltre, che è sempre possibile, con la maggioranza di cui all’art. 1136, II comma, variare le clausole regolamentari (concernenti le modalità d’uso dei beni comuni e l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi), anche se contenute in un regolamento contrattuale, mentre tutte le clausole che incidono sui diritti dei singoli restano modificabili solo con il voto unanime dei condomini.

Al riguardo, a titolo esemplificativo va rilevato, sulla base della giurisprudenza in tema, che:

CIRCA L’USO DELLE COSE COMUNI: le clausole che disciplinano orari, giorni e modalità di parcheggio nel cortile condominiale, hanno NATURA REGOLAMENTARE e, come tali, possono essere modificate a maggioranza, come in generale tutte le clausole che disciplinano l’uso dei beni comuni, garantendo equilibrio tra tutti i condomini (giurisprudenza costante); quelle, invece, che vietano l’uso delle parti comuni a determinati scopi (es. divieto di parcheggio nel cortile comune) hanno NATURA CONVENZIONALE e richiedono per la loro modifica l’unanimità dei partecipanti al condominio e la forma scritta, mentre quelle sull’istituzione e la soppressione del servizio di portierato hanno natura REGOLAMENTARE (ma se l’attuazione della delibera comporta la necessità di innovazioni o modifiche della destinazione d’uso, necessita una maggioranza non più semplice, ma qualificata);

LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE: il regolamento votato a maggioranza non può stabilire criteri di ripartizione diversi da quelli legali, necessitando al riguardo una nuova convenzione e, quindi, l’unanimità dei consensi (Cass. 641/2013);

CIRCA L’AMMINISTRAZIONE :La maggioranza può derogare alle disposizioni dell’art. 1130 (norma derogabile) in materia, sottraendo all’amministratore il potere di compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti le parti comuni;

CIRCA LA DETENZIONE DI ANIMALI DOMESTICI, si è già detto che non può essere vietata dal regolamento (u.c. dell’art. 1138) e la regola vale anche nell’ipotesi di regolamento adottato prima della riforma, essendo la clausola del divieto “contraria ai principi di ordine pubblico, ravvisabili, per un verso, nell’essersi indirettamente consolidata, nel diritto vivente e a livello di legislazione nazionale, la necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale e, per altro verso, nell’affermazione di questo principio anche a livello europeo” (Trib. Cagliari 22. 7. 2016, ord.).

ATTIVITA’ di AFFITTACAMERE E di BED & BREAKFAST: la Suprema Corte ha confermato la sentenza d’appello che ha ritenuto contraria al regolamento contrattuale la clausola che, tra l’altro, vietava di “concedere in affitto camere vuote o ammobiliate”, affermando l’illegittimità, in tal caso dell’attività di affittacamere (Cass. n. 109/2016).

Inoltre, senza che vi si un contrasto con l’ultima decisione citata, la stesa Corte (con sent. n. 24707/2014), premesso che l’attività di affittacamere non modifica la destinazione d’uso a civile abitazione degli appartamenti in cui è condotta, ha affermato che, di conseguenza, anche in presenza di un regolamento che vieti di destinare gli appartamenti “ad uso diverso da quello di civile abitazione o di ufficio professionale privato”, l’attività di b & b è da ritenersi consentita, essendo inammissibile un’interpretazione estensiva della predetta clausola che riservi ai soli proprietari, ai loro congiunti e ai singoli professionisti il godimento delle unità immobiliari site nel condominio”.

Nello stesso senso in tema la Cassazione (con dec. N. 704/2015), precisato che la legislazione vincolistica non comporta alcun automatico recepimento della relativa disciplina nell’ambito dei rapporti privatistici, quali, ad esempio, il regolamento condominiale, ha affermato che “a ciò consegue che una L. Regionale che escluda la costituzione di un B&B, non può determinare un mutamento di destinazione d’uso, non potendo incidere sui rapporti privatistici e sugli obblighi assunti tramite il regolamento condominiale”.

Ed infine, La Suprema Corte (sent. n. 2124/2016) ha affermato che i limiti posti dal regolamento contrattuale alla destinazione delle proprietà esclusive, non incidendo sull’estensione, ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, va ricondotta alla categoria delle SERVITU’ ATIPICHE e non delle OBBLIGATIONES PROPTER REM: “pertanto, l’opponibilità dei terzi acquirenti a tali limiti, come nel caso di apertura di un BED & BREAKFAST, va regolata secondo le norme proprie delle servitù e, quindi, avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso, indicando nella nota di trascrizione, ex artt. 2659, I comma n. 2 e 2665 c.c., le specifiche clausole limitative, non essendo sufficiente il generico rinvio al regolamento condominiale”.

FACOLTA’ DI RECINTARE lo spazio di proprietà esclusiva: la Cassazione (sent. n. 26426/2014) ha riconosciuto la facoltà del condomino di recintare, anche con una struttura a box, lo spazio di sua proprietà esclusiva, destinato a parcheggio di un autoveicolo, ancorchè SITO NEL LOCALE ADIBITO AD AUTORIMESSA COMUNE, purchè a ciò non osti l’atto d’acquisto o il regolamento condominiale contrattuale e non ne derivi un danno alle parti comuni dell’edificio, ovvero una limitazione al godimento delle parti comuni dell’autorimessa.

COLLOCAZIONE DI TAVOLINI, SEDIE E FIORIERE INERENTI UN’ATTIVITA’ DI RISTORAZIONE, esercitata con modalità tali da impedire del tutto il passaggio degli altri condomini sull’area comune: si è affermato che “l’elencazione di alcune facoltà attribuite al singolo condomino dall’atto d’acquisto e dal regolamento condominiale, circa l’uso delle parti comuni dell’edificio, deve ritenersi tassativa e non suscettibile di estensione analogica nel rispetto dei criteri di cui all’art. 1102 c.c.” (Cass. 4735/2015).

DECORO ARCHITETTONICO, la Cassazione ha affermato che il regolamento convenzionale può limitare in senso restrittivo i parametri previsti dall’art. 1120 c.c. quando questi incidano negativamente sul decoro architettonico (Cass. n. 17350/2016: nella specie veniva ordinata la rimozione della tettoia sul terrazzo di proprietà esclusiva di un condomino, in quanto il manufatto “per i materiali usati, i caratteri strumentali di stabilità e inamovibilità, le notevoli dimensioni e l’incidenza sul volume del fabbricato, aveva realizzato una significativa alterazione del decoro architettonico con conseguente violazione del regolamento”).

INSTALLAZIONE DI ANTENNE SAT e della relativa pensilina da parte del proprietario esclusivo: la Cassazione ( sent. 20248/2016) ne ha affermato la legittimità, ove l’intervento non incida sul decoro architettonico (ad es. per le sue dimensioni sobrie e ridotte): ciò, in quanto non ogni minimo intervento, ma solo modifiche ed innovazioni debbono essere autorizzate dall’assemblea.

Ed ancora in tema la Corte d’appello di Genova (sent. del 24. 3. 2015) in ipotesi di regolamento contrattuale che stabilisce che “i balconi e i terrazzi di proprietà esclusiva debbono essere tenuti sgombri di tutto quanto può risultare molesto ai vicini”, ha affermato la legittimità della delibera che esprime parere contrario all’installazione di un’ANTENNA DI TELEFONIA CELLULARE su un terrazzo di proprietà esclusiva, pur se l’impianto risulti in regola con i limiti legali di emissione di onde elettromagnetiche.

ASILI NIDO: la Suprema Corte ha ritenuto legittima la delibera assembleare che vieta al singolo proprietario esclusivo di adibire la propria unità immobiliare ad ASILO NIDO, ove il regolamento contrattuale vieta di destinare la stessa ad esercizi rumorosi, dovendosi escludere, anche sulla base della CTU, l’equiparabilità dell’attività di un asilo nido a quella di una famiglia media, anche con bimbi di tenera età (Cass. 24958/2016).

4.LA TRASCRIZIONE DEL REGOLAMENTO

Come accennato, la riforma ha modificato il III comma dell’art. 1138, nel senso che la versione originaria prevedeva, oltre alla necessaria maggioranza del II comma dell’art. 1136 per la relativa delibera d’approvazione del regolamento, la trascrizione dello stesso nell’apposito registro dei verbali assembleari e la possibilità di impugnare il regolamento stesso ai sensi dell’art. 1107 c.c.

La nuova formulazione ha sostituito la trascrizione con la semplice allegazione nello stesso registro, recependo così quanto la giurisprudenza aveva già affermato sulla non necessità di tale adempimento, in quanto integrante un ONERE DI MERA PUBBLICITA’ DICHIARATIVA, la cui inosservanza non comportava e non comporta la nullità o l’inefficacia del regolamento.

Si era già affermato, infatti, che “per la validità ed efficacia di un regolamento condominiale, non è richiesta né la sua trascrizione nel registro dei verbali assembleari, che costituisce un mero onere di pubblicità dichiarativa, né la sua trascrizione nei registri immobiliari, la cui mancanza determina solo l’inopponibilità ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari comprese nell’edificio delle eventuali clausole limitative dei diritti esclusivi di proprietà spettanti a ciascun condomino”. (Cass. n. 714/1998).

Non altrettanto può dirsi per le clausole che abbiano ad oggetto limiti di diritti esclusivi di proprietà o servitù spettanti a ciascun condomino, che, per essere opponibili ai terzi ed agli aventi causa del condominio debbono necessariamente essere trascritte nei pubblici registri immobiliari.

Sul punto, peraltro, la S. Corte ha chiarito che “per l’opponibilità delle servitù reciproche costituite dal regolamento contrattuale, non è sufficiente indicare nella nota di trascrizione il regolamento medesimo, ma, ai sensi dell’art. 2659; II comma e 2665 c.c., occorre indicarne le specifiche clausole limitative” (Cass. n. 17493/2014), mentre nello stesso senso la Cassazione (Cass. n. 6100/1993) aveva in precedenza affermato che “la clausola regolamentare che impone il divieto di destinare i locali di proprietà esclusiva a determinate attività, ritenute incompatibili con l’interesse comune (nella specie a gabinetto odontotecnico), traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti il diritto di proprietà dei singoli condomini, deve essere approvata all’unanimità e, per avere efficacia nei confronti degli aventi causa a titolo particolare dei condomini, deve essere trascritta nei registri immobiliari oppure essere menzionata ed accettata espressamente nei singoli atti d’acquisto”.